I prezzi delle abitazioni nuove si mantengono su livelli alti, nonostante la crisi dell’edilizia. Per quelle esistenti invece si è registrato un notevole calo. C’era invece da aspettarsi il contrario. Il ruolo delle banche, la domanda debole e la diminuzione del reddito delle famiglie.
DIFFERENZE DI PREZZO TRA NUOVO E USATO
A giudicare dall’andamento dell’indice Istat, non sembra che, malgrado la crisi del mercato dell’edilizia residenziale, sia scoppiata la bolla dei prezzi delle abitazioni.
L’Istituto di statistica elabora trimestralmente, sulle base dei prezzi di compravendita riportati nei rogiti notarili, tre distinti indici dei prezzi delle case acquistate dalle famiglie per viverci o per investimento: per l’insieme delle abitazioni, per le esistenti e per le nuove.
Nella figura 1 è riportato l’andamento nel tempo dell’indice dei tre aggregati e si nota la forte differenza tra il segmento di mercato delle nuove abitazioni e quello delle case esistenti. Il livello dell’indice relativo a queste ultime ha subito una costante e notevole perdita, attestandosi a 84 nel secondo trimestre di quest’anno (base 2010=100). L’indice dei prezzi delle nuove abitazioni, dopo essere salito a 105,4 nel secondo trimestre del 2012, ha iniziato a calare, ma nel terzo trimestre del 2014 il suo livello è ancora 100,8. Chi nel trimestre luglio-settembre scorso ha acquistato una casa nuova l’ha pagata leggermente di più del prezzo che avrebbe pagato nel 2010, mentre un’abitazione esistente è costata circa un sesto in meno.
Alcune considerazioni possono aiutare a interpretare il diverso andamento dei prezzi nei due segmenti di mercato.
Grafico 1 – Indici dei prezzi delle abitazioni (Base 2010=100)
Fonte: Istat, Prezzi delle abitazioni, Statistiche flash, 8 gennaio 2015
BANCHE E QUOTAZIONI DELLE CASE NUOVE
Malgrado il rallentamento dell’attività, testimoniato dal crollo progressivo del numero di permessi di costruire ritirati dagli uffici comunali, il segmento di mercato delle nuove abitazioni è ancora caratterizzato da uno stock di case in cerca di acquirenti. Quante sono esattamente è difficile dirlo: l’istituto di ricerca Nomisma nel 2012 stimava fossero circa settecentomila. Certo è che su questo segmento del mercato vi è un eccesso di offerta rispetto alla domanda (che è affievolita dalla debolezza economica dei potenziali acquirenti, ma anche dagli stessi alti prezzi). Lo squilibrio non si traduce, però, in una riduzione dei prezzi.
Una delle possibili spiegazioni del perché i prezzi non si muovono come prevedono i manuali di economia, potrebbe essere ricercata nel ruolo fondamentale delle banche, che, quando il mercato tirava, hanno finanziato in misura massiccia la costruzione di nuove case. Con il sopraggiungere della crisi e il crollo della domanda, una parte della imprese non è stata in grado di far fronte al servizio del debito. Nei casi di rischio elevato per i loro capitali, le banche finanziatrici hanno pignorato gli immobili. Non li immettono sul mercato, attraverso le procedure di esecuzione immobiliare, per evitare il duplice effetto di esporle a svalutazione e di rendere ancora più difficile smaltire, malgrado la riduzione dei prezzi delle aste, la montagna di case pignorate alle famiglie che non hanno più pagato le rate dei mutui (i procedimenti di esecuzioni immobiliari pendenti nel 2012 erano 255mila, secondo i dati del ministero della Giustizia).
Gli istituti di credito sono comunque in grado di influenzare le decisioni delle imprese. Quelle con essi indebitate resistono e mantengono prezzi di vendita a livelli non accessibili per le famiglie: la loro paura è che, se li abbassano, le banche possano chiedere la restituzione dei prestiti, temendo l’innesto di una spirale di progressiva svalutazione dei crediti concessi (che potrebbero non essere più in bonis). Il che potrebbe significare il pignoramento degli immobili o, peggio, l’avvio di una procedura concorsuale (non tutte posso chiedere il concordato di continuità).
Anche questa convergenza di interessi concorre a mantenere i prezzi delle nuove abitazioni artificialmente al di sopra di quello di equilibrio tra domanda e offerta. Ma il mercato non si sbloccherà finché i prezzi non caleranno e non si attueranno politiche di sostegno alla domanda.
DOMANDA E PREZZI DELLE CASE ESISTENTI
Il prezzo delle case esistenti, invece, si è ridotto, in quattro anni, di poco più del 15 per cento. Difficile spiegare questo andamento, anche se sembra si possa attribuire più a una debolezza della domanda che non a una spinta dal lato dell’offerta.
Non è stato possibile reperire informazioni che evidenzino un aumento dell’offerta di queste abitazioni. Con prezzi in calo, è verosimile che i proprietari senza un’impellente necessità di liquidità, differiscano la messa in vendita delle loro proprietà nella speranza di un aumento delle valutazioni immobiliari. Per contro, spinge verso un aumento dell’offerta l’inasprimento della tassazione patrimoniale sugli immobili tenuti a disposizione. Difficile stabilire l’effetto complessivo di queste, come di altre, forze in contrasto tra di loro.
A parità di ogni altra caratteristica (localizzazione, dimensione, piano, presenza di servizi, eccetera), i prezzi a metro quadro delle case esistenti sono, in ogni dato momento, più bassi di quelli delle nuove. Con il passare del tempo il valore di un’abitazione si riduce per la vetustà, e anche, soprattutto per le più vecchie, a causa dei maggiori costi che la loro gestione comporta rispetto alle nuove costruzioni, realizzate con tecnologie che permettono di ridurre i consumi (e le relative spese) energetiche, di acqua e altro.
Per questa ragione, le famiglie per le quali l’acquisto di un’abitazione costituisce un sforzo economico notevole indirizzano la loro ricerca soprattutto, e in primo luogo, sul mercato secondario. Con l’aggravarsi della crisi economica e la conseguente riduzione dei redditi delle famiglie, su questo mercato si riversa anche una parte della domanda di coloro che, con i livelli di reddito pre-crisi, avrebbero potuto tentare di acquistare un’abitazione nuova. Sul mercato delle abitazioni esistenti si sarebbe dovuto registrare una concentrazione della domanda, il cui primo effetto si sarebbe dovuto manifestare almeno in una tenuta dei prezzi, che invece si sono ridotti. La ragione per cui i prezzi delle case “usate” sono calati può essere individuata, in buona misura, nel fatto che con la crisi anche su questo segmento del mercato la domanda, anziché premere, si è indebolita: in parte perché i potenziali acquirenti rinviano la decisione di investimento, sperando in un ulteriore abbassamento dei prezzi, ma soprattutto perché i loro redditi sono insufficienti a trasformare in effettiva la domanda, anche ai valori correnti delle abitazioni.
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