Lavoce.info

LA GENERAZIONE CHE PAGA PER TUTTI

L’enorme debito pubblico che l’Italia ha accumulato tra il 1965 e il 1995 non è stato utilizzato a fini produttivi: i soldi che abbiamo preso in prestito sono andati in impiego pubblico e pensioni. Ne hanno beneficiato soprattutto i nati nel decennio 1940-1950. A pagare il conto saranno i loro figli. Con maggiori tasse, ma anche con minori servizi. I tagli alla spesa previsti dalle recenti manovre per istruzione, sanità e trasporti colpiscono infatti di più questa generazione. Anche perché in Parlamento i padri continuano a essere sovra-rappresentati.

Il debito pubblico italiano è esploso tra la metà degli anni Sessanta, quando si attestava intorno al 25 per cento del Pil, e la metà degli anni Novanta, quando raggiunse il 120 per cento del Pil. Un incremento di quasi cinque volte.  

PADRI, NONNI E FIGLI

Indebitarsi non è necessariamente un male. Le imprese private lo fanno tutti i giorni per realizzare investimenti che le renderanno più efficienti e produttive in futuro.
Data la bassa crescita economica dal nostro paese negli ultimi quindici anni, è difficile pensare che l’enorme debito pubblico accumulato tra il 1965 e il 1995 sia stato utilizzato a fini produttivi.

Grafico 1: Debito pubblico e crescita economica.

Fonte: Penn World Tables (dati sul Pil) e Banca d’Italia (dati sul debito pubblico).

Che cosa abbiamo fatto, allora, con tutti i soldi che abbiamo preso in prestito? Principalmente, impiego pubblico e pensioni. C’è una generazione, quella che ha trascorso la maggior parte della propria vita lavorativa nel periodo di euforica espansione del debito, che ha beneficiato di quel denaro trasferendone i costi alla generazione successiva, ai loro figli.
Potremmo approssimativamente identificare questa generazione con i nati tra il 1940 e il 1950, Applicando la convenzione che definisce in venticinque anni l’intervallo di tempo che separa una generazione dalla successiva, i figli di quella generazione nascono tra il 1965 e il 1975 mentre i loro padri – “i nonni” – sono nati tra il 1915 e il 1925.

Utilizzando le indagini sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia possiamo confrontare l’incidenza dell’impiego pubblico tra nonni e padri nella fascia di età tra i 50 e i 60 anni. (2) In tale fascia di età, gli occupati nel settore pubblico erano il 27 per cento tra i nonni e il 40 per cento tra i padri. Utilizzando gli stessi dati, riusciamo a vedere padri e figli nella stessa fascia di età solo tra i 30 e i 40 anni (3) e, di nuovo, l’occupazione pubblica è più elevata tra i primi (39 per cento) che tra i secondi (35 per cento) (vedi grafico 2, figura in alto).
Allo stesso modo, possiamo confrontare il tasso di occupazione tra la generazione dei nonni e dei padri nella fascia di età 50-60 (vedi grafico 2, figura in basso) e scopriamo che solo il 36 per cento dei padri in quel gruppo di età era occupato contro il 56 per cento dei nonni. In altre parole, le baby pensioni sono un fenomeno che riguarda soprattutto i padri e non tanto i nonni. I figli non hanno ancora raggiunto la fascia di età 50-60, ma è ben chiaro che a loro non sarà certamente concesso di ottenere la pensione prima dei 65 anni. Anzi, i figli avranno pensioni molto più misere e le otterranno molto più tardi.

Grafico 2: Dipendenti pubblici e tassi di occupazione tra generazioni.

Fonte: Archivio storico dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, 1977-2008 – Banca d’Italia

In altre parole, i figli non hanno beneficiato, se non indirettamente attraverso trasferimenti intra-familiari, del debito pubblico accumulato nel corso della vita lavorativa dei padri. Ciononostante, saranno principalmente i figli a pagare il debito. Gli eventi degli ultimi mesi hanno messo in chiaro che non ci sarà concesso di continuare a indebitarci alle stesse condizioni del passato e, di conseguenza, non sarà concesso ai figli di trasferire costi collettivi ai loro figli (i nipoti).

CHI PAGA IL DEBITO. E COME

E come pagheranno i figli per il debito dei padri? Principalmente pagando le tasse nei prossimi anni, quando i padri non le pagheranno più, per ovvi motivi demografici. Ma non solo. Infatti, molti degli interventi di contenimento della spesa e di incremento delle entrate previsti dalla recente manovra e dalle molte che l’hanno preceduta ricadranno principalmente sulla generazione dei figli.
I tagli agli enti locali si tradurranno in tagli ai servizi. Prendiamone in considerazione tre, forse i più importanti: scuola, sanità e trasporti locali. Nel grafico 3 riportiamo la percentuale di utenti di tali servizi per generazione di appartenenza del capofamiglia, in relazione al peso di tali famiglie nella popolazione. Per esempio, tra i genitori con bambini e ragazzi in età scolare la generazione dei figli rappresenta il 42 per cento, contro il 28 per cento nella popolazione: un rapporto di oltre una volta e mezza (ed è questo rapporto che viene riportato sull’asse verticale). In altre parole, la generazione dei figli è sovra-rappresentata tra gli utenti dei servizi scolastici e subirà, quindi, i tagli in questo settore molto più degli altri.
L’utilizzo dei servizi sanitari è concentrato tra i bambini e gli anziani, di conseguenza la generazione che avrà meno danno dai tagli di spesa sanitaria (a parità di efficienza) è proprio quella dei padri. Infatti, la figura centrale del grafico 3 indica che, tra le famiglie che hanno utilizzato i servizi ospedalieri (ricovero) nel corso degli ultimi dodici mesi, le uniche a essere sotto-rappresentate rispetto al proprio peso nella popolazione sono appunto quelle dei padri.
La figura a sinistra del grafico 3 mostra, infine, l’uso dei trasporti pubblici e anche in questo caso la generazione dei figli sarà più colpita dai tagli rispetto ai padri (e anche ai nonni).

Grafico 3: Utilizzo dei servizi pubblici per generazione del capofamiglia.

Per non parlare delle pensioni. Tutte le riforme pensate e attuate negli ultimi quindici anni sono state finalizzate a ridurre la spesa pensionistica per le generazioni dei figli e dei nipoti.
Sul fronte delle entrate, è interessante notare che il nostro sistema di tassazione fortemente sbilanciato sui redditi da lavoro ha importanti implicazioni intergenerazionali. Il grafico 4 (figura di sinistra) mostra che i figli producono quasi il 20 per cento di tutto il reddito da lavoro italiano e, di conseguenza, l’imponente tassazione di questa fonte di reddito si concentra in particolare su di loro.
Sempre il grafico 4 (figura di destra) indica anche che sono soprattutto i padri a detenere ricchezza, sia immobiliare che mobiliare. La loro generazione possiede circa il 25 per cento dell’intero patrimonio immobiliare del paese, contro l’8 per cento dei figli e il 4 per cento dei nonni. Per quanto riguarda la ricchezza mobiliare (risparmio), le disuguaglianze generazionali sono ancora più marcate: i padri detengono oltre il 30 per cento del totale, i figli e nonni, rispettivamente, il 6 per cento e il 7 per cento. Una delle poche cose buone fatte dal governo durante l’estate è stato l’adeguamento della tassazione delle rendite finanziarie (non tutte) alla media Europea, portandola dal 12.5% al 20%. L’abolizione dell’ICI, invece, è stata una riduzione fiscale che ha beneficiato soprattutto i padri e reintrodurre una qualche forma di tassazione sugli immobili avrebbe il merito di far pagare chi ha beneficiato maggiormente del debito che oggi dobbiamo così faticosamente ripagare.

Grafico 4: reddito da lavoro e ricchezza per generazione.

Fonte: Archivio Storico dell’Indagine sui Bilanci delle Famiglie Italiane, 1977-2008 – Bankitalia

Se dunque, volente o nolente, la generazione dei figli pagherà – e già sta pagando – la maggior parte del costo del risanamento dei nostri conti pubblici, sarebbe giusto che fosse anche quella che attua le riforme strutturali necessarie a evitare che l’attuale situazione si debba ripetere per i propri figli (“i nipoti”, nella nostra classificazione).
E invece, nella classe politica italiana sono ancora sovra-rappresentati proprio i padri. Considerando gli ultimi eletti alla Camera e al Senato (vedi grafico 5), che sono gli organi dove si varano le riforme strutturali, la generazione dei padri conta quasi il 25 per cento di tutti i parlamentari, oltre una volta e mezza la loro percentuale nella popolazione dei maggiorenni (14,8 per cento). I parlamentari appartenenti alla generazione dei figli sono solo 16 per cento, due terzi del loro peso tra i cittadini votanti (21,5 per cento).

Grafico 5: divisione per età degli eletti in Parlamento.

Fonte: banca dati del Senato e della Camera dei Deputati.

È dunque più impellente che mai la necessità di un ricambio generazionale nella classe dirigente. La situazione che si è determinata impegna la generazione dei figli a farsi carico del debito dei padri ma l’impegno deve essere legittimato dalla responsabilità di realizzare le riforme necessarie a garantire la crescita economica nei decenni a venire. Nonostante una bizzarra matematica porti il ministro Tremonti a sostenere il contrario, senza crescita economica qualsiasi sforzo di risanamento delle finanze pubbliche oggi non eviterà che domani ai figli tocchi pagare di nuovo.

(1) Le stime sono state effettuate considerando il periodo 1980-2009 e controllando per l’andamento del ciclo economico con un trend temporale quadratico.
(2) 51-64, per la precisione.
(3) 33-43 anni, per la precisione.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  "Opzione donna", la flessibilità non abita più qui
Leggi anche:  Maglie più strette per l'anticipo della pensione

Precedente

LE TRE POVERTÀ DEGLI ITALIANI

Successivo

FIAT TRA LE DUE SPONDE DELL’ATLANTICO

83 commenti

  1. Filippo Vitali

    Cosa vi hanno fatto i padri di questi ragazzi e ragazze? Abbiamo lavorato per 40 anni, abbiamo pagato i contributi ch ci son stati richiesti. Abbiamo subito le peggiori angherie in un mondo del lavoro che da 20 anni privilegia i “giovani” ai dipendenti maturi ed esperti. Molti per questo sono stati mobbizzati. Poi le aziende hanno cominciato a volerci espellere accordandosi con governo e sindacati tramite la mobilità. Ma insomma, abbiate rispetto per una generazione tradita anch’essa.

    • La redazione

      Non abbiamo nulla contro nessun padre. Sta di fatto, pero’, che una serie di decisioni collettive prese da una certa generazione hanno creato la situazione attuale. Tra quelle scelte c’e’ stata anche quella di erogare pensioni con 15-20 anni di contributi. Le pensioni erogate con 40 anni di contributi non hanno certo contribuito a accumulare debito.

  2. luca

    Non capisco cosa s’intende per spesa produttiva: se lo stato s’indebita per pensioni e stipendi pubblici, non produce ugualmente un aumento del Pil? L’aumento del reddito disponibile dei cittadini non dovrebbe, keyneisianamente, produrre una crescita dell’economia?

    • La redazione

      La spesa pubblica genera sempre un aumento del prodotto interno lordo ma solo la spesa per investimenti produttivi può generare crescita anche futura.

  3. Luca Nobile

    Trovo notevole quanto emerge dal primo diagramma. La crescita italiana è sopra il 15% per tutto il decennio ’70, caratterizzato dal dilagare del conflitto sociale e delle speranze di trasformazione. Non appena il clima è normalizzato (cioè dopo le retate del 7 aprile 1979 che rispondono al caso Moro, e dopo la marcia antioperaia dei quadri Fiat del 1980 appoggiata dalla neonata “Repubblica”), la crescita crolla e il debito si impenna. In pratica, di fronte al conflitto, la classe dirigente italiana, piuttosto che rinunciare ai suoi privilegi premoderni, si compra la pace sociale a suon di posti pubblici e baby pensionamenti, deprimendo cosi’ l’economia per generazioni. O no?

  4. Tina

    Mi permetto di aggiungere che l’immane debito che ci opprime è stato generato anche, se non principalmente, dalla corruzione che ammorba l’Italia: opere pubbliche che costano il triplo o il quadruplo rispetto ad altri paesi europei e spesso sono inutili, tangenti, finanziamento occulto dei partiti, comitati d’affari che intascano fondi pubblici anche europei, nomine clientelari in ogni settore, enti di ogni genere creati e foraggiati per decenni per motivi elettorali e di consenso, assunzioni di massa in enti come le ferrovie dello stato e tanti altri, aiuti pubblici “a pioggia” che non hanno generato alcuno sviluppo ma solo creato dipendenza e corruzione. Ricordare questo è fondamentale per capire come siamo arrivati a questo punto. Altrimenti ci manca sempre un tassello del mosaico.

    • La redazione

      Siamo d’accrodo con lei. Si deve trattare però per la maggior parte di spese in infrastrutture non produttive.

  5. carmen

    Il bilancio è composto da due voci: entrate e uscite. Il debito si realizza quando le uscite superano le entrate. Quando si parla di debito in Italia si guarda solo alle uscite, in particolare a quelle relative al funzionamento della macchina statale, pubblica amministrazione e pubblico impiego e previdenza sociale come se avere uno stipendio e una pensione dignitosa per far fronte ad un costo della vita elevato fosse un privilegio e un costo e non invece un diritto e una necessità. Ci si dimentica sempre di menzionare l’altra voce, quella delle entrate. Il debito italiano è dovuto all’elevata evasione fiscale, che non ha pari nel resto del mondo civilizzato e progredito economicamente. Per non parlare della corruzione e delle rendite di posizione che non creano ricchezza ma al contrario la distruggono visto che realizzano redistribuzione del reddito dai ceti medio-bassi a quelli elevati. Alla fine della giostra al ceto medio, che tiene in piedi i consumi, quindi l’economia di un paese, rimane ben poco da spendere. Rinnovate le vostre visioni cari economisti.

    • La redazione

      Seguendo il suo suggerimento, abbiamo controllato l’evoluzione temporale delle stime dell’economia sommersa prodotte dall’Istat. Purtroppo, non esistono stime di questo tipo precedenti al 1992 ma da quel periodo in poi pare che il sommerso sia cresciuto fino all’inizio degli anni 2000 per poi stabilizzarsi e ridursi un po’.

  6. anonimo

    Nell’articolo appena sopra il disastroso debito pubblico è ricondotto a politiche espansive di spesa pubblica. Molto spesso tra queste si contano le spese di istruzione, sanità e trasporti ma non ho mai visto un’analisi che contempli le spese per la difesa interna ed esterna del Paese. Lì è tutto top secret? E sono davvero tutte così necessarie queste spese?Mi riferisco per esempio a tutte le missioni all’estero varie ed eventuali. Leggendo alcuni decreti legge mi perdo a capire quanti soldi siano impegnati in queste attività.

    • La redazione

      Seguendo il suo suggerimento, abbiamo controllato l’andamento temporale della spesa per la difesa, che è diminuita fino verso la metà degli anni 90 per poi risalire. inoltre, essa rappresenta mediamente non più del 2% della spesa totale. non ci pare quindi che possa spiegare l’evoluzione del debito. a meno che non ci siano, come sospetta lei, voci di spesa tenute top secret. Su queste ci e’ impossibile indagare.

  7. andrea

    I soldi che abbiamo preso in prestito non sono andati in impiego pubblico e pensioni. I.Sono andati in enormi sprechi pubblici e nel mantenimento di troppe categorie di parassiti .Politici, giornalisti, capitalisti senza capitale, affaristi e faccendieri, il mondo del calcio e il Vaticano. Una pensione di 1500 € dopo 40 anni di lavoro è pienamente sostenibile. Non lo è sicuramente una di 91.000 €, non lo sono sicuramente quelle di Dini e Amato. Non lo è sicuramente una pensione raggiunta dopo 19 anni elargita in cambio di voti, come pure un vitalizio di 3000 € dopo 2 anni e 6 mesi di soggiorno in parlamento. Cerchiamo di essere piu’ precisi. La storia dei vecchi che rubano ai giovani serve solo per fregare gli uni e gli altri. I padri che hanno rubato la pensione ai figli fanno parte di categorie ben definite. Uno che ha fatto il saldatore per 40 anni e riceve una pensione di 1300 € non ha rubato proprio niente. Anzi.

    • La redazione

      Come suggerisce giustamente lei, il problema non sono le pensioni ottenute dopo 40 anni di contributi ma quelle ottenute dopo 15-20. Non volgiamo fomentare alcuno scontro generazionale, ma ci sembra utile riconoscere che pensioni di quel tipo sono state erogate in un periodo temporale ben definito.

  8. Claudio

    Invece di fomentare l’odio intergenerazionale tra padri e figli appartenenti alle stesse classi subalterne perché non guardate quanto sono costati e quanto costano ogni anno ai bilanci pubblici l’evasione e l’elusione fiscale e contributiva, la corruzione e il malaffare dilagante. Credete davvero di convincerci che i soldi dei deficit pubblici siano finiti nelle tasche di chi lavora o ha lavorato (pensionati e dipendenti pubblici)? Per fortuna i giovani si stanno svegliando, non credono più a queste favole e sanno in quali classi sociali andare a cercare i responsabili delle rapine perpetrate ai loro danni. Guardate nelle piazze e ve ne accorgerete. Il vento sta cambiando!

    • La redazione

      Abbiamo guardato a molte diverse categorie di spesa e, ci creda, nessuna contribuisce all’evoluzione temporale del debito quanto la spesa pensionistica e quella per impiego pubblico.

  9. francesco pontelli

    Ma perdonatemi ma ora ve ne accorgete ?? Voi che dovreste essere degli esperti di economia siete semplicemente gli economisti del giorno dopo. Chi veramente si occupa da anni di economia seriamente sa benissimo che il debito è stato usato per mantenere il consenso elettorale da parte di una classe politica quasi sempre del centro sinistra alla quale voi avete dato sempre il vostro appoggio e voto . Ora non venite a mescolare le casrte mentre Noi da anni ci battiamo per riportare al centro dello sviluppo del nostro paese il sistema industriale mentre voi eravate accecati della vana idea ed immagine della economia post industriale e dalla società dei servizi. Abbiate per lo meno la decenza di ammettere i Vostri errori invece di cercare di riciclarvi cavalcando la denuncia del debito. La vostra visione economica è stata esattamente quella che ha portato l’Italia in qiesta situazione : avete le stesse responsabilità come ” economisti ” dei politici e della gente che tali politici ha votato . Abbiate per lo meno la decenza di Non prenderci per i fondelli. Cordialmente Francesco Pontelli

    • La redazione

      Le date di nascita degli autori sono rispettivamente 1987, 1974 e 1987.

  10. OSCAR BREGGION

    L’articolo porta a galla il problema del rapporto tra le generazioni, ma la ns classe dirigente non sembra rendersene conto. La legge elettorale la fanno i “vecchi” e le liste elettorali pure. Purtroppo l’aumento della vita media non è stato accompagnato da un cambiamento culturale e la classe dirigente attuale non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro. Gli stessi sindacati riflettono questo questa situazione anomala. Basti pensare che i rappresentanti dei lavoratori sono sicuramente soggetti fuori dall’attività lavorativa (basta osservarli per capirlo) e pretendono di trattare in nome e per conto dei lavoratori. Nella stessa CGIL gli iscritti pensionati hanno superato gli iscritti lavoratori. Ci troviamo nell’assurda situazione che la generazione dei “padri” (al governo) tratta con le parti sociali che rappresentano ancora una volta i “padri”. Saluti.

  11. angelo carbone

    Il disavanzo degli stati è sempre esistito solo che quando la sovranità monetaria era dello stato e quindi esso stampava moneta (come deve essere vedi brasile) in nome e per conto dei cittadini non esisteva debito dello stato (un non senso) ed il tasso di sconto era pari a 0, quando c’era troppo circolante (legato all’ oro depositato presso la Banca d’Italia che era pubblica) si aumentavano le tasse e veniva distrutto. Appena la Banca d’Italia è stata privatizzata e poi con la Bce ci siamo impiccati da soli.

    • La redazione

      Molti commenti simili al suo argomentano che la possibilità di stampare moneta risolverebbe tutti i problemi. In realtà finanziare espansioni della spesa pubblica con nuove emissioni di moneta ne scarica i costi sui prezzi attraverso l’inflazione. E non ci è così ovvio che questa sia una modalità preferibile alle espansioni fiscali.

  12. Santenocito

    Questi Padri egoisti che si sono mangiati tutto e hanno lasciato solo i debiti hanno pure la faccia tosta di chiedere rispetto. L’articolo auspica che siano i Figli a riformare il Welfare per non lasciare a loro volta altro debito ai Nipoti. Se ci fosse giustizia vera in queste riforme si dovrebbe cavare indietro tutto quello che si sono rubati i Padri. Es.: a un babypensionato che non lavora da quando aveva 40 anni chiedere indietro tutti gli assegni pensionistici rubati.

  13. Luigi Calabrone

    Negli anni ’70/80, per motivi di lavoro seguivo da vicino l’andamento dell’inflazione e l’evoluzione del sistema pensionistico. Ero testimone (impotente) del disprezzo per la tenuta dei conti pubblici, con violazione sistematica dell’articolo della Costituzione che prevede la copertura del bilancio: la famosa riforma Brodolini delle pensioni ne è stato il frutto più importante. Si diceva “il salario è una variabile indipendente” (dalla realtà economica, naturalmente). Tutto il sistema si basava, tra l’altro, sulla stampa di nuova moneta e sulle svalutazioni periodiche della lira. Anche qui, talvolta, qualcuno rimpiange (!) questo sistema truffaldino. Non c’è da meravigliarsi che oggi, alla fine, qualcuno debba pagare i conti di questi anni di follia ed inganno collettivo.

  14. mariarosa

    Ho due figli laureati.uno con impiego a tempo indeterminato,l’altra disoccupata. Nessuno dei due si è mai ,dico mai, permesso di dire o pensare che ho contribuito a sostenere il debito pubblico.Tuttora mi ringraziano per le opportunità che, con immani sacrifici, ho dato loro, lavorando e accudendoli, nonchè pagando i loro studi. In buona sostanza mi dicono grazie e mi augurano un meritato riposo!

  15. D'ANGELO Maria ristina

    E come al solito i pensionandi e pensionati diventano il capro espiatorio di tutti i mali Ho quasi 60 anni, 37 anni e mezzo di contributi versati sono in cassa integrazione in deroga ho la scogliosi per aver passato anni ed anni ed anni ad inserire dati.i Sto pagando la crisi perché per le aziende sono vecchia e di questo non ne prendete mai atto, non ne parlate mai. Non parlate mai degli sprechi, delle spese militari,per le auto blu, dei privilegi, degli accordi finanziari colabrodo,dei capitali portati all’estero i giovani devono prendere il posto dei loro padri che li hanno mantenuti. I padri meritano la sospirata misera pensione da fame.

  16. dario

    Tra 25 giorni maturerò 40 anni di contributi, ma da gennaio 2011 ho lasciato l’azienda è ho accettato quello che viene definito scivolo ma che sembrava tanto a uno spinta. Sto lavorando come co.co.co e verso contributi anche alla gestione separata dalla quale probabilmente non prenderò mai un euro perché se non faccio almeno 5 anni e non arrivo ai 65, a cui dovrò aggiungere almeno 18 mesi di attesa più qualche pezzo di riforma che nel frattempo faranno quindi non prima dei 69/70 anni. La pensione che maturerò tra 25 giorni la prenderò, spero, tra 12 mesi perché si sono inventati la finestra mobile. Non ho figli quindi non ho il “rimorso”di aver rubato qualcosa , almeno ai miei, però mi creda credo proprio di non aver rubato niente a nessuno. Questo accanimento sulle pensioni dei lavoratori che ormai va avanti da anni è veramente una vergogna alimentata anche da voi giornalisti. Ad oggi non ho mai sentito una proposta di togliere ai padri per dare ai figli ma solo di togliere per buttare nel calderone della spesa pubblica a cui attingono tutti a piene mani…..a cominciare dalla classe politica e dalla nomenklatura di stato con le loro mega pensioni.

  17. Roberto Marchesi - Dallas, Texas

    La vostra analisi, che denuncia come l’immenso debito accumulato in passato sia ora sulle spalle delle nuove generazioni è impeccabile, ma ovvia. Non sono però per niente d’accordo sul fatto che i beneficiari siano (come da voi sostenuto) i dipendenti pubblici e i pensionati. E’ vero che ci sono anche loro,ma innanzitutto hanno avuto questi benefici dai politici per motivi esclusivamente elettorali (non sociali) e secondariamente quelli che hanno benficiato di piu’ sono stati proprio loro, i politici. Nel mio articolo del 15-10-2011 “Fermiamo i bankster … ” http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=10937 , evidenzio (senza entrare nei dati tecnici) come i politici, e tutta la marea di portaborse, segretari, ecc. con il costo indiretto dei favori, raccomandazioni, prebende ecc. sono cio’ che ha moltiplicato i costi e formato tutto il debito. Quindi e’ grave dare la colpa a lavoratori e pensionati e dimenticarsi i politici.

  18. kibur

    Angelo Carbone ha detto la verità. Rendiamo omaggio al Venerabile Partigiano Ciampi. Alla fine tutto si riduce a una banalissima questione: chi è il creditore del debito pubblico? Se il creditore è mio papà non ci saranno problemi perchè mai mi chiederà di onorare il debito. Ma se il creditore è un usuraio che addirittura nella sua bisca privata scommette sul mio fallimento per giocare con altri usurai, allora sono guai seri.

  19. mariostaffaroni

    Ho letto “La generazione che paga per tutti” e, sono rimasto come stupefatto nell’osservare il grafico 1, quello tra debito e pil. Avevo letto alcune cose al riguardo, ma visto su un Grafico, e così. Credo divenga più chiaro di una conferenza dove nasca e da dove venga la nostra vera crisi italiana: Quando il pil ha iniziato a crollare rispetto al debito; E quando si è avuta l’apertura sempre crescente della forbice che ci mette ora tutti in pericolo. Penso che il crollo definitivo del pil abbia coinciso con l’aver provato a domare il debito solo con operazioni di prelievo pubblico pesante. Lasciato però senza Riforme e senza Lavoro. Il grafico credo anche dica che non è una particolare maggioranza ad avere imboccato la strada. Ma circa un ventennio di politica economica e sociale omogenea. Allora, credo che dalla si possa anche uscire in fretta e bene. Ma solo invertendo la cura precedente: taglio forte di tasse a lavoro e impresa assieme a un piano coerente di Riforme e deregolazioni. Con Giovani e Donna rimessi al centro. Tutto questo, si può fare con largo consenso sociale. Ma, temo, gli possa mancare un dettaglio: un gruppo dirigente dedicato.

  20. Tommaso

    L’articolo dice cose molto importanti, ma non penso alla fine. Alla fine tira fuori il solito discorso della classe decisionale anziana. Nulla vieta a degli anziani di prendere buone decisioni per i piu’ giovani, e non e’ detto che i piu’ giovani sarebbero piu’ saggi nelle decisioni riguardo il loro futuro.

  21. dvd

    Complimenti per l’analisi. Partendo da dati difficilmente smentibili, si spiega in termini semplici il “problema”. Fare sottigliezze o personalismi come alcuni commenti sotto mi pare riduttivo del problema che viceversa esiste e messo a “nudo” con la “freddezza” dei dati. Dati che potrebbero anche essere maggiormente accurati ad esempo con differenziazioni nord/sud/centro e non solo nonni/padri/figli. Tornando al pezzo, si comprende che:1) la patrimoniale serve perchè la paga chi ha beneficiato e goduto del periodo delle vacche grasse e 2) che la riforma del welfare la dovrebbe fare chi la deve anche subire: i giovani. Io aggiungerei che senza la riforma fiscale non si risolve gran che; nel senso che se quanto sopra non è accompaganto da una generale/incisiva riduzione del prelievo sul reddito e contibutiva oltre a forte agevolazione dell’investimento “produttivo” (che non è solo eolico/fotovoltaico ossia a “braccia zero”) si rischia di impoverire i padri (patrimoniale) e non dare “sfogo” ai figli (nuove opportunità di reddito) così che poi i padri smettono di fungere da welfare (che funziona) e poi chi paga quello di cui ne potremmo fare tutti a meno tranne alcuni !?

  22. lorenzo maniero

    Si dovrebbe conoscere la storia ed evoluzione del sistema economico e monetario italiano. Dice bene l’autore dell’articolo: bisogna essere onesti. il problema reale è che siamo (per fortuna) entrati in un sistema monetario europeo controllato dalla Bce. La moneta ed il valore reale è in funzione dell’effettiva produzione e non più un gioco dove lo stato fà da finanziatore, attraverso l’emissione di moneta per fare finta crescita, e poi alza l’inflazione legata al valore reale di ciò che viene prodotto. nessuno si è mai domandato perchè 30 anni fà un pacco di pasta costava 20 lire e oggi 1 euro. L’Europa ci sta dicendo che, controllando l’unica spesa possibile dello stato italiano (la spesa pubblica), qui in italia non si produce o non tanto da coprire tale spesa. Lo stato italiano, per tenere ancora in piedi una struttura e modello che abbiamo ereditato da chi ha governato dal 1960 in poi, sta sbagliando e non tiene il confronto con un organismo che si pone sopra all’italia (BCE). Stiamo perdendo investitori, perché non abbiamo pensato a far crescere nel tempo una struttura produttiva.

  23. PIER GIOVANNI DAL MAS

    Semplicemente vero, e la verità, purtroppo, è sempre tagliente. Certo il boom degli anni sessanta è stato finanziato, anche, del corrispondente ampliamento dell’indebitamentO, ma la sostanza non cambia, tocca ai figli ripagare il debito dei padri. Purtroppo è un confronto generazionale da cui i padri scappano.

  24. francesco miglino

    Nella trasmissione di lerner gli “indignati” chiedevano con angoscia di conoscere i responsabili della loro condizione di incertezza . Silenzio tombale degli astanti sui politici corrotti ed incapaci che devastano l’ economia del paese. 17 ottobre 2011 di francesco miglino non sappiamo se per terrore o per servilismo o per quale altra maledizione, sia dalla finanziaria che dalle numerose discussioni televisive, e’ sparita la parola corruzione che, ripetutamente, la corte dei conti ci dice essere aumentata del 30% in contronto al 2010. Si macchiano di collusione i presenzialisti dei media pubblici, che hanno il sacrosanto dovere di informare e formare l’ opinione pubblica, e che, invece, hanno rimosso dai loro interventi qualunque accenno a questo gravissimo fenomeno che svuota per 78 miliardi di euro all’ anno, pari a 213 milioni al giorno, le casse del nostro stato. Grazie alla mancata denuncia dei danni che i pubblici amministratori procurano al nostro paese, in un momento di grande bisogno di liquidita’, rischiamo di perdere quasi 3 miliardi di euro della comunita’ europea per palese incapacita’ o inerzia dei deputati regionali, che si permettono di snobbare questi fondi.

  25. filippo aleati

    Nella macroeconomia dell’articolo tutti I padri sono uguali e mangiano un pollo e tutti I figli sono uguali e ne mangiano mezzo. Corretto. Nella microeconomia di tanti commenti qui sopra ci viene ricordato che padri o figli che siano, c’e’ chi di polli ne mangia 3 e chi nessuno. Altrettanto corretto. Aggiungo il fatto che I padri hanno fatto il 68 e qualche vantaggio rispetto ai nonni l’hanno portato a casa. Ma i figli? Non hanno aspettato un po’ troppo a ribellarsi? Il potere bisogna prenderselo, nessuna generazione lo molla spontaneamente…

  26. Antonio Dentato

    Bisognerebbe fare una indagine a tappeto sul come si sono generatele le baby pensioni. Una connivenza fra Stato e imprese pubbliche e private ha incentivato (il più delle volte fortemente sollecitato) l’uscita dal lavoro di migliaia di giovani dipendenti, ancora in grado di produrre per lunghi anni. Il tutto per ridurre le spese di personale e riassestare talune imprese al limite del fallimento. Per contro non sono state ricercate nuove forme di produzione né sbocchi in nuovi mercati. Insomma si sono salvate momentaneamente le imprese, ma si è fatta una becera operazione: il costo del salvataggio, mandando in pensione molti giovani, è stato posto a carico delle future generazioni le quali, alla fine, non trovano neppure posti di lavoro, perché le imprese sono state chiuse, o comunque, sono state ridimensionate. Da aggiungere che i salvataggi di imprese fatte con questo metodo hanno garantito ai manager che li hanno attuati dei vantaggi economici e pensionistici meritevoli di accurata attenzione. Di questo si parla molto poco.

  27. enrico villa

    Da molti commenti traspare un miope egoismo: si ignora il debito accumulato, accusando altri di averlo fatto ed evidenziando i propri sacrifici individuali. Ma, se la casa brucia, prima di trovare il presunto colpevole, è dovere di tutti spegnere le fiamme, anche con qualche sacrificio, anche se non si è colpevoli, anche se qualcuno si tira indietro, e alla fine si fanno i conti e si traggono le conclusioni. Insomma, che ci piaccia o meno, noi “padri” abbiamo beneficiato pur non avendo mai rubato, come dimostra l’articolo. Dunque una patrimoniale incisiva (nell’ordine del 5% della ricchezza mobiliare ed immobiliare, per un valore stimato di 400 mld. di euro) è il necessario sacrificio per una considerevole botta al debito. Sarà poi compito dei nostri figli vigilare sulla nuova classe politica onde evitare ruberie e sprechi. Ma un segnale, un sacrificio, un esempio va dato, e fin da subito. Io sono disponibile.

  28. SAVINO

    In queste condizioni di disparità evidente tra padri e figli non si può chiedere un patto generazionale, anzi, il tutto deve risolversi in uno scontro tra generazioni, in cui inchiodare i padri alle proprie responsabilità. La bassezza culturale del ’68 ha creato un mostro di cui, se vogliamo essere pignoli, lo stesso berlusconismo è parte integrante. Mettendola sul piano etico, mi sento di dire ai 50-60-70enni protagonisti di un egoismo sfrenato e di quella che i sociologi definiscono juvenilizzazione della società, una cosa semplice: l’età, quella si che è una brutta bestia, che nessuno ci restituisce più. Un padre che non passa la mano e non favorisce il miglioramento delle condizioni economico-sociali di un figlio fa un gesto contro natura. Vi ricordate come si sono comportati i vostri padri nei vostri confronti? Prendete esempio da loro.

  29. TEU

    Mi sembra che questo articolo proponga la solita minestra alla base dello scontro generazionale, i figli devono tirare la cinghia per pagare i bagordi dei padri. Argomentazione vecchia e a mio parere del tutto infondata. Ci sono piu’ dipendenti pubblici tra i padri che tra i nonni? Mi sembra abbastanza ovvio, la generazione dei nonni usciva decimata da due guerre mondiali, lo stato andava ricostruito, servivano piu’ scuole (quindi piu’ insegnanti), piu’ treni (quindi piu’ ferrovieri), serviva una rete elettrica nuova (quindi dipendenti ENEL), ecc. ecc. I padri stanno usufruendo delle pensioni piu’ dei nonni? Altrettanto ovvio, magari un grafico dell’aumento della popolazione negli ultimi 100 anni avrebbe aiutato a capire che i padri sono molti di più dei nonni. Un ultima considerazione: mio padre è in pensione, ha pagato tasse e contributi da ferroviere per 40 anni ed ora è giusto che si goda la sua pensione. Non ritengo che abbia tolto nulla a nessuno, diversamente da quelli che invece non pagando le tasse ed i contributi dovuti hanno contribuito pesantemente alla creazione dei problemi che oggi stiamo vivendo.

  30. Giorgio Massarani

    La tesi fa parte dei luoghi comuni suggestivi e contenenti una buona quota di verità ma alcune critiche sono necessarie. Primo: che ne è delle generazioni intermedie, le classi 1925-1940, 1950-1965, 1975 in poi? Secondo: nel giudicare la generazione dei padri va tenuto conto di: famiglie numerose, classi pollaio, leva obbligatoria, scarsità abitazioni, necessità risparmio per acquisto casa, cioè quelle negatività della prima metà della vita connesse ad una società italiana molto più povera della società dei figli. Nel caso dei nonni ci sono stati ancora maggiori svantaggi, del tipo: la guerra. Terzo: l’accumulo dei patrimoni da parte dei padri a futuro favore dei figli. Quarto: la sindrome del Principe di Galles, nato per fare il re ma figlio di un sovrano longevo; deve farsene una ragione oppure essere poco per bene e uccidere il sovrano.

  31. Alessio Calcagno

    UK, Irlanda per lavoro da 6 anni. E la mamma al telefono che piange. Cosa ho fatto per meritare due figli lontano da casa? Easy, 1.9 Trillion of debts..

  32. AM

    E’ arcinoto ai politici che la spesa pubblica crea consensi mentre il prelievo fiscale li fa perdere. Vi sono stati storicamente due modi per far quadrare il cerchio, cioè spendere molto tassando poco: stampare moneta o indebitarsi. Stampare moneta però crea inflazione e disagi e quindi a un certo punto negli anni ’70, dopo l’affrancamento della Banca d’Italia dal Tesoro,si è scoperto il debito collocato all’interno. Il risultato: tutti contenti, spesa pubblica crescente, tassazione non elevata e soddisfazione per i risparmiatori che incassavano le cedole. Ma la spesa pubblica è andata fuori controllo per la creazione delle regioni, l’espansione dello stato sociale, l’elargizione di pensioni non maturate, gli sprechi, la corruzione. E’ stato necessario aumentare la pressione fiscale su famiglie e imprese con il risultato di aumentare l’evasione e di scoraggiare gli investimenti e frenare lo sviluppo. Il debito rimaneva una questione interna. Con l’Euro si è persa la sovranità monetaria e circa la metà del debito è in mano straniere, ma non si è mai pensato seriamente di mettere sotto controllo la spesa. Ed ora siamo nei guai. La contrapposizione generazionale è un falso problema.

  33. Fulvio Krizman

    Il contributo dei cosiddetti nonni all’interno delle famiglie italiane è valutabile in media in 200 euro,il welfare alle famiglie offerto dai pensionati è valutabile in 50 miliardi di euro l’anno.Nel 2008 il 71,9% delle pensioni non superava i 1000 euro,tra questi il 45,9% dei pensionati non superava i 500 euro e il 26% ondeggiava tra i 500 e i 1000 euro. Sempre nel 2008 il peso della spesa pensionistica era pari al 15,38% del Pil, mentre nel 2009 si è stimato un peso della sola evasione fiscale pari all’8,2% del Pil. E’ vero che con i numeri si può dimostrare tutto ed anche il contrario,ma bisogna stare attenti affinchè i numeri non diventino un pretesto per coprire quelle che sono le vere debolezze e storture del sistema Italia. Queste sono facilmente identificabili e quantificabili,e non sono certo ne i pensionati ne per esempio i dipendenti pubblici. Stiamo attenti a non continuare a fomentare una guerra tra generazioni che è solo una guerra fra poveri vecchi e nuovi. Fulvio Krizman

  34. Dario De Angelis

    L’Italia, se avesse la sua moneta, non avrebbe alcun problema di debito. Il problema è che con l’€, non possiamo più spendere a deficit. Questo è ciò che è necessario fare: uscire dall’€ per ottenere la sovranità monetaria e spendere a deficit verso programmi virtuosi che aumentino la produttività dell’economia relale affinchè si raggiunga la piena occupazione e il pieno stato sociale. Il progresso si è sempre attuato attraverso ingenti somme spese a debito, quindi creando ricchezza. Il problema è che in Italia, è stato fatto in maniera assistenzialistica. La catastrofe è l’€. Quando lavoce.info lo scriverà?

  35. pieffe

    L’analisi generazionale del debito italiano può avere una sua validità scientifica, anche per descrivere in parte l’evoluzione della società italiana. Tuttavia, mi sembra insufficiente se non viene supportata da un’analisi sociale, cioè di quale è stato il “contributo” dei vari segmenti sociali alla crescita esponenziale del debito. Anzi rischia di essere fuorviante e soprattutto non offre soluzioni; a meno che non si decida di punire tutti ” i padri ” ( ad esempio tagliando le pensioni in essere ) per riparare almeno in parte al “danno” provocato! Ho anche qualche perplessità sul fatto che alcune “colpe” dei padri non siano anche dei figli; tanto per dirne una, il pubblico impiego continua ad essere un pozzo senza fondo, nonostante e presunti blocchi. Da qualche parte ho letto che tra il 1997 e il 2007 c’è stato un aumento di 120.000 unità. Forse sarebbe meglio concentrarsi sui cambiamenti da apportare alla gestione della cosa pubblica, sia sul lato della spesa che su quello delle entrate.

  36. Claudio

    Una imposta patrimoniale che tenesse seriamente in considerazione criteri di equità e giustizia sociale avrebbe poco o nulla a che fare con la questione generazionale. Si tratterebbe banalmente di far pagare chi se lo può permettere, insomma i “ricchi”, padri, figli o nonni che siano. Caso mai si dovrebbe cercare di colpire soprattutto i patrimoni acquisiti illegalmente, in maniera poco chiara o attraverso speculazioni spregiudicate. Gli economisti, dovrebbe sforzarsi di trovare una soluzione tecnica a questo problema invece di prestare la loro intelligenza alle solite manovre contro i lavoratori.

  37. AM

    Oggi in Italia tutti si riempiono la bocca della parola patrimoniale: Confindustria, Sindacati, politici. Pochi hanno però idee chiare in mente. Chi dovrebbe pagarla? Come computare i patrimoni e quali beni includere nel computo? Proporzionale o progressiva? Straordinaria una tantum o annuale? Deducibile dall’IRPEF? La pagano anche gli stranieri (residenti e non residenti)? Si computano solo i beni in Italia o anche quelli all’estero? Le persone fisiche o anche quelle giuridiche?In un’economia globalizzata è probabile che i grandi patrimoni sfuggano così come quelli all’estero degli stranieri residenti in Italia (che non sono tutti poveri). Il rischio è che il carico maggiore cada sul ceto medio. Comunque la patrimoniale sugli immobili già esiste; si tratta solo di adeguare le aliquote e i valori catastali e di mettere in catasto le case “invisibili” chiedendo poi ai comuni di versare una parte allo Stato. Per la ricchezza finanziaria i depositi bancari italiani sono i più facili da colpire (v. Amato 1992), ma se l’aliquota sarà maggiore le iniquità saranno anche maggiori. Da un anno attendo invano che qualcuno dei loquaci patrocinatori della patrimoniale dica qualcosa di concreto

  38. Ilaria Corruni

    Per gli autori qualsisi tipo di problema può essere affrontato e analizzato con 4 miseri grafici e mezza pagina di articolo. Peccato che, come spesso questi signori sono soliti fare, abbiano preso in considerazioni solo ed esclusivamente i dati che avrebbero condotto al risultato da loro desiderato. Perchè è ovvio che la finanza italiana è minata, e da anni lo è, dall’evasione, dalla corruzione, dal nepotismo e dal favoritismo tra potenti. Ma sarebbe stato troppo complicato, e forse scomodo, parlare di questi temi (e poi sarebbe risultato difficoltoso creare un bel diagramma, vero?!) Bravi bel lavoro (inutile), peccato che non ci sia niente di nuovo in quello che avete detto!

  39. Mapi

    A mio avviso andrà così: gli stessi politici, opinionisti, economisti, giornalisti (o i lori figli) che ora inneggiano al patto generazionale (=innalzamento età pensionabile) salva Italia, non molto in là tra 15 – 20 anni predicheranno sempre a pancia piena la necessità di un patto generazionale dei figli (che nel frattempo non avranno ottenuto nulla di più) a favore dei padri diventati indigenti aspettanto la pensione. Questo è il patto generazionale, sei non sei nato in famiglia già benestante paghi a tutte le età.

  40. claudio

    Fermo restando che se tutti pagassero le tasse non saremmo in questa situazione, non sono convinto che la crescita del debito sia imputabile solo all’impiego pubblico e alle pensioni ma restando concentrati nel tema della vostra ricerca senza andare oltre, a me pare che in Italia i VERI beneficiari nati nel periodo citato e anche prima , siano stati quei politici e quegli amministratori che hanno permesso per loro convenienza elettorale ad ingrossare il numero di dipendenti del settore pubblico e dare loro la possibilità di lasciare il lavoro con meno di 20 anni di contributi. Vi ricordate? Nessuno parla più delle baby pensioni? Per fortuna i figli di questi padri sovra-rappresentati in Parlamento, non pagheranno nessun conto in quanto hanno e avranno a disposizione tutte le risorse necessarie per superare questo tragico momento.

  41. Franco Pischedda

    Ottima l’elaborazione e la presentazione dei dati, ma assolutamente discutibile la tesi che vi sia una stretta relazione fra il debito pubblico (e il suo trend in ascesa astronomica) e la spesa pubblica per le pensioni e le retribuzioni dei dipendenti pubblici.
    1. Il sistema previdenziale nel suo complesso è sempre stato alimentato autonomamente dai contributi previdenziali e le relative gestioni, comprensive di pensioni, assistenza e welfare, non hanno mai presentato disavanzi. Ciò significa che non vi è sul piano contabile alcuna relazione fra pensioni e debito pubblico.
    2. Lo stesso vale per la spesa relativa alle retribuzioni del settore pubblico, la cui spesa complessiva è interamente coperta dalle entrate della fiscalità generale.
    3. La spesa pubblica per retribuzioni, pensioni e welfare riguarda circa 28 milioni di cittadini percettori e relative famiglie. Da essa si origina una domanda (consumo) complessiva di oltre 40 milioni di persone. Questo significa che la spesa pubblica per retribuzioni e pensioni, non solo ha una integrale copertura di bilancio ma non è a fondo perduto come da più parti si sente dire, visto che si tratta di risorse cash

  42. Francesco Pietrasanta

    Mi spiace dirlo ma più aspettiamo e peggio sarà. In questo momento nessuno sta facendo niente per rimettere in sesto il mondo, solo tamponi e pezze momentanee. Il rischio è che arriveremo al punto di non ritorno e quando la gente sarà veramente stufa, i soldi non basteranno più a molte famiglie per arrivare alla fine del mese, quando la maggior parte dei giovani farà fatica a trovare lavoro, quando vedremo file di persone che apsetteranno un pranzo fuori da qualche chiesa o da qualche scuola, quando gli stati occidentali non avranno più soldi per pagare i servizi base a tutti i cittadini, allora sarà troppo tardi e spiace dirlo ma prima o poi rivedremo i drammi della dittatura, anche se in forme e stili diversi. Ecco perchè i goveranti di oggi devono avere coraggio per rimettere in piedi le cose. Subito sangue e lacrime altrimenti sarà troppo tardi. Tutti in pensione a 70 anni, via i 40 anni di contributi. Ritorno immediato di Ici e di patrimoniale. Taglio di molti benefit e agevolazioni che hanno i dipendenti pubblici, rasoiata secca. Nessun licenziamento nel settore pubblico, sarebbe un disastro. Leggi statali che obblighino le banche ad unirsi per salvarsi.

  43. Piero

    A mio avviso, il problema e’ europeo, dobbiamo uscire dall’euro se la bce non monetizza i debiti pubblici proquota per almeno il 50% in un decennio, come vedete dai commenti qualsiasi manovra comporta il conflitto generazionale, chi dovra’ pagare il debito le generazioni passate(patrimoniale ecc) o quelle future. Su questo giornale e’ dal 2007 che affermo una moneta unica cosi’ e’ un’affare solo per la Germania che ha impedito l’espor t dei paesi europei nel suo mercato agevolando al contrario le sue esportazioni, in tale modo ha finanziato la sua riunificazione, la Germania ha perso la guerra militare ma ha vinto la guerra economica, prendersela con questo governo e’ fare il gioco della Germania, ricordiamoci che Prodi fece l’accordo con la Germania, ritrovandosi poi a capo dell’associazione mondiale.

  44. Piero

    Nel mio articolo in oggetto, ho svolto alcune considerazioni sul debito che oggi sono attuali, non capisco perche’ gli economisti girano intorno al problema e non lo risolvono alla radice. I debiti sovrani dell’area euro non possono essere pagati con politiche di bilancio visto l’ammontare pari a circa il 90% del PIL. Occorre una politica monetaria non convenzionale che la Germania non attuera’ mai perche’ non ha lo spirito europeista. Questa e’ la realta’, gli Inglesi lo hanno capito da tempo ed hanno preso dal trattato ue solo quello che gli hanno fatto comodo. L’Europa se pensa di pagare il debito con manovre di bilancio deve avere una crescita del PIL in media del 5% all’anno, cio’ per essere possibile dobbiamo svalutare l’euro del 50% sulle altre valute mondiali, ricordiamoci che tutte le altre economie stanno facendo la politica della svalutazione. Qualcuno spieghi quello che e’ realizzabile.

  45. andy mc tredo

    Innanzitutto bisogna capire anche l’altra faccia della medaglia: se c’è un debito c’è anche un credito e quindi anche un creditore: se è vero che gli italiani hanno un debito procapite allora qualcuno questi debiti li ha sottoscritti. vediamo chi: in genere gli italiani! Se è vero che i politici ci hanno sguazzato dentro col debito è anche vero che molti stipendi nella pubblica amministrazione o molte provvidenze (cassa integrazione, aiuti all’agricoltura, finanziamenti agevolati, aiuti al fotovoltaico… ) sono andati a pioggia anche ai singoli cittadini … Smettiamola soprattutto di considerare il grande debito pubblico solo come un problema, vedi Usa, Belgio, ecc.ecc. : la Romania di Ceausescu non aveva debito pubblico ma mi sembra che Egli non abbia fatto una gran bella fine mentre ora non mi sembra esente da debito pubblico… occorre fisicamente stampare moneta : in Europa mancano gli euro! Nuovi debiti non posso essere creati, neanche per infrastrutture: ne abbiamo anche troppe. Bisgona aumentare il numerio degli operai addeti alla manutenzione dell’esistente e tagliare il numero degli impiegati (in epoca di PC-Internet sono/siamo loro/noi i parassini.

  46. essem

    “realizzare le riforme necessarie a garantire la crescita economica nei decenni a venire” scusate la semplificazione e forse l’ignoranza, ma come “garantire” la crescita in mercati maturi come quelli occidentali, in piena globalizzazione, dove colossi come Foxconn, sostituiscono i cinesi con i robot……

  47. Roberto 51

    Analisi interessante ma criticabile sotto tre aspetti: 1) Termini. Il termine “padri” è fuorviante. Il bengodi delle pensioni senza contributi è esistito, ed esiste tuttora, solo per alcune categorie: settore pubblico, alti funzionari dello stato, politici, sindacalisti, etc.. Il lavoratore dipendente, l’artigiano, il commerciante non hanno mai goduto di queste facilitazioni. Io distinguerei tra i “padri” che hanno sempre lavorato e pagato e “patrigni” che, mangiando a sbafo, hanno creato il debito. L’errore dei “padri” è stato di lasciarli fare. 2) Prospettiva storica. Non illudetevi, non siete la prima generazione che paga. Ve lo dice uno che è stato pagato in buoni del tesoro, ha pagato la “tassa della salute”, la “tassa per l’Europa” e subito il mitico prelievo Amato sul conto corrente e tutte le riforme pensionistiche. 3)Proposta. Il problema è politico non generazionale, i giovani politici di oggi sono spesso peggio dei loro padri. Bisogna che i “padri” che hanno sempre pagato e i “figli” destinati a pagare lascino da parte le divisioni (dx, sx) e si organizzino per prendere le redini della situazione. Non credo che avverrà: troppo impegnati a lavorare, produrre e pagare.

  48. Massimo Manassero

    Come si fa ad essere sempre così sicuri che la causa del debito pubblico siano soltanto le pensioni (e il pubblico impiego)? Cito altre due macro voci di spesa , tanto per aggiungere un po’ di varietà al dibattito: le decine di miliardi annualmente elargite alle imprese come agevolazioni (cfr. Cobianchi), i costi spropositati di un esercito professionale impegnato in varie guerre pluridecennali agli ordini dei nostri padr…ehm, alleati, e si potrebbe continuare. Al cospetto di tanto scempio, i denari che pagano la pensione ad un poveraccio dopo 35/40 anni di lavoro (e salatissimi contributi) appaiono per quello che sono: una spesa sacrosanta. Quoto poi il commento precedente, che invita a tener conto, per quanto riguada le generazioni dei c.d. “padri”, delle svariate negatività storiche che hanno dovuto affrontare: per esempio un pesante anno di naja obbligatoria, o studi universitari completati in situazioni di disagio economico e soggezione alla famiglia che gli studenti di oggi faticherebbero a concepire, non dico accettare (altro che “happy hours”!)

  49. Salari Federico

    Perché continuate anche su questa rivista ad accanirvi contro le pensioni ? A me non risulta che la maggior parte del debito pubblico creato tra il 1965 e il 1995 sia stato speso in pensioni ( dello impiego pubblico non parlo). Parliamo comunque dell’oggi. Se è vero che i conti dell’Inps sono in ordine ( Relazione 2011 di Mastrapasqua, presidente INPS) e in particolare che il FPLD è in attivo ( ed è così perchè risulta dai bilanci dell’INPS ) vuol dire che le entrate contributive superano le uscite e che, quindi, le pensioni previdenziali non pesano sul bilancio dello Stato, che anzi alimentano, dato che pensioni italiane sono sottoposte a tassazione. Ho l’impressione che anche voi, per non so quale finalità, facciate confusione tra quella che è la previdenza e quella che è l’assistenza, indicando l’ennesima riforma delle pensioni quale rimedio di tutti i mali e i guai dell’Italia. Se la parte previdenziale della spesa INPS è coperta dai contributi dei lavoratori dipendenti e delle imprese, perchè intervenire magari brutalmente con l’eliminazione dall’oggi al domani delle pensioni di anzianità ?

  50. Francesco Mendini

    Sono mesi che mando email a tutti i giornali sulla falsariga del vostro articolo e nessuno risponde. A chi pensa alla svalutazione: è un mero trucco contabile, che consente di fregare i propri creditori al solo fine di tenere in piedi un sistema sbagliato (cosa direbbe un privato che si vedesse rimborsato un prestito erogato in 100 monete d’oro con 100 monete di rame?). A chi pensa alla crescita: la crescita infinita è impossibile e più di così cosa volete consumare e/o produrre? Il mondo è anche fisicamente al collasso. Le vecchie generazioni sono andate avanti immaginando una crescita infinita. Hanno sbagliato. Le vecchie generazioni non solo percepiscono pensioni mediamente buone, ma hanno potuto risparmiare per comprare case e auto. Le nuove generazioni non potranno fare lo stesso. Ecco cosa significa la mancata crescita. Non si tratta solo del bilancio dello Stato, si tratta del furto delle opportunità. Non solo le pensioni, ma anche i risparmi in banca e le case acquistate saranno finanziate dal lavoro delle nuove generazioni.

  51. franco

    Ricapitalizzazione delle banche e dell’aiuto alla finanza (4.600 miliardi di euro, secondo il presidente della Commissione Europea): ovvero socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti! 7) è un aumento del debito pubblico dovuto alla stagnazione della crescita, causata negli ultimi 20 anni dalla perdita di produttività che, a sua volta, nasce sia dal ritiro dello Stato dai settori economici più avanzati sia dalle riforme del mercato del lavoro, che hanno abbattuto il costo del lavoro e scoraggiato gli investimenti 1) È un aumento del debito pubblico dovuto alla crisi USA del 2008, che si è estesa ai paesi dell’Europa ed ha provocato un crollo dell’attività produttiva e quindi una crisi fiscale. 2) è un aumento del debito pubblico dovuto a un notevole calo delle entrate fiscali statali per la riduzioni dell’onere fiscale e i crediti agevolati concessi agli imprenditori (30 miliardi di euro l’anno!), che delocalizzavano pure le aziende pagando le imposte all’estero anziché nel paese d’origine. 3) è un aumento del debito pubblico dovuto a un crollo della domanda interna (e quindi una diminuzione di introiti fiscali per lo Stato).

  52. paolo barbieri

    Complimenti per il Vs pezzo, soprattutto viste le critiche che (alcuni) lettori sembrano riservarvi… Legare i privilegi di generazioni specifiche alla disastrosa situazione economica macro è utilissimo per comprendere le disguaglianze che si sono originate e che aumenteranno in qs paese. E che si scaricheranno ancora sui giovani che alle spalle non hanno genitori benestanti.

  53. luciano pontiroli

    Mi sembra che il grafico 4, quello relativo alla distribuzione della ricchezza, sia carente. Se ai padri spetta poco più del 25%, ai figli poco più del 5% ed ai nonni il 2,5%, chi detiene il resto?

    • La redazione

      Il resto è detenuto dai nati dal 25 al 40, dal 50 al 66, e dal 75 in poi: le categorie da noi considerate non sono esaustive della popolazione, mentre le percentuali sono calcolate sul totale di essa.

  54. marina

    Poveri noi dove siamo finiti, siamo solo capaci di darci le colpe l’un l’altro e intanto i furbi italiani che sono sempre esistiti, zitti zitti continuano a evadere tranquillamente e ridono alle spalle ((degli onesti lavoratori e anche pensionati che si vedono togliere ogni mese metà del loro reddito per tasse e spese di quel calderone Italia. Perchè lo stato non sa colpire gli evasori? Perchè non vengono tassati chi ha goduto dei privilegi nei periodi 1960 in poi( anche se hanno goduto a seguito di leggi e disposizioni emesse dello stato italiano, prepensionamenti a 48 anni, pensioni baby ,false invalidità, ecc ecc.dove sono i politici che hanno permesso ciò ? ) e ora devono pagare ancora chi di questi privilegi non hanno mai goduto e sanno solo cosa vuole dire lavorare 8 – 10 ore, crescere i figli,tenere una casa ,alzarsi alle cinque la mattina e andare a dormire la sera dopo la mezzanotte, senza mai pretendere niente dallo stato. Ora mi devo sentire in colpa perchè dopo quasi 40 anni di lavoro prendo una pensione anche quella ben tassata?

  55. salander56

    Sono nata nel 1956 e ho cominciato a lavorare stabilmente a 31 anni coome docente di scuola media superiore vincitrice di concorso(lavori precedenti: praticante procuratore legale, praticamente non pagata e qualche supplenza temporanea nelle scuole medie). Sarò una delle prime ad andare in pensione a 65/67 anni forzatamente. L’unico lato positivo che vedo è che “aprirò la strada” e potrò raccontare ai giovani che verranno dopo di me come si sta, con energie in meno, problemi di salute in più, anziani da curare. Per fortuna faccio un lavoro che mi piace…

  56. Francesco Mendini

    La maggior parte dei commenti è vecchio e involuto. Si inerpica a difesa di posizioni acquisite. Non si scorge nessuna volontà riformatrice. Ho ventottanni, stamattina sono in ufficio a lavorare perché ho degli obiettivi personali da raggiungere (matrimonio) e leggo la ribellione dei pensionati. Non si capisce bene a cosa debbano ribellarsi le vecchie generazioni, spero solo si facciano da parte. Pensionati in piazza! E’ la cosa più ridicola e deprimente dei nostri tempi. Scusate la divagazione per nulla economica.

  57. P. Magotti

    L’età per la quale si ha diritto al voto dovrebbe essere 18-50 anni. I vecchi hanno già fatto abbastanza danni al paese, lasciate fare a noi.

  58. Enrico Motta

    Penso che una delle cause dell’enorme debito pubblico italiano, certo non la maggiore ma nemmeno da ignorare, sia stata la sottovalutazione del problema da parte di noti economisti che hanno voluto dare l’impressione che questo problema fosse roba da “ragionieri” e casalinghe che vogliono far quadrare i conti. Si veda a questi proposito il fumisterico articolo di Paul Krugman del 19 Novembre 2010, apparso su questo sito. Da non dimenticare. E costui ha preso il Nobel? Allora il minimo che ci poteva capitare era di avere questa enormità di debito, visto che anche da noi va di moda, presso qualche economista, sottovalutare il problema.

  59. avatar

    Basta con questo stillicidio sempre contro i poveri. Dite al pubblico quanto percepisce uno di voi. Lo sapete che i giornali percepiscono contributi rilevanti dallo Stato? E ditele queste cose invece di parlare sempre degli altri. Ma Voi siete giornalisti o giornalai? Voi scrivete sui giornali ma non li leggete!!! In quale mondo vivete? Accusare i lavoratori pubblici di aver usufruito di benefici statali è una grande abbaglio! Io sono un pensionato statale che dopo 43 anni di servizio, percepisce la stratosferica somma di 1.200 euro mensili. I soldi se li sono presi imprenditori; politici corrotti che in tutti questi decenni hanno beneficiato di tuti i privilegi possibili; portaborse; appalti truccati e costosi, basti pensare che un appalto pubblico viene pagato il triplo di quanto costa uno privato; finanziamenti ai partiti; ai giornali; alle aziende , andate a vedere, per esempio, la Fiat quante migliaia di miliardi a avuto dallo Stato per non licenziare gli operai; ecc., ecc.. Non continuo perchè la lista sarebbe chilometrica. E Voi mi venite a parlare di dipendenti statali che hanno, con i loro rilevanti stipendi da manager, creato la voragine del debito pubblico. Vi sfido ad effettuare una ricerca di quanto prende un dipendente della scuola statale quale ero io, rispetto ad uno regionale, comunale e provinciale. E Voi mi venite a parlare di contributo al Vostro giornale per fare cosa? per essere considerati la rovina dell’Italia? Ma Voi sapete che la ex Cassa del Mezzogiorno è stata foraggiata con una voragine di soldi appartenenti ai lavoratori che li hanno messi da parte per la futura penione e che si sono ritrovato indebitati e quasi senza pensione? Dovete avere il coraggio di dire che, come si parla in questi giorni, i baby pensionati, cioè quelli che hanno percepito una pensione dopo 15 anni di lavoro, sono i privilegiati e non i lavoratori che hanno lavorato una vita per costruirsi una piccola pensione e poi sentirsi dire da voi che noi siamo stati la rovina di tutto. Perchè non avete il coraggio di dire a voce alta lo scandalo che c’è in parlamento dove i parlamentari dopo appena una legislatura (5 anni!) hanno dirito ad un vitalizio a vita di 4.000-5.000 euro mensili. Non è una vergogna questa?

    • La redazione

      L’unica cosa da precisare è che non siamo giornalisti e non prendiamo alcun contributo dallo Stato per quanto scriviamo.  Per il resto abbiamo già risposto negli altri commenti

  60. davide

    Gli elementi descritti nell’articolo ci mostrano la realtà Italiana odierna come un paese in cui si è verificata quella frattura del legame fra generazioni basato essenzialmente sull’ equità redistributiva, fra i soggetti che si susseguono l’uno all’altro e che compongono la società, del frutto del lavoro che essi svolgono. Questa frattura è necessario ricomporla se si vuole un società ben ordinata nella quale,appunto ,l’equità è uno dei cardini principali. Che in parlamento vi siano appartenenti ad una generazione che sfruttino la loro posizione di potere per legiferare a loro favore e a danno di altri non deve essere consentito,ad impedire questo vi debbono essere a vigilare organi istituzionali preposti alla vigilanza sugli atti dei vari governi. Organi che hanno ,o dovrebbero avere come compito istituzionale quello di preservare il BENE COMUNE,compreso la possibilità per le generazioni future di avere acesso a tutti quei beni necessari ad una vita dignitosa

  61. massimo arillotta

    Volevo segnalare agli autori il dossier 1 “Le retribuzioni dei dipendenti pubblici: dinamiche e confronti con il settore privato. Audizione del presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Enrico Giovannini presso la Commissione “Programmazione economica, bilancio” Senato della Repubblica Roma, 13 luglio 2011. che segnala come il differenziale di crescita accumulato nel decennio precedente si è in buona parte riassorbito, risultando nel 2009 pressoché nullo rispetto ai servizi privati e di circa 7 punti (in negativo) rispetto all’industria, inoltre il presidente l’Istat segnala che l’attuale manovra finanziaria si propone di estendere il congelamento del trattamento economico a tutto il 2014 e forse dico io fino al 2017. Inoltre la somma che lo stato spende per i dipendenti pubblici € 168,1 mld anno 2009 media pro capite € 34497 (dati del MEF) è lorda, quindi bisogna togliere le tasse e i contributi oltre a ciò nel totale degli stipendi vengono conteggiati acnhe magistrati, dirigenti, avvocati dello stato, diplomatici, docenti universitari consiglieri di prefettura etc. Massimo Arillotta

  62. bellavita

    C’è qualcosa che non va nel conto che assegna a “padri e figli”, cioè alla fascia d’età fino ai 70 anni poco più della metà dei seggi parlamentari.

    • La redazione

      Nel Grafico 5 abbiamo inserito la percentuale di parlamentari che hanno tra i 33 e i 43 anni (“i figli”) e tra i 58 e i 68 anni (“I padri”) sul totale dei parlamentari. È quindi ovvio che sono meno della metà quelli che appartengono a queste limitate fasce di età.

  63. Cosimo Benini

    L’articolo parzializza un’analisi di sistema che deve considerare la totalità della ricchezza: il sistema dei trasferimenti intrafamiliari (specie la proprietà immobiliare) è determinante nell’indicare quale parte dei “figli” pagherà, in modo iniquo, il costo del debito pubblico (azzerare il debito è utopia). Ossia coloro che non potranno godere del trasferimento intrafamiliare di ricchezza immobiliare. Non è un caso che l’andamento del mercato immobiliare nelle grandi città italiane è relativamente indifferente alle turbolenze finanziarie in essere, che il finanziamento immobiliare sottrae risorse agli investimenti produttivi, che, in altre parole, la manomorta privata ha contribuito, insieme al persistente corporativismo ed al familismo, a paralizzare il paese. La classe dirigente non è che il portato di questo sistema economico. Il punto è: cosa accadrà, in un prolungato stato di stagflazione, quando, per colmare il gap nel tenore di vita, i figli cominceranno a vendere gli immobili trasferiti dai padri?

  64. remy

    Ovvero, perché tutti devono fare la loro parte, ma qualcuno deve farla di meno! (e basta per favore con le pensioni…giuste) Ovviamente parlo dei pensionandi, visto che si batte ossessivamente su questo tasto, e spiego perché dovrebbero contribuire di meno. 1-Lo sanno tutti che il sistema previdenziale, almeno del fondo lavoratori dipendenti, è in attivo. Se questi soldi sono stati usati in modo sbagliato, è questo che bisogna cambiare, non le modalità di pensionamento. Insomma è come un condono fiscale. Si dice alle persone disoneste: continuate a esserlo, tanto c’è sempre qualcun altro a cui toglieremo i soldi. (i pensionandi) per sopperire alla disonestà. 2-Se, come si ipotizza spesso, si togliesse qualunque soglia di anzianità, (i famosi 40 anni, peraltro già ampiamente superati con l’altro imbroglio delle finestre) non si allungherebbe la vita lavorativa solo di chi dovrebbe andare in pensione, diciamo tra 15-20 anni e oltre, di 3-4 anni. Più grave è che sarebbe coinvolto anche chi, mettiamo, ha iniziato a lavorare a 20-21 anni (una volta era possibile!) e oggi ne ha 58-59 e tra sei mesi/un anno potrebbe andare in pensione a 60-61 anni con 40 di anzianità.

  65. gianni

    Rifiuto la contrapposizione generazionale. La spesa pensionistica è di circa 285 miliardi di euro all’anno contro una spesa di 17,7 miliardi di euro per il ministero della difesa (circa un miliardo di euro costano le missioni estere).I costi della politica qualcuno li ha stimati attorno ai 24 miliardi di euro. Perché si soffia sul conflitto generazionale quando il problema, probabilmente, è di ripartire le spese in un ottica più coerente alle scelte della nostra costituzione.

  66. mauro cosenza

    L’articolo è interessante. Aggiungerei, a mio avviso, che il vero problema stia nel fatto che, come è noto, la vera ricchezza sia concentrata in “pochi padri”. Se la platea dei padri benestanti fosse più ampia, infatti, probabilmente ci sarebbe stata una più equa redistribuzione del beneficio ottenuto col debito, anche attraverso i ” . . . trasferimenti intra-familiari . . .”. Per essere più chiari, la soluzione non può prescindere da una patrimoniale, lieve, ma patrimoniale.

  67. Francesco Mendini

    Le generazioni del decennio 20-30 e la successiva del decennio 50-60 hanno potuto con i propri redditi acquistare proprietà ed accumulare risparmio? Si, in particolare i primi, ma anche i secondi in maniera soddisfacente. Le generazioni dal 1980 in poi possono godere di pari opportunità? No, con quei redditi non è pensabile acquistare una casa, né accumulare un consistente risparmio.

  68. matteo

    Come sempre il mondo accademico o pseudo tale spara facile contro 2 bersagli: i dipendenti pubblici e i pensionati, accusandoli di ogni nefandezza. Stendendo un velo sul pulpito da cui viene la predica (non so voi ma la maggior parte degli accademici che conosco io cumulano incarichi e consulenze a destra e manca ai già lauti stipendi da docente universitario), contesto alla radice la tesi che la rovina dell’italia siano le pensioni. Sono d’accordo che non ci debbano essere (come di fatto non ci sono da 20 anni) pensioni baby, va bene il legame col contributivo, tutto quello che vogliamo ma ora basta. Si dice che la spesa pensionistica sia di 280 milioni l’anno: non è poco ma i 120 milioni di evasione (o 150 non ci sono certezze) cosa sono? O le decine e decine di milioni che lo stato spreca in appalti gonfiati quelli non sono nulla? E poi dato che come mi insegnavano quando frequentavo l’università quello che conta è la propensione al consumo, è meglio che un 60enne abbia una pensione e quindi possa spendere lui ed il figlio che lavora, oppure che spenda solo il padre tenuto al lavoro e il figlio stia a casa disoccupato perchè il posto è occupato dal padre.

  69. antony

    Insomma, Basta! col mettere contro padri e figli; vecchie e nuove generazioni. Sono convinto che le nuove generazioni quando diverranno loro pensionati, si ripeterà sempre la stessa situazione di oggi. Cioè pagheranno anchessi per i loro figli. E’ inutile girare intorno al problema, il debito pubblico è stato generato dalle speculazioni finanziarie; dagli sprechi della classe politica; dagli appalti truccati; dai privilegi dei parlamentari (basti pensare che costoro prendono la pensione solo dopo 5 anni di legislatura, e volete che questo passi inosservato? abbiate il coraggio di dirlo!); dal denaro speso per le baby pensioni; dalle migliaia di miliardi che lo stato ha dato alla fiat negli anni 60, 70 e 80); ecc. Per decenni lo Stato ha prelevato dai fondi pensione dell’INPS (cioè i nostri contributi versati per la futura pensione) per foraggiare la Cassa del Mezzogiorno. Alcuni giovani che se la prendono con i padri accusandoli di aver contribuito al debito pubblico, sono i famosi bamboccioni che vivono sulle spalle dei padri e, poi, li accusano. Sia chiaro che qui non stiamo parlando di onorevoli che hanno parenti e figli in parlamento, ma di semplici genitori.

  70. Francesco

    Finalmente anche su queste pagine viene fuori la verità. Ho la fortuna di lavorare in un Paese dove non c’é income tax e guadagno il triplo di un mio collega italiano costando lo stesso ammontare alle rispettive aziende. C’é qualcuno ceh ancora vuole la pensione; se continuate a pensarla in questo modo chi incolperete tra 20 anni, quando ormai Berlusconi, i parlamentari e la finanza saranno ormai ricordi? In due anni con i miei risparmi sarà in grado di ripagare la mia fetta del debito (di cui peraltro non ho mai beneficiato) perché sono una persona seria e onoro i debiti della mia Nazione, ma da quel momento in poi potrò finalmente pensare al mio futuro, divertendomi a leggere i commenti degli Italianetti frustrati che vogliono un Governo che dica loro cosa devono fare e che lavoro devono fare. Auguri, se volete cambiare l’Italia incominciate a staccarvi da Mamma Stato, chiedete al vostro datore di darvi lo stipendio lordo e recatevi all’Agenzia dell’Entrate, chiedendo di pagare le tasse sul vostro stipendio. Vi renderete conto che in quegli uffici non hanno la minima idea di come fare e voi capirete quanto “Stato sociale” vi rapina…

  71. Pietro Muscogiuri

    Ho 60 anni .Negli anni 60 e 70 la ns generazione si è costruito delle leggi nettamente favorevoli e contro qualunque legge dell’economia ( baby pensioni , sistema di calcolo retributivo , contributi virtuali ecc . ) scaricando gli oneri ai posteri ; poi ha coniato un bellissimo slogan : I DIRITTI ACQUISITI NON SI TOCCANO . Ma è proprio vero che possono essere definiti ” Acquisiti “dei diritti se questi sono a danno di altri ? e per di più assenti visto che i figli ancora non erano nati ? Proposta : RICALCOLARE TUTTE LE PENSIONI IN ESSERE CON IL CALCOLO DEI CONTRIBUTIVO

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén