L’idea di regalare frequenze televisive non piace a nessuno. Tanto più se il valore potrebbe arrivare a 16 miliardi per i 40 canali dedicati alla Tv e a circa 2,4 miliardi per le sei frequenze assegnate con un “concorso di bellezza”. E ancora di più se la gara è destinata solo gli operatori televisivi italiani verticalmente integrati e viola i principi di neutralità del servizio e della tecnologia. Si potrebbe invece concepire l’asta in modo che non danneggi nessuno, comprese le emittenti locali. Oltre a far entrare nelle casse dello Stato almeno un miliardo di euro.
L’idea di regalare frequenze televisive con un beauty contest non piace a nessuno. Tantomeno in questi giorni di duri sacrifici per tutti. L’asta che ha assegnato le frequenze banda 800MHz ha rivelato un valore di 50 milioni di euro a MHz e quindi potrebbe arrivare a 16 miliardi per i 40 canali dedicati alla Tv e a circa 2,4 miliardi per le sei frequenze assegnate con un concorso di bellezza. La cessione di questo patrimonio pubblico, a titolo gratuito e per un uso esclusivamente radio-televisivo, sembra davvero un grave errore.
I LIMITI DELLA GARA
È necessario partire da una premessa: l’orientamento di tutti gli organi di governo dello spettro elettromagnetico (Itu, Fcc, Commissione Europea, Autorità nazionali) è quello di un uso neutrale dello spettro sia in termini di servizi che in termini di tecnologia. Il nostro beauty contest viola sia la neutralità del servizio che quella tecnologica. Cinque frequenze sono destinate allo specifico servizio televisivo e alla specifica tecnologia digitale terrestre (Dvb-T). Una è riservata alla tecnologia digitale mobile (Dvb-H) o al futuro Dvb-T2 ed è da sempre tacitamente destinata a Telecom Italia Media, allo scopo di sanare il vulnus creato dalla regola: due reti digitali per ogni tre analogiche. Regola pensata per Rai e Mediaset (con tre reti), ma che condanna TIMedia a un rapporto di conversione analogico-digitale del 50 per cento (una sola rete digitale a fronte delle due analogiche in suo possesso), contro il 66 per cento di Rai e Mediaset e il 100 per cento delle altre reti nazionali.
Ma c’è di più. Il beauty contest è destinato a una specifica tipologia di operatori: gli operatori televisivi italiani verticalmente integrati. I punteggi infatti favoriscono operatori con forte presenza sul mercato nazionale e in grado di svolgere, al massimo livello qualitativo, sia il ruolo di operatori di rete che quello di fornitori di contenuti. Operatori di rete e fornitori di contenuti puri sono stati costretti ad associarsi a priori; e infatti si sono tenuti lontani dalla gara.
A peggiorare lo scenario sono poi intervenute le scelte tecniche del ministero che ha assegnato le frequenze di tutti i canali dal 61 al 69 alle emittenti locali in ogni Regione del Nord, per poi decidere, pochi giorni dopo, che le stesse frequenze appena assegnate dovevano essere espropriate a pagamento ai neo-assegnatari e messe ad asta per gli operatori mobili.
Tutto questo, oltre ad aumentare le difficoltà di liberazione della banda dell’asta Lte, ha provocato un aumento dell’interferenza e diminuito la qualità di tutte le frequenze del beauty contest, tranne due: i canali 55 e 58. Sfortunatamente, il ministero ha deciso di assegnare i due canali al Lotto B, destinato a Mediaset, Rai e Telecom e precluso a Sky. Questultimo operatore peraltro si è ritirato dal concorso a causa delle lungaggini burocratiche, eliminando di fatto dall’assegnazione lunico vero entrante.
Insomma, un beauty contest che regala un bene pubblico di altissimo valore, che viola i principi di neutralità del servizio e della tecnologia, che favorisce gli operatori italiani verticalmente integrati, che assegna le frequenze migliori agli incumbent e di fatto cristallizza il mercato. Soprattutto, una gara che non contribuisce a creare le condizioni per un uso razionale dello spettro e non apre il mercato come richiesto dall’Europa per chiudere la procedura di infrazione.
UNO SCENARIO DOVE TUTTI VINCONO
Prima che tutto ciò si realizzi e che il nuovo ministro scriva la parola fine alla lunga storia, vorremmo provare a dimostrare che una diversa strada è possibile.
Come primo passo si dovrebbe, in nome della neutralità tecnologica, consentire l’uso con tecnica digitale terrestre (Dvb-T) delle frequenze di legacy attualmente vincolate al digitale mobile (in mano a Mediaset e H3G). Simmetricamente, la frequenza a gara nel Lotto C, per la quale ha presentato domanda la sola TIMedia, le potrebbe essere assegnata, risolvendo una parte del contenzioso legale e sanando il vulnus di un fattore di conversione analogico-digitale pari a metà di quello garantito alle altre reti nazionali minori. Anche la Rai potrebbe restituire lattuale multiplex Vhf sul canale 11 (destinato al Dvb-T2) e la frequenza extra ottenuta in ogni Regione per ottenere, in cambio, uno dei multiplex attualmente a gara. Questa scelta aumenterebbe la qualità della copertura del servizio pubblico e libererebbe una frequenza Uhf e una Vhf in ogni Regione per lemittenza locale.
Tutte queste azioni risolverebbero gran parte del contenzioso legale e porterebbero il numero di multiplex di Mediaset e Rai a cinque. Esattamente il cap previsto dalla Commissione Europea.
I restanti 4 multiplex (valore di circa 1,6 miliardi di euro) del beauty contest potrebbero essere oggetto di un’asta a rilanci competitivi riservata a operatori di rete puri (ovvero non verticalmente integrati con un fornitore di contenuti) che dovrebbero massimizzare la capacità trasmissiva disponibile e riservarla, per un periodo limitato (cinque anni), alle trasmissioni televisive. Due terzi della capacità potrebbero essere riservati ai fornitori di contenuti nuovi entranti sul mercato nazionale, mentre il terzo rimanente potrebbe essere destinato alle emittenti locali. Dopo il 2016 si potrebbe consentire un uso più flessibile dello spettro, coerente con levoluzione tecnologica.
Un’asta di questo tipo potrebbe essere appetibile per gli operatori di telefonia mobile, ma anche per operatori come Tdf, Arqiva, Dmt o Dfree. Lasta potrebbe anche favorire, in modo virtuoso per il sistema, una separazione proprietaria di RaiWay e Elettronica Industriale dai rispettivi gruppi. Nessuno sarebbe costretto a separarsi verticalmente, i gruppi verticalmente integrati potrebbero semplicemente non partecipare alla gara e accontentarsi delle frequenze (non poche) già in loro possesso.
Nessuno sarebbe danneggiato da questa soluzione. Rai e Mediaset otterrebbero il massimo di multiplex consentiti dalla Commissione Europea. Telecom Italia vedrebbe riconosciuto il suo diritto a un multiplex in più. Le emittenti locali guadagnerebbero due frequenze in ogni Regione e fino a un terzo della capacità trasmissiva dei 4 multiplex a gara. Inoltre, con opportuni meccanismi, parte dei proventi della gara potrebbe essere di nuovo destinata a favorire la liberazione dello spettro. Due terzi della capacità trasmissiva andrebbero a nuovi entranti e questi ultimi potrebbero essere fornitori di contenuti puri (come Sky) e non dovrebbero preoccuparsi di realizzare e gestire le reti. Gli operatori di rete potrebbero massimizzare, in ogni scenario tecnologico futuro, la capacità trasmissiva per gli utenti (Dvb-T2, Lte eccetera). L’obbligo di separazione verticale (proprietaria) richiesta ai vincitori della gara, condizionerebbe la configurazione del mercato nella restante parte della banda televisiva, preparandola al secondo dividendo digitale. Lo Stato incasserebbe almeno un miliardo di euro.
Insomma, uno scenario win-win che dovrebbe convincere tutti ad abbandonare quello lose-lose del beauty contest. Che ne dice, ministro Passera?
Il vostro articolo è molto interessante, ma occorre un chiarimento sul termine "beauty contest": usate sempre l'articolo determinativo (o la preposizione articolata) come se il problema fosse lo strumento del beauty contest e non il modo con cui è applicato all'assegnazione in oggetto. E' chiaro che, a fronte di risorse destinate a servizi di utilità pubblica quali appunto le frequenze, nell'assegnazione occorre considerare il soddisfacimento di requisiti qualitativi volti a garantire livelli accettabili di qualità del servizio, sia esso radiotelevisivo che telefonico / dati, e quindi il beauty contest è il metodo preferibile. La vs. critica sembra invece essere sul come in dettaglio sia predisposto QUESTO beauty contest, ossia su quali siano nello specifico i requisiti qualitativi. Se la mia interpretazione è corretta, l'articolo risulta più chiaro scrivendo "[di] questo modo di applicare il beauty contest" anziché "del beauty contest" o "il beauty contest".
Sarebbe come dire che i camion valgono zero, perchè senza un autista non servono a nulla...
Rispondo a titolo personale al sig. Franco Baldussi: Le frequenze usate dalla TV (UHF) si propagano bene e sono utilizzabili anche per la Banda Larga Mobile (smartphone, tablet etc.). L'orientamento di tutti i paesi del mondo (Europa e USA in testa) è quello di liberare la banda UHF dagli attuali usi televisivi ed utilizzarla per questi usi innovativi. Non esistono infatti "frequenze televisive" o "frequenze per le telecomunicazioni". E' l'evoluzione tecnologica a determinare l'uso ottimale. Le frequenze UHF servono anche per i radiotaxi ma nessuno dice che valgono poco perché nessuna compagnia di radiotaxi è capitalizzata a sufficienza. Per determinare il valore di un bene pubblico che può avere usi diversi (come lo spettro) sono state inventate le aste. Si parte da un valore ragionevole e si consente agli interessati di rilanciare liberamente. Se si partisse da zero (come nel "beauty contest") l'asta non potrebbe andare deserta! L'asta per (alcune) frequenze UHF si è appena tenuta. Gli operatori TLC hanno pagato 50 Meuro per un MHz. Le TV (tutte) utilizzano 40 canali da 8MHz ciascuno. Dunque 320 MHz, per un valore (ad oggi) di 16 miliardi di euro. Antonio Sassano.
Visti i limiti e le illegittimità palesi dell'attuale procedura per l'assegnazione delle frequenze, e l'interesse di altri operatori a poter partecipare a condizioni eque, nessuno ha pensato di fare ricorso al TAR? A mio avviso i presupposti ci sono.