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FLUSSI BLOCCATI

Il governo rinuncia quest’anno all’emanazione del decreto flussi, se non per lavoro stagionale. È una decisione sbagliata. Perché sottintende che agli immigrati non si debba riconoscere l’aspirazione a conciliare lavoro e famiglia, a cercare posti di lavoro migliori, a evitare faticosi trasferimenti. Inoltre, la previsione di quote di ingressi regolari per lavoro è uno strumento di politica migratoria. Infine, i decreti flussi sono sanatorie mascherate, per mettere in regola lavoratori già presenti in Italia. Davvero sono un lusso che non possiamo più permetterci?

Ci sono decisioni che all’apparenza sembrano ragionevoli, ma valutate in modo più attento si rivelano perniciose. Le politiche migratorie ne offrono parecchi esempi. Vediamo l’ultimo caso.

IN CERCA DI UN LAVORO MIGLIORE

Nei giorni scorsi la ministra Cancellieri ha comunicato la rinuncia del governo all’emanazione di un nuovo decreto flussi, se non per lavoro stagionale: la situazione economica è drammatica, i disoccupati sono troppi, quindi gli immigrati già presenti in Italia sono più che sufficienti.
Il ragionamento funzionerebbe se il mercato del lavoro fosse un mercato come tutti gli altri, ma non è così. Agli immigrati tendiamo ad attribuire una flessibilità e una disponibilità all’adattamento che non osiamo nemmeno più domandare ai nostri connazionali. Siamo ormai persuasi che se si libera un posto di lavoro a Sondrio, un disoccupato di Agrigento, magari sposato e con figli, difficilmente si candiderà per occuparlo. A meno che non sia un laureato, e quel posto di lavoro sia così qualificato o così garantito da meritare l’investimento. Agli immigrati invece l’aspirazione a conciliare lavoro e famiglia, a cercare posti di lavoro migliori, a evitare faticosi trasferimenti, non siamo molto disposti a concederla.
In realtà, invece gli immigrati nel tempo tendono prima di tutto a ricongiungere la famiglia e poi a sviluppare esigenze e atteggiamenti non molto dissimili da quelli degli italiani.
L’esempio tipico è quello dell’assistente domiciliare degli anziani in regime di convivenza, detta volgarmente badante: un tipico lavoro di primo ingresso, che viene di norma accettato per alcuni anni, ma che tende poi a essere abbandonato, quando le lavoratrici riescono a mettersi in regola e soprattutto a ricongiungere i figli. Si produce così la necessità di nuovi arrivi per rimpiazzare chi esce dal settore. Di conseguenza, come per gli italiani, anche per gli immigrati possono coesistere disoccupazione e posti vacanti. Di qui la necessità di nuovi ingressi regolari, se non vogliamo che ci pensi, come al solito, il mercato nero.
In secondo luogo, la previsione di quote di ingressi regolari per lavoro è anche uno strumento di politica migratoria e in una certa misura di politica estera: vengono negoziate con i paesi di origine per ottenere collaborazione nel controllo dei flussi non autorizzati e per consolidare rapporti di partenariato. Servono poi a lanciare un messaggio preciso: anziché tentare l’avventura, si può entrare e lavorare regolarmente. Uno dei modi più sensati per contrastare l’immigrazione non autorizzata è quello di rendere praticabili canali di immigrazione regolare e regolata.

SANATORIE MASCHERATE

Ma vi è un’altra e più seria ragione per cui Anna Maria Cancellieri e i suoi tecnici sbagliano. I decreti flussi, come certamente sanno per primi al ministero degli Interni, sono principalmente delle sanatorie mascherate. Servono a mettere in regola lavoratori già presenti in Italia, ma privi delle autorizzazioni previste. Sono una delle tante ipocrisie delle norme sull’immigrazione, ma hanno avuto il merito di far emergere centinaia di migliaia di lavoratori.
Attualmente, le stime più attendibili dell’immigrazione irregolare si aggirano intorno al mezzo milione di unità (Fondazione Ismu). Non emanare il decreto flussi, senza prevedere altri meccanismi di emersione, significa semplicemente dire: non abbiamo il coraggio di far transitare una parte di questa umanità dolente e sfruttata verso la sponda della legalità e dei diritti. Preferiamo lasciarli invischiati nella palude dell’economia sommersa. Se chi li impiega farà concorrenza sleale agli imprenditori onesti e ai lavoratori in regola non è affar nostro. Se in caso di impiego domestico evaderà i contributi previdenziali, meglio per lui.
Ci sarebbe poi un quarto aspetto, ma forse significa volare troppo alto per le ambizioni di un governo tecnico come l’attuale: i decreti flussi erano uno dei pochi canali di ingresso per lavoro non qualificato e non stagionale oggi disponibili nel panorama dei paesi sviluppati. Rappresentavano un piccolo contributo al diritto umano alla mobilità e alla ricerca di una vita migliore. Un modesto passo verso un’idea di giustizia globale a livello internazionale. È davvero un lusso che non possiamo più permetterci? I regolarizzati dei decreti-flussi precedenti non sono diventati in gran parte onesti lavoratori e contribuenti? Che cosa ne pensa in proposito il ministro all’Integrazione?
L’ultimo governo Berlusconi, malgrado pacchetti sicurezza, respingimenti in mare, retoriche impresentabili, ha realizzato una sanatoria nel 2009, dunque a crisi già iniziata, per colf e assistenti domiciliari (quasi 300mila domande) e varato un decreto-flussi all’inizio del 2011 (circa 100mila posti in palio). Su aspetti rilevanti le politiche attuate si discostavano da quelle dichiarate.
Sorge allora un dubbio piuttosto inquietante: non ci toccherà rimpiangere Roberto Maroni?

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MAL DI CRISI

  1. Franco

    L’articolo fa riflettere sullo stato della nostra politica im…migratoria , che dai tempi del ministro Martelli a quelli del ministro Maroni si è dimenata e contorta sul piano di ipocrisia e di mascheramento del vero fine perseguito,l’abbattimento cioè del costo del lavoro dipendente e lo sfruttamento di quello immigrato. Ma cosa si trova difronte questo governo, destinato, per definizione, alla transizione e tenuto,per incarico, a dire la verità su debito pubblico e su stato dell’economia reale e dell’occupazione? Anche se talune forze pragmatiste vogliono sotto sotto i condoni per sfruttatori e avventurieri ( abusi edilizi, esportazione di valuta, sanatorie riparatrici, prescrizioni penali brevi, falsi in bilancio, etc.) non ci possono essere rimpianti per una politica demenziale di sfruttamenti e di respingimenti.Lo stesso concetto di decreto flussi deve essere analizzato e depurato del suo ipocrita e inumano collegamento al mondo del lavoro. E’ vero sì che lasciare le cose così come tristemente e legislativamente stanno vuol dire tollerare se non favorire il lavoro nero, dipendente e intraprenditoriale; ma non si può lasciar transitare una mina. Disinneschiamola!

  2. luca

    credo che questo dato non faccia che confermare la realtà: in italia non c’è più lavoro e quindi non ha senso un decreto flussi. le aziende esternalizzano o delocalizzano (telecom, vodafone, fastweb, fiat, ansaldo, etc etc etc) c’è una tendenza generale alla riduzione della pianta organica. quindi che senso ha far un decreto flussi? non vengon più fatte assunzioni (se non con stage a ciclo continuo) è evidente che va ripensata una campagna per la crescita fatta di ingenti investimenti per far ripartire il lavoro prima di tutto.

  3. Gianni di Bari

    Rimpiangere Maroni mai. Verificare il disinteresse complessivo della politica verso questo tema e’, purtroppo, ugualmente deprimente. La ministro ha utilizzato una motivazione demagogica e chiaramente destrorsa, altro che tecnica, che asseconda i mal di pancia di un Paese in cui si scaricano sui più deboli le proprie insicurezze e incapacità. Un brutto segnale tutto politico

  4. nello

    Ma davvero siamo convinti che in Italia vi sia la possibilità di dare lavoro a tutti gli immigrati che abbiamo e che continuano ad arrivare? Credo che ormai siamo in una situazione non contenibile, negli anni a venire ci troveremo a problematiche molto gravi di convivenza sociale, problematiche che in gran parte verranno dalle richieste proprio degli immigrati, oltretutto va considerata la realtà dell’accoglienza, per noi un dovere, per loro un diritto in quanto migranti.

  5. jean

    Occorrebbero dai cinque ai dieci anni a venire, purché l´italia sia in grado di assorbire altri immigrati, anche perché nel frattempo quelli di prima generazione non saranno in grado di produrre, o torneranno nei rispettivi paesi (pensione/vecchiaia), in piú ci sarà il futuro problema demografico da ammortizzare (futura immigrazione di qualità), per via delle scarse nascite nelle famiglie italiane; perció a conti fatti bisogna aspettare tempi migliori, per scongiurare innevitabili conflitti sociali,e se dovessero sopragiungere altri stratti sociali di persone disperati, sopratutto tempi di crise !

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