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PROVE DI RIFORMA FISCALE

La riforma fiscale che il governo ha in mente punta, tra l’altro, a spostare il prelievo dalle imposte dirette a quelle indirette. Uno studio mostra però che gli aumenti di accise, Iva, Imu e Irpef non sono distribuiti in maniera uniforme, incidono di più sulle famiglie nei primi decili di reddito. Ulteriori interventi devono perciò essere compensati con riduzioni delle imposte sui redditi più bassi. E non solo per ragioni di equità. Ma perché si corre il rischio di ostacolare la ripresa della domanda e della crescita.

Nell’ “Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2012-2014”, il presidente del Consiglio ha di recente indicato le future linee guida di riforma del nostro sistema tributario. Accanto al contrasto all’evasione ed elusione, all’incremento della tassazione sui redditi finanziari, alla revisione delle accise in funzione ambientale, il documento indica la necessità di un “graduale spostamento dell’asse del prelievo dalle imposte dirette a quelle indirette”.

DALLE IMPOSTE DIRETTE ALLE INDIRETTE

Questa linea di intervento è stata caldeggiata negli ultimi anni sia dalla Commissione europea che dall’Ocse. Sono due le argomentazioni che vengono di solito avanzate a sostegno della misura. (1) La prima riguarda il breve periodo: un aumento dell’Iva (che colpisce le importazioni ma non le esportazioni), compensato da una riduzione della pressione fiscale sul lavoro, potrebbe produrre effetti simili a quelli generati dalle svalutazioni della vecchia lira. Nella misura in cui gli sgravi sul lavoro si trasferissero sui costi delle imprese nazionali i prodotti italiani diverrebbero più convenienti per i consumatori esteri. La “svalutazione fiscale” potrebbe quindi aiutare l’economia a uscire dall’attuale fase di recessione stimolando la domanda aggregata attraverso una miglioramento della bilancia commerciale. Analogamente alle svalutazioni valutarie del passato, i possibili effetti benefici tenderebbero a svanire nel medio lungo periodo con l’aggiustamento dei salari nominali.
La seconda riguarda il medio-lungo periodo. Le imposte sui redditi da lavoro e sui redditi di capitale possono produrre effetti negativi sulla crescita scoraggiando l’occupazione e l’accumulazione del capitale (sia fisico che umano). Per il modo in cui queste imposte sono generalmente applicate, gli effetti negativi crescono al crescere dell’integrazione economica e della conseguente mobilità internazionale dei lavoratori e dei capitali. Alcuni effetti negativi potrebbero essere attenuati spostando il carico fiscale sulle imposte indirette e sugli immobili.
In realtà, la letteratura economica non fornisce indicazioni univoche sull’efficacia delle misure. Per quanto riguarda il lungo periodo, ad esempio, molti osservano che redditi da lavoro e consumi rappresentano basi imponibili quasi equivalenti se valutati lungo l’intera vita del contribuente (i redditi risparmiati durante la vita lavorativa vengono consumati quando gli individui si ritirano dal mercato del lavoro). Inoltre l’indagine empirica su questi temi è ancora agli albori e non ha prodotto evidenze consolidate.
Tuttavia, le perplessità che la proposta di uno spostamento del carico fiscale dalle imposte dirette alle indirette suscita non riguardano tanto i loro effetti in termini di efficienza quanto piuttosto il possibile impatto in termini redistributivi, dato che le imposte dirette sono formalmente progressive, mentre le indirette tendenzialmente proporzionali o regressive.

GLI EFFETTI REDISTRIBUTIVI

Può essere allora utile tentare di verificare, come è stato fatto in un recente contributo, gli effetti redistributivi degli interventi fiscali attuati in Italia negli ultimi tempi. (2) Le tre manovre succedutesi dal luglio al dicembre dello scorso anno hanno già aumentato il peso dell’imposizione indiretta e di quella sugli immobili, prevedendo al contempo una riduzione del carico fiscale sul lavoro (attraverso l’Irap) e sul capitale (con l’introduzione dell’Ace).
Una valutazione complessiva dell’impatto del complesso delle manovre è estremamente complesso. Per raggiungere nel 2013 un disavanzo prossimo allo zero, i pacchetti fiscali approvati tra luglio e dicembre comportano, per il periodo 2012-2014, un aggiustamento cumulato di circa 81 miliardi di euro, di cui 54 incentrati su aumenti dei tributi. Una parte delle maggiori entrate, seppur limitata, sono comunque state destinate a ridurre le imposte dirette.
Lo studio esamina solo un sottoinsieme delle misure adottate, che rappresentano tuttavia gran parte della manovra in termini quantitativi. Gli aumenti considerati riguardano accise, Iva, Imu. Le accise sono state notevolmente aumentate: il maggior gettito è stimato in 4,8 miliardi, di cui 2,9 a carico delle famiglie. L’Iva, dopo l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota ordinaria nel 2011, subirà ancora incrementi già a partire dall’anno in corso, contribuendo complessivamente per circa 20 miliardi alla correzione dei conti pubblici; la maggiore Iva che sarà pagata a regime dalle famiglie è stimabile in 11,4 miliardi. Il governo ha recentemente confermato gli aumenti dell’Iva programmati per il 2012 e 2014, anche se sono allo studio misure alternative per evitarli, agendo prevalentemente sul taglio delle agevolazioni fiscali. Un consistente incremento di gettito (circa 10,6 miliardi, di cui la metà a carico delle famiglie) deriva dalla riforma dell’imposta sugli immobili (“Effetto Imu“).
Per quanto riguarda le imposte dirette, nella valutazione dell’impatto redistributivo è stata considerata solo l’Irpef. Sono tre i principali cambiamenti: i canoni di locazione subiscono un’imposizione sostitutiva, le rendite catastali degli immobili a disposizione escono dal reddito complessivo Irpef e le addizionali regionali aumentano dello 0,33 per cento. Al netto, queste misure contribuiscono all’aumento delle entrate per circa 400 milioni di euro.
I risultati di una prima simulazione dell’effetto redistributivo di questi interventi sul reddito delle famiglie sono illustrati nella tabella 1 che riporta la variazione di aliquota media per decili di reddito lordo equivalente. Complessivamente, le manovre comporteranno nel 2014 un aumento dell’aliquota media sul reddito di 2,3 punti percentuali. Ma l’aumento non è distribuito in maniera uniforme fra decili di reddito. È decisamente più elevato per le famiglie nel primo e secondo decile (rispettivamente il 5,2 per cento e il 3 per cento), decresce poi lievemente all’aumentare del reddito, e infine si riduce sensibilmente per le famiglie dell’ultimo decile (1,4 per cento). Appare evidente come questo andamento sia fondamentalmente determinato dall’aumento delle imposte indirette (accise e Iva), mentre Imu e Irpef tendono a rafforzare gli effetti rispettivamente sul primo e sull’ultimo decile.
Ovviamente, questi primi risultati vanno valutati con molta prudenza. La simulazione si basa necessariamente su ipotesi semplificatrici molto forti sull’incidenza delle imposte e non incorpora i probabili effetti dei provvedimenti sui comportamenti (e quindi sui redditi e sui consumi) dei contribuenti. Non tiene anche conto di alcuni provvedimenti, quali l’aumento dell’imposta di bollo sui conti correnti, e della riduzione delle imposte sulle imprese, attraverso interventi sull’Irap e l’introduzione del cosiddetto Aiuto alla crescita economica, che si assume non verranno traslate sui consumatori. Infine, trascura la dimensione intertemporale della manovra. L’aumento dell’Iva colpisce non solo i redditi prodotti oggi che si trasformano in consumi, ma anche i redditi prodotti in passato, risparmiati e utilizzati per finanziare il consumo nel periodo corrente ed in futuro.
Nonostante questi limiti, i risultati segnalano la necessità di una riflessione attenta sull’impatto redistributivo del consolidamento dei conti pubblici dal lato delle entrate. Non è solo una questione di equità. Ulteriori interventi devono essere compensati con riduzioni delle imposte sui redditi più bassi, o si rischia di ostacolare la ripresa della domanda e della crescita.

(1) M. D’Antoni e A. Zanardi, Shifting the Tax Burden from Labour Income to Consumption, Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, 4/2011, in corso di stampa.
(2) “Fiscal Reforms during Fiscal Consolidation: the Case of Italy” di G. Arachi, V. Bucci, E. Longobardi, P. Panteghini, M.L. Parisi, S. Pellegrino e A. Zanardi, Econpubblica working papers, n. 160, febbraio 2012. http://www.econpubblica.unibocconi.it/folder.php?vedi=4911&tbn=albero&id_folder=1306

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ARTICOLO 18 NELLA PA: UNA DOMANDA A DUE MINISTRI

14 commenti

  1. Piero

    Le imposte indirette sono regressive come sappiamo tutti e pesano più sui redditi medio/poveri. Ma una buona parte dei redditi medio/poveri da lavoro autonomo è evasione, quindi implicitamente una parte di questo spostamento è recupero di evasione. Stesso discorso x spostamento da Redditi a Patrimoni talvota frutto di evasione dei redditi. Tempo che, giriamola come vogliamo, siano sempre i “veri” medio/poveri a pagare il conto più salato, e questo non solo x colpa delle scelte di un governo Borghese, ma x colpa della struttura sociale e della cultura di massa del paese. Prendiamo il bollo sui depositi 1×1000 con minimo 34 euro (a danno dei poveri) e massimo 1200 euro (a premio dei ricchi). è solo una ingiustizia o c’è pure il timore che mentre i poveri tengono i soldi in Italia i ricchi sarebbero ancor più incentivati a spostarli all’estero (legalmente e non) mettendo ancor più a rischio la solvibilità delle nostre malate banche salvate x ora da Draghi con 400 mld ?

  2. Maurizio Sbrana

    Fortunatamente ‘qualcuno’ che ancora ragiona c’è !!! E che sa la ‘matematica’…

  3. Franco

    Credo provato che mentre l’imposta diretta, proprio perchè agisce sul diverso accumulo di ricchezza, è progressiva e proporzionale all’entità dell’accumulo, permettendo così una certa redistribuzione politica a sollievo delle fasce più deboli,quella indiretta agisce sulla totalità dei consumatori, sgravando così i più abbienti del tributo proporzionale loro richiesto. In una situazione come quella attuale, in cui, con rare eccezioni, l’economia liberistica ha portato una sempre maggiore divaricazione tra redditi delle classi abbienti e redditi della fasce proletarie, sarebbe ragionevole in termini di giustizia sociale, aumentare la progressività dell’imposizione diretta e parametrare l’imposizione indiretta in ragione dei redditi. Tale operazione, data la sua generalità e data l’ assoluta certezza di ammontare legata al consumo, sarebbe possibile introducendo un regime di compensazione. Tale regime potrebbe consistere nella detraibilità fiscale del fatturato-coinsumato dalle dichiarazioni dei redditi delle fasce più deboli, operando quindi una giusta tutela contro le maggiori possibilità delle prime fasce che, allo stesso costo, accumulano per profitto e non per consumo.

  4. sonia

    Ritengo le imposte indirette le più ingiuste che esistano. Un governo che parla di equità non dovrebbe neanche lontanamente pensarci. Non sono un tecnico, ma solo un pensionato che pagerà tutto di più!!! Marchionne se ne frega ma a me peseranno. Certo se mettono più tasse sui beni di lusso se ne può parlare, ma sulla base vitale per noi con 500/ 600.€ è solo una bestemmia.E’ ben vero che abbiamo parlamentari che sono convinti che nessuno prenda cifre del genere e in effetti è un bello scandalo!!! ma altre tasse NO, mi pare francamente troppo. Roba da rivolta sociale, Monti ci vuole tutti in piazza? I negozi sono vuoti o chiusi, nessuno compera più si sta al minimo vitale rin correndo glis conti: cibo e bollette si succhiamo tutto, e adesso altre tasse inique…. Aspetto con ansia la “tassa sul macinato” Non sono mai andata fino a Roma per manifestare ma questa volta ci vado. E’ ora di finirla con politiche recessive,sarebbe ora anche di lasciare liberi i comuni, quelli che che hanno fondi, di pagare i fornitori e di fare investimenti e chi non ha fondi fallirà ! Non dovevamo eliminare comuni e privince inutili e alllora ?

  5. Torelli Roberto

    L’aumento dei tributi indiretti aggrava ancor più l’attuale violazione dell’articolo 53 della Costituzione sia sul precetto della progressività sia sulla capacità contributiva! L’On.le SCOCA relatore per l’articolo 53 all’Assemblea Costituente cosi si esprimeva:”…se poi consideriamo che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti e questi attuano una progressività a rovescio, in quanto, essendo stabiliti sui consumi, gravano sulle classi meno abbienti, si vede come in effetti la distribuzione del carico fiscale avvenga non già in senso progressivo e neppure proporzionale ma in senso regressivo per cui il peso fiscale del ricco è assai inferiore a quello del povero. Questa è una grave ingiustizia e deve essere eliminata in sede di calcolo del reddito globale personale, ciò significa che l’onere tributario complessivo gravante su ciascuno risulti informato al criterio della progressività. Il cittadino prima di essere chiamato a concorrere alle spese pubbliche deve soddisfare i suoi bisogni della vita quotidiana e quelli dei suoi famigliari, questi sono carichi economici che caratterizzano la capacità contributiva”. La RIFORMA FISCALE si fa con larticolo 53 della Costituzione

  6. marco

    Gli imprenditori per vendere le loro merci hanno bisogno di tanti cittadini benestanti che le comperino-le banche hanno bisogno dei risparmi dei cittadini per arricchirsi-persino la borsa ha bisogno di qualche piccolo risparmiatore con i soldi cha sia disposto a perderli- è evidente che se questo non avviene l’economia difficilmente uscirà dalla stagnazione-Fare politiche redistributive significa rilanciare il sistema economico e rendere più ricchi tutti un domani-Lo avevano capito gli USA con il piano Marshall-Come fare?Ridistribuire gli scatti d’anzianità per i nuovi lavoratori;al posto che pagare 1300 euro un giovane neoassunto e 1800 un lavoratore prossimo alla pensione dare 1500 al primo, che tende a spendere di più e 1600 al secondo; mettere due aliquote irpef al 45% e al 47% per i redditi sopra i 150000 euro e i 250000 euro e con gli stessi soldi diminuire le aliquote più basse; mettere un tetto massimo alle pensioni di 5000 euro e i soldi in surplus distribuirli alle pensioni più basse; fare la stessa cosa con gli stipendi pubblici sopra i 150000 euro; mettere una patrimonialee per aumentare le detrazioni ecc Perchè non si fa?Miopia disonesta egoismo dei politici

  7. michele81

    una scandalosa tassa sui poveri, dopo la riforma delle pensioni e del lavoro. Chi può dar torto alla Camusso quando stasera ha detto che pagano solo i redditi bassi? per il decreto liberalizzazioni la ragioneria dello Stato ha detto oggi che non c’è copertura finanziaria..tanto baccano per non fare niente. le indennità di disoccupazione costeranno molto di più del decreto liberalizzazioni. Dove pensa di trovare i soldi il Governo? perchè non si mette la massima aliquota sulle aziende e manager superpagati che guadagnano dai licenziamenti di Borsa? con le azioni dei grandi gruppi ai minimi storici, l’immobiliare in crisi, è quanto mai concreto il rischio di licenziamenti per il semplice fare cassa, non necessari per la riorganizzazione delle aziende.

  8. Piero

    Si è vero che la svalutazione fiscale aumenta l’export, ma solo se si verificano altre condizioni:
    – che non sia attuata da tutti i paesi, ossia se tutti i paesi EU attuano tale politica , essa è neutra per l’aumento dell’export verso i paesi EU;
    – che non vi siano i salari già a livello del minimo di sussistenza. In Italia con il cambio fisso della moneta è scomparso il ceto medio che si è livellato al ceto inferiore, quindi non sarà efficace l’aumento dell’iva ai fini dell’export, sarà efficace solo per le casse dello stato.
    Ricordiamoci che la Germania ha attuato tale politica in anticipo da tutti gli altri paesi e in una situazione economica delle famiglie più prosperosa di quelle italiane.

  9. Piero

    Non ritengo che sia la politica fiscale la strada per il rilancio del sistema Italia, in primis perchè sarebbe necessaria una politica fiscale espansiva e non regressiva, meno tasse per tutti, ciò è impossibile per il forte debito statale, abbiamo evitato il default perchè Monti ha aumentato le tasse ( i mercati credono all’aumento delle tasse più che alle riduzioni delle spese), nel contempo vi sarebbe bisogno di una politica fiscale redistributiva per alleggerire i redditi di coloro che producono la ricchezza ( imprese e lavoratori) a scapito della rendita ( tassazione della rendita finanziaria), anche tale ultima manovra non è possibile attuare considerato l’indebitamento dello stato italiano. Cio’ precisato l’unica via d’uscita è un’inflazione programmata, accompagnata da una politica redistributiva a tutela delle famiglie deboli ( redditi fino a 20000 euro), naturalmente a seguito di una politica monetaria con strumenti non convenzionali, tipo monetizzando parte del debito pubblico da parte della bce se l’Italia rimane nella zona euro, altrimenti monetizzando con la nostra banca nazionale il 50% del proprio debito pubblico.

  10. AM

    Puntualmente da parte di politici e sindacalisti (e conseguentemente nei commenti dei lettori) si parla di patrimoniale come panacea ad ogni occasione. Forse in malafede o per scarsa conoscenza dell’economia tributaria si ignora che un’imposizione patrimoniale già esiste in Italia e che tale imposizione è stata sensibilmente aumentata negli ultimi mesi. Certo il Governo Monti non la chiama con questo nome (forse per non urtare Berlusconi), ma bolli sui dossier dei patrimoni finanziari, IMU e tassazione degli immobili all’estero sono imposte che non colpiscono i redditi dei residenti , bensì i loro patrimoni. Con riferimento all’ultima imposta vorrei sottolineare che alcune centinaia di migliaia di residenti stranieri (alcuni con doppia nazionalità) possiedono immobili nei paesi di origine, ma ben pochi di loro hanno compilato il modello RW nell’ultima dichiarazione dei redditi.

  11. Gaetano

    Nella discussione non emerge il grave problema dell’ingiusta progressivita’ delle imposte dirette che colpiscono le famiglie monoreddito. Le detrazioni per i carichi di famiglia sono solo “simboliche” e provocano dannose disparita’ di trattamento fiscale, a parita’ di reddito, tra famiglie con figli a carico e senza. Cio’ deprime la natalita’ e l’intera struttura sociale del Paese. Si potrebbero ripristinare aliquote IVA elevate sui beni di lusso (auto e moto sportive, vacanze esotiche, superalcoolici, giochi d’azzardo, ecc.) ed intervenire sulla spesa pubblica (vedi pubblico impiego, finanziamento partiti) per alleggerire il carico fiscale sui nuclei famigliari con figli.

  12. ATTILIO GUSMAROLI

    Personalmente mi chiedo quanto questo paese potrà sopportare la serie di manovre di questo governo che hanno un unico paradigma: non sono eque e colpiscono pesantemente i ceti meno abbienti 8imposte indirette). Dal blocco per due anni delle pensioni sopra il minimo vitale, all’incremento esponenziale delle accise sui carburanti che trascinanano un aumento generalizzato dei prezzi, alla certezza del continuo aumento delle imposte indirette mentre appare un araba fenice la riduzione di quelle dirette, all’aumento dell’indebitamento dello stato nonostante queste continue manovre, per non parlare delle prossimine IMU che metteranno in ginocchio non solo chi già oggi è proprietario di immobili, ma produrranno una gelata sulle compravendite e sullo sviluppo delle nuove costruzioni. Una semplice e banale domanda, per me che non sono un economista: come potrà svilupparsi la crescita a livello nazionale se avremo sempre meno denaro da spendere e sempre più incertezza sul lavoro? Attenzione, quando “la pancia” è vuota, la persona disperata non ha più nulla da perdere!

  13. AM

    Politici e giornalisti fanno spesso confronti fra stati e regioni in tema di evasione fiscale. Nulla di male; i confronti che possono supportare certe considerazioni. Tuttavia non si debbono fare confronti in termini di valori assoluti traendo poi conclusioni erronee. E’ quindi sbagliato sostenere che gli italiani sono i primi evasori fiscali in Europa e che i lombardi lo siano in Italia. Adottando valori assoluti si potrebbe erroneamente sostenere che gli americani detengono il primato mondiale nell’evadere le imposte. Sarebbe invece corretto dire che i greci superano gli italiani e che i calabresi superano i lombardi.

  14. Carmine Lo Surdo

    In Italia la crisi economica è aggravata dalla forte riduzione dei consumi interni non compensata dalle esportazioni, così che le aziende chiudono e/o ristrutturano licenziando o mettendo in CIG e l’incertezza alimenta la riduzione dei consumi. In questa fase occorre perciò far aumentare i redditti anche ricorrendo alla leva fiscale ed alla riduzione dei contributi pensionistici. A parità di gettito si potrebbe ad es. raddoppiare l’attuale aliquota del 12,5% relativa ai redditi da capitale, riducendo contemporanemente le aliquote sui redditi da lavoro o d’impresa oppure aumentando le deduzioni fiscali. Inoltre, si potrebbero ridurre i contributi pensionistici a carico delle imprese (es. dal 33 al 25%) così che le imprese dalla riduzione del costo del lavoro potrebbero essere incentivate ad assumere nuovo personale e/o ad aumentare gli investimenti ed una riduzione dovrebbe esserci anche per i contributi versati dai dipendenti che all’aumento del reddito disponibile farebbero aumentare i consumi. Il sistema pensionistico ormai diventato contributivo non dovrebbe essere compromesso nel lungo periodo, perchè se gli occupati aumentano e l’economia cresce vi sarà equilibrio dei conti.

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