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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Nel ringraziare tutti coloro che hanno inviato commenti e osservazioni al nostro pezzo, cogliamo l’occasione per qualche precisazione e sottolineatura, che faremo in modo estremamente schematico. In primo luogo, il programma Nota Fiscal Paulista (di cui esistono versioni anche in altri stati brasiliani) al di là del suo specifico ambito di applicazione (la lotta all’evasione) ci pare un bell’esperimento di e-government, un esempio da seguire per un paese come l’Italia, in cui – tanto per citare un dato – solo 541 Comuni su 8.100 consentono ai propri cittadini di svolgere le pratiche amministrative online (dati Confartigianato 2011). Venendo al merito del programma, quello che colpisce è la sua semplicità e la sua capillarità, facilmente replicabili anche da noi, se pensiamo alla vasta rete di soggetti (datori di lavoro, CAF, commercialisti, patronati di associazioni e sindacati, sedi INPS ecc. ecc.) che potrebbero fungere da interfaccia con il Fisco per tutti i cittadini che non hanno accesso diretto a internet. Quanto al suo funzionamento, uno dei principali punti di forza è che il programma, come hanno notato alcuni lettori, combatte l’evasione coinvolgendo direttamente i cittadini, che sono tra l’altro destinatari di un importante flusso di trasferimenti, addirittura maggiore di quello che alla fine arriva nelle casse pubbliche. Ciò è ovviamente possibile perché il fisco non trae solo benefici diretti (maggior gettito ICMS, l’imposta specificamente interessata dal programma), ma potrà sottoporre ad altre imposte (equivalenti alle nostre Irpef e Ires) transazioni che prima gli erano sconosciute e che oggi emergono perché il cittadino chiede che sullo scontrino venga annotato il suo codice fiscale; Nota Fiscal Paulista funziona in pratica non solo come strumento di lotta all’evasione, ma anche come programma di sostegno al reddito delle famiglie e da sistema di tracciamento delle transazioni, indipendentemente dalla forma di pagamento utilizzata. Ancora, il programma contribuisce a spezzare quel circolo vizioso per cui chi incassa una parte sostanziale dei propri ricavi in nero è poi sostanzialmente “obbligato” a chiedere forniture senza fattura (pena la costante esposizione nelle proprie dichiarazioni dei redditi di perdite sospette per il fisco). Altre considerazioni si potrebbero fare entrando nel dettaglio dei dati, o evidenziando la notevole semplificazione che il programma ha comportato anche nei rapporti tra fisco e pubblici esercizi, ma ciò che ci premeva era mettere in luce un’impostazione di fondo della lotta all’evasione che per certi versi è antitetica ai temi dominanti nel nostro paese. Infine, un lettore evidenzia un’imprecisione nel riportare il lavoro di John List, dovuta a un eccesso di sintesi: l’esperimento metteva a confronto due modi di pagare i dipendenti, uno in cifra fissa oraria, l’altro con compartecipazione al 50% delle offerte ricevute, e ha messo in luce che quest’ultimo riduce di gran lunga l’entità dei furti. È ovvio che ciò comporta un costo, ma è lo stesso concetto di compartecipazione all’IVA riscossa: esso al netto dei costi conviene sempre perché si recupera molto del gettito evaso, solo una parte del quale viene restituito ai cittadini sotto in varie forme.
Alcuni lettori poi esprimono una sorta di censura etica al programma, perché premia in vario modo comportamenti che invece sarebbero doverosi: seguendo questa logica però dovremmo censurare allo stesso modo tutti i tipi di incentivazione, in tutti i campi, quali ad esempio i bonus ai lavoratori che raggiungono particolari risultati. Anche loro non fanno altro che compiere il loro dovere. Senza contare che a noi paiono molto più scorretti quegli strumenti di lotta all’evasione attraverso i quali il Fisco implicitamente (ma non troppo) dice a questa o quella categoria di contribuenti: “secondo me sei un evasore, dimostrami che non è vero”.
Siamo consapevoli, lo ribadiamo ancora a scanso di equivoci, che l’adozione di un programma simile non risolverebbe d’incanto il problema dell’evasione dell’IVA e delle altre imposte ad essa collegate, ma crediamo fortemente che insieme ad altri strumenti possa costituire un importante passo avanti verso un fisco più equo ed efficiente.

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TROPPA FLESSIBILITÀ NON AIUTA LA CRESCITA

  1. f.m.Parini

    Lo spunto potrebbe essere la capillarità e l’applicazione l’abolizione totale delle detrazioni per la produzione del reddito/pensione e famigliari a carico.Introducendo una detrazione del 25% sulla spesa con indicazione del C..F con un tetto di 12000 e 8000 euro per dichiarante e soggetti a carico avremmo l’incentivazione a chiedere oper forza lo scontrino fiscale o la ricevuta.Le spese potrebbero essere certificate dai vari caf, uffici,ecc. Certo si potrebbe anche introdurre il codice a barre e sarebbe poi un gioco da ragazzi.La tecnologia esiste,manca la voglia di legalità.

  2. Paolo Pezzuoli

    Per un imponibile di 1000 euro, dovremmo pagare, IVA compresa, 1.210 euro. Se non chiediamo la fattura, il venditore ci accorderebbe un prezzo di 800 euro: infatti, a parte l’IVA, lui evade almeno il 40% di imposte, e quindi ci si dividono i 400 euro evasi: 200 a lui, 200 al cliente (che quindi risparmia complessivamente 410 euro). Quindi il recupero del 30% di IVA (63 euro) non è particolarmente conveniente , se non nei casi in cui l’importo è talmente piccolo da non valerne la pena, e in cui il rapporto fra venditore e cliente è occasionale: tipicamente bar, ristoranti, ecc. Restano escluse la categorie di lavori per le quali più si evade: piccoli e medi lavori di operai, idraulici, elettricisti, ecc, e prestazioni professionali di medici, avvocati ecc. Per questi ritengo assolutamente indispensabili accertamenti presuntivi in base a studi di settore. Molti sono convinti che la totale deducibilità delle spese porti ad un aumento di gettito, essendo l’aliquota del venditore superiore a quella del cliente,ma ciò è sbagliato del tutto: sarebbe vero solo se TUTTI evadessero, il che non avviene. Peraltro questo premia il consumo e penalizza il risparmio.

  3. Germana Giannelli

    E’ evidente che la tassazione sul reddito lordo si porta via una fetta di reddito maggiore, rispetto al reddito al netto delle deduzioni delle spese dimostrate dai relativi documenti fiscali, e quindi non solo penalizza maggiormente il risparmio ma il più delle volte proprio non lo permette, e viola platealmente l’articolo 53 della Costituzione. Infatti detto articolo prevede la deducibilità delle spese necessarie per la vita quotidiana ( On.le Scoca relatore articolo 53 all’ Assemblea Costituzionale), più precisamente dice ” le spese quotidiane personali e per la famiglia fanno parte della capacità contributiva e devono essere alla base dell’imposizione”. Con questo sistema Costituzionale si determinano i redditi effettivi e globali di tutti i contribuenti e “gli imponibili nell’effettiva consistenza” ( On.le SCOCA ASS. COST.). Inoltre si recuperano i 160 miliardi di mancato gettito erariale causato dall’evasione fiscale e altri 50 di evasione contributiva utili per la riduzione del debito pubblico e per la crescita economica!

  4. ricci mario

    Gli studi di settore accertano i redditi d’impresa in modo statistico e in quanto tale non può accertarli in modo effettivo. Un accordo con il governo del 12 dicembre 2006 così recita:” gli accertamenti fiscali si faranno solamente su chi dichiara un reddito inferiore al minimo concordato”. Per “minimo concordato” si prevede un reddito del 60% inferiore a quello cosiddetto “congruo e coerente” che è sempre al di sotto di quello effettivo! Ma di che stiamo parlando? La legislazione, legge 917/86, prevede, per i contribuenti da lavoro indipendente, una tassazione non su tutto il reddito conseguito, ma solo su una parte di esso, appunto tramite gli studi di settore o altri metodi forfetari come quello che al di sotto di 30mila euro di reddito si paga un forfait del 20%. Il ministero dell’economia e delle finanze nel marzo scorso ha reso noti questi dati: il 93% dell’intero gettito IRPRF dell’anno 2009 è stato prelevato dalle tasche dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, pur possedendo essi il 25/30% della ricchezza nazionale mentre il restante 7% è versato dagli Autonomi possedendo essi il 70/75% della ricchezza nazionale. Questa situazione è la violazione della Costituzione.

  5. Giovanni B.

    E’ un sistema che adattato alla realtà italiana potrebbe dare validi risultati: interesserebbe la totalità dei contribuenti, anche coloro che non pagano imposte (come i pensionati al minimo o comunque soggetti a basso reddito) i quali potrebbero ricevere sconti o comunque premi (ad oggi il fisco italiano non prevede praticamente sgravi di nessun tipo per chi ha un reddito minimo fino a circa 10 mila euro). La registrazioni degli scontrini potrebbero essere effettuate anche dalle ricevitorie Lottomatica o SISAL, data la semplicità della transazione e non solo da CAF o commecialisti di certo non in numero sufficiente per coprire la domanda. Considerando inoltre la nostra smisurata passione per il gioco, l’abbinamento con una lotteria scatenerebbe la corsa allo scontrino. Per quanto riguarda la lotta all’evasione tramite gli studi di settore ricordo che parliamo di uno strumento che ha piu’ di 10 anni ed ogni anno si rinnova con una nuova versione: se si facesse un’analisi seria sugli effetti di questo strumento sull’evasione sarebbe abolito seduta stante.

  6. f.m.parini

    Riduzione dell’uso del contante a cinquanta euro, tracciabilità a cinquanta e tassazione del 20% su versamenti in contante.

  7. maurizio

    Non c’è oramai da stupirsi di nulla. Che un governo ad agosto inserisca in un decreto per tappare le falle del bilancio pubblico un articolo sui livelli minimi di tutela nei tirocini ed il mese successivo si rimangi tutto con una circolare è un altro capitolo per un libro di barzellette sull’Italia a cui tanto si appassionano francesi e tedeschi. Gaudeamus igitur….

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