Sulle assenze per malattia si pubblicano spesso dati elaborati per sostenere una tesi piuttosto che un’altra. Vediamo quali sono quelli consolidati, che mostrano un’incidenza maggiore nel pubblico che nel privato. E cosa serve per contenere il fenomeno entro limiti accettabili.
I LAVORATORI ITALIANI SI AMMALANO POCO
Secondo i dati dell’Inps, nel 2013 sono state perse per malattia oltre 100 milioni di giornate di lavoro. Nel confronto internazionale, l’Italia è uno dei paesi caratterizzati dai più bassi livelli di assenza per malattia; tuttavia, vi è un forte differenziale tra i dipendenti pubblici e quelli privati. Rielaborando i dati dell’Inps per il 2013, si può calcolare che i dipendenti del settore pubblico si sono assentati per malattia per quasi dieci giorni, circa quattro in più rispetto ai colleghi del privato. Il differenziale non sembra dipendere dalle diverse caratteristiche dei lavoratori pubblici e privati. Ad esempio, gli impiegati pubblici tendono ad avere un’età media più elevata e quindi una maggiore probabilità di ammalarsi. Tuttavia, studi recenti hanno confermato che la maggiore incidenza delle assenze per malattia nel settore pubblico rimane anche a parità di caratteristiche rilevanti (genere, età, anni di esperienza lavorativa, area geografica) e restringendo l’analisi alle sole occupazioni strettamente comparabili nei due settori.
IL QUADRO NORMATIVO
Nel settore privato, la disciplina sulle assenze per malattia non ha subito particolari cambiamenti negli ultimi anni. Per i primi tre giorni di assenza continuativa l’indennità di malattia è a carico del datore di lavoro, con una percentuale di copertura definita dal contratto nazionale. A partire dal quarto giorno, l’Inps versa un’indennità non inferiore al 50 per cento della retribuzione, mentre la parte rimanente viene integrata dal datore di lavoro. I lavoratori ammalati, oltre a produrre il certificato medico, sono soggetti a visite fiscali che possono essere effettuate durante quattro ore al giorno. Le visite di accertamento sono condotte dall’Inps, sia d’ufficio, anche mediante l’utilizzo di tecniche statistiche che consentono di concentrare i controlli sugli individui che presentano un maggior rischio di abusare del trattamento di malattia, sia su richiesta del datore di lavoro.
Nel settore pubblico, invece, è prevista la perdita di ogni componente accessoria del salario (circa il 20 per cento della retribuzione in media) per i primi dieci giorni di assenza continuativa per malattia. Attualmente, le visite fiscali possono essere effettuate in un intervallo di sette ore al giorno, quasi il doppio rispetto al settore privato. Tuttavia, le visite di controllo sono sempre predisposte dal dirigente responsabile, che può richiederle sia al servizio sanitario, sia all’Inps “valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione della visita” (decreto legge 98/2011). Le visite di controllo devono comunque essere sempre disposte qualora l’assenza avvenga a ridosso di una giornata non lavorativa, mentre le spese rimangono interamente a carico del datore di lavoro. La disciplina attualmente in vigore nel settore pubblico è il frutto di diverse riforme varate a partire dal 2008. Il primo intervento aveva introdotto la decurtazione della retribuzione, anche in deroga a quanto stabilito nei contratti di lavoro, e ampliato le fasce di reperibilità da quattro a undici ore (legge 133/2008), riportate temporaneamente al livello pre-riforma con il Dl 78/2009, per poi essere fissate a sette (Dm 206/2009), a seguito di un nuovo aumento delle assenze. La strategia seguita dal legislatore nel corso del tempo è stata dunque quella di incrementare il “costo” dell’assenza per malattia, aumentando al tempo stesso, anche se con qualche discontinuità, la pervasività dei controlli.
Sia nel pubblico, sia nel privato, il lavoratore il cui stato di malattia risulti non essere confermato dai controlli è sanzionato con la perdita di parte dell’indennità indebitamente percepita ed è passibile di sanzioni disciplinari che possono arrivare a determinarne il licenziamento.
LE EVIDENZE
Lavori accademici e analisi condotte dalla Commissione sull’assenteismo istituita presso il ministero della Funzione pubblica hanno sostanzialmente confermato l’efficacia dei diversi interventi legislativi varati a partire dal 2008, sottolineando in particolare la rilevanza dell’ampliamento delle fasce di reperibilità nel determinare la contrazione delle assenze per malattia. Tuttavia, queste analisi arrivano a coprire al massimo i primi mesi del 2011: cosa è successo da allora? I dati riportati nel Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato (figura 1) segnalano che, dopo la decisa riduzione avvenuta nel 2009 nonostante l’acuta stagione influenzale di quell’anno, il numero medio di assenze per malattia si è poi attestato su valori più bassi rispetto a quelli registrati nella prima parte del decennio, mostrando tuttavia una lieve tendenza al rialzo negli ultimi anni. Secondo analisi preliminari, i differenziali tra il settore pubblico e quello privato si sarebbero di fatto assorbiti nel periodo 2008-2011, ma sarebbero ora tornati a livelli simili a quelli fatti registrare prima della riforma del 2008 (figura 2). Non è possibile indicare con certezza le cause che hanno determinato il nuovo aumento delle assenze per malattia nel settore pubblico. Potrebbero avervi contribuito la riduzione del numero di visite fiscali a seguito della sensibilizzazione sui profili di costo effettuata dal decreto ministeriale 78/2011 e la diminuzione nel tempo dell’effetto deterrente delle nuove norme.
L’IMPORTANZA DEI CONTROLLI
Le riforme susseguitesi negli anni hanno contribuito a comprimere i differenziali di assenza tra il settore pubblico e quello privato. Mentre l’entità delle sanzioni previste per comportamenti opportunistici appare adeguata, l’effetto di deterrenza può essere garantito solo da una politica di controlli rigorosa e stabile nel tempo.
Va tuttavia sottolineato che elevati tassi di assenza per malattia sono solo il segnale di criticità più profonde presenti nella gestione del pubblico impiego; ogni intervento restrittivo andrebbe pertanto inserito in un quadro più ampio di riforma che possa rendere più moderno il rapporto di lavoro pubblico, coniugando la tutela dei diritti dei lavoratori con una migliore pianificazione degli obiettivi e una stringente valutazione dei risultati ottenuti.
Figura 1 – Le assenze per malattia nel settore pubblico
Fonte: elaborazioni dell’autore. Il grafico riporta i giorni medi di assenza per malattia in un anno nel settore pubblico (Conto annuale Rgs, vari anni) l’incidenza (casi per assistito) della stagione influenzale rilevata da InfluNet – ministero della Sanità.
Figura 2 – Differenziali tra pubblico e privato nell’incidenza dell’assenza per malattia (punti percentuali)
Fonte: elaborazioni dell’autore su dati forze di lavoro – Istat.
* L’autore è stato membro della commissione sull’assenteismo istituita dall’allora ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta.
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