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La recessione infinita

pil trimestrale - agosto 2014
 
Tornerà il segno più, diceva l’ex premier Enrico Letta all’inizio di settembre 2013, parlando delle prospettive 2014. Prima di lui, anche gli altri primi ministri degli ultimi anni erano stati ottimisti per il futuro (nel caso di Silvio Berlusconi, anche per il presente, a dispetto dell’evidenza). Anche il l’attuale premier Matteo Renzi non ha fatto eccezione a questa regola: il Documento di Economia e Finanza del marzo 2014 prevedeva una crescita del Pil per il 2014 allo 0,8 per cento, anche sulla spinta del persistente ottimismo indicato dalle indagini Istat sulle aspettative delle famiglie delle imprese. Da allora si è verificato un rallentamento ulteriore dell’area euro e dell’economia tedesca in particolare, anche indotto dalle inquietudini geopolitiche, che non hanno certo migliorato le prospettive economiche.
La stima preliminare del Pil per il secondo trimestre 2014 ci dice che l’economia italiana proprio non riesce a ritrovare la strada della crescita. Ricapitoliamo i fatti. Prima c’è stata la recessione 2008-09, con sei trimestri consecutivi di crescita negativa. Poi, tra la seconda metà del 2009 e la prima metà del 2011, è arrivata una lenta e graduale ripresa che è riuscita a recuperare solo due dei sette punti di Pil persi nel 2008-09. Poi dalla seconda metà del 2011 il ritorno del segno meno. Da allora ad oggi, ci sono stati undici trimestri negativi e uno positivo (con uno striminzito +0,1 per cento nel quarto trimestre 2013). Con il secondo trimestre 2014, è arrivato un -0,2 per cento che riporta l’Italia in recessione. La perdita di Pil che si è aggiunta in questo periodo è di altri 4,5 punti percentuali, per un totale di 9 punti di Pil che mancano rispetto alla fine del 2007.
A questo punto, il sentiero per ottenere una crescita positiva per il 2014 è diventato molto stretto. Con una crescita zero nei prossimi due trimestri, dice l’Istat, la crescita 2014 sarà negativa per tre decimi di punto percentuale. Ma se anche l’economia italiana ritornasse a crescere nel secondo semestre 2014 (il bonus di 80 euro potrebbe gradualmente tradursi in maggiori consumi e i rischi geopolitici in Medio Oriente e in Ucraina potrebbero attenuarsi) è a questo punto improbabile che si riesca ad evitare un segno meno anche per il 2014, sia pure attenuato rispetto a quello registrato nei due anni precedenti.
 
I dati negativi dell’economia, se possibile, accrescono l’urgenza dell’azione sul fronte delle riforme ma anche dell’approvazione e rapida attuazione di misure che diano fiato alle imprese e alle famiglie, compresa una riforma fiscale troppo a lungo rinviata e che, per incoraggiare consumi e investimenti, deve essere percepita come sostenibile nel tempo. Nella speranza di essere ancora in tempo a evitare un umiliante commissariamento da parte dell’Europa.

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Il Punto

  1. Cristiano

    Per far ripartire l’economia serve un intervento serio e consistente sulla spesa pubblica. Invece di criticare Cottarelli il Governo e Parlamento dovrebbero muoversi a mettere mano sulle inefficenze da lui indicate.
    Il tempo è scaduto! I crescenti flussi di denaro investiti all’estero dagli italiani ed il rialzo dello spread sui titoli pubblici italiani dovrebbero far capire che oramai non si scherza più, altro che #enricostaisereno…Ora è #matteostaisereno che di te (imprese e famiglie) poco si fidano andando ad investire all’estero. Grazie alle varie Tobin tax, Bollo sui dossier titoli, Ritentua al 26%, Tari, Tasi, Tarsu, Imu, Irap, Irpef, accise varie…., per non parlare di giustizia e burocrazia, anche un santo fuggirebbe! Sveglia!!

  2. piero

    Ok riduzione massiccia della spesa pubblica di almeno il 10%, da attuare con eliminazione sprechi, spese standard e tagli lineari, da realizzare in due anni, sono 35 mld all’anno.
    Subito è da attuare la soluzione del credit crunch per le imprese, se non viene fatta una iniezione di credito di oltre 100 mld non se ne viene fuori, lo stato tramite il fondo di garanzia deve immediatamente garantire le imprese sane, che finalmente potranno ottenere il credito che permette a loro di crescere e non chiudere.
    L’intervento sul credit crunch va fatto con un decreto legge, senza rinviare ai decreti attuativi, oggi non sono ancora attuati i decreti del governo Monti.

  3. Zag(c)

    Anche l’articolista parla delle riforme come toccasana per la ripresa del PIL. MA veramente si è convinti, che l’eliminazione del Senato, piu ridurre ad un manipoli di parlamentari la Camera, l’eliminazione deli consigli provinciali possa portare in crescita la recessione con deflazione in atto, E non solo in Italia?

  4. enzo

    per prima cosa l’dea della profezia che si autoavvera dovrebbe cominciare ad essere messa da parte. bisgna anche chiedersi che attendibilità hanno le previsioni di istituzioni ufficiali visto che expost non sono mai rispettate ( a questo punto perché tenerne conto in fase di previsione) . le riforme certo : ma quanto tempo ci vorrà a farle (con le notorie resistenze) e dopo quanto tempo se ne cominceranno a vedere gli effetti. si dice che i consumatori attendono a causa della deflazione, dell’incertezza : ne dovrebbe conseguire che i risparmi stanno aumentando (non ci credo). siamo in una situazione straordinaria , è inutile aspettare che le cose si aggiustino da se , vanno recuperate tutte le risorse possibili dal settore pubblico (ormai si sa quali) e investirle sotto un rigido controllo commissariale (al fine di ottenere un moltiplicatore positivo sull’economia del paese ed evitare che la malpolitica malamministrazione se ne appropri per altri fini

  5. serlio

    il massacro fiscale perpetrato da mr MM per conto dei partiti parassiti, ci ha condotto nella più profonda stagnazione. troppe tasse, patrimoniali ignobili che impoveriscono il paese mentre il debito pubblico aumenta, aumenta, aumenta.
    unica soluzione riduzione di 50 miliardi di spesa pubblica, in un anno. come hanno fatto i francesi, che i nostri intellettuali tanto citano quando vogliono giustificare il loro statalismo incallito.

  6. Maurizio Cocucci

    Il dato comunicato è certamente deludente ma personalmente credo che dovremmo andare oltre e considerare anche altri parametri macroeconomici che se da un lato non sono propriamente entusiasmanti dall’altra possono fornire elementi di prudente fiducia. In ogni caso se guardiamo le componenti del Pil l’istituto nazionale di statistica spiega che quella della domanda interna è rimasta invariata mentre quella estera netta è risultata negativa, quindi è il commercio estero che ha portato questo risultato e passando ai dati ultimi pubblicati dalla stessa Istat si nota come questo sia dovuto ad un calo delle esportazioni verso i Paesi extra europei mentre verso quelli continentali, inclusa l’eurozona, queste sono aumentate anche se leggermente. Si tratterà ora di vedere se nel secondo semestre la domanda interna tornerà a crescere, magari sostenuta dal famosi 80 euro mensili che se riferiti all’intero 2014 rappresentano un beneficio fiscale di circa 6 miliardi sui 900 totali annui di spesa per i consumi delle famiglie.
    Tornando ai dati da leggersi in qualche modo in chiave positiva, sono quelli relativi all’occupazione che negli ultimi mesi ha segnato un incremento, quello della produzione industriale e il calo del numero delle ore di cassa integrazione. Questo significa che il Paese necessita di ricevere al più presto interventi che diano stimolo alla domanda, tradotto via al più presto alle riforme e alla revisione della spesa pubblica.

  7. Robert Dragon

    mi spiace far notare che dall’estate 2011 il PIL è solo sceso… è l’evidenza che quanto fatto da allora ha avuto effetti negativi. E cosa è stato fatto? niente di reale.

  8. rob

    la situazione attuale ( la crisi cosidetta non piove dal cielo) è frutto di una problematica culturale che quindi genera una problematica strutturale. 40 anni di follia gestionale non si risolvono con 4 pseudo- riforme. 7-8 livelli di potere tra Stato e periferia si sapeva che era una follia ma nessuno ha protestato perchè serviva alla poltica e alla burocrazia per creare consenso. Potrei andare avanti con mille esempi ma mi viene in mente questa equazione: in interi settori produttivi gli italiani non sono più presenti: edilizia, agricoltura, ristorazione. Ma se andiamo a vedere dati statistici scopriamo che abbiamo ancora fasce di analfabetismo elevate, percentuali di giovani che lasciano la scuola alte, percentuali di laureati molto basse. Ma allora cosa fanno gli italiani? La cattiva politica e la pessima cultura li ha ingannati con l’idea del posto sicuro in Regione come nell’ultima circoscrizione o nell’ ente inutile o come nel comodo e inutile impiego dell’accertatore di sosta. Sarà dura se non impossibile fara capire a tre generazioni che la pacchia è finita e che sono stati presi per il culo. E nessuna riforma si può fare su delle fondamenta culturali di questo tipo perchè miseramente crollano

  9. Gianni

    I governi hanno fatto delle scelte che sono state criticate fin dall’inizio. L’aumento della pressione fiscale in ogni settore a livelli estremi non ha retto neppure tra i più convinti difensori della Patria portando crolli dovunque nell’economia; si elargisce 80 € per prelevarne 100 con la TASI, e poi perché dovrebbe farlo un investitore straniero se le leggi mutano ogni altro giorno e quelle che ci sono non sono chiare e un tribunale impiega decenni per codificarle. Le scelte di politica fiscale e considerare “untore” – a torto o a ragione – chiunque acquisti un immobile o un bene che supera i 1000 € hanno avuto queste conseguenze. Chi può lo fa in altri Paesi chi non può li lascia in banca temendo ogni giorno un prelievo alla Amato o alla Cipro : come non stupirsi della mancata ripresa !

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