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UN COLPO ALLE CORPORAZIONI?

Il corposo pacchetto di liberalizzazioni varato dal governo Monti si propone di rendere più competitiva l’economia italiana, intervenendo su una molteplicità di fronti.
Alcune delle misure adottate, pur avendo polarizzato l’attenzione dell’opinione pubblica, non sembrano destinate ad avere un impatto particolarmente rilevante su crescita e prezzi. Altre, quelle relative a imprese, trasporti, infrastrutture, energia, sono potenzialmente molto più rilevanti, ma la loro effettiva efficacia dipenderà in larga misura da come saranno implementate.

VIA I PARERI DEGLI ORDINI

Altre misure ancora, pur avendo attirato meno l’attenzione dei media, sono di grande importanza per le implicazioni pro-concorrenziali di norme che hanno portata generale e sono allo stesso tempo definite con precisione. Appartengono a questa categoria le misure relative ai servizi professionali.
L’articolo 9 del decreto prevede l’abrogazione di tutte le tariffe professionali, sia minime sia massime. La norma ha una forte valenza pro-concorrenziale che va oltre la rimozione dei vincoli di prezzo, scardinando di fatto una serie di meccanismi in grado di rendere stringenti gli incentivi a comportamenti collusivi in un’industria, quella dei servizi professionali, caratterizzata dalla presenza di un numero molto elevato di imprese.
In base a quanto disposto dall’’articolo 2233 del codice civile, nel caso in cui un cliente contesti il compenso richiesto dal professionista per le attività svolte, il giudice determina in via giudiziale il compenso dovuto “sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene”. Allo stesso modo, per quanto stabilito dall’articolo 636 del codice di procedura civile, la domanda di decreto ingiuntivo finalizzata a ottenere il pagamento di quanto dovuto in base alla parcella delle spese e prestazioni “deve essere corredata dal parere della competente associazione professionale”, salvo nel caso in cui “l’ammontare delle spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie”.
L’abrogazione delle tariffe, facendo venire meno i presupposti su cui fondare il parere delle competenti associazioni professionali riduce enormemente la portata di tali norme ed elimina un potente meccanismo istituzionale sul quale si è tradizionalmente fondata la capacità degli ordini professionali di ridurre la concorrenza nel mercato. Il fatto che la congruità delle richieste dei professionisti fosse demandata a una valutazione dell’Ordine cui il professionista appartiene (rinvio che viene meno con l’abolizione delle tariffe) costituiva un importante strumento di assicurazione per il professionista stesso, nel caso di contenziosi con i propri clienti.
Naturalmente, gli incentivi del professionista a deviare da quanto indicato dall’Ordine – in termini di tariffe, ma non solo – erano molto ridotti dal rischio di perdere la copertura assicurativa che l’’Ordine era in grado di provvedere. La tutela dell’’Ordine poteva quindi essere ragionevolmente interpretata come un meccanismo attraverso il quale rendere sostenibili accordi collusivi nell’ambito dei servizi professionali, rendendo molto costosa ogni eventuale deviazione. La principale valenza pro-concorrenziale della norma sta proprio nell’eliminazione di tali meccanismi.

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PICCOLI TAXI CRESCONO

La vicenda dei taxi, pur assai meno rilevante di quella relativa agli ordini professionali, può anch’essa essere presa ad esempio dell’intento dell’esecutivo di rimuovere meccanismi facilitanti l’emergere di comportamenti collusivi.
L’articolo 36 del decreto, oltre a prevedere un possibile aumento del numero delle licenze dei taxi, indica espressamente la possibilità per uno stesso soggetto di avere la titolarità di più licenze, oltre che – pur con molti vincoli – una maggiore flessibilità nell’organizzazione del servizio, nell’ambito geografico in cui può essere esercitato e nella fissazione delle tariffe.
La possibilità di cumulare più licenze e l’eliminazione della tariffa unica (con la conseguente possibilità di praticare sconti rispetto alle tariffe massime definite a tutela dei consumatori), pur mitigate dal rinvio delle decisioni effettive a una nuova Autorità indipendente di regolazione dei trasporti, vanno nella direzione di rimuovere alcuni importanti ostacoli alla crescita dimensionale delle imprese operanti nel settore, con un significativo impatto pro-concorrenziale. Proprio le piccolissime dimensioni di impresa indotte dal divieto di cumulo delle licenze, infatti, hanno favorito l’’emergere e il persistere di comportamenti collusivi, imponendo artificialmente stringenti vincoli di capacità all’aumento pro-concorrenziale dell’offerta della singola impresa. Non a caso, è proprio su questi aspetti che si concentrò l’opposizione dei tassisti quando misure simili furono proposte da Pier Luigi Bersani nel 2006.
Insomma, nonostante per molti versi il decreto risenta inevitabilmente del negoziato politico che ne ha accompagnato la nascita, riducendone l’incisività, per altri ha una portata pro-concorrenziale di prima grandezza, riuscendo a incidere, almeno in linea di principio, sul potere di mercato di corporazioni che hanno fortemente condizionato il potenziale di crescita del paese, soprattutto nel settore dei servizi.
Non sarà tutto oro quello che luccica, ma la direzione sembra quella giusta. Resta solo da augurarsi che il confronto parlamentare sappia cogliere e valorizzare gli aspetti positivi del decreto, che ci sono, piuttosto che indebolirne ulteriormente la portata.

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CI VUOLE UNA VERA RIFORMA DEL LAVORO

  1. LUCIANO GALBIATI

    Il decreto liberalizzazioni non prevede il cumulo delle licenze taxi. Stralcio del provvedimento sbandierato -urbi et orbi- da Catricalà alle televisioni di tutto il mondo. Nessun rimpianto. Il cumulo delle licenze -per ammissione dello stesso Catricalà- crea solo dannosi oligopoli di grandi compagnie che utilizzano centinaia di lavoratori a cottimo. Lavoratori sfruttati e precarizzati con il sistema del noleggio di licenze ed autovetture; in sintesi il modello nordamericano (i taxi di New York). Sfruttamento del lavoro che non genera alcun reale vantaggio qualitativo/tariffario per l’utenza. Il danno e la beffa.

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