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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Per valutare l’efficacia di una terapia, il medico deve poter visitare il paziente e seguirlo nelle cure. Si può mai curare una persona che non si presenta davanti al medico?  Allo stesso modo, il mediatore deve poter incontrarsi con i litiganti per poter svolgere il suo lavoro.  In tutto il mondo, infatti, la bontà delle mediazione e la bravura del mediatore si misura mediante la percentuale di successo degli incontri di mediazione (quando tutte le parti e i loro consulenti si incontrano davanti al mediatore).

Sommare il 69,38 per cento dei casi in cui l’aderente non compare con il 47,42 per cento di mancato accordo degli incontri di mediazione, non è corretto in quanto tipologie profondamente diverse. La mancata partecipazione deriva dalla scelta del convenuto di non partecipare all’incontro di mediazione, quindi non si può parlare di fallimento di una mediazione, perché la mediazione di fatto non è mai avvenuta. L’efficacia della mediazione si misura esclusivamente con la percentuale, che per i primi sei mesi è del 52,58 percento, del successo degli incontri svolti quando il convocato è comparso. Ce un effetto ulteriore della mediazione non rilevato e non rilevabile dalle statistiche, le transazioni tra parti che trovano un accordo prima o al di fuori della mediazione. Il tentativo obbligatorio di mediazione, infatti, sta incrementando di molto gli accordi negoziali.
Occorre non confondere la “capacità produttiva” dalla “velocità di produzione”. Nel nostro caso, la prima si misura nel numero di processi definiti, la seconda nel tempo impiegato.  Come è evidente dalla tabella seguente, la produttività dei nostri magistrati e tribunali è ottima definendo ogni anno oltre 4,7 milioni di processi civili. Il tempo impiegato, invece, dipende dall’arretrato pari a oltre 5,5 milioni di cause. Nel 2010, per la prima volta si è avuto una diminuzione dei procedimenti iscritti a ruolo grazie all’introduzione di un contributo di appena 33 euro  incredibilmente prima era gratis – per i ricorsi alle sanzioni amministrative che ha prodotto l’immediato loro dimezzamento, eliminando da un giorno all’altro tutte le cause inutili di chi ci provava.

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Procedimenti Civili

2009

2010

Iscritti a ruolo

5.040.747

4.467.427

Definiti

4.748.068

4.735.600

Saldo

+ 292.679

–  268.1

Fonte: Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – Direzione generale di statistica

Il primo passo per recuperare efficienza è quindi quello di ridurre l’input con una serie di provvedimenti drastici a effetto immediato e a costo zero per lo Stato che scoraggino il ricorso improprio ai tribunali di  cause conciliabili, inammissibili, manifestamente infondate o strumentali per remunerare i consulenti. In questo modo, con un input ridotto a 2 o 3 milioni di nuovi procedimenti all’anno e mantenendo inalterata la produttività di 4,7 milioni di procedimenti definiti, i giudici potrebbero agevolmente smaltire l’arretrato in tre/quattro anni riacquistando anche velocità di produzione.

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L’ORRIBILE SCENARIO DEL DEFAULT

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MOLTO RIGORE, POCA EQUITÀ E POCHISSIMA CRESCITA

  1. Gabriele Orlando

    Il punto dolente non sta nelle asfittiche statistiche, ma nel fatto che viene proposto un metodo quantitativo per una situazione che sottende invece valori ed un interesse pubblicistico preciso (storicamente il controllo della giustizia serve per garantire la pace sociale ed il controllo dei consociati). Spesso il giudizio si incentra su interessi in cui il valore economico è solo una scusa (es. fiducia nei rapporti commerciali) o una scappatoia che non sarà mai congruente o soddisfacente (es. perdita di un familiare in un sinistro stradale). Piaccia o no, le persone sono sempre più di un numero, ignorarlo genera iniquità e soluzioni inaccettabili, viziando qualunque analisi.

  2. Maurice

    Sono ignorante in materia, ma in un Parlamento in cui più del 15% dei suoi membri sono avvocati non mi sorprendo se una simile riforma non rientra tra le priorità legislative. Un sincero grazie per il suo contributo e la chiarezza degli articoli.

  3. Paolo Greco

    Ho svolto per alcuni anni le funzioni di GOA. Condivido che i processi infondati sono la prima causa anche in relazione alla quantità dei motivi. Si potrebbe richiede che il giudice in ogni decisione debba fare valutazione graduata in merito, infondato, parzialmente infondato, controverso ecc., con sanzioni che si aggravano in caso di impugnazioni per motivi, giudicati nei gradi precedenti, infondati o parzialmente infondati. per colpire coloro che si difendono dai processi dovrebbero essere valutati nella sentenza in forma sintetica anche i motivi dei rinvi e la parte che li ha richiesti.

  4. Vittorio Gubbiotti

    Con un commento garbato nella forma, il sig. Orlando non centra, a mio avviso, il bersaglio cui mirava. Esattamente l’esistenza e il manifestarsi di interessi “non economici” è quello che rappresenta il punto di forza della mediazione, che non lavorando sul diritto ma sull’interesse in senso ampio consente di ricreare un clima sereno o quanto meno accettabile tra i soggetti coinvolti. La mediazione non è un “appalto privato della giustizia”, come qualcuno anche qui ha tentato di sostenere, ma è un modo “alternativo” o secondo alcuni “appropriato” – nel senso di opportuno – per evitare che le controversie finiscano in tribunale se questo è appena possibile, liberando le corti da vicende inutili, soddisfacendo interessi REALI (in tribunale le scuse dell’offensore sono un espediente processuale, in una mediazione possono risolvere la questione o avviarne l’appianamento), sveltendo i tempi dell’inevitabile conclusione a costo tutto sommato modesto.

  5. Andrea Colletti

    Tutti coloro che frequentano come me le aule dei tribunali sanno che la mediaizone c.d. obbligatoria è stata fatta per due ordini di motivi: 1. privatizzare (remunerandolo) un organismo commerciale quale l’organismo di mediazione 2. alzare le tasse (praticamente una persona che voglia intraprendere una causa deve pagare il 50% in più con la mediazione fallita) di modo da scoraggiare le persone nell’intraprendere una causa (e le persone più scoraggiate sono quelle che hanno un reddito familiare tra i 10.800-22.000 €) insomma, gli interessi sulla bontà delle mediazione come modello culturale non interessavano nè il precedente governo nè i vari organismi di mediazione, rappresentati da questo articolo da uno di loro.

  6. Francesco Guastapaglia

    Pongo a tutti voi sostenitori della media-conciliazione alcuni piccoli quesiti, emblematici a mio parere, la cui risposta non può portare altro che a ritenere una farsa questo tentativo di sgravare i ruoli dei magistrati.
    1) dopo anni di tentativi pilota nel processo del lavoro, dove il tentativo di conciliazione era obbligatorio, ci si è resi conto che in Italia una tale prassi non funziona, produce ritardi nell’ottenimento della giustizia e precludeva l’accesso immediato alla tutela giurisdizionale. perchè mi domando nello stesso momento in cui fortunatamente si abolisce il tentativo di conciliazione obbligatoria nel diritto del lavoro, causa il fallimento della stessa, si introduce come obbligatorio nei riti ordinari??
    2) le controversie hanno sempre ad oggetto dei diritti, siano esse reali, obbligatori ecc. ecc.. Non si può quindi prescindere dall’applicazione del diritto per risolvere controversie su diritti, a tal proposito è una follia aprire la possibilità di diventare mediatore a categorie di professionisti che di diritto nulla sanno! Vi ricordo che il verbale di conciliazione una volta omologato dal Giudice del Tribunale competente diviene titolo esecutivo!

  7. Giovanni Maria Sacchi

    A mio parere, una riforma volta a ridurre il contenzioso non può inserire un tentativo di conciliazione obbligatorio e oneroso. Una conciliazione che si rispetti sul piano della democraticità ed efficienza o è gratuita-obbligatoria o è facoltativa-onerosa. La mediazione obbligatoria in oggetto è solo un ennesimo tentativo di risolvere il problema con un blocco esterno, contrario al principio della libera difesa dei propri diritti in giudizio (art. 24 Cost.). Fra l’altro, a fronte dell’incapacità di gestione del privato inesperto e dei sicuri tentativi di sabotaggio della categoria dei liberi professionisti alla ricerca di un ristoro significativo, (e credo poco intimorita dalla figura dell'”argomento di prova”) tale riforma non farà altro che aggiungere invece di smaltire. Il problema, a mio avviso, è strettamente connesso al fattore tempistico – funzionale e andrebbe risolto dall’interno. In primis, non si dovrebbe permettere ai giudici di fissare a più di un mese le udienze di mero rinvio. In secondo luogo, anche per i provvedimenti decisori dovrebbe esserci un termine ultimo diverso a seconda della materia trattata. Infine dovrebbero funzionare meglio le cancellerie.

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