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QUANDO LA TRASPARENZA AIUTA LO SVILUPPO

In tempi di crisi economica, aumenta la pressione ad usare efficacemente la spesa pubblica, inclusi gli aiuti pubblici allo sviluppo internazionale. Si punta sopratutto sulla massima trasparenza così da ridurre sprechi, corruzione e migliorare la programmazione. Si tratta di una sfida anche per le Ong. Ma comunicare e valutare la qualità degli interventi finanziati con contributi privati è un tema su cui c’è molto da costruire come dimostrano i risultati di una ricerca sull’efficacia delle Ong italiane.

C’è una richiesta che unisce gli entusiasti e gli scettici dell’aiuto pubblico allo sviluppo: quella di maggiore trasparenza. Un maggior livello di informazioni consentirebbe un più facile coordinamento tra i diversi attori (governi, istituzioni internazionali, Ong, ecc.) e faciliterebbe la pianificazione delle priorità d’intervento dei Paesi partner. Con la trasparenza aumenterebbero le capacità di valutazione e le probabilità di apprendere da successi e fallimenti del passato; si assisterebbe a un maggiore scrutinio pubblico da parte dei contribuenti del nord e dei cittadini del sud del mondo, riducendo corruzione e sprechi.

L’ESPERIENZA DELL’UGANDA

Alcune valutazioni sostengono l’ipotesi che la trasparenza dell’aiuto costituisca la precondizione per una maggiore efficacia. Se nel 1995 in Uganda solo il 20 per cento dell’assistenza esterna a sostegno dell’istruzione elementare raggiungeva effettivamente le aree di destinazione, 6 anni dopo questa percentuale è salita all’80 per cento a seguito dell’adozione da parte del governo di una politica di trasparenza totale sulla destinazione delle risorse (1). Sempre in Uganda, le cliniche rurali che avevano iniziato a diffondere alle comunità locali i dati sulla qualità del servizio hanno registrato un rapido miglioramento dei risultati, con la riduzione di furti di medicinali, dell’assenteismo e il conseguente calo di un terzo della mortalità infantile nella regione (2).
Sulla scia di questi dati è stata lanciata anche una campagna internazionale “Make-Aid-Transparent” che chiede ai Paesi donatori di aumentare il loro livello di trasparenza. Si tratta di aderire ad un codice di condotta di trasparenza condiviso che metta per la prima volta a disposizione on-line informazioni sugli esborsi e previsioni d’esborso degli aiuti suddivise per settore e distretto geografico (3).
Gli indici di trasparenza posizionano in testa la Banca mondiale e in coda il Giappone, in trentesima posizione. La cooperazione pubblica dell’Italia occupa la ventisettesima posizione. Il nostro Paese è soprattutto penalizzato dalle difficoltà a trasmettere ai governi dei paesi in via di sviluppo informazioni sui futuri piani di spesa e dalla limitata reattività di risposta alle domande di chiarimento. Su trenta tipi d’informazione individuati come importanti per gli aiuti, l’Italia ne pubblica in modo sistematico soltanto quattro, trovandosi nella parte bassa della classifica assieme a Portogallo, Grecia, Polonia e Ungheria.

UNA NUOVA SFIDA PER LE ONG

La questione della trasparenza come precondizione d’efficacia interessa anche le organizzazioni non governative (Ong). Queste ultime, stimate globalmente a circa 40 mila soggetti, ogni anno trasferiscono ai paesi in via sviluppo circa 25 miliardi di dollari, un sesto di tutto l’aiuto pubblico complessivo. Perciò rendere disponibili informazioni e valutazioni è sempre più importante per le Ong e sta diventando una condizione richiesta da alcuni paesi Ocse per l’accesso ai finanziamenti. Ad esempio, il governo inglese chiede alle Ong di uniformarsi a quello che attualmente è il più importante e completo standard internazionale sulla trasparenza (4) se vogliono avere accesso ai fondi pubblici.
Per le Ong quella della trasparenza non è una sfida semplice. Una recente analisi
(5)  suggerisce che la decisione di alcune Ong di non rivelare tutti i dati e le informazioni in loro possesso sia anche legata alla necessità di rimanere competitive in un mercato caratterizzato da pressioni e aspettative irrealistiche da parte dei donatori. La mancanza di trasparenza delle Ong è però considerata da diversi autori “la loro più grande vulnerabilità” nel rendere conto dei risultati e processi (6).
Anche le Ong italiane stanno riflettendo sulla loro efficacia (7), con un processo di consultazione nel corso del 2011. Si tratta di circa 260 soggetti idonei a ricevere finanziamenti pubblici e che trasferiscono privatamente intorno ai 300 milioni di euro l’anno di contributi privati nei paesi in via di sviluppo. I dati raccolti hanno evidenziato l’importanza attribuita al principio di “trasparenza” come condizione per essere efficaci e rendere conto responsabilmente del loro operato ai cittadini del nord e ai quelli del sud del mondo. Allo stesso tempo, il 20 per cento delle Ong che hanno partecipato alle consultazioni non hanno indicato il numero di progetti valutatati negli ultimi due anni. Tra quelle che hanno risposto solo il 25 per cento ha dichiarato di effettuare quasi sempre le valutazioni. Infine meno del 10 per cento delle Ong italiane dichiara di rendere disponibili on-line le valutazioni finali di tutti i loro progetti.

MA UN RISCHIO C’È

Questa apparente contraddizione tra valori e pratica è, anche, spiegata dalle debolezze organizzative accentuate da finanziamenti pubblici al settore Ong che non ne hanno favorito la crescita strutturale, dando un’attenzione esclusiva all’attività operativa e alla compressione dei costi. Eppure, le Ong italiane restano comunque competitive a livello europeo: vincono il 9 per cento dei fondi europei per la cooperazione, al terzo posto dopo il 22 delle inglesi e il 10 di quelle francesi (8).
Il tema della trasparenza è inevitabile, ma si corre il rischio che si trasformi in un nuovo requisito burocratico o barriera all’entrata che penalizzi un settore competitivo in Europa, ma organizzativamente fragile poiché non incentivato.

(1) Reinikka, R., Svensson, J., “Fighting corruption to improve schooling, evidence from a newspaper campaign in Uganda”, Journal of the European Economic Association, 2005, vol. 3, issue 2-3, pages 259-267.
(2)
Bjokrman, M., Svensson, J., “Power to the People: Evidence from a Randomized Field Experiment of a Community-Based Monitoring Project in Uganda”, 2009, Quarterly Journal of Economics vol.124, issue 2, pages 735-769
(3)
Publish what you fund, “Aid Transparency Assessment”, 2010; AidWatch, “Challenging self-interests”, Maggio 2011.
(4)
IATI – International Aid Transparency Initiative
http://www.aidtransparency.net/
(5)
Burger , Owens. “Promoting Transparency in the NGO Sector: Examining the Availability and Reliability of Self-Reported Data”. World Development Vol. 38, No. 9, pp. 1263–1277, 2010
(6)
McGann, J., & Johnstone, M. (2006). The power shift and the NGO credibility crisis. The International Journal of Not-for-Profit Law, 8(2),65–77
(7)
Per maggiori informazioni sul processo di consultazione delle ONG Italiane si veda: Politecnico di Milano,
http://www.dabacu.polimi.it/web/ong
(8)
Dati Commissione Europea, implementazione linea di finanziamento Non State Actors (NSA) 2007-2011.

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DALL’AUTOSTRADA AI TORNANTI

  1. giuseppe pucci

    Secondo me, il nodo principale da sciogliere è quello dell’asimmetria informativa che interpone tra i potenziali donatori e destinatari di queste ultime (popolazioni in via di sviliuppo, zone rurali disagiate nel terzo mondo, popoli afflitti da guerre civili, bambini denutriti che necessitano di cure etc.). L’articolo ha centrato in pieno l’obiettivo, ” la trasparenza” , e questa che deve essere incrementata ed è proprio essa che può contribuire in maniera decisiva a far innalzare la massa di aiuti nei confronti di questi soggetti. E come se il donatore avesse bisogno di cogliere una soddisfazione nel vedere che il suo contributo ha avuto un’efficacia in termini di miglioramento della condizione umana. D’altronde il silenzio potrà solo incrementare il dolore di queste persone e sul fronte delle aziende non profit, non conseguire l’oggeto sociale per il quale sono preposte.

  2. Anonimo

    L’estensione e la diffusione del commercio internazionale è dipendente dal grado di fiducia del mercato stesso (vedi aspettative razionali su indici che interessano gli investitoririsparmiatori) e quindi dalla creazione di un’informazione il più completa possibile; oppure, la presenza di asimmetrie informative è una situazione temporale tipica dei mercati chiusi eo con all’attivo politiche di protezione dei mercati. Informazione che risulta definita dalle politiche monetarie, le quali, a loro volta, possono essere liberiste o protezionistiche; il tutto funzionale al grado di concentrazione degli scambi commerciali nell’area economica di riferimento.

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