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PAREGGIO DI BILANCIO: È MEGLIO FARLO SUL CAMPO

C’è solo un modo con cui il nostro Governo può acquistare credibilità rispetto a chi ritiene alto il rischio di un ripudio del nostro debito pubblico: mostrandosi capace di contenere le spese e di raggiungere un bilancio in pareggio fin dal 2012. Non è introducendo nella Costituzione l’obbligo del bilancio in pareggio che si esce dalla crisi.

“Se stai annegando ti aggrappi anche a un serpente” recita un proverbio turco. Il Governo, di fronte a una pesantissima crisi di credibilità e all’incapacità di reagire tempestivamente con nuove misure di contenimento della spesa, ha tirato fuori dal cappello una riforma costituzionale che introduca l’obbligo del pareggio di bilancio. È chiaramente un modo per cercare di comprare credibilità a basso costo. Ma i tempi di attuazione della riforma sono troppo lunghi per rassicurare i mercati. E come per ogni regola fiscale è molto difficile trovare un equilibrio tra la rigidità richiesta perché la regola non sia aggirabile e la flessibilità indispensabile nella gestione del bilancio. Il rischio è dunque quello di legarsi le mani inutilmente impedendo politiche anticicliche e risposte a crisi esterne. L’unico modo che il nostro Governo ha per rendersi credibile di fronte ai mercati nel proprio impegno a ridurre il debito pubblico è raggiungere al più presto, fin dal 2012, il pareggio di bilancio con interventi di contenimento strutturale della spesa pubblica e sospendere l’attuazione del federalismo fiscale. Bisogna mostrare sul campo anziché con le regole che siamo capaci di tanto.

PERCHÉ NON POSSIAMO SCIMMIOTTARE LA GERMANIA

La ragione che ha spinto la Germania a introdurre nella Costituzione regole che impongano il bilancio in pareggio è il tentativo di rendere più credibile il proprio impegno a tenere sotto controllo i conti pubblici e quindi poterli collocare sul mercato offrendo rendimenti più bassi. Come Ulisse si fece legare saldamente all’albero maestro per resistere al canto delle sirene, così può essere utile legare le mani dei futuri governi per impedire che cedano alle pressioni delle loro basi elettorali deviando da una politica di contenimento del deficit pubblico.
Oggi il nostro Governo, messo sotto pressione da mercati che ormai ci considerano più a rischio della Spagna, vorrebbe scimmiottare Berlino. Ma ci sono due differenze importanti fra noi e la Germania. La prima differenza è che la Germania ha varato o avviato queste riforme costituzionali mentre beneficiava di un premio di rischio paese relativamente contenuto. Questo ha permesso di adottare regole sufficientemente flessibili, tali da permettere l’adozione di politiche anticicliche, come discusso nella scheda di Giuseppe Pisauro . Il nostro Governo, invece, vorrebbe procedere ora nel mezzo di una grave crisi, sotto la pressione dei mercati e delle istituzioni internazionali. In queste condizioni la credibilità di tale misura rischia di essere percepita come molto bassa dai mercati, un mero espediente per salvare la faccia e guadagnare tempo. Inoltre l’iter di una riforma costituzionale è molto lungo, richiede come minimo nove mesi, una infinità in una congiuntura come quella attuale. Insomma, rischiamo di porci vincoli molto rigidi – al pari di quelli contro cui ha dovuto combattere Obama nelle ultime settimane – senza trarne alcun beneficio.

IL NODO DEL FEDERALISMO

La seconda differenza è che noi dovremmo imporre queste regole mentre si procede ad attuare i decreti attuativi del cosiddetto federalismo fiscale, che non poco inquietano i mercati nel timore che gli enti locali siano ancora meno virtuosi del governo nazionale nel gestire i conti pubblici. Per questo motivo, le regole di cui dovremmo dotarci nella Costituzione dovrebbero vincolare anche le amministrazioni locali. Non è un caso che la proposta di legge costituzionale sulla “riforma fiscale” presentata qualche giorno fa in Parlamento a firma di senatori che fanno riferimento tanto alla maggioranza quanto all’opposizione (vedi allegato) ponga il vincolo di bilancio in pareggio non solo per l’Amministrazione centrale dello Stato, ma anche per le Regioni, gli enti locali e il complesso delle amministrazioni pubbliche. È una norma la cui gestione è fortemente problematica come spiegato da Giuseppe Pisauro .

 
I COSTI DELLE REGOLE FISCALI

L’introduzione dell’obbligo del bilancio di pareggio nella Costituzione rischia perciò di non darci alcun beneficio in termini di credibilità. Al contempo ci porrebbe di fronte ai costi tipici di tutte le regole fiscali. Innanzitutto è molto difficile farle rispettare. I vincoli valgono ex-ante, non ex-post. La norma che prevede che si possa ricorrere al debito con una maggioranza dei due terzi in ciascuna Camera, come previsto dalla proposta bipartisan, rischia di non essere molto stringente, vista la propensione altrettanto bipartisan mostrata nel ridurre la spesa pubblica negli ultimi decenni. Certo, la bozza bipartisan prevede che, in caso di mancato rispetto del pareggio in bilancio, bisognerebbe predisporre un piano triennale di ammortamento del debito. Ma piani di questo tipo rischiano di essere del tutto privi di credibilità e ridurre ulteriormente la trasparenza dei conti pubblici se, come notato da Michele Ainis sul Corriere della Sera del 7 agosto, sarà consentito iscrivere a bilancio poste aleatorie o addirittura da libro dei sogni quali entrate future legate alla lotta all’evasione o a future privatizzazioni.
Inoltre legarsi le mani sulla politica di bilancio può risultare in alcuni casi eccessivamente penalizzante. Nel caso di una recessione, dato che le entrate diminuiscono in linea con l’andamento del prodotto interno lordo, il pareggio di bilancio imporrebbe una riduzione della spesa che potrebbe andare a scapito della fornitura di servizi essenziali quali la protezione sociale e la sanità impedendo ai cosiddetti stabilizzatori automatici (se non a politiche fiscali discrezionali) di operare nel contenere l’ampiezza della recessione.

LA CREDIBILITÀ SI OTTIENE COI FATTI

Il furore con il quale il Governo oggi si ripromette di cambiare la Costituzione imputandole tutti i problemi ci sembra l’ennesimo diversivo per non guardare in faccia la realtà. Un esecutivo poco credibile come il nostro, anche per il modo dilettantesco con cui ha gestito la crisi sin qui, può oggi guadagnarsi la credibilità solo sul campo, con misure concrete e dagli effetti immediati, dimostrando di essere in grado di portarci al pareggio di bilancio, soprattutto con provvedimenti di contenimento della spesa pubblica. Avendo aspettato così a lungo ad agire, non può più permettersi di fare melina. Il nodo non solo quello dell’orizzonte entro il quale raggiungere il pareggio di bilancio, ma anche come si intende farlo. I governi italiani non sono mai stati capaci di ridurre la spesa pubblica in modo strutturale. Per quanto difficile e impopolare, sarà questo il terreno su cui i mercati valuteranno la risposta del governo Berlusconi. Utile anche rinviare a tempi migliori il disegno di federalismo fiscale, che pone non pochi interrogativi agli investitori. Non sarebbe allo stato attuale una rinuncia dolorosa: i decreti attuativi approvati in questa legislatura sono un insieme di principi tra di loro contraddittori che rendono meno trasparenti i bilanci delle amministrazioni pubbliche senza avvicinarci in alcun modo al federalismo. Meglio ripartire da capo e in tempi migliori.

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20 commenti

  1. bob

    Da quando questo “governo” sta al parlamento, ogni mattina che mi alzavo credevo di avere fatto un sogno, e mi chiedevo “non è possibile”. Negli ultimi 10 anni ho girato spesso l’Europa per lavoro e ultimamente i miei clienti mi dicevano “ma come fate ad avere certa gente non è possibile”. Da uno che va in parlamento a dire che ha salvato la nipote di Mubarak, da quella caricatura che come in una sagra paesana inaugura 3 stanzette vuote e li chiama Ministeri,etc.etc. Aldilà di tutto cosa possiamo aspettarci da chi deve darci fiducia? Ma mi chiedo anche: la società civile, la stampa, voi intellettuali, economisti, indistriali dove eravate (dove eravamo) in questi anni? Si parla di Riforme, ma vi rendete conto chi è stato designato ministro delle Riforme? Uno che in qualsiasi altro Paese alla seconda parola sarebbe stato cacciato via.

  2. giorgio gurrieri

    la credibilità in ogni campo di una nazione passa attraverso la credibilità e la dedizione al bene pubblico dei suoi rappresentanti politici. Concordo pienamente con l’analisi svolta. Non è un vincolo costituzionale a determinare il risultato di bilancio, ma la volontà di ottenerlo senza facili scappatoie o malcelati meccanismi elusivi magari già adombrati nel testo di legge stesso!

  3. GIACOMO CIARCIA

    Analisi semplice e lucida. Il problema rimane l’atavico dilettantismo. Da buoni intenditori, poche parole.

  4. Andrea

    Un po’ tutti gli economisti sono concordi nel dire che bisogna raggiungere il pareggio di bilancio gia’ nel 2012. Ma Michele Boldrin, dalle pagine di noisefromamerika, fa notare che una correzione improvvisa del 4% del pil produrrebbe una sicura recessione. Riporto un brano del suo intervento “Vista l’incompetenza di questo governo, la sua totale impreparazione di fronte alla crisi e il fatto che non ci si aspetta alcuna crescita economica sostanziale nel 2012, vi è solo una maniera per pareggiare: tagliare orizzontalmente colpendo scuola, sanità e acquisti di beni e servizi e tassare a sangue gli italiani. Farlo, per un ammontare pari a circa il 4% del PIL…… Quando la composizione della domanda cambia repentinamente c’è sempre una recessione, nelle economie reali”. Inoltre come scritto qui per il 2012 la somma di tutte le manovre fatte fin qui dal governo valgono 31 mld. Nonostante sia opinione diffusa la necessita’ del pareggio sin dal 2012, non sarebbe troppo rischioso farlo a tutti i costi?

  5. Armando

    I decreti del cosiddetto “federalismo fiscale” non attribuiscono maggiore autonomia agli enti locali. Anzi vanno nella direzione opposta, dando coordinamento ed omogeneità a un quadro altrimenti estremamente sgangherato. Sospenderne l’attuazione significa cristallizzare l’originale combinazione di autonomia sul fronte della spesa e irresponsabilità su quello dell’entrata che tanto ha pesato (e continua a pesare) sulla nostra finanza pubblica. Una precisazione: per gli enti locali il pareggio di bilancio è già imposto dall’art. 162 del Testo Unico sugli Enti locali.

  6. Anton

    Leggo ultimamente, molti autorevoli ed interessanti pareri, su come uscire dalla crisi, miriade di proposte, ne faccio una anche io, dal momento che sembra completamente sparito un tema di grandi costi per l’Italia, un tema che per alcuni aspetti è incredibile, e di cui è responsabile l’onorevole Tremonti, mi riferisco al finanziamento di uno stato estero che si chiama Vaticano, tempo addietro, avevo letto di cifre, che sommate, in dieci anni permettevano la quasi estinzione del debito italiano. E’ il caso di farne remember ai sudditi e ai nobili con cifre e schemi da parte di Voi economisti ?

  7. Mirko

    Secondo me le “spese” vanno fatte e tante! I soldi che i cittadini pagano come tasse devono essere restituiti ai cittadini come servizi! Altrimenti a cosa serve uno Stato? Quello che va fatto però è azzerare la corruzione? Non è possibile che un oggetto o un servizio acquistato da un privato costi 100 e lo stesso, acquistato da un ente pubblico 200! Ma chi autorizza queste spese non se ne rende conto? O è colluso con il venditore? Inoltre, c’è tutto il discorso delle “consulenze esterne”, non è pensabile che tutti gli enti pubblici, anche per attività “core” invece di utilizzare personale interno (che renda) utilizzino personale esterno pagato anche più di quello interno!

  8. mirco

    Sono totalmente in accordo con le osservazioni dell’articolo. La cosa che mi fa più specie è che, leggendo la proposta di legge costituzionale si voglia introdurre un articolo sulla parita di opportunità economiche tra generazioni. E’ assurdo, la vera parità economica tra generazioni si ottiene con il monocameralismo e l’abolizione del senato. Il fatto che oggi vi sia una camera che viene eletta dagli ultra 25enni e d è composta dagli ultra40ennni ( che poi sono tutti vecchi decrepiti) e che questa camera alta abbia gli stessi poteri della camera bassa di fatto esclude dal potere politico le generazioni giovani. Abolendo un ramo del parlamento fra l’altro si risparmierebbe anche del denaro.

  9. sgl

    Non leggo, ne sento paragpni con gli spreads vs. Bund dell’Italia di oggi con il sequestro del ns.oro da patre della Germania sotto il premierato di Helmut Schmidt in versione EMS. L’emergenza odierna mi ricorda le svalutazioni agostine della precedente repubblica, ma ora sono in versione Euro.

  10. Mauro Condarelli

    Introdurre il pareggio in bilancio come norma costituzionale è solo un buon modo di rimandare il problema senza prendere, in realtà, nessun provvedimento. Nessuna norma costituzionale è efficace senza una legislazione ordinaria che la regoli. Un esempio per tutti: la nostra Costituzione afferma che le ferie vanno godute, no è possibile rinunciarvi e non possono essere oggetto di scambio. Disgraziatamente non è stata fatta nessuna Legge Ordinaria che dica che succede se questo dettato costituzionale viene disatteso. Risultato: è oramai invalso l’uso di pagare le ferie non godute, in completo disprezzo della norma costituzionale. I nostri governanti stanno, ancora una volta, cercando di prendere in giro tutti, sia i cittadini che le controparti estere. Queste ultime, però, pare si stiano già interrogando sulla reale efficacia di un simile pronunciamento, anche nel caso vi si arrivasse. Gli investitori, quelli che avrebbero dovuto essere “soddisfatti” da questo annuncio, poi, pare si stiano ancora rotolando per terra dalle risate.

  11. Armando

    I decreti del cosiddetto “federalismo fiscale” non attribuiscono maggiore autonomia agli enti locali. Anzi vanno nella direzione opposta, dando coordinamento ed omogeneità a un quadro altrimenti estremamente sgangherato. Sospenderne l’attuazione significa cristallizzare l’originale combinazione di autonomia sul fronte della spesa e irresponsabilità su quello dell’entrata che tanto ha pesato (e continua a pesare) sulla nostra finanza pubblica. Una precisazione: per gli enti locali il pareggio di bilancio è già imposto dall’art. 162 del Testo Unico sugli Enti locali.

  12. gabriella

    Apprezzo sempre i vostri articoli, molto articolati e molto colti. Ma non si dovrebbe dire in questo caso chiaro e tondo che l’introduzione del pareggio di bilancio è una follia suicida? Capisco che piaccia alla Confindustria, che ci sia in qualche modo in Germania, che possa fare, forse, effetto nella crisi attuale, ma dubito, (ca’ nisciun’e fesso). Ma nel breve periodo può metterci in una situazione tipo Obama, è un po’ come dire ai creditori: ‘forse faremo default, perché la costituzione non ci consente di pagarvi in deficit’. Nel lungo periodo significa legare le mani alla politica economica, che Dio solo sa quale sarà quella opportuna di là a alcuni anni.

  13. marco di vice

    Anticipare il pareggio al 2012, con un drastico taglio di spese, non farebbe ripiombare l’italia in recessione (se non ritorna già ora) uccidendo il paziente che si vuole curare?

    • La redazione

      Le nostre proposte vanno giudicate rispetto allo scenario alternativo che è quello di una nuova brusca impennata degli interessi sui nostri titoli di stato che porterebbe, a lungo andare, a un ripudio del debito, dunque a una recessione e alla chiusura al nostro paese dei mercati internazionali. Ci sono margini per raccogliere i 20 miliardi richiesti per anticipare il pareggio di bilancio con effetti limitati sulla crescita nel breve ed effetti positivi sulla crescita nel medio periodo. Un esempio è quello dei tagli ai costi della politica che, riducendo il numero di cariche pubbliche e parlamentari, porterebbe ad una migliore selezione della nostra classe dirigente.

  14. gianp2

    Un intervento utile che potrebbe contribuire assieme ad altri al problema del debito potrebbe essere l’introduzone di un risparmio forzoso sugli stipendi pubblici (eventualmente in termini di progressività): una piccola quota di essi pagata con titoli publici preferibilmete a lunga scadenza. Data la consistenza notevolissima del monte stipendi anche una quota percentuale relativamente piccola potrebbe avere effettino irrilevanti se protratta per un periodo sufficiente. Andrebbero studiate le forme di negoziabilità di questi titoli.

  15. gabriella

    Ovviamente intendevo riferirmi all’introduzione del pareggio di bilancio IN COSTITUZIONE, mi sono dimenticata di specificarlo

  16. vinenzo

    Qualcuno l’ha già ventilato su tutti gli stipendi pubblici, ma basterebbe limitarlo a quelli sopra i 100.000 euro, pagando buona parte delle quote variabili in BTP. Lo stesso dovrebbe valere per i parlamentari. L’incentivo a ridurre il debito e fare in modo che i propri pezzi di carta non perdano valore sarebbe un volano ulteriore alla riduzione della spesa. Non dovrebbe essere difficile una valutazione degli effetti, purché non la si faccia fare a Grilli a Canzio per un chiaro conflitto di interessi.

  17. Massimo Siano

    Se gia’ adesso la costituzione non e’ rispettata, mi spiegate come sara’ rispettata in futuro? Il paese vive oggi nell’illegalita’ ed il potere esecutivo, legislativo e giudiziario sono i primi a non rispettare le proprie leggi.

  18. Livia

    Perché a nessuno dei nostri politici economisti non viene in mente che una buona parte di recupero di risorse per arrivare ad un pareggio di bilancio potrebbero venire dal Vaticano,cominciando a far pagare ICI a tutti quei fabbricati che tante opere pie proprio non le fanno? Inoltre lo Stato non pagherebbe più la multa che ci ha inflitto la comunità europea per non aver fatto pagare ICI al Vaticano.

  19. Morphoeus

    Leggo interessato l’indignazione generata dalle ultime finanziarie. Non dobbiamo dimenticare che partendo dal principio che si fa politica, sempre, anche quando si dorme, andare a scegliere di non considerare nelle finanziarie il settore militare, tutti gli aiuti a tutte le fedi religiose, di qualsiasi genere, diretti ed indiretti, l’evasione e l’elusione fiscale è di una gravita’ incredibile. I provvediementi adottati, non mi sembra proprio, prevedano una adeguata e ragionata riduzione della spesa pubblica, ossia non basta tagliare a destra e a manca senza pensare agli effeti generati. Se dovessi scegliere fra ridurre il “dirtitto alla guerra” e il “diritto allo studio” sceglierei di ridurre il primo. In soldoni, dobbiamo realizzare e velocemente un’epocale rivoluzione culturale ed abbattere l’attuale sistema di valori in base alla quale la societa’ non esite ed esiste solo l’economia. Un sistema di produzione da sostituire. Un sistema socialista al contrario non possiamo permettercelo.

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