In un mondo sempre più competitivo l’ecosistema tributario di un paese determina la capacità di attrarre imprese e creare valore aggiunto. E non si tratta solo del livello di tassazione, ma anche di garantire un sistema giudiziario efficiente e trasparente. Proprio quello che manca in Italia.
IL SISTEMA ESEMPLARE DEL DELAWARE
In un mondo sempre più competitivo l’ecosistema tributario di un paese determina la capacità di attrarre imprese e creare valore aggiunto. Certo, parte della competitività di un ecosistema tributario è determinata dal livello delle tasse, ma non è l’unico fattore importante. Un altro fattore importante è il livello di prevedibilità e trasparenza del sistema giudiziario.
È su questo secondo fattore che si deve far leva perché, se ridurre le tasse è molto costoso per un paese, offrire un sistema di giustizia tributaria trasparente e prevedibile costa decisamente meno.
Lo stato americano del Delaware fornisce un buon esempio di un ecosistema giudiziario che funziona e quindi attrae business. Nonostante sia piccolissimo e senza un significativo tessuto industriale, il Delaware è scelto come sede legale dalla maggioranza delle imprese americane Fortune 500. Questo non perché offra un diritto societario o tributario particolarmente favorevole ai capitalisti (anzi, tutt’altro), quanto per la professionalità del suo sistema di business courts. Il Delaware ha sviluppato un corpus di interpretazione del suo diritto societario (la Delaware General Corporation Law) che è visto come un modello di equità, esperienza e conoscenza specialistica negli Stati Uniti e nel mondo intero.
La Court of Chancery del Delaware, che decide solo su materie di diritto societario, è composta da un chancellor e quattro vice-chancellors, tutti nominati dal governatore per un periodo di dodici anni. Per favorire la specializzazione dei cinque chancellors sono stati recentemente introdotti altri due giudici a cui è stata data competenza per materie circoscritte ai margini del diritto societario.
Questi giudici decidono circa mille cause l’anno che coinvolgono le imprese americane di maggiore rilevanza, ma sono anche partecipanti attivi alle conferenze accademiche di materie giuridiche e sono tenuti in grande stima per la loro sagacia.
CHI SONO I GIUDICI TRIBUTARI ITALIANI
E in Italia? Quale è il livello di professionalità del nostro ecosistema tributario? Incredibilmente, nel nostro paese le controversie tributarie fino alla Cassazione sono spesso decise da “giudici part-time”. Non giudici professionali, ma dipendenti della pubblica amministrazione, insegnanti di materie giuridiche, avvocati, commercialisti e pensionati di varie categorie del comparto (per esempio, avvocati dello Stato e ufficiali della Guardia di finanza a riposo). Questi giudici vengono reclutati “per titoli”, senza un esame che valuti le competenze fiscali acquisite nel corso della loro carriera.
La cosa più deprimente è quanto poco vengano pagati: il compenso fisso varia dai 250 ai 400 euro al mese, al quale si deve aggiungere una parte “incentivante” (in media, circa 30 euro a sentenza). Un effetto collaterale del sistema di incentivi è che la componente variabile rappresenta un chiaro freno alla riunione di cause fra loro connesse: cause molto simili, che dovrebbero essere riunite, sono invece tenute separate per consentire al giudice (e al difensore) di incrementare il proprio compenso.
La giustizia tributaria è dunque lasciata ad amatori del settore, che sono in grado di “far fronte” alla poco remunerativa attività di giudice tributario con altre fonti di reddito. E purtroppo, specialmente per i pensionati, si può presumere una scarsa propensione all’aggiornamento professionale. In questo contesto, non è difficile imbattersi in situazioni paradossali. Per esempio, casi di giudizi contrastanti in cui l’esito è diverso pur per la medesima fattispecie, come nel caso di chi compra e chi vende uno stesso immobile, o di sorelle che ricevono la stessa donazione. Ma l’esito può essere addirittura diverso in capo a un medesimo soggetto, che (ad esempio) vince su una annualità e perde su quella successiva, nella quale ha percepito lo stesso reddito.
In Cassazione la situazione è migliore: qui i giudici sono pagati bene e sono tutti magistrati di carriera, dunque di provata competenza giuridica. Il problema è la quantità monstre di cause pendenti provenienti dal secondo grado di giudizio. La sezione tributaria della Cassazione fissa in questi mesi le udienze per i ricorsi presentati alla fine del 2009, quasi sei anni fa. Queste cause sono spesso di infimo valore.
Immaginiamo adesso una azienda come Philip Morris, che sia accusata dall’Erario italiano di avere evaso più di 100 milioni di imposte sulle società. Philip Morris ritiene di essere nel giusto perché non ha una “stabile organizzazione” in Italia, nozione in concreto piuttosto evanescente. L’Erario italiano ritiene invece che le attività concretamente svolte dalla società o dalle sue controllate in Italia eccedano la “soglia” della stabile organizzazione. Evidentemente la questione (che è tratta da un caso realmente accaduto) è altamente tecnica e complessa. Eppure, controversie come queste sono decise da amatori sottopagati (nei primi due gradi) e da giudici oberati da cause di modesto valore (nel terzo grado). Se ci mettiamo nei panni dell’avvocato di Philip Morris, che deve dare un consiglio sul paese nel quale investire, possiamo immaginare che l’idea di mettere centinaia di milioni in mano ai giudici tributari italiani lo faccia letteralmente rabbrividire.
L’OCCASIONE DELLA DELEGA FISCALE
Matteo Renzi, con la legge delega fiscale, è stato incaricato dal Parlamento di “incrementare la funzionalità della giurisdizione tributaria”. La delega ipotizza l’istituzione di un giudice monocratico (cioè un giudice unico) a cui verrebbero assegnate le controversie di minore importanza e complessità. Le controversie più complesse o di maggior valore rimarrebbero affidate al sistema attuale. Per tutti i giudici tributari si raccomanda che venga rafforzata la qualificazione professionale, assicurandone una adeguata specializzazione. Ma la delega richiede che ogni cambiamento avvenga “a saldi invariati” per il bilancio pubblico. Quindi nozze con i fichi secchi.
La nostra modesta opinione è che queste riforme sono esattamente il tipo di “riforma strutturale” che serve a fare ripartire il sistema Italia. Ma è ridicolo pretendere di farle a costo zero. I giudici tributari, se li vogliamo di alto livello, devono essere pagati bene. Il ruolo principale dello Stato – prima di redistribuire risorse – è di fornire servizi pubblici essenziali, quali una giustizia efficiente. E quindi il Governo dovrebbe avere il coraggio di spendere (relativamente pochi) soldi su queste riforme, a costo di spenderne meno ad esempio sulle pensioni.
La scadenza per il Governo era fissata per il 27 marzo prossimo; tuttavia, sembra che il termine avrà una proroga trimestrale o addirittura semestrale. C’è da sperare che il tempo porti consiglio.
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