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I nuovi padri? Sono in ritardo

I dati sull’uso del tempo mostrano che i padri più istruiti dedicano più tempo ai figli anche in paesi come l’Italia. Politiche specifiche possono agevolare un cambiamento culturale che resta lento. E la distanza tra padri italiani e scandinavi è ancora grande. Cosa dicono le associazioni di parole.
I DUE MODELLI DI CONCILIAZIONE
Le analisi comparate dell’Ocse, a più riprese, hanno mostrato come per proteggere una famiglia con figli sia molto importante che entrambi i genitori lavorino. Come conciliare lavoro e genitorialità? Semplificando, ci sono due modi attraverso cui le madri e i padri con figli piccoli possono condividere più equamente il lavoro per il mercato e per la famiglia.
Primo, le madri possono iniziare a comportarsi in modo simile ai padri, aumentando le ore lavorate per il mercato e diminuendo le ore spese per il lavoro domestico e la cura dei figli. Se i padri non cambiano il loro comportamento, aumenta il reddito familiare, ma diminuisce il tempo dedicato alla cura dei figli. Se si guadagna abbastanza si può acquistare sul mercato il tempo di cura dei figli. Per semplicità possiamo chiamare questo modello “americano”.
Secondo, i padri possono iniziare a comportarsi in modo simile alle madri, in particolare aumentando le ore spese per il lavoro domestico e la cura dei figli. Normalmente non è possibile, per ragioni economiche, diminuire il tempo che i padri dedicano al lavoro per il mercato, salvo che non vi siano coperture particolari come i congedi di paternità. Per semplicità possiamo chiamare questo modello “scandinavo”. Qui sono i padri a dover cambiare il proprio comportamento e diventare dei “nuovi padri”. Le politiche possono aiutare questo cambiamento: sappiamo infatti, proprio con dati sui paesi scandinavi, che i padri che hanno preso un congedo di paternità condividono maggiormente il lavoro domestico e di cura dei figli.
UN CAMBIAMENTO LENTO
Esistono veramente i nuovi padri del modello “scandinavo”? Ebbene sì: anche in paesi “ritardatari”, come l’Italia, i padri iniziano a dedicare più tempo ai figli e al lavoro domestico. In particolare, i dati sull’uso del tempo mostrano che i padri più istruiti nei paesi ritardatari dedicano un tempo ormai paragonabile a quello dei paesi in cui tradizionalmente sono più presenti.
Questa convergenza, seppur timidamente, è associata a livelli di fecondità più alti: la presenza dei nuovi padri, oltre ad aiutare la famiglia, può anche servire a innalzare la fecondità.
I cambiamenti culturali necessari richiedono tuttavia tempo, anche quando le politiche possono agevolarli, e l’Italia è ancora lontana dai livelli di coinvolgimento dei padri in Scandinavia. È difficile avere indicazioni su quelli che avvengono nel lungo periodo.
Un modo per farlo, per l’Italia, è attraverso l’analisi dei volumi pubblicati in italiano e catalogati in Google Books, contando l’apparire di parole o frasi. Nella figura possiamo vedere come dagli anni Novanta del secolo scorso le parole “padre e figlio” e “padre e figlia” inizino ad apparire più di frequente—con un declino dell’associazione “padre e figlio” a partire dal Duemila. I nuovi padri emergono dunque da un lungo cammino. Tuttavia, resiste ancora la presenza della casalinga. Sono dati solo suggestivi, che indicano però le tensioni in atto e le tendenze possibili.
Il cammino dei nuovi padri è ancora lungo. Le politiche (come il congedo di paternità) possono agevolarlo e velocizzarlo.
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Fonte: Analisi effettuata tramite il pacchetto ‘ngramr’ con il software R

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  1. GIordano

    Stavo leggendo interessato perché finalmente si parlava di padri italiani che……
    Ecco anche l’articolo sembra si sia interrotto a metà di qualcosa!

  2. Elenka Brenna

    Se in Italia e nei Paesi mediterranei si notano cambiamenti nel ruolo genitoriale dei padri, più dediti alla cura dei figli rispetto a qualche decennio fa, il divario uomo donna ancora permane per quanto riguarda la cura dei genitori anziani. I dati SHARE (una delle principali banche dati europee sulle condizioni della popolazione ultracinquantenne) mostrano infatti che sono le figlie femmine le principali caregiver informali nei confronti dei genitori anziani, seguite a larga distanza dai figli maschi. In particolare nei Paesi mediterranei l’assistenza agli anziani over-80 è fornita dalle figlie femmine nel 46% dei casi, mentre i figli maschi sono rappresentati per il 22%. Il divario si accorcia per i Paesi del Nord Europa, dove i figli che assistono i genitori ultraottantenni sono nel 42% femmine e nel 26,5% maschi (http://ferpa.etuc.org/spip.php?article548). Rispetto a questo ruolo assistenziale in Italia si tende ancora a delegare alla componente femminile della società, con conseguenze spesso negative sulla salute delle figlie caregiver. Il cammino degli attuali figli è ancora lungo. I congedi esistono, bisogna imparare a utilizzarli.

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