Le difficoltà di Ntv riaprono la questione della concorrenza nel trasporto ferroviario. La competizione indotta da Italo ha senz’altro comportato benefici per i cittadini, in termini di prezzo e di qualità dei treni. Le meccaniche regolatorie e la recente delibera dell’Autorità dei trasporti.
IL PROGETTO NTV
Le recenti notizie relative alle difficoltà della società ferroviaria Nuovo Trasporto Viaggiatori hanno riportato l’attenzione su una situazione molto delicata, che potrebbe avere conseguenze durature, anche al di là del destino della stessa Ntv.
Ntv è la seconda società privata ferroviaria specializzata nel servizio passeggeri in open access fondata in Italia e oggi è prima in Europa in termini di traffico. Vi sono esperienze simili all’estero, ma tutte più piccole e di natura diversa: l’austriaca WestBahn, le due società ceche RegioJet e LeoExpress e le due inglesi GrandCentral e First Hull Trains, oltre a qualche servizio marginale in Svezia e Germania (si veda la figura).
Ntv ha iniziato a operare nel 2012, dopo un lungo percorso burocratico e tecnico di preparazione, che ha le sue radici nella legge 188/2003, la quale, in anticipo rispetto a molti altri paesi europei, ha dato avvio al processo di liberalizzazione del mercato. L’offerta di Ntv si è concentrata, unica in Europa, nel segmento alta velocità, acquistando nuovi treni dedicati e costruendo un’offerta basata principalmente sulla nuova linea ad alta velocità Torino–Salerno.
L’idea di fondo era di sfruttare la bassa qualità del servizio di Trenitalia e la profonda diffidenza dei viaggiatori verso l’operatore nazionale e le sue molte mancanze. Ntv si sarebbe posizionata nel segmento alto, offrendo un servizio paragonabile come tempi a quello di Trenitalia, di poco inferiore per frequenze e certamente migliore per servizio complessivo. Il posizionamento alto, oltre che per una ispirazione di fondo degli azionisti, sembrava sfruttabile per tenere alti i ricavi, in linea con quelli di Trenitalia del tempo (cioè tipici di una situazione di monopolio de facto). Inoltre, una efficace attività di marketing (pubblicità, ma anche molte partnership e un articolato sistema di fidelizzazione) avrebbero sostenuto l’operazione.
LA REAZIONE DI FS
A distanza di due anni si può dire che l’ingresso è riuscito, cosa affatto ovvia data l’enorme complessità tecnica e organizzativa in un mondo “esoterico” come quello ferroviario, e che la quota di mercato si attesta attorno al 20 per cento dell’intero segmento alta velocità e misto. Ha funzionato tutto, dunque, tranne un paio di particolari.
Il primo, largamente prevedibile, è che Ferrovie dello Stato italiane nel loro doppio ruolo di concorrente (Trenitalia) e fornitore di Ntv (Rfi, quale gestore della rete) non hanno fatto ponti d’oro al newcomer, operando una serie di azioni grandi e piccole giudicate “di disturbo” alla concorrenza e in alcuni casi arrivate sul tavolo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Basta citare, ad esempio, la vicenda dell’obbligo di avere treni di riserva per il recupero dei guasti, la cancellata di Ostiense, il marciapiede di Rimini, l’impossibilità di usare biglietterie e sito di Rfi per la vendita.
Il secondo problema nasce probabilmente dal fatto che il management della società ha trascurato un aspetto importante: i ricavi sono risultati decisamente inferiori a quelli previsti e ben al di sotto del livello di break even, minacciando l’esistenza stessa dell’azienda (che infatti ha annunciato esuberi). Poiché i treni hanno buoni load factor e le previsioni di passeggeri sono sostanzialmente rispettate, significa che sono i ricavi unitari a essere “inaspettatamente” bassi. Che è accaduto? Semplicemente, con l’arrivo della concorrenza, Trenitalia ha ridotto le sue tariffe e aumentato considerevolmente qualità, esperienza di viaggio e affidabilità. Azzerando quindi quelli che dovevano essere i “plus” competitivi di Italo e che potevano giustificare un pricing meno aggressivo.
Gli ultimi scampoli della storia raccontano di un minacciato aumento delle tariffe elettriche, quantificato in oltre 20 milioni all’anno, evidentemente insostenibile per un’azienda con 250 milioni di fatturato e 327 di costi (compresi i 120 milioni pagati ad Rfi per l’accesso alla rete). E raccontano anche dell’attesa delibera dell’Autorità dei trasporti sull’accesso alla rete, rivelatasi per certi versi rivoluzionaria, che tra le altre cose ha abbattuto il pedaggio alta velocità da 13€/km (partendo, ricordiamolo, dagli oltre 15 €/km al momento del business plan di Ntv) a circa 8,7 €/km.
LA CONCORRENZA POSSIBILE
Nonostante la boccata di ossigeno, il destino di Ntv appare però ancora incerto e molto è il lavoro che il suo management deve fare per invertire la rotta. Le conseguenze di un suo eventuale fallimento sono molteplici e interessano tutti.
In primo luogo, è un problema per gli azionisti e i creditori, che hanno investito molto denaro (loro) in un’impresa ardita, ma che hanno chiaramente sovrastimato i ricavi senza comprendere che Trenitalia (e l’energico Mauro Moretti) non sarebbero stati con le mani in mano e avrebbero affilato le unghie, sia della mano destra che di quella sinistra. In termini più precisi, hanno assunto che il loro concorrente avrebbe continuato a tenere tariffe alte, servizi scarsi e a stare antipatico ai viaggiatori, cosa assai improbabile avendo Trenitalia ampi mezzi per migliorare. Si tratta in buona parte di mezzi “opportuni”, come organizzare un servizio migliore, ridurre i margini ma anche adottare tecniche di yield management. Esistono poi altre azioni “non opportune”, come la vendita sottocosto o al costo dei posti delle Freccerosse in concorrenza (effettivamente spesso molto economiche), possibile grazie ai ricavi delle ricche Freccebianche o degli IC in monopolio (Milano-Venezia, Milano-costa tirrenica). Di questo però non c’è ancora prova in merito (ma qualche indizio da parte dei viaggiatori sì) e sarebbe eventualmente affare delle Autorità verificarlo.
In secondo luogo, il fallimento sarebbe naturalmente un problema per gli oltre mille dipendenti, spesso molto giovani, che hanno certamente contribuito con il loro lavoro ed entusiasmo a un’impresa difficile e innovativa e ora non vorrebbero perdere il loro posto.
Non ultimo, sarebbe un problema per il paese e per i consumatori. In primo luogo, perché la perdita del competitor riporterebbe in alto i prezzi. Ma soprattutto perché un fallimento potrebbe suggerire a futuri operatori che per svolgere la propria attività in Italia bisogna avere le spalle molto, molto larghe, anche sul piano legale, per affrontare un’infinità di problemi. Infine, perché il fallimento darebbe modo a Trenitalia di riaffermare (a torto, secondo chi scrive) che la concorrenza ferroviaria non è strutturalmente possibile e dando magari adito a rigurgiti protezionistici, a maggior ragione mentre si parla sempre più insistentemente di privatizzazione.
Quali strategie sono possibili per evitare scenari peggiori? Ntv ha già introdotto alcune modifiche alla sua offerta con l’orario 2015 e ha iniziato un doloroso taglio dei costi, avendo realizzato che il modello del treno di lusso non appare sostenibile. Forse più innovazione dovrebbe arrivare sul fronte della rete, evitando di rincorrere Trenitalia dove è imbattibile e costruendo servizi “nuovi” da leader (come è stato fatto col Milano-Ancona, sebbene in chiusura), senza innescare guerre di prezzo da cui uscirebbe ammaccata. Vi è poi un doppio vantaggio dato dalla tecnologia degli Agv, ancorché temporaneo: Ntv ha tutta la flotta in grado di viaggiare a 360 km/h, quando la linea lo permetterà, mentre Trenitalia riceverà progressivamente gli Etr1000. Ntv potrebbe anche richiedere di modulare il pedaggio in funzione dei consumi reali, capitalizzando il fatto che i suoi treni sono più piccoli e leggeri.
Concludendo, la recente delibera dell’Autorità dei trasporti ha mostrato che il regolatore è preparato e sensibile verso corrette meccaniche regolatorie e questo va capitalizzato, assieme a una più innovativa struttura dell’offerta. Il trasporto ferroviario ha tratto troppi benefici dall’esperienza della concorrenza per potervi rinunciare.
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