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L’immigrazione? È un business povero *

Le recenti indagini della magistratura rischiano di diffondere nell’opinione pubblica l’idea di un business dell’immigrazione. Certamente possono esserci stati abusi, ma non si può generalizzare. In più, il settore non gode di grandi risorse. E anche per le “emergenze” i fondi sono stati ridotti.
UN SETTORE CON POCHE RISORSE
La recente indagine su “mafia capitale” ha fatto emergere numerosi elementi sconcertanti in merito al rapporto tra affari e politica. In particolare, colpisce l’affermazione di uno degli indagati, secondo cui “l’immigrazione è un affare più redditizio della droga”.
Come è possibile che uno dei settori più bistrattati e poveri di risorse pubbliche si tramuti in una miniera d’oro per spregiudicati affaristi? L’Italia è uno dei paesi europei che ordinariamente investe meno risorse in tema di politiche di integrazione degli immigrati, che sono di competenza degli enti locali e che rappresentano una delle voci più modeste all’interno della spesa sociale di comuni: poco più dell’1 per cento del totale, pari a meno di duecento milioni di euro annui (fonte Istat).
Anche sommando le risorse del Fondo europeo per l’integrazione e vari progetti, nel 2012 si era arrivati a malapena a 370 milioni di euro, a fronte di circa 270 milioni di euro di spese per il contrasto all’immigrazione clandestina, imperniate soprattutto sui Cie (Centri di identificazione ed espulsione) la cui utilità reale è quantomeno dubbia. Considerando che gli immigrati realmente da coinvolgere in attività come corsi di italiano e mediazione culturale sono centinaia di migliaia, la spesa pro-capite per le politiche di integrazione nel nostro paese è davvero irrisoria.
QUANTO COSTANO LE EMERGENZE
Tuttavia, le cose cambiano se si analizzano i dati relativi alle “emergenze” che derivano dai picchi degli sbarchi di profughi a Lampedusa e in Sicilia: negli ultimi anni, in particolare, è possibile comparare i costi della cosiddetta “Emergenza Nord Africa” del 2011-2012, successiva alla guerra civile in Libia, e quelli di “Mare Nostrum”, operazione della Marina militare avviata dopo la strage in mare dell’ottobre 2013 e attiva fino all’ottobre 2014. In entrambe le occasioni il Governo italiano, attraverso il ministero dell’Interno, ha stanziato cifre straordinarie. Per quanto riguarda “l’emergenza Nord Africa” esistono relazioni ufficiali che hanno calcolato un importo complessivo (spese logistiche più diarie nelle strutture di accoglienza) di 740 milioni di euro nel 2011 e 560 milioni di euro nel 2012. (mediamente 650 milioni di euro l’anno). Mentre per il 2014 si possono già effettuare stime che vedono un importo leggermente superiore, però per un numero di profughi ospitati nettamente maggiore.
Parlando dei costi giornalieri per l’accoglienza, è opportuno sottolineare che le diverse strutture (strutture temporanee, centri di accoglienza per richiedenti asilo, centri di accoglienza, centri di primo soccorso e accoglienza, sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) rispondono a meccanismi di finanziamento differenti. Per avere una prospettiva omogenea sui costi, si può fare riferimento alle diarie fissate dal ministero dell’Interno per i posti straordinari per la prima accoglienza.
Nel 2011 la spesa giornaliera era fissata a 42,50 euro (più Iva) per gli adulti e 75,00 euro (più Iva) per i minori (come valore medio, con significative differenze tra i comuni). Diarie medie nettamente più elevate rispetto a quelle in vigore nel sistema Sprar (servizio protezione per richiedenti asilo e rifugiati) cogestiti dal ministero stesso e dall’Anci sulla base di bandi annuali (ora triennali).
Due anni e mezzo dopo, nel 2013-2014, il ministero dell’Interno ha ridotto le diarie a 30 euro (più Iva) per gli adulti (-29 per cento rispetto al 2011) e circa 40 euro (più Iva) al giorno per i minori (-47 per cento).
Al 30 novembre 2014 gli immigrati presenti nei diversi centri sul territorio nazionale erano 65mila: si può dunque stimare un costo giornaliero di quasi 2 milioni di euro. Se si fossero mantenute le quote diarie stabilite nel 2011, si sarebbero spesi addirittura 3 milioni al giorno.
In conclusione, le recenti indagini della magistratura – e soprattutto il modo in cui vengono presentate dai media – rischiano di diffondere nell’opinione pubblica l’idea di un business dell’immigrazione. Pur riconoscendo la possibilità di abusi da parte di alcune strutture aggiudicatrici dei fondi, non si può generalizzare tacciando di fraudolente le centinaia di cooperative e le migliaia di operatori del settore. In particolare, occorre una maggiore attenzione in settori come quello dell’accoglienza ai minori stranieri non accompagnati (che non sempre giungono da paesi effettivamente in guerra) e la protezione umanitaria riconosciuta a volte con eccessiva tolleranza.
Infine, il confronto di costi e benefici mostra che la spesa pubblica per l’immigrazione (comprensiva di scuole, ospedali e pensioni) raggiunge appena l’1,57 per cento di quella totale: lontano, dunque, dall’idea di un business “facile”.
 
* Le opinioni espresse nell’articolo sono personali e non coinvolgono le istituzioni di appartenenza degli autori.

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10 commenti

  1. AM

    Sarà un business povero, ma che può arricchire le poche persone coinvolte ai vertici e che hanno contribuito al concepimento e al protrarsi della disastrosa operazione Mare Nostrum. Non si capirebbe altrimenti la nascita di quest’operazione sotto Letta e la continuazione sotto Renzi. Un’operazione che ha incentivato i flussi migratori aumentando non solo i salvataggi, ma anche il numero dei morti. Gli unici a trarne vantaggio sono stati gli scafisti che hanno visto aumentare sensibilmente i loro guadagni

    • HK

      Ha perfettamente ragione. Questo è il business ideale per gente senza arte ne parte ma gran voglia di arricchirsi.

  2. EzioP1

    La relazione manca di chiarezza nell’indicare le spese che lo stato italiano sostiene per gli immigrati. Ovvero i 30 euro per gli adulti cosa comprendono, vitto, alloggio, spese voluttuarie e cos’altro ? Dove sono le spese per le pulizie e l’ordine del luogo ospitante, dove quelle per l’ordine pubblico ? Non dimentichiamo che 30 euro al giorno sono 900 euro al mese, lo stipendio di un lavoratore a primo impiego, ma questi immigrati vengono tenuti a fare nulla, anzi solo disastri nel distruggere le infrastrutture che li ospitano. Forse sarebbe meglio farli lavorare per tenere in ordine e nell’igiene i luoghi ospitanti, almeno così si potrebbe ridurre il costo che i cittadini italiani sopportano per loro.

  3. paola urso

    Fermo restando che bisogna gestire il problema emigranti, al di là dei numeri, quello che sembra sia emerso dalla vicenda romana è che il business sono i campi e le strutture dove alloggiare ( richiudere ) gli zingari , i rom , gli emigranti , fuori dagli occhi dei benpensanti cittadini , ed in cui una minima parte dei soldi vengono spese per servizi pessimi, la restante incassata dalla cooperativa di turno( 5 per i campi e 35 per i gestori?) e nessuno sopratutto controlla, perchè , un po’ come i matti gli zingari , gli immigrati si sa sonno tutti sporchi, pigri approfittatori e debbono soffrire, diciamo che sono degni di un lagher anche se è brutto dirlo ( lega docet) un business ideale

  4. Invictus

    Magari potrei apparire malizioso, ma sembra proprio il classico articolo per cercare di tappare la falla, quando si è finalmente scoperto (tramite le intercettazioni telefoniche di questi giorni) che questo “business” rende e pure parecchio. E’ finita la pacchia, la gente si sta stufando…era ora.

    • Baldo

      Perché mai gli autori dell’articolo dovrebbero voler tappare una falla?
      Dubito vivamente c’entrino qualcosa con coloro che sfruttano l’immigrazione per far soldi. E comunque il senso dell’articolo era un altro, in realtà: esistono criminali che spillano soldi ad un settore che già ne ha pochi. Stop.

  5. In maniera indipendente dai risvolti penali è chiaro che in Italia vi è stata una marcata sproporzione dell’interesse della Pubblica Amministrazione verso la cd. Immigrazione “da offerta”, in alcuni casi fatta passare per immigrazione “da domanda”, tramite l’artificio verbale di denominare le “sanatorie” come “regolarizzazioni”. Immigrazione di massa, difficilmente gestibile, se non ricorrendo a procedure molto costose emergenziali e ad alto rischio di corruzione.
    Questa situazione ha creato sì opportunità di lavoro per centinaia di cooperative ( naturalmente solo in minima parte truffaldine) ed alcune migliaia di operatori. Tuttavia la mancata attenzione verso l’immigrazione da “domanda”, in particolare quella mediamente qualificata e quella altamente qualificata, soggetta tuttora a tortuose ed incredibilmente complesse procedure burocratiche (tirocinio formativo ancora non chiaramente regolamentato, procedure per la carta blu che ancora necessitano di semplificazione ed uniformità di comportamento da parte dei vari sportelli unici per l’immigrazione) è una delle, molteplici, cause, come da tempo denuncia il Ciiaq – Comitato Italiano Immigrazione Altamente Qualificata, del ridottisimo numero degli investimenti diretti esteri verso l’Italia. Con conseguente perdita netta di denaro da parte della comunità di decine di miliardi di euro e di centinaia di migliaia di posti di lavoro.

  6. Maria Rosaria Di Pietrantonio

    avendo vissuto una esperienza diretta in Canada di immigrazione sono stata alcuni mesi a MISA School con rifugiati politici di tutto il mondo.Il governo canadese offriva (credo tuttora) un alloggio con spese annesse intese come case normali a famiglia, vestiti 2 volte l’anno e un minimo di soldi per la spesa oltre ovviamente alla obbligatoria scuola di lingua inglese, il tutto per 1 anno, obbligando i rifugiati a frequentare altri corsi a seconda delle qualifiche specifiche di ognuno di loro. Se una impiegata di una banca bosniaca faceva investimenti nel suo paese la “consigliavano” di frequentare i corsi per adeguare il suo livello precende alla struttura canadese per poi reinserirla nello stesso tipo di lavoro. questo per dire che nei paesi normali questi fenomeni vengono gestiti, e non ho mai avvertito o il pietismo o il razzismo, ma un rispetto per la persona, i normali immigrati ovviamente avevano solo il diritto a frequentare la scuola di inglese per 3 anni, ma ottimi servizi di inserimento, e sempre un tutor, un cittadino volontario da chiamare in qualunque momento di difficoltà.quando vedo quei CIE mi si rivolta lo stomaco, io li farei pulire (rispondo a EZIO P1) a tutti i parassiti dello stato e a un esercito di dirigenti pubblici nullafacenti e moltopagati inutilmente, zavorra e feccia dello stato italiano invece di rubare i soldi già scarsi che il governo stanzia per queste persone.

    • bob

      ..possiamo pretendere qualcosa da un Paese che ha eletto ministro delle Riforme tale Bossi Umberto? La macchietta, la commedia all’ italiana, l’avanspettacolo trasferito da un palco o da un cinema nella vita reale quotidiana. Noi siamo fenomeni

  7. In provincia di Cosenza c’è malaffare e come, Peggio della Roma tutto nel nome dei clandestini, degli zingari e rifugiati asilo politico perché di mezzo sulla questione comandano le cooperative e i centri sociali, i no TAV, no global e vedi caso sono i primi loro che fanno propaganda. poveracci””poverini”” e poveretti””. Questa storia va avanti da moltissimi anni. DRITA.

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