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COMPENSI D’ORO DELLE REGIONI. SENZA MERITO

I costi della politica tengono banco da tempo. E tra gli amministratori locali qualcuno prova a difendersi sostenendo che lo stipendio dei governatori è il compenso per il lavoro svolto a vantaggio della comunità. Ma le indennità dei presidenti e dei consiglieri delle Regioni italiane non sembrano legate ai risultati economici del territorio in termini di Pil pro capite, disoccupazione e occupazione. Al contrario, sembra emergere una relazione negativa tra remunerazione dei politici locali, benessere e andamento del mercato del lavoro.

In tempi di crisi e ristrettezze finanziarie si discute sempre di più di costi della politica: da una parte c’è chi trova gli stipendi dei politici eccessivamente alti. Dall’altra, c’è chi fa notare come questi siano spesso molto inferiori alle remunerazioni dei manager (pubblici o privati) o chi, come il presidente alto-atesino Durnwalder, ritiene che rappresentino la giusta remunerazione del proprio lavoro, considerati i risultati economici del territorio amministrato.

POLITICI LOCALI ED ECONOMIA DEL TERRITORIO

Effettivamente, amministrare bene una Regione non è una sfida da poco, soprattutto in un momento di crisi e di poche risorse. Ma è vero che i nostri politici locali sono remunerati secondo l’andamento economico dei territori amministrati? Non potendo esprimere un giudizio sul montante assoluto, ci limitiamo a comparare le Regioni italiane tra loro. Le indennità e i rimborsi spese dei consiglieri, infatti, variano notevolmente: dai 5.666 euro al mese in Emilia Romagna ai 12.523 euro al mese in Lombardia, dai 7.603 euro mensili del presidente della giunta dell’Umbria ai 14.644 euro di quello  della Sardegna.
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ha già dimostrato che esiste effettivamente una relazione positiva tra benessere economico dei cittadini (misurato attraverso il Pil pro capite) e lo stipendio dei parlamentari e degli europarlamentari dei diversi paesi europei (dati del 2005 quando la remunerazione degli eurodeputati era collegata a quella dei colleghi nel paese d’origine). L’Italia, tuttavia, emergeva come unico paese “fuori dal coro”. Questa relazione sussiste anche all’interno del nostro paese?
I dati degli stipendi dei consiglieri e presidenti regionali purtroppo non sono facilmente reperibili sui siti degli Enti: in tutti si trova una pagina dedicata al trattamento economico ma a volte è presente solo un riferimento alla normativa regionale che lega con formule non facilmente interpretabili per il cittadino comune l’indennità regionale a quella dei deputati oppure mancano voci variabili della retribuzione come la diaria per la presenza in Consiglio. Tuttavia usando i dati comunicati dai Consigli Regionali alla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome e le stime del Pil pro capite del 2008 (ultime disponibili) si trova una relazione leggermente negativa (coefficiente di correlazione -0.29, non significativamente diverso da zero) tra il benessere economico e la remunerazione dei consiglieri regionali. (1)
Tra le venti Regioni del nostro paese non si assiste dunque a una relazione positiva come quella presente tra i paesi europei.

Nota: Indennità consiglieri: indennità netta con esclusione dei rimborsi a pié di lista e dei rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir + massimo rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir. Pil pro capite 2008, fonte Eurostat.
La retta di regressione (indennità = 10857.17 – 0.914*PIL p.c., R quadro = 0.08) è stata stimata per mezzo dei minimi quadrati ordinari.

Se, invece, si utilizza come indicatore di performance economica il tasso di disoccupazione regionale, la relazione è positiva (coefficiente di correlazione 0.49, significativo al 5 per cento): le Regioni con un tasso di disoccupazione maggiore vedono anche i consiglieri remunerati meglio. Di nuovo, la relazione è inversa tra risultati economici e indennità dei consiglieri.

Nota: Indennità consiglieri: indennità netta con esclusione dei rimborsi a pié di lista e dei rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir + massimo rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir. Tasso di disoccupazione, fonte Eurostat.La retta di regressione (indennità = 6355.7 + 259.8813*tasso di disocc.., R quadro = 0.24) è stata stimata per mezzo dei minimi quadrati ordinari.

IL PRESIDENTE E I DISOCCUPATI

 Se si fa riferimento all’indennità del presidente della Regione, la relazione negativa tra remunerazione e benessere misurato in termini di Pil pro capite è ancora più forte (coefficiente di correlazione -0.37, significativo al 5 per cento).

Nota: Indennità presidenti: indennità netta con esclusione dei rimborsi a pié di lista e dei rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir + massimo rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir Per le province autonome di Bolzano e Trento si prende in considerazione l’indennità del presidente della Regione Trentino Alto-Adige che ricoprono a turno i presidenti di Provincia. Pil pro capite 2008, fonte Eurostat.
La retta di regressione (indennità = 14101.48 – 0.1352 *Pil p.c., R quadro = 0.14) è stata stimata per mezzo dei minimi quadrati ordinari.

 Anche la relazione tra indennità del presidente e tasso di disoccupazione è più forte e robusta rispetto a quella con le indennità dei consiglieri (coefficiente di correlazione -0.59, significativo al 1 per cento). Risultati simili si ottengono sia per gli stipendi dei consiglieri sia per quelli dei presidenti se si guarda al tasso di occupazione regionale.

Nota: Indennità presidenti: indennità netta con esclusione dei rimborsi a pié di lista e dei rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir + massimo rimborsi di cui alla lettera b dell’art. 52 del Tuir Per le province autonome di Bolzano e Trento si prende in considerazione l’indennità del presidente della Regione Trentino Alto-Adige che ricoprono a turno i presidenti di Provincia. Tasso di disoccupazione, fonte Eurostat.
La retta di regressione (indennità = 7669.093 + 357.44*tasso di disocc.., R quadro = 0.35) è stata stimata per mezzo dei minimi quadrati ordinari.

Alcune regioni italiane, tuttavia, fanno fronte a problemi cronici oppure godono di vantaggi storici in termini di infrastrutture, tessuto produttivo, ricchezza del territorio che non sono da ricercare nel buon o malgoverno attuale quanto in quello dei decenni precedenti o semplicemente nella dimensione o nella posizione geografica. Ripetiamo, quindi, la medesima analisi prendendo in considerazione non il livello attuale, ma la variazione di benessere, intesa come variazione del Pil pro capite e della disoccupazione, negli ultimi 5 e 10 anni.
In questo caso, i risultati dell’analisi sono parzialmente divergenti. Le indennità dei consiglieri e dei presidenti sono negativamente correlate con la variazione dei Pil pro capite (rispettivamente -0.31 e -0.38, solo il secondo significativo al 10 per cento): in sostanza gli stipendi sono più alti nelle Regioni che hanno visto un aumento del benessere minore (i risultati sono simili se si prendono in considerazione gli ultimi dieci anni).

Al contrario, se si prende in considerazione la variazione del tasso di disoccupazione, la relazione è negativa: in altre parole, le indennità di consiglieri e presidenti sono più alte nelle Regioni che hanno visto una riduzione più forte del tasso di disoccupazione (rispettivamente -0.23 e -0.25, entrambi non significativamente diversi da zero). Anche in questo caso si trovano risultati simili prendendo in considerazione gli ultimi dieci anni. Tuttavia, osservando il tasso di occupazione, la riduzione della disoccupazione non è stata accompagnata da un aumento dell’occupazione (specialmente al Sud) ma piuttosto da un aumento dell’inattività, il che ridimensiona parzialmente il risultato a prima vista positivo anche se statisticamente non significativo.

Un’ulteriore obiezione potrebbe riguardare le cinque Regioni a statuto speciale che hanno più competenze e nelle quali quindi ci si potrebbe aspettare una remunerazione maggiore di consiglieri e presidenti in ragione del maggior carico di lavoro. Tuttavia non è questo il caso. Tra queste cinque regioni speciali, infatti, Sicilia e Sardegna hanno, effettivamente, indennità di carica particolarmente alte, mentre al contrario il Trentino-Alto Adige, la Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia hanno indennità  inferiori alla media italiana. A più poteri non corrisponde quindi una maggiore remunerazione.
In conclusione, le indennità dei presidenti e dei consiglieri delle Regioni italiane non sembrano legate ai risultati economici del territorio, in termini di Pil pro capite, disoccupazione e occupazione. Al contrario, sembra emergere piuttosto una relazione negativa tra stipendi della politica locale e benessere e andamento del mercato del lavoro.

(1) I dati comunicati dai Consigli regionali sono aggiornati al 23 settembre 2011.

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SE IL PROBLEMA È L’OFFERTA DI CREDITO

21 commenti

  1. GD

    Effettivamente potrebbe essere interessante l’opzione di legare le variazioni nei compensi degli amministratori locali (ma perché non anche di parlamentari e ministri?) alle variazioni di alcune variabili macroeconomiche relative al territorio governato, come appunto il tasso di occupazione, il PIL pro-capite. Forse si potrebbero aggiungere anche parametri come il livello di istruzione e la qualità dei servizi sanitari. Certo bisognerebbe ragionare bene sul “paniere” di variabili da considerare e in che misura queste si debbano riflettere sulle retribuzioni, ma mi pare un’idea che varrebbe la pena sottoporre ad un dibattito pubblico nazionale.

  2. Aldo

    Vorrei sapere un paio di dettagli tecnici:
    1) si stanno usando dati panel o cross-section?
    2) gli R2 non sono un po’ bassi (mi riferisco a 0.04 perchè 0.14 con le cross-section va bene)?
    3) non andrebbero usate le variabili strumentali nella regressione?
    Grazie. Aldo

    • La redazione

      1) I dati sono in cross-section dato che (al momento) non è stato possibile costruire un panel delle indennità e dei rimborsi.
      2) Gli R2 sono bassi, come in alcuni casi anche la significatività delle correlazioni. Per questo ci limitiamo a concludere che, a differenza della relazione positiva tra stipendi dei parlamentari in Europa e PIL pro capite nazionale, tra le Regioni italiane non si assiste a una simile relazione positiva. Di per sé è già molto curioso e in più in alcuni casi la relazione sembra addirittura inversa.
      3) L’articolo presenta delle semplici correlazioni, non un rapporto causale che sarebbe ben più difficile da identificare.

  3. AM

    La politica di razionalizzazione della finanza pubblica in Italia trova oggi ostacoli nell’esistenza delle regioni a statuto speciale. Nel dopoguerra forse questa differenziazione è stata opportuna, anche per evitare spinte verso il separatismo o l’annessione a stati confinanti. Oggi la situazione è totalmente diversa, vi è l’UE, le spinte centrifughe coinvolgono altre regioni o gruppi di regioni e oltretutto non è più accettabile la sopravvivenza di regioni a sangue blu. Tutte le regioni debbono essere alla pari, sottoposte alle stesse regole. Il principio deve essere che tutti i cittadini italiani a basso reddito debbono essere aiutati indipendentemente dalla regione in cui abitano. Ne segue che le regioni dove le condizioni di disagio sono maggiormente diffuse riceveranno mediamente rispetto alla popolazione più aiuti.

  4. Piero

    Gli stipendi dei politici italiani sono una cosa schifosa, però mette d’accordo sia a destra che la sinistra nonché il centro, quindi non si ridurranno mai. L’unico modo per ridurli è affamare lo stato, in modo che i politici non possano essere piu’ pagati. I politici sono costretti a prendere decisioni contrarie ai loro interessi, quindi forse per una volta penseranno ai cittadini.

  5. SAVINO

    La politica non è più l’arte del bene comune e non è nemmeno più la speculazione sui problemi altrui. La politica è il problema. Bisogna andare oltre la politica e costruire un insieme di regole certe che, come nei cerchi concentrici, stia all’interno di un apparato etico laico e pubblico, per garantire benessere per tutti e pacifica convivenza.

  6. angelo matellini

    recenti elaborazioni della VOCE e del SOLE 24 ore, prendendo in considerazione parametri diversi, sono giunti alla medesima conclusione: 1 kg di democrazia in Italia cosa il triplo della media dei paesi europei. Infatti la politica è un costo necessario per garantire la democrazia, e quindi i costi dei Parlamenti nazionali e regionali sono sacrosanti, ma altrettanto sacrosanto è il diritto del cittadino italiano di spendare quanto un suo omologo francese o tedesco o inglese , ecc.

  7. Roberto 51

    Se c’è una campagna referendaria per abolire le regioni aderisco subito. Non ho mai capito a cosa servano, se non come megamangiatoia per i politici di turno. La sanità affidata alle regioni, ad esempio, non ha senso, è solo un moltiplicatore di costi, perché noi cittadini quando ne abbiamo bisogno non guardiamo certo i confini regionali per scegliere la struttura che ci serve al meglio, anche perché le regioni sono talmente tante che buona parte della popolazione abita su confini regionali. Molte regioni poi sono pure invenzioni geografiche. Ad esempio la Lombardia non è mai esistita come entità autonoma, è solo un coarcervo di popolazioni che hanno dialetti, storia e tradizioni diversissime tra loro. Aboliamo le regioni!

  8. Calogero Massimo Cammalleri

    Mi paiono singolari due cose: Una che vengano coacervate indennità e spese, quando le spese nelle regioni insulari non sono comparabili. Due che viene evidenziato il rapporto con il PIL. Qual è la relazione?

    • La redazione

      Lo “stipendio” di consiglieri e presidenti è calcolato sommando indennità più rimborsi spese. Tra i rimborsi sono conteggiati anche la diaria e rimborsi forfettari che spesso rappresentano un’entrata importante per il consigliere o presidente. Se per “spese” Lei fa riferimento ai “rimborsi spese”, la Sardegna effettivamente ha un ammontare elevato (oltre 7000 euro di rimborsi mensili) mentre la Sicilia all’incirca nella media italiana (4665 euro). La relazione sussiste, comunque, anche senza queste regioni, seppur meno forte.

  9. bob

    La maggiore crescita questo Paese è stata fatta, anche volendo considerare il periodo storico, dal dopoguerra agli anni ’60. Paese centrale senza l’ingerenza delle Regioni. In qualsiasi Paese serio l’entità territoriali devono avere solo buona amministrazione e non decidere in che data iniziano i saldi. La follia di quello che io chiamo ” bufala federalista” è stata avvallata anche da molti collaboratori di questo sito, ma non ci hanno mai spiegato che cosa realmente era. Il silenzio attuale mi fa pensare che spesso si parla per ingenuità o malafede, ma tutti e due gli attegiamenti sono gravi. Perchè il sapiente non deve essere ingenuo perchè sa, e non deve essere in malafede perchè ascoltato.

  10. Roberto Di Felice

    Questo studio serve a smascherare N. Vendola, abile parolaio come l’inconsistente Bertinotti, sommo incoerente come è caratteristico degli eredi della doppiezza togliattiana.

  11. Michele Intorcia

    Gentile dr Garnero, credo francamente che questo sia uno di quei casi in cui si sia osservata una correlazione da due variabile che non hanno alcun nesso logico, per non dire di causalitaà. Vi sono molti esempi da manuale: la correlazione tra il numero di vittime di un incendio e il numero di pompieri accorsi in soccorso; la correlazione tra il numero di cicogne e il numero di neonati. Tutte correlazioni apparentemente paradossali ma spiegabili da altre variabili interveniente, non considerate nel calcolo. Come la correlazione scoperta da F. Mosteller e J. Tukey (1977) che notarono che i bombardamenti alleati in Europa risultavano tanto più precisi quanto maggiore era il numero di caccia nemici decollati per intercettarli e quanto più intensa era la reazione della contraerea. C’era correlazione (più contraerea, più precisione), ma non nesso causale (la maggior precisione non è dovuta alla contraerea!). Infatti era la visibilita’ a spiegare entrambi i fenomeni. Probabilmente potrebbe trovare una correlazione positiva tra tasso di omicidi per mafia (o corruzione) e indennita’ regionali. Cosa ne dovremmo concludere?

    • La redazione

      Il nesso logico esiste, perché è legittimo aspettarsi che gli stipendi (della politica e non solo) siano legati al livello generale di benessere. Per altro, cosi avviene tra i 27 paesi europei.  La conclusione, dunque, è che a differenza dei paesi europei, non si assiste a una relazione positiva tra Pil pro capite e stipendi dei consiglieri regionali, piuttosto sembra perfino emergere una relazione negativa. L’articolo non tira ulteriori conclusioni, ma evidenzia una curiosa relazione (almeno per noi) per niente ovvia.

  12. Gianni

    Mi dispiace, ma trovo quest’analisi piuttosto bizzarra…al limite allora si potrebbe dire che gli amministratori del Principato di Monaco dovrebbero guadagnare molto di più dei governanti della Francia! Mi sembra proprio che dal tentativo altoatesino di giustificare uno stipendio (che a mio avviso dovrebbe essere alto…é impensabile che chi governa milioni di persone guadagni molto meno di un farmacista o di un notaio) si sia pensato di realizzare un’analisi con variabili totalmente estranee (concettualmente) tra loro. Al contrario (se mi posso permettere), si potrebbe studiare il rapporto tra stipendi e popolazione, o tra stipendi o estensione del territorio…o tra stipendi dei governanti, e farmacisti e notai.

  13. lorelay

    Non vi é dubbio che i costi della politica sono lievitati in modo spaventoso, inappropriato e immeritevolmente. L’esempio vien dall’alto: prima di chiedere sacrifici ai cittadini, i politici dovrebbero rinunciare ai tanti privilegi, risparmiare ed evitare gli sprechi (es. andare con l’auto blu alla partita). Sarebbe un primo passo verso la credibilità.

  14. Claudio Martinelli

    A mio avviso non bisogna abolire le Regioni, ma le assemblee regionali. Le decisioni in merito alle risorse, le spese e l’azione amministrativa nelle materie di competenza regionale sono prese dalle Giunte e dalle strutture tecniche. Il ruolo legislativo delle assemblee è di fatto poco rilevante, le leggi regionali sono spesso leggi di “principio” che non producono effetti concreti di politica economica, sociale ecc.

  15. Michele Intorcia

    Gentilissimo Dr Garnero, La ringrazio per la Sua risposta che pero’ non mi soddisfa. Il fatto che Lei abbia osservato una “regolarità'” nella associazione tra due variabili (ie GDP per capita e indennita’ parlamentare) in vari paesi europei a mio avviso non stabilisce l’esistenza di un nesso logico ne’ tantomeno causale (che infatti non c’è). Come Lei sa l’indennità parlamentare è regolata da una legge del 1965 ed è agganciata allo stipendio di un magistrato presidente di sezione di Cassazione con 35 anni di anzianità. Lo stipendio dei deputati appena nominati in pratica viene calcolato in base allo scaglione più alto dello stipendio più alto dei magistrati, cioè del magistrato con più anni di carriera. E’ un po’ come se un ricercatore universitario prendesse lo stesso stipendio di un professore a fine carriera. Grazie.

  16. Silvestro Gambi

    Molto interessante l’articolo di Garnero. Vorrei suggerire l’estensione a un dato che è più facile reperire: il rapporto dirigenti- personale delle regioni. Oltre agli stipendi (completi!) dei dirigenti. Perchè la pioggia d’oro non si ferma al personale politico ma investe anche il gradino immediatamente seguente quello dei dirigenti appunto, i quali, se si ha la pazienza di scavare un po’, fanno spessissimo parte della stessa categoria del personale politico.

  17. giacomo venturini

    Penso questa ricerca sia utile. sarebbe bello che si iniziasse un dibattito serio sulla retribuzione dei politici basato su dati e relazioni tra indici come questo. senza demagogia. penso pero’ sia parziale considerare solo pil e disoccupazione. lo stesso studio deve per forza essere fatto considerando servizi sociali, istruzione, sanità. insomma pil e disoccupazione non sono tutto come molti economisti ci vogliono far credere.

  18. Carmine Lo Surdo

    La politica è gestione della cosa pubblica e dovrebbe essere nella logica del servizio a favore dei cittadini. Purtroppo lo spettacolo a cui assistiamo è viceversa una gestione del potere per fini personalistici ed a favore di familiari ed amici. A che servono le regioni e le provincie ? Bisogna prendere esempio da Paesi come la Svizzera o la Germania: vi sono bacini di utenza da servire ed a cui garantire servizi efficienti ed economici. In questa prospettiva bene allora il progetto in corso portato avanti dall’Unione delle Provincie d’Italia per l’eliminazione di alcune provincie e la creazione di aree vaste, ma non basta. Riguardo al numero dei consiglieri ed ai compensi erogati questi dovrebbero avere uno standard di riferimento europeo: stesso numero di consiglieri per abitante e stesse retribuzioni e rimborsi corrisposti ai colleghi europei (dato medio o dato inferiore tra quanto accade in Francia e Germania).

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