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COME DARE OSSIGENO ALL’ECONOMIA ITALIANA

Rigore e riforme strutturali sono certo indispensabili, ma danno risultati di lungo periodo. Nel breve, la politica per la crescita è il contrasto della recessione tramite stimolo della domanda, come sanno bene negli Stati Uniti. E nessuna politica anti-recessiva può essere fatta in un solo paese europeo, tanto che si inizia a parlare di un “growth compact”. Una boccata d’ossigeno per l’economia italiana può arrivare dal pagamento di una parte dei debiti dello Stato verso le imprese, con un intervento una tantum che non violerebbe gli impegni con l’Europa sui conti pubblici del 2012.

Nel resto del mondo, l’Europa è sempre più avvertita come un problema, come una probabile fonte di contagio recessivo. Paul Krugman ha scritto recentemente che “piuttosto che ammettere di aver sbagliato, i leader europei sembrano determinati a guidare la loro economia giù dalla scogliera. E tutto il mondo ne pagherà il prezzo”. Forse, però, è ancora possibile evitare il precipizio e il consenso di Angela Merkel e Mario Monti alle parole di Mario Draghi, sommati al possibile successo elettorale di François Hollande in Francia, possono davvero aprire una fase nuova.
Purché non ci si faccia prendere da un riflesso condizionato che, purtroppo, sembra scattare anche tra molti economisti. Quando si parla di crescita si aggiunge subito che promuoverla non implica allentare il rigore sulla finanza pubblica e che la crescita duratura si ottiene con le riforme “strutturali”. Cose vere entrambe, sia chiaro. Ma c’è rigore e rigore: quello del consolidamento fiscale rapido e simultaneo in tutta Europa, dei bilanci in pareggio nel 2013 è rigor mortis. E le riforme, che pure riteniamo indispensabili, hanno effetto nel periodo lungo: lo stesso governo italiano ha giustamente rivisto verso il basso le stime iniziali dell’impatto delle riforme sulla crescita e, forse, si tratta ancora di calcoli troppo ottimistici, soprattutto con riferimento ai primi due, tre anni.
In effetti, le riforme non solo sono più difficili da fare in fase di recessione (soprattutto se gli ammortizzatori sociali sono deboli e non universali), ma hanno anche un’efficacia minore. Come ha scritto Peter Bofinger (componente del consiglio degli esperti economici della cancelliera Merkel) insieme a Sony Kapoor sul Guardian “le riforme strutturali nei paesi in crisi devono continuare e la liberalizzazione dei servizi nel mercato unico deve essere accelerata. Queste politiche aiuteranno a stimolare la crescita futura ma funzionano al meglio in un’economia che cresce e non in una che si contrae”.
Insomma, le riforme sono necessarie per la crescita duratura, ma servono molto meno a riaccendere i motori oggi e funzionano poco a motore spento. Di qui la proposta avanzata da Bofinger e Kapoor di un “growth compact” che coordini le politiche di bilancio (spesa e tassazione) dei paesi euro in senso growth friendly. La politica per la crescita, nel breve periodo, è politica di contrasto della recessione tramite stimolo della domanda: è inutile far finta di non saperlo o usare eufemismi. Negli Stati Uniti, tanto gli economisti quanto i politici sono chiari in proposito, tanto che siano favorevoli quanto che siano contrari.
Nessuna politica anti-recessiva può essere fatta in un solo paese europeo (eccezion fatta per la Germania, forse) e soprattutto non può essere fatta unilateralmente dai paesi con disavanzi e debiti eccessivi. Perciò un vero growth compact passa necessariamente per una revisione, in una prospettiva di medio periodo, del suo fratello maggiore, il fiscal compact, laddove prevede tempi troppo rapidi per il pareggio del bilancio e per la riduzione del debito pubblico. Così rapidi da non essere neanche credibili, con la recessione in corso. E bisogna cominciare a pensare a mettere in piedi una politica fiscale federale europea, senza mettere la testa sotto la sabbia con il pretesto dell’immaturità dei tempi politici. Questo significa ammettere gli errori prima di finire giù dalla scogliera.

SALDARE UNA PARTE DEI DEBITI VERSO LE IMPRESE

Intanto qualcosina per far riprendere la circolazione nell’esangue economia italiana si potrebbe fare, senza violare gli impegni presi con l’Europa sui conti pubblici del 2012.
La pubblica amministrazione italiana (centrale, regionale e locale) ha accumulato debiti verso le imprese per una cifra molto grande. Pare si tratti di 60-70 miliardi, almeno quattro punti percentuali del Pil.
È un’anomalia grave dell’Italia: il ritardo medio di pagamento è molto più elevato rispetto a quello di altri stati e alla media del settore privato. È un difetto strutturale: lo Stato italiano è un cattivo cliente, le imprese migliori lo evitano se hanno alternative, tutte le imprese fornitrici cercano di inglobare nei prezzi il costo della futura attesa e dell’incertezza, con il risultato che lo Stato italiano paga prezzi più alti. Nella congiuntura attuale il ritardo e l’incertezza aggravano le condizioni già precarie di molte aziende. Molto opportunamente il governo ha avviato una procedura per accelerare i pagamenti e smaltire parte del debito. La procedura è complessa per vari motivi: ad esempio, un intervento dello Stato a sanare debiti contratti da un ente locale o da una azienda sanitaria che non hanno attuato le misure di efficienza necessarie, potrebbero costituire un incoraggiamento a proseguire in una condotta irresponsabile. Giusto quindi procedere alla ricognizione accurata dei debiti e accompagnare qualsiasi ripianamento con un giro di vite sul monitoraggio della spesa anche a livello locale.
L’ostacolo maggiore è comunque l’effetto che i pagamenti ai fornitori avrebbero sui conti pubblici. È probabile che buona parte dei debiti siano fuori bilancio: arretrati di pagamenti per impegni che non sono mai stati registrati nel bilancio di competenza. In tal caso, la loro emersione avrebbe l’effetto di un aumento del disavanzo e del debito, con i rischi che questo comporta in un contesto di tensione dei mercati finanziari. Qualche spazio ci può essere, tuttavia, per un intervento una tantum. Secondo le previsioni del Documento di economia e finanza, nel 2012 l’indebitamento netto dovrebbe attestarsi all’1,7 per cento del Pil, un livello ampiamente al di sotto della soglia del 3 per cento e che migliorerebbe di 2,2 punti di Pil il risultato del 2011. Una manovra espansiva limitata al 2012 dell’ordine di grandezza di 10-15 miliardi, che corrisponderebbe alla liquidazione di una quota probabilmente vicina a un quarto del debito esistente, sarebbe coerente con il rispetto dei vincoli europei. Non intaccherebbe l’impegno al pareggio strutturale del bilancio nel 2013 e darebbe un contributo non trascurabile al contrasto della recessione nel 2012. In attesa di un vero growth compact europeo, sarebbe meglio che niente.

 

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25 commenti

  1. A.Mazzoleni

    L’unico modo è quello di ridurre direttamente il debito e redistribuire la ricchezza con patrimoniali, in Italia ed in Europa. Si tratta di definire come attuarla. Sono sempre più convinto che una forza politica seria, in questa fase, viste le politiche fallimentari dei tecnocrati, dovrebbe non rinchiudersi nella arroganza o peggio nella difesa di determinati interessi ,ma ascoltare e prendere in esame, mettendole insieme, tutte le soluzioni e proposte migliori in circolazione. Questo dovrebbero fare anche quella stampa e media che davvero si preoccupino, oltre che di informare, di dare un contributo propositivo al paese. Ne accennerò qualcuna qui ,incentrata sui modi concreti per realizzare una patrimoniale seria che possa portarci al di la’ del guado in cui molti, per ignoranza, disinformazione, interessi e pigrizia continuano ad annaspare.

  2. GUIDO BERTOLINI

    Rimango sconcertato da come non si prenda in considerazione l’esclusione delle spese di investimento dei Comuni dal Patto di Stabilità Interno. Tale disposizione consentirebbe di ridurre sensibilmente il problema dei ritardi nei pagamenti e darebbe un impulso non trascurabile alla crescita. Né vale l’obiezione che tale norma è imposta dalla UE; infatti da un lato,non tutti i Paesi dell’area euro hanno vincoli analoghi per i loro Enti Locali, dall’altro se fosse necessario recuperare somme per rispettare il saldo previsto lo Stato potrebbe farsene carico rinunciando ad alcune sue spese meno necessarie e di minor impatto complessivo sull’economia (F35, TAV etc.)

  3. davide cristanelli

    Una riflessione da ingegnere sulla crescita. Interessanti articoli scientifici (The oil drum, aspo, our finite world, per citarne alcuni) dimostrano la stretta connessione tra andamento dell’economia e disponibilità di energia: la grande crescita economica avvenuta dal 1850 in poi è stata resa possibile dalla grande disponibilità di energia a basso costo offerta dal petrolio. Ma nel prossimo futuro la produzione di petrolio non sarà più in grado di sostenere la crescita, e non sono in vista altre forme di energia in grado di sostituirlo. A questo punto le politiche di “stimolo della crescita”, soprattutto se attuate in modo compatto, rischiano di bruciare tutta l’energia disponibile, e le vere riforme strutturali dovrebbero essere rivolte a favorire una “decrescita controllata” dei consumi energetici. Questo, a mio parere, invece di essere visto come un “ritorno al medioevo”, è una immensa opportunità per la nostra civiltà, che ha raggiunto il massimo livello di conoscenza tecnologica e scientifica della storia: rifondare un economia non più basata sulla crescita infinita (in un mondo limitato non è sostenibile all’infinito), ma fondata invece sull’utilizzo di risorse rinnovabili.

  4. Piero

    L’unico modo per dare ossigeno all’Italia è l’aumento della quantità di moneta in Italia che avviene o con la creazione o con il prestito dall’estero. Le politiche fiscali interne sono manovre redistributive, le manovre di rigore sulla spesa pubblica se pur giuste e condivise sono manovre redistributive, non portano ossigeno all’Italia, oggi abbiamo bisogno di portare ossigeno alle imprese tramite la concessione di crediti a medio e lungo e dobbiamo sostenere i lavoratori con la diminuzione dei carichi fiscali. La soluzione sta solo nelle mani della bce.

  5. marco

    Per far crescita occorre stimolare la domanda… Come stimolare la domanda? Bisogna ripensare la fiscalità inanzitutto, tassando in modo più efficace i grandi capitali che si moltiplicano con i giochetti finanziari, non al 2 per cento -Bisogna tassare le rendite finanziarie e i grossi patrimoni- Bisogna di conseguenza alleggerire le tasse sulle imprese e sui dipendenti in modo da evitare delocalizzazioni e incentivare i consumi- In Italia bisogna ridurre la spesa pubblica tagliando gli sprechi e smettendola di fare regali ai soliti noti (vedi le autostrade ai Benetton!)- Si potrebbero così risparmiare almeno 50 miliardi all’anno di spesa pubblica con cui intervenire subito per alleggerire la pressione fiscale e rilanciare la crescita- Riformare il sistema di lotta all’evasione che deve diventare sistemico e capillare (ci sono tante proposte a riguardo) in modo da recuperare almeno altri 50 miliardi ogni anno- Fare una vera politica contro la corruzione- Con 200 miliardi all’anno penso che si potrebbero da subito ridurre le tasse e rilanciare l’Italia e l’Europa- Servirebbe però anche una vera Banca centrale e un debito comune che tuteli anche i paesi meno solidi.

  6. Enrico Zordan

    Perché la principale economia mondiale (USA) semplicemente si disinteressa del rigore di bilancio? Perché oggi una disoccupazione drammatica colpisce un paese con la Spagna, che non presentava alcuna situazione di tensione finanziaria (debito pubblico e deficit)? Esiste una dimostrazione scientifica che possa giustificare il dogma del rapporto debito/pil al 60 per cento e deficit/pil al 3 per cento come indicatori assoluti di un sistema economico sano e prospero? In un paese a moneta sovrana l’unico limite davvero invalicabile a politiche fiscali e monetarie espansive è rappresentato dall’iperinflazione! Sarà meglio correre il rischio che distruggere economie e territori e costrigendo nella povertà un’ampia fetta di popolazione?

  7. Andrea Salanti

    All’interno di una area monetaria si è sempre avuta una disparità nei tassi di crescita e/o nei redditi pro-capite a livello regionale. I possibili meccanismi compensativi (più o meno efficaci) potevano assumere la forma di: i) trasferimenti diretti o mascherati da posti di lavoro improduttivi nel settore pubblico; ii) politiche di sostegno della domanda (dirette o sotto forma di incentivi all’insediamento di attività produttive) territorialmente mirate, iii) emigrazioni interne (all’area monetaria) che oltre tutto generano ulteriori trasferimenti sotto forma di “rimesse degli emigranti”). L’accoppiata Euro + fiscal compact rende impraticabili i primi due e lascia spazio solo al terzo: non a caso nella stessa giornata è apparso su LaVoce un articolo dal titolo “I nuovi migranti sono europei” che più evocativo di così non potrebbe essere). Tutto il resto, compresa la peraltro condivisibile proposta degli Autori, finisce inevitabilente per ricadere nella fattispecie dei pannicelli caldi.

  8. bob

    La disinformazione ampiamente praticata in questo Paese è un esercizio fuori moda e fuori tempo. Sia Internet sia poter volare a Londra con 50 euro annullano pateticamente questo arcaico esercizio. Una sola cosa può fare ripartire l’economia :soldi in tasca alla gente, denaro circolante nelle banche.

  9. maurizio sbrana - lucca

    Ormai non si può più ‘fare finta’ di non capire. Come uscire dalla crisi ? Per quanto riguarda l’Italia è arcinoto: occorre la redistribuzione dei redditi ed una ‘restituzione’ graduale da parte di chi in tutti i decenni passati è stato agevolato nell’accumulo di patrimoni non sempre in maniera lecita! Occorre dunque una vera Riforma Fiscale, una vera lotta alla corruzione ed all’evasione (ed all’elusione fiscale), una cura maggiore nella spesa pubblica, con tagli mirati per la parte di sprechi già ben noti…, ed una Riforma della Giustizia che possa mettere in grado di avere certezze, almeno nei tempi delle sentenze! Ma non c’è più molto tempo: o si fanno queste cose, o per il Paese è finita! Occorre un programma per l’Italia almeno decennale: da varare, da far conoscere e concordare con l’Europa, e da attuare sul serio !

  10. Piero

    Dal 2007 commento negativamente l’attuale gestione della politica monetaria della bce (vedi il commento titolato ” l’Italia e l’euro” del 9 ottobre 2007 all’articolo di Giavazzi titolato “quel che Sarkozy puo’ fare per la bce), ripeto solo una politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali risolve tutti i problemi, di cio’ l’economia reale ha bisogno, il problema e’ che la mancanza di fiducia degli stati che deriva dalla privazione della sovranità monetaria , oggi e’ arrivata all’economia reale, ricordiamoci che la finanza deve aiutare il mondo reale non deve essere un problema. Via quindi un programma di acquisto sul mercato annunciato dalla bce per i prossimi 10 anni dei debiti statali area euro, rientra questa politica nella competenza della bce, non occorre cambiare niente si può’ attuare subito, solo con tali misure si puo’ attuare il fiscal combact. Il programma di acquisto deve essere pari al 50% dei debiti statali paesi euro, deve essere fatto in modo proporzionale in un decennio, sono almeno 500 mld all’anno, ricordiamoci che nel 2011 la bce in emergenza ha acquistato oltre 400 mld di titoli, ma l’acquisto e’ stato fatto solo in via eccezionale.

  11. Franco Farabegoli

    Ogni volta che leggo una proposta per superare questa maledetta crisi mi rendo conto che si cerca di evitare l’inevitabile. Il bilancio dello stato, complicatissimo, e’ in realta’ come quello di una gigantesca società di servizi. Quindi il costo largamente prevalente e’ quello del personale. Non e’ vero che Il dipendente pubblico Non si può licenziare ( io l’ho fatto). Non si licenzia perché non c’è coraggio e determinazione ( signori tecnici che fate?) . Ma il costo si può tagliare! La ha scritto Polito: tagliate gli stipendi di tutti i dipendenti pubblici del 5%. Nessuno morirà di fame e il bilancio corrente andra’ in pareggio.

  12. Andrea Beccarin

    L’analisi esposta dagli autori è corretta solo se si trascura un importante particolare, ovvero che il rigore di bilancio costringe governi irresponsabili ad una buona condotta sia in termini di contenimento di finanza pubblica (e riduzione della spesa) che in termini di realizzazione delle riforme strutturali. Infatti: l’impossibilità di perseguire politiche di tipo keynesiano ha costretto tali governi a compiere riforme strutturali sperando in un, almeno parziale, effetto di breve periodo anche dovuto alla partecipazione della politica monetaria all’acquisto di titoli di stato, di fatto, condizionatamente alla realizzazione di riforme strutturali.! Grazie al ricatto congiunto da parte dell’Unione europea e della BCE i governi controllati dalle lobbies sono stati costretti finalmente a cambiare definitivamente la direzione e gli obiettivi di politica economica.

  13. Luca

    1) la “fiscal compact” o politica fiscale unitaria, pur essendo un lodevole strumento, non è certo una proposta innovativa; in 60 anni di Europa sono state radunate ben due commissioni per cercare di trovare una base comune, ma senza successo, si è giunti solamente ad una flebile armonizzazione in tema di imposte indirette. Ora, la difficoltà nasce sia dalla tendenziale ostilità degli stati sovrani verso una fiscalità concordata essendo quest’ultimi estremamente gelosi della propria sovranità in ambito tributario e sia dalle incompatibilità giuridiche; resto dell’idea comunque che siano ostacoli superabili ma serve la collaborazione di tutti. 2) Per quanto concerne i ritardi nei pagamenti una semplice manovra o operazione di assestamento non è sufficiente, occorre una modifica profonda e radicale del sistema di contabilità pubblica, finchè lo stato manterrà un bilancio di competenza i problemi sussisteranno perché bilancio di competenza, ossia il bilancio cd giuridico, reca seco una congenita immobilità burocratica posto che prima di arrivare ad erogare il pagamento con il cd mandto di pagamento occorre compiere i passaggi dell’impegno d spesa e della liquidazione dell’obbligazion

  14. Piero

    L’imposta patrimoniale in questo momento di crisi in Italia peggiora sicuramente la situazione, provoca una ulteriore restrizione del credito delle banche, una diminuzione della ricchezza delle famiglie, si sentono piu’ povere, un’ulteriore mazzata al settore edile con i conseguenti problemi di ccupazione, tutto cio’ per fare quadrare il bilancio dello stato, che non e’ altro l’insieme delle famiglie e delle imprese che verranno massacrate da tale imposta penso che prima dobbiamo risolvere la questione della crisi che da tempo ripeto e’ di natura solamente finanziaria, dobbiamo fare arrivare la moneta alle famiglie e alle imprese. Draghi dice che aumentare la quantità di moneta in circolazione non serve perché siamo in una condizione di trappola della liquidità, sicuramente Draghi sta vedendo un’altro film, ritengo che gli italiani sono in trappola con la sua politica.

  15. PBL

    Non sono un economista e non ho ambizione di dare idee o suggerimenti, mi piacerebbe però fugare alcuni miei dubbi. La domanda che si vorrebbe creare sarà intercettata dal “lavoro” italiano o piuttosto sarà intercettata da aziende che producono all’estero? La mia sensazione è che nelle attuali condizioni del mercato globale un politica di espansione della domanda non attiverebbe il volano dell’economia, perché la ricchezza si trasferirebbe ai paesi stranieri, lasciandoci sempre più poveri e indebitati. Immagino che prima sarebbe necessario definire una politica industriale adeguata al mercato globale attuale. In Cina, ad esempio, se una azienda straniera vuole vendere sul suo enorme mercato interno, deve creare una azienda con partner locali e produrre localmente. In Italia, invece, un’azienda straniera o un’azienda italiana che produce all’estero, (o anche una azienda straniera che produce in italia con immigrati stranieri), può vendere quanto e come vuole. Insomma penso che dovremmo un po’ mostrare i denti (come del resto fanno tutti quelli che sono messi con le spalle al muro). Consigli e/o repliche sono bene accolti.

  16. Piero

    Adesso si assiste quello che e’ successo nel 1992, fino alla svalutazione della lira tutti dicevano che si doveva resistere perché la svalutazione provocava il dissesto dell’Italia, pero’ dopo l’inevitabie svalutazione tutti hanno detto che la svalutazione e’ un toccasana, oggi assistiamo allo stesso film, fino adesso tutti hanno detto compiti a casa propria, politica di rigore, adesso con la spinta di Holland si avra’ il cambiamento sia della politica monetaria della Bce che dei singoli governi, ricordiamoci che in Itala si deve andare a votare e quindi si ritorna ad un governo politico che e’ responsabile e non dice che siamo fortunati perché abbiamo avuto meno suicidi della Grecia, governo che alleandosi alla Francia e alla pagina porterà i tedeschi ad accettare a monetizzazione di almeno il 50% del debito pubblico dei paesi euro oppure una valuta euro di secondo livello per i paesi meditarranei che non possono permettersi l’euro c’e oggi non e’ che un marco camuffato.

  17. Piero

    Se la Francia, la Grecia, la Spagna hanno espresso un risultato elettorale premiando i candidati che hanno criticato la politica della Merkel, mentre la stessa è stata premiata dai suoi cittadini che hanno confermato la sua politica, si crea una situazione imbarazzante dove l’Italia può essere un paese che può cercare una nuova visione dell’Europa accettata da tutti, altrimenti la prima cosa che salta è l’unione monetaria, che può essere un’arma vincente per l’Europa se gestita diversamente da come è stato fatto finora.
    In Francia c’è finalmente qualcuno che da più valore alla vita umana che alla moneta, l’austerità non può più essere fatalità, in mattinata tutti quelli che ieri tifavano per Sarko ( Monti,Merkel,Draghi,Napolitano) già si stanno piegando ad Hollande, la Merkel lo invita al colloquio. Il prossimo passo dell’Italia sono le elezioni entro luglio, è possibile, questa è l’unica manovra saggia di Monti, oppure dia mandato espresso ad Hollande di trattare per noi, non penso che Monti abbia il coraggio, anzi non pu’ perché è stato imposto dall’accoppiata Merkel Napolitano in sostituzione a Berlusconi.

  18. Angelo

    Non credo sia più possibile pensare alla crescita economica come l’abbiamo conosciuta noi, ovvero attraverso l’aumento dei consumi sia interni che esterni, perché le materie prime e l’energia per dare tutto a tutti semplicemente non ci sono. Le materie prime della terra sono finite e non infinite. Si potrebbe utilizzare questa crisi per cominciare a pensare ad una nuova definizione di crescita economica non più basata, o non solamente, sul consumo. Le idee fin quì esposte vanno benissimo, ma si deve iniziare a criticare questo modello economico che divora territorio ed energia, e che dimostra di essere altamente inefficente. Speriamo che non ci vogliano 400 anni.

  19. nello

    Le produzioni, il commercio hanno bisogno di capitale, il capitale finanziario ridistribuito con equità alle masse, evitando accumili non usati da categorie sociali , perdipiù molto spesso illegali , evitando gli scempi del settore bancario che non svolge piu’ il ruolo prefisso di stimolare le economie territoriali, anzi molto spesso come è notizia propenso solo a speculazioni che nulla hanno di sociale. E’ indispensabile creare una agenzia dello sviluppo dove idee, professionalità possano trovare i cdapitali per creare nuova occupazione, è inutile foraggiare come si è fatto il settore bancario , oramai non vi è più un rapporto di rispetto da parte dei cittadini , praticamente è venuta mena la fiducia. Si deve Finanziare direttamente le attività produttive snellendo i tempi, ridare la fiducia e la voglia di fare ,altrimenti non avremo un futuro in nessun settore produttivo.

  20. SAVINO

    Non è il rimedio ad essere recessivo, ma era il sistema economico nazionale a non essere così solido come veniva erroneamente e troppo ottimisticamente indicato. Stiamo vedendo come il debito non era solo quello gigantesco dello Stato, ma c’era anche una situazione dei privati che certo non era e non è rosea. E non tutto (anzi, quasi niente) è dovuto ai ritardati pagamenti pubblici o alle troppe tasse, ma occorre mettere in discussione tanto le modalità di fare impresa quanto la capacità di continuare a sorreggere un certo tenore di vita.

  21. umberto

    Occorrono proprio i ferrei paraocchi dell’ortodossia per non vedere quello che c’è sotto gli occhi. In circostanze analoghe gli USA – ma anche la Gran Bretagna ed altri – hanno usato in quantitative easing per uscire dall’avvitamento debiti-recessione. Ciò non ha provocato la temuta inflazione, che invece – ironia della sorte – serpeggia in Europa. E’ assolutamente guisto che i Paesi indisciplinati correggano i loro squilibri, ma occorre compensare la stretta che ne deriva con un organico programma di garanzia ed acquisto da parte della BCE delle nuove emissoni di debito dei Paesi in crisi . Più questo interevento tarda, più il buco si allarga e la spirale si avvita. E’ quello che è successo in Grecia, dove un limitato debito si è dilatato fino a diventare irrecuperabile. Vedere e capire queste cose è semplice: basta gettare nel cestino i paraocchi dell’ortodossia che accecano.

  22. michele

    Come si può ridare fiato ad una economia in cui, per effetto di un sistema paese marcio, i costi sono altissimi e di conseguenza la produttività è bassisima? A questa domanda non ci sono risposte come non ci sono soluzioni reali in una equazione di 2° grado a determinante negativo. E’ inutile cercare stratagemmi, la struttura del paese è talmente danneggiata che non si può fare altro che demolirla dalle fondamenta e ricostruirla. Dico questo perchè la politica, gli affari e la società si sono messe in un corto circuito per cui l’una è legata a filo doppio con l’altra e tutto è andato bene fin quando qualcuno ha avuto la fantasia di foraggiare il debito italiano. Adesso evidentemente vi sono ben altre strade per investire soldi, più sicure e più redditizie e per questo andando in crisi gli affari sono corse dietro la politica e la società. Che Dio salvi l’Italia, ma prevedo che questo costerà agli italiani lacrime e forse anche un pò di sangue vero.

  23. PIER

    Se l’Europa fosse già una federazione con la BCE come la FED il problema non sussisterbbe lo sappiamo tutti , a livello di Europa avremmo un debito rispetto al PIl neanche paragonabile agli Stati Uniti , si potrebbero finanziarie progetti di investimento mentre si armonizzano nel frattempo le economie dando il tempo a quelle malate di ristrutturarsi senza un eccessivo spargimento di lacrime e sangue , come europei che vogliamo fare delle due l’una o uniti o ognuno per se ma poi come farebbe la Germania a competere con i colossi delle economie emergenti ? Da sola l’Italia puo fare poco , e questo Monti lo sa, certo la stato spende male i soldi e le banche non fanno il loro mestiere per cui in questo modo l’economia non ripartirà mai.

  24. Francesco Santodirocco

    E’ da tempo che faccio questa proposta un po’ a tutti…e nessuno mi fila! Ho vissuto,come cooperante in Africa per 20 anni e conosco diversi Paesi: il Gabon ha il più alto rapporto al Mondo, tra ricchezze e popolazione,il Congo è uno “scandalo”di risorse di tutti i tipi :alla foce del fiume Congo,l’Astaldi costruì due dighe negli anni’70, ma la potenzialità complessiva è di 43 GWatt.L’Africa è ricchissima, ma non sfrutta tali risorse per mancanza di uomini (è sottopolata) e di know-out.Ciò che abbiamo noi.Domanda :perchè la Cina “cinicamente” si sta accaparrando tutte le terre buone e manda milionate di cinesi lì e l’Europa gioca solo a finanziare progettini che non servono minimamente a niente?Ci separano poche miglia marine dal Continente più ricco e spopolato della Terra e noi: pensiamo all’art, 18 e giù di lì alziamo un poco lo sguardo lì solo ci può essere il futuro per i nostri giovani e meno giovani…fermeremmo anche l’esodo africano verso di noi…svegliamoci !

  25. Carmine Lo Surdo

    Primaditutto occorre rigiocare la partita degli Eurobond: i tedeschi si convinceranno solo dimostrando che conviene anche a loro. Se tutti i principali partner commerciali europei sono in recessione anche le esportazioni tedesche ne soffriranno. Un compromesso potrebbe essere quello di avere la possibilità di emettere Eurobond per un massimo del 25-30 per cento del PIL. Con l’emissione di Eurobond si potrebbe fermare la speculazione, riducendo gli spread ed i tassi di interesse applicati a prestiti e mutui ridando fiato alle finanze di imprese e famiglie. Inoltre si dovrebbe ridurre il costo del lavoro con riduzione graduale (1-2 punti anno) negli anni dell’aliquota contributiva a carico dei lavoratori ed imprese (dal 32% al 15%). Tutte queste misure con l’obiettivo di aumentare reddito disponibile di famiglie ed imprese per effetti positivi sui consumi, investimenti e/o aumento dell’occupazione.

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