Lavoce.info

LA CRESCITA PASSA PER LA LARGA BANDA

Destinare risorse per le nuove infrastrutture telefoniche a larga banda potrebbe rappresentare un valido strumento per aiutare la ripresa del nostro paese. L’Italia ha una bassa penetrazione del servizio a larga banda, ma studi recenti mostrano che l’effetto di investimenti di questo tipo sulla crescita del Pil nazionale sarebbe considerevole, in linea con i paesi europei più virtuosi. Preoccupante allora che la costruzione delle reti di nuova generazione sia bloccata da tempo. Se le imprese si arroccano in una posizione di stallo, l’intervento pubblico non è più rinviabile.

Gli ultimi dati confermano come la ripresa economica in Italia sia ancora assai modesta così come non si vedono all’orizzonte interventi di politica economica che possano sostenere la crescita del nostro paese. Gli investimenti nelle nuove infrastrutture telefoniche a larga banda – le cosiddette reti di nuova generazione – potrebbero rappresentare invece un valido strumento per aiutare la ripresa e uscire così dallo stallo in cui si trova.

GLI INVESTIMENTI NELLA RETE

Riconoscendo l’importanza dell’investimento in nuove infrastrutture telefoniche, il governo italiano più di un anno fa aveva promesso di finanziare una parte dell’opera di realizzazione di una nuova rete a larga banda, impegnandosi a investire circa 1,2 miliardi di euro, poi diventati 800 milioni e poi …. scomparsi. Ovviamente non è detto che debba essere lo Stato a finanziare l’intera opera, gli stessi operatori telefonici dovrebbero intervenire con le proprie risorse per realizzare la nuova rete in fibra ottica. Il problema è che si sta parlando di un’opera molto costosa, valutata tra i 14 e i 18 miliardi di euro. Un esborso senza dubbio considerevole. Gli operatori hanno realizzato propri piani d’investimento, volti in realtà a coprire solo la parte del territorio dove vi è sufficiente domanda di servizio (ossia poche decine di grandi città) e quindi dove i ritorni sono più certi. Tutti piani comunque richiederanno anni per la loro realizzazione.

QUALE IMPATTO SULLA CRESCITA?

Gli investimenti di cui si sta parlando sono senza dubbio condizionati dal fatto che le imprese telefoniche operano in mercati regolati, dove quindi le condizioni di utilizzo delle infrastrutture è soggetto al vaglio di un’autorità indipendente, l’Agcom.
Ma il punto che ci preme fare è invece l’effetto “moltiplicatore” che questi investimenti possono generare sulla crescita del nostro paese. Come riconosciuto dall’Ocse, gli investimenti in larga banda hanno effetti sia diretti, legati alla realizzazione di nuove reti, sia indiretti, derivanti da tutte quelle attività economiche che utilizzano la larga banda e che determinano la crescita della società nel suo insieme, unitamente a migliorare l’efficienza delle imprese, ad aumentarne la produttività, a favorire l’innovazione e la crescita dell’occupazione. (1)
La letteratura economica di recente ha presentato alcuni studi interessanti che hanno valutato l’impatto di questi investimenti sulla crescita economica. Ad esempio, Pantelis Koutrompis mostra che 0,24 punti percentuali della crescita dei paesi europei, su un tasso medio pari a i 2,64 punti percentuali per il periodo 2002-2007, possono essere attribuiti agli effetti diretti e indiretti legati agli investimenti in larga banda. (2) Più in generale, gli investimenti in infrastrutture di nuova generazione contribuiscono a circa il 10,5 per cento della crescita di un paese. Il lavoro mostra che nei paesi che presentano un tasso di penetrazione della larga banda superiore al 30 per cento questi investimenti hanno un impatto sulla crescita del Pil nazionale superiore rispetto alla media pari a circa 0,4 punti percentuali, con un contributo sulla crescita complessiva ben superiore, intorno al 15 per cento annuo circa. E l’Italia? L’autore calcola gli effetti anche per il nostro paese: il contributo alla crescita media del periodo osservato (0,94 per cento) degli investimenti in reti a banda larga è di solo 0,15 punti percentuali, che però contribuiscono a circa il 16 per cento della crescita media di periodo. Insomma, l’Italia fa parte dei paesi con più bassa penetrazione del servizio a larga banda, ma l’effetto di questi investimenti sulla crescita del Pil nazionale sembra considerevole, in linea con i paesi europei più virtuosi come i paesi scandinavi, la Germania e, poco sotto, la Francia. Come dire: non partiamo tra i paesi più avanzati, ma gli effetti sulla crescita italiana della creazione della nuova rete in fibra sono tutt’altro che irrisori.
Altro studio interessante è quello condotto dalla Banca Mondiale nel 2009 che mostra come una variazione di 10 punti percentuali della penetrazione della larga banda generi un aumento di 1,21 punti percentuali di crescita del Pil pro capite nelle economie dei paesi sviluppati, tra cui il nostro paese. (3) Sulla stessa linea, un’altra recente analisi evidenzia come il livello del Pil pro capite sia superiore di circa il 3-4 punti percentuali una volta che gli investimenti nelle nuove reti a banda larga sono stati realizzati. (4) Allo stesso tempo, gli autori mostrano che un aumento della penetrazione della larga banda di 10 punti percentuali aumenta la crescita del Pil pro capite di circa 1-1,5 punti percentuali all’anno. Non certo un incremento irrilevante, soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo e per un paese che ha una crescita di Pil pro capite tra le più basse in Europa.

E ALLORA?

E quindi che fare? Gli investimenti nella rete in larga banda sono senza dubbio quelli che possono generare maggiori ritorni aggregati per l’interno sistema economico italiano. Ma la situazione è in totale stallo: l’Autorità ha presentato una prima bozza di possibili regole per favorire l’utilizzo delle nuove infrastrutture anche a terzi, così da promuovere gli investimenti privati e favorire la concorrenza nel mercato. Telecom Italia parla invece di eccesso di regolazione, tale da sfavorire gli investimenti. Al contrario, gli operatori alternativi sostengono che l’intervento regolatorio è troppo blando e tale da portare a una monopolizzazione della nuova rete. Un “tutti contro tutti” dannoso  per il paese.
Nel frattempo, infatti, l’Agcom ha presentato la sua relazione annuale dove si legge che l’Italia rischia di “retrocedere” tra i paesi di serie B in Europa sui servizi a larga banda. La penetrazione della larga banda nel nostro paese è al 22 per cento, sotto la media europea che è del 26,6 per cento. La percentuale di abitazioni connesse in larga banda è anch’essa ben al di sotto della media continentale. Abbiamo aree che sono in digital divide (come il Molise), ossia senza alcuna connessione a larga banda, e altre (per circa il 18 per cento della popolazione) che dispongono solo di connessioni a velocità molto ridotta.
È difficile dire quali interventi adottare, ma senza dubbio non fare niente è altamente dannoso. Tutti vorremmo lasciare il mercato definire quando e come investire, ma se il mercato è bloccato e le imprese si arroccano in una posizione di stallo, l’intervento pubblico sulla rete diviene la soluzione più ragionevole, così come avvenuto in altri paesi, come il Giappone o l’Australia. Trovare oggi i soldi in questa fase di congiuntura economica negativa non è facile, ma non è più possibile attendere.

(1) Oecd (2008), “Broadband and the Economy”, Paris.

(2) Koutroumpis, P. (2009). “The Economic Impact of Broadband on Growth: A Simultaneous Approach”, Telecommunication Policy, 9, 471-485.

(3) Qiang e Rossotto (2009), “Economic Impacts of Broadband”, in Information and Communications for Development 2009: Extending Reach and Increasing Impact,Washington, DC: World Bank.

(4) Czernic N., O. Falk, T. Kretschmer e L. Woessmann (2011), “Broadband Infrastructure and Economic Growth”, The Economic Journal, 121, 505-532.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Superbonus: la nuova stretta colpisce i più deboli
Leggi anche:  Gare per i trasporti locali? Se ne riparla tra dieci anni

Precedente

LE BANCHE EUROPEE E I CAPITALI NECESSARI

Successivo

LA STANGATA

  1. carlo p

    Nel frattempo il ministero della difesa costruisce la propria rete in fibra privata, qui i soldi si trovano sempre.

  2. bellavita

    Qualunque azienda o professionista ha bisogno della banda larga per operare. Se non viene generalizzata, continuerà l’affollamento nelle metropoli anzichè nelle piccole città italiane dove la qualità della vita è migliore. E’ vero che il cablaggio in fibra ottica è costosissimo. Ma aspettare che ci sia un altro sistema di banda larga, potrebbe farci saltare una generazione, occorre quanto meno un piano nazionale (che so, cominciare dal cablaggio delle città sedi universitarie: Ferrara è cablata?) che si potrebbe finanziare mettendo all’asta le frequenze del digitale terrestre e tassando con un canone corrispettivo quelle che sono state regalate da un governo in conflitto di interessi (nel silenzio dell’opposizione, che non pensa neanche di metterlo come entrata nella manovra)

  3. Aldo Mariconda

    Certo che vanno fatti gli investimenti sulla banda larga, ma l’Italia ha perso l’autobus da troppo tempo. Una opportunità, tra le molte che non ha colto, era quella del cablaggio delle città all’epoca della deregulation TLC. Per esempio, la Svezia che ha anticipato la deregulation al 1994, per quell’anno aveva già fatto il cablaggio a banda larga di stoccolma e provincia, in fogna e arrivando a tutti i blocchi di edifici, con una società al 100% pubblica, la Stokab Ab. Barcellona ha fatto lo stesso, tuttavia attraverso i porivati. Solo per citare 2 esempi: Risultato immediato a Stoccolma: 22 aziende anche d’importanza mondiale sonoi scese in campo in concorrenza con l’incumbent operator, telia Ab, portando servizi differenziati, prezzi più bassi, occupazione e sviluppo. Global Communications Int., nel numero di gennaio 1998, porta un mio articolo a documentazione dell’iniziativa delle città europee.

  4. Pastore Sardo

    Gli investimenti nella rete in larga banda sono senza dubbio quelli che possono generare maggiori ritorni aggregati per l’interno sistema economico italiano.Io qualche dubbio me lo porrei, tra le principali motivazioni che hanno costruito l’aumento del Pil della Germania c’è stato l’utilizzo massiccio degli Erp rendendole notevolmente più efficienti e competitive anche con un costo del lavoro decisamente più eleato del nostro. Qui parlano di incremento di Pil in base a quanto spendi in Ict senza specificare sull’Ict, questi 82 milioni di euro creeranno posti di lavoro stabile una volta terminata la rete nei settori strategici sardi quali agricoltura, ambiente, turismo ? No … quale altro settore prevedono che si incrementi in termini di occupazione, se vediamo il cronoprogramma di sto progetto Bulgas vedremo che si realizza in 5 anni …. e nel mentre come colleghiamo tutte le sedi della PA che richiedono larga banda, aspettiamo che debbano coprire tutti i cittadini ? Le aziende saranno più efficienti? un cadavere di azienda fallita non competitiva non può diventare più efficiente.

  5. marcello

    In questi giorni si sta svolgendo l’asta per le frequenze 4G. Mi astengo da ogni considerazione su come l’asta è gestita, anche uno studente di primo anno sa che comunicare il prezzo di riserva a parità di condizioni riduce il prezzo di aggiudicazione. In ogni caso si stima che lo stato incasserà 3 mld. Francia e UK hanno in programma le rispettive aste nel 2012, in Germania l’asta si è svolta nel 2010 è ha realizzato 4.4 mld. Qualcuno mi dice perchè in un mercato con 90mln di cell su 60mln di abitanti, il più denso in EU, lo Stato debba sussidiare operatori che hanno i prezzi di terminazione più alti, le tariffe più alte e i servizi più inefficienti?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén