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Disuguaglianza fa rima con declino

Uno studio dell’Ocse certifica un divario crescente tra ricchi e poveri nei paesi avanzati e mette in guardia sulle sue conseguenze nel lungo periodo. Alcuni effetti sono già visibili. A cominciare da quelli sulla crescita. Latitano, almeno in Italia, politiche utili a invertire la tendenza.
MENO OPPORTUNITÀ PER CHI HA UN REDDITO BASSO
L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha fotografato una volta di più ciò che da tempo è sotto gli occhi di tutti: nei paesi più sviluppati il 10 per cento più ricco della popolazione continua ad arricchirsi, e lo fa a spese dei soggetti più svantaggiati.
Un esempio sono i giovani cresciuti in famiglie a basso reddito, che vedono progressivamente ridursi le possibilità di avanzamento economico-sociale. I dati evidenziano infatti che l’aumento delle disparità nella distribuzione del reddito incide negativamente sullo sviluppo delle capacità lavorative di coloro che provengono da nuclei familiari con scarsi livelli di istruzione, perché per loro diminuiscono le opportunità di istruzione di grado elevato, di carriera lavorativa e di mobilità sociale. Di conseguenza, la disuguaglianza ha un effetto negativo sulla crescita proprio perché ha una responsabilità nello scarso sviluppo del capitale umano di una parte della popolazione.
In effetti, dall’analisi dell’indice di Gini secondo i dati Ocse (figura 1) si evince che negli ultimi decenni la diseguaglianza all’interno dei paesi a reddito medio-alto non ha fatto altro che aumentare. Uniche eccezioni sono Grecia e Turchia che partivano da livelli di disuguaglianza già molto elevati, che conservano tuttora
In Italia, nel periodo considerato, l’indice di diseguaglianza è cresciuto da 0,31 a 0,336, mentre l’Ocse quantifica un effetto negativo dello 0,15 per cento sul tasso di crescita del Pil annuale per un incremento di un punto dell’indice di Gini. Per l’Italia, in particolare, l’Ocse stima che il Pil pro-capite sarebbe maggiore di circa 8 punti percentuali se nel corso degli ultimi decenni la diseguaglianza non fosse aumentata di circa 3 punti.
Ciò suggerisce che ridurre la diseguaglianza può favorire la crescita futura e impedire il declino del paese, anche se va ricordato che l’aumento della diseguaglianza è solo uno dei tanti fattori responsabili della bassa crescita italiana.
OLTRE LA CRESCITA
Parlare di crescita tout court però non basta, poiché da sola non è sufficiente a garantire un minimo comun denominatore di benessere economico in paesi a diseguaglianza crescente. È necessario che sia accompagnata da politiche redistributive finalizzate a ridurre la diseguaglianza in favore non solo dei poveri, ma anche delle famiglie a basso reddito o a rischio povertà. Le misure, più che limitarsi a programmi anti povertà o trasferimenti di denaro per sostenere i consumi, dovrebbero prevedere anche politiche attive, indirizzate a soggetti a basso reddito, per favorire l’ingresso nel mercato del lavoro, un miglior legame scuola-lavoro e l’accesso a un’istruzione di qualità.
Politiche necessarie ma, almeno in Italia, non sufficientemente realizzate, come dimostrano i tassi di disoccupazione giovanile e femminile e la modesta quota della spesa sociale destinata a questi obiettivi.
La redistribuzione fiscale, necessaria anche per coprire i costi delle politiche attive, potrebbe incidere sulla popolazione più ricca, mediante forme di tassazione dei redditi di capitale, generalmente posseduti dalle famiglie agiate.
Il rischio è però che la redistribuzione attraverso la leva fiscale e le politiche attive possa avere un effetto negativo sulla crescita – a causa dei disincentivi dal lato dell’offerta di lavoro, per i costi elevati, per le eventuali inefficienze amministrative – e alla fine tutto potrebbe ridursi in un sostanziale spreco di risorse. Tuttavia, al di là dell’effetto negativo sulla crescita di lungo periodo, in un paese sempre più sperequato come il nostro, la riduzione della diseguaglianza resterebbe comunque auspicabile, se non altro da un punto di vista sociale.
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11 commenti

  1. Savino

    Dare più opportunità e più spazio ai giovani laureati che provengono da famiglie normali, dove i genitori hanno fatto sacrifici per farli studire. Non sarà un John Elkann o un Luca Lupi a farci uscire dalla crisi, ma il figlio di un operaio che ha studiato e merita di essere classe dirigente.

  2. IC

    L’immigrazione incontrollata e l’inadeguatezza delle politiche di selezione, di accoglimento e di integrazione sociale degli immigrati tendono ad aumentare la diseguaglianza

  3. Maria Rosaria Di Pietrantonio

    Il figlio di un operaio che ha studiato in Italia non andrà mai oltre il livello economico-sociale del genitore, non farà mai il salto sociale oltrepassando quel muro invisibile detta casta, perchè questa è l’Italia e non ci sarà mai nessuno che cambierà quello che è il fondamento del nostro paese in cui la democrazia è parziale e quelli che lo guidano , anche se si dichiarassero di sinistra(ammesso che voglia ancora dire qualcosa) MAI metterebbero in discussione il principio sacrosanto che i poveri sono poveri e i ricchi ricchi, chiedere a qualunque politico per credere,quindi il giovane che è figlio di operai e ha studiato cerchi una meta, un posto dove andare all’estero o si rassegni per sempre.L’Italia è questo.Poi si mangia bene…il vino è buono…l’estate è lunga….

  4. jorge

    I confronti sulla distribuzione del reddito si concentrano sui redditi lordi e non tengono conto di quelli al netto della tassazione. Vorrei conoscere la evoluzione dell’indice di GINI di questi ultimi in Italia dagli anni Ottanta ad oggi. Ho l’impressione che sia tutt’altro che cresciuto: il famigerato 10% più ricco dei contribuenti paga circa il 55% dell’IRPEF totale. In pratica finanzia i servizi per gran parte della popolazione. Le aliquote marginali, già a partire dai 28 mila euro di reddito, disincentivano fortemente l’impegno ad ottenere reddito aggiuntivo. Siamo sicuri che una loro crescita ulteriore aumenterebbe il PIL? Io penso il contrario.

    • maria

      Il famigerato 10% più ricco della popolazione finanzia i servizi della popolazione? E come, accaparrandosi tutto con caste corruzione e amici degli amici, figli dei figli senza alcun merito,(ricordo che parliamo di Italia e non di Canada), quel 10% da noi ha una vita stupenda, basti pensare ai supermanager statali, ricchi e senza responsabilità alcuna, e viene mantenuta spennando in tutti i modi il restante 90% della popolazione che i servizi se li paga da soli anzi li paga troppo per i servizi spesso non all’altezza di quanto vengono a costare.

      • jorge

        Il 10% con i maggiori redditi IRPEF dichiarati è costituito da chi percepisce più di 35 mila euro lordi annui (solo l’1% più elevato supera i 100 mila euro), e grazie a questa stratosferica cifra non gode di alcun beneficio, esenzione, bonus….. continuiamo pure a tartassarli, ma quando l’ultimo avrà riparato all’estero chiediamoci chi sosterrà pensioni e sanità di tutti.

        • Maria Rosaria Di Pietrantonio

          35.000 euro lordi l’anno? quelli dichiarati ovviamente, ma di quelli a nero cosa dire?conosco medici, per esempio, ma potrebbe essere qualunque professionista , visite da 300 euro ogni 10 minuti e senza uno straccio di ricevuta,per tutti i pomeriggi di una settimana, sono loro che andrebbero all’estero? non credo, l’Italia per costoro è un paese meraviglioso, il nero fa parte della costituzione di gran parte del paese, una montagna di soldi sommersa, che certo non servono per pagare i servizi agli italiani meno abbienti

      • Rainbow

        La diseguaglianza sta aumentando a livello mondiale, più che tra i paesi (anzi c’e’una convergenza!), nei paesi! Aumenta sia la disuguaglianza dei redditi, sia,sopratutto,tra i patrimoni. In Italia è tassato molto il reddito da lavoro,ma non i patrimoni! Prima dell’avvento dell’Ici/imu, eravamo tra i paesi con la tassazione più bassa sui patrimoni! Poi il carico fiscale e’sperequato per via dell’evasione fiscale: il ceto medio paga mediamente tanto, il ceto più agiato paga mediamente poco! La tassa sulla casa colpisce sopratutto il piccolo proprietario, quello che ha patrimoni immobiliari imponenti riesce a nascondere gli immobili al fisco con tecniche di ingegneria fiscale: la Armellini e’riuscita a nascondere al fisco 1000 immobili! Chi possiede patrimoni imponenti,li nasconde nei paradisi fiscali,o nei paesi,anche europei,che hanno il segreto bancario! In Italia,esisteun gigantesco paradosso: lo Stato ha 2000 e rotti miliardi di debiti,la ricchezza complessiva degli italiani ammonta a quasi 9000 miliardi! E”evidente che parte del debito e’detenuta da parte del ceto che elude/evade il fisco,e reinveste parte di ciò nel debito! Per ridurre le tasse bisogna ridurre l’enorme evasione,e distribuire il carico in maniera più equa tra redditi da lavoro,e patrimoni. Stiamo diventando una societa’sempre più patrimonializzAta come la belle epoque: il 10% della popolazione possiede quasi il 60% dei patrimoni! La diseguaglianza,inoltre, si autoalimenta e abbassa la crescita del Pil

  5. lodovico

    Per il FMI le disuguaglianze crescono in presenza di un sindacato debole o almeno questa parrebbe essere una delle cause: io credo che quando l’economia non cresce crescono le diseguaglianze e la redistribuzione serve a poco perchè le risorse da redistribuire al netto di quella prelevata dallo stato per servizi e retribuzioni è scarsa. I problemi sono altri per la Grecia, l’Italia, la Spagna, il Portogallo ed ora anche la Francia.

    • IC

      Condivido pienamente il commento di Lodovico. In Italia i sindacati sono ancora potenti e battaglieri. Se le disguaglianze aumentano lo si deve non alla loro debolezza ma alla fiscalità pesante, alla corruzione, all’evasione fiscale, all’immigrazione, Vi è anche un problema metodologico. Se si parla di distribuzione di ricchezza (non quindi di reddito) e si considerano i residenti (e quindi anche gli immigrati e non solo i cittadini italiani) si tende a sopravvalutare la diseguaglianza. Infatti non si conoscono i patrimoni, soprattutto immobiliari, degli immigrati, i quali risultano conseguentemente come nullatenenti. Molti immigrati di mia conoscenza mi hanno dichiarato di possedere immobili in patria, ma di non averli mai dichiarati al Fisco italiano (RW).

      • bob

        “Se le disguaglianze aumentano lo si deve non alla loro debolezza ma alla fiscalità pesante, alla corruzione, all’evasione fiscale, all’immigrazione” . si deve proprio al sindacato che ha difeso quello che non si poteva difendere essendone consapevole

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