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Nascite: meglio un bonus che niente *

Nel 2013 l’Italia ha registrato il più basso numero di nascite dai tempi dell’unificazione del paese. Colpa anche della crisi e del generale clima di sfiducia. In attesa di cambiamenti più strutturali e incisivi, il bonus di 80 euro per i neonati non va bocciato senza appello. Misura da valutare.

NASCITE SEMPRE PIÙ GIÙ
Nel 2013 in Italia ci sono state 514mila nascite. Mai avevamo toccato un valore così basso dall’Unità in poi. Il minimo, prima del declino più recente, era stato osservato nel 1918, con 640mila nascite, ma c’era allora la grande guerra. Ora abbiamo la grande crisi economica, meno drammatica certamente, ma con effetti congiunturali non trascurabili su una fecondità già da lungo tempo in sofferenza. Il numero medio di figli per donna è sceso per la prima volta sotto la soglia di due (che corrisponde al rimpiazzo generazionale) nel 1977. Nel 1984, esattamente trenta anni fa, il dato è scivolato sotto un figlio e mezzo. Da allora non siamo più stati in grado di arrampicarci sopra tale valore, diventando il paese che da più lungo tempo si trova più vicino a un figlio medio per coppia piuttosto che a due.
L’EFFIMERA RIPRESINA DEL 1995-2008
Prima della crisi economica abbiamo conosciuto una fase di moderata ripresa, in parte dovuta all’immigrazione ma in parte prodotta anche dal recupero delle nascite da parte delle coppie italiane. Una ripresa concentrata soprattutto nelle Regioni del Centro-Nord (Rosina, Del Boca, “L’effimero boom delle nascite”) favorita da una maggiore copertura ed efficienza dei servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia.
Questo progresso si è bloccato proprio in concomitanza con la crisi. Dal 1995 al 2008 la fecondità è infatti salita in modo pressoché continuo a livello nazionale (ma con forte eterogeneità territoriale), dopodiché si è sostanzialmente fermata ed è anzi leggermente arretrata (figura 1). Cos’è successo? Si sono ristretti i fondi a favore dei servizi di conciliazione; sono cresciute le coppie in difficoltà economica; i giovani fanno fatica a trovar lavoro e a formare nuovi nuclei familiari; ma oltre ai motivi economici e strutturali, è aumentata l’incertezza verso il futuro e non si percepiscono all’orizzonte segnali convincenti di miglioramento. La prostrante durata della crisi e l’incapacità del sistema paese di imboccare un sentiero promettente di sviluppo bloccano le scelte degli individui e delle famiglie.
Secondo i dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo (www.rapportogiovani.it) – ottenuti da un’indagine di approfondimento condotta a luglio 2014 a livello nazionale sui 18-30enni – quasi il 60 per cento degli intervistati è poco o per nulla convinto che tra tre anni la propria situazione sarà migliorata, e si sale fino al 68 per cento se la domanda è riferita alla propria generazione in generale. Ma bassa è soprattutto la fiducia che tra tre anni l’Italia sarà complessivamente in condizioni migliori di oggi: il 71 per cento pensa che non riuscirà ad agganciare i livelli di crescita medi degli altri paesi sviluppati.
Se questa è l’opinione dei giovani italiani, più oggettivamente nel rapporto Ocse “Society at a Glance 2014: The crisis and its aftermath”  si trova scritto che:

  • l’Italia corre “crescenti rischi che le difficoltà economiche e le disuguaglianze diventino radicate nella società”;
  • “il ritardo dei giovani nel guadagnare la loro indipendenza dalle famiglie è uno dei fattori che contribuiscono al notevole ritardo nella formazione dei nuclei familiari”;
  • tale ritardo mantiene basso il tasso di fecondità e “aggrava ulteriormente l’invecchiamento della popolazione”.
Leggi anche:  Rischi di un'Italia in crisi di nascite


SE 80 EURO VI SEMBRAN POCHI …
In questo quadro a cosa potrà mai servire il bonus di 80 euro al mese per i neo-genitori promesso dal presidente del Consiglio? A ridurre significativamente la povertà delle coppie con figli? Ad aumentare sensibilmente le nascite? Non è chiaro. Le perplessità su questa misura sono già state ben illustrate da Maria Cecilia Guerra (si veda anche il dossier).
Ma in attesa di cambiamenti più strutturali e incisivi che richiedono per il Governo tempi più lunghi, questa misura con effetto immediato non va forse bocciata senza appello.
Prima di tutto perché si tratta di un segnale positivo verso le famiglie sul fatto che lo Stato – pur con limiti di bilancio e in attesa di provvedimenti più rilevanti – cerchi comunque, nell’emergenza, di aiutarle, soprattutto se hanno figli minori a carico.
In secondo luogo, al di là del fatto simbolico, per alcune famiglie meno abbienti quell’ammontare può davvero dare concretamente un po’ di respiro in più. Può inoltre dare la piccola spinta che serve alle giovani coppie incerte non tanto se avere figli, ma in bilico su averne ora o posticipare ulteriormente.
Ma tutto questo sarebbe interessante poterlo verificare predisponendo assieme al provvedimento anche un progetto di valutazione di impatto, sia sulla condizione economica delle famiglie che sulle scelte riproduttive. Tanto per non trovarci tra qualche anno con un altro Governo e la proposta di un nuovo bonus senza sapere cosa davvero l’esperienza passata ci ha insegnato.
* Articolo pubblicato anche su www.neodemos.it

Figura 1 – Andamento della fecondità (Tft) in Italia e in due regioni selezionate (2002-2013)

rosina1Fonte: Istat. http://demo.istat.it/altridati/indicatori/index.html

 
 
 

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  1. M.S.

    Non credo di essere d’accordo sugli 80 euro, ma poco importa in un certo senso, poiché condivido che si debba capire, non solo lanciarsi lancia in resta pro o contro.
    Il grafico che lei presenta (figura 1) dice tutto quello che, invece, senza fare calcoli. si avverte (anche da conversazioni informali, etc.). Ovviamente lei ha preso solo due regioni, non le 4/5 del sud, confrontate con il centro-nord, come si poteva anche fare (nello lo stesso arco temporale che include tutti gli anni duemila). Per me il punto centrale è che tutto il Mezzogiorno sta subendo una drammatica politica economica, totalmente a suo danno, o a danno delle generazioni più giovani, e l’andamento della fecondità sembra parlare sin troppo chiaramente in questo senso. C’è molto da capire, e molto che non va.
    In primo luogo c’è da discutere se la gente che si occupa oggi di Mezzogiorno è adeguata al ruolo che ha assunto, o se non vada aperto un vero processo civile, democratico, per capire che cosa stiano facendo.
    Dall’assurdo “Piano per il Sud”, un testo – o molti testi – pieni di imprecisioni, di errori madornali, di sostanziali prese in giro, fatti solo per compiacere il potere, che cosa è cambiato? E anche su periodi precedenti c’è da capire. Non si può contrastare corruzione e criminalità in un clima di insopportabile pregiudizio, o di vero e proprio razzismo contro i meridionali, alimentato inizialmente da partiti che avrebbero potuto essere messi fuori legge in altri paesi, ma poi anche da altri.

  2. stefano monni

    L’iniziativa del governo risponde alla solita logica del “contentino”, come amo definirlo io. Prima di tutto, come spiegato nell’articolo, stiamo attraversando un periodo di crisi che impatta sulla propensione, per usare un termine economico, alla maternità, a generare figli. Certo è che la stessa crisi avrebbe impatti altrettanto costosi, sulle famiglie, qualora incentivassimo le nascite, senza aver prima risolto i problemi economici. Classico problema dell’analisi costi/benefici tra diverse alternative. Inoltre, mi domando come ci si possa nascondere dietro un dito, senza ammettere la solita “partita di giro”, operata dal governo. Da una parte, tagliamo le risorse agli enti locali, magari tagliando anche alcuni di questi che erogano servizi. Facciamo in modo che vengano eliminati i servizi pubblici, come asili nido ed altri che sono diretti proprio ai futuri neonati e alle loro famiglie, secondo la logica della spending review e del pareggio di bilancio, ma dall’altra diamo alle famiglie il “contentino” in denaro. Quindi diamo soldi alle famiglie per fare figli ma poi le stesse famiglie devono pagare tutti quei servizi necessari per il figlio che intanto gli abbiamo tolto.
    Ricordo infine l’economista Ernesto Rossi che evidenziava le differenze tra i vantaggi dei servizi pubblici in natura e gli svantaggi nel fornire invece denaro alle famiglie . Non c’è certezza, in questo ultimo caso, che il denaro offerto venga utilizzato per le finalità per cui è stato assicurato.

  3. Fabio

    La misura degli 80 euro prevista dal governo la considero una mancanza di rispetto nei confronti degli italiani, una presa in giro colossale. Perché? Perché è una misura alla “tieni i soldi e arrangiati. Poi non dire che il governo non ha fatto nulla”. Il vero nodo, a mio avviso, è il potenziamento dei servizi di supporto soprattutto per le madri lavoratrici, ad esempio una maggiore accessibilità ai servizi di nido/scuole materne. Invece niente. Nemmeno una settimana fa la FISM del Veneto ha inoltrato comunicazione che avrebbero scioperato due giorni non solo per il brusco taglio delle erogazioni per il 2015, ma anche del mancato completo pagamento dei contributi già deliberati per il 2014. Quella degli 80 euro è la solita pagliacciata.

  4. Patrizio Di Nicola

    Non entro in merito alla misura degli 80 euro, ma non pensa che una delle cause della riduzione di natalità sia anche il boom durante la crisi del lavoro precario, che oltre a tenere bassissimi i redditi rende l’esistenza delle persone molto incerta. Nel mio recente libro “Storie Precarie” la maggior parte delle intervistate ha espresso il massimo disappunto proprio per questo aspetto del lavoro flessibile.

  5. Meglio un bonus che niente? Già partiamo male. In una situazione di ristrettezza, si dovrebbe agire su priorità, proprio perché non è possibile far tutto.
    Poi qual è il reale scopo di questa misura? E’ evidente: alimentare i consumi, ossia come gli altri 80 euro, cercare di abbellire in ogni modo i numeri senza interventi strutturali e duraturi (sempre al breve periodo si pensa).
    Non serve invece a nulla per lo scopo presunto in questo articolo. O l’autore vorrebbe farci credere che grazie agli 80 euro le giovani coppie si decideranno a fare figli?
    Quello che serve è una politica che faciliti la vita a chi ha figli e deve conciliarli con la vita lavorativa. Come primo intervento quindi serviva semmai un incentivo sugli asili nidi, certo non sufficiente ma che appunto delineava la giusta strada.
    Qui invece siamo sempre alla politica della spesa di democristiana memoria. Diamo 80 euro sperando che oggi consumino di più (non certo facciano figli), magari tagliando alla previdenza di domani. Il peggio del peggio. E mi preoccupa che un professore sia tanto superficiale da dire “meglio di niente”. Bella forza!

  6. stefano delbene

    Io temo che, invece, come avviene in Francia, porti persone in difficoltà economica ad avere un altro figlio, pensando così di poter contare su di un reddito aggiuntivo. Potrei immaginare, invece, l’istitutuzione di un salario di cittadinanza, rivolto indistintamente a tutta la popolazione, che porterebbe una minori incertezza esistenziale nelle persone, spingendo, ma in questo caso solo chi la scelta di avre un bambino/a la ha già maturata, ad avere meno remore verso la sua realizzazione.

  7. Antonio Agostini

    Siamo sicuri che il calo delle nascite sia sempre e comunque un male? Non siamo forse un paese con una densita’ abitativa molto piu’ alta della media europea? Ho paura che molte delle argomentazioni a favore di una ulteriore crescita della popolazione dipendano soprattutto da due timori: il futuro pensionistico e l’abbassamento della percentuale di italiani doc rispetto agli immigrati. Mi sembrano due motivazioni molto risibili e anche facilmente risolvibili: sistema contributivo per il primo; maggior controllo sull’immigrazione nel secondo. Ma continuare ad alimentare la bomba demografica (a livello mondiale) mi sembra assurdo. Sono contento, invece, se l’Italia aiuta nel suo piccolo a contenerla.
    L’economia dei prossimi decenni non sara’ piu’ in grado di assicurare un lavoro a numeri cosi’ alti di popolazione: la manifattura si spostera’ sempre piu’ fuori Europa; molte attivita’ verranno automatizzate e lavori anche qualificati tenderanno a scomparire sempre piu’. Il futuro e’ di quelle professioni non predittive e percio’ non automatizzabili. Avete presente il servizio di consulenza legale via web? Quanto pensate che passera’ prima che venga del tutto automatizzato, tramite contratti standard e profilatura dei clienti? Persino le cassiere nei supermercati cominciano a sparire, sostituite da sistemi automatici di pagamento.
    Ho paura che, riguardo al problema demografico, si continui a ragionare sulla base di concetti vecchi e superati.

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