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ASSISTENZA SANITARIA SENZA FRONTIERE

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato di recente la direttiva sull’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. La norma apre le porte a una maggiore integrazione dei sistemi sanitari europei. E nel medio-lungo periodo potrebbe favorire lo sviluppo di un turismo sanitario europeo, soprattutto nelle zone di confine, con conseguenze sia per la spesa sanitaria pubblica sia per l’organizzazione dei servizi. Rappresenta dunque un’opportunità per i paesi che possono offrire gli standard sanitari migliori.

Il 9 marzo scorso il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato la direttiva (2011/24/Ue) sull’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. (1)

Il processo per arrivare alla definizione di un quadro legislativo unico e condiviso tra gli stati membri dell’Unione, un’esigenza nata in seguito ad alcune sentenze della Corte europea di giustizia sui diritti dei pazienti, è risultato tutt’altro che semplice. (2) Innanzitutto, perché la sentita necessità da parte degli stati membri di una regolazione a livello comunitario si è scontrata con il timore degli stessi stati di vedere ridotta la propria sovranità in materia sanitaria. (3) In secondo luogo, perché i sistemi sanitari europei presentano un elevato grado di differenziazione, sia nelle modalità di finanziamento sia in quelle di erogazione dei servizi, nonché nelle modalità di copertura delle spese sanitarie effettuate dai cittadini all’estero. Inoltre, all’interno dell’Unione Europea, il tema tocca trasversalmente poteri e interessi diversi, legati al rapporto e all’integrazione con altre politiche già esistenti (per esempio, la sicurezza sociale), richiedendo così un notevole sforzo di coerenza e coordinamento.

RIMBORSI E AUTORIZZAZIONE PREVENTIVA

La direttiva approvata mira a fornire un quadro specifico per l’assistenza sanitaria transfrontaliera, stabilendo i diritti dei pazienti a ricevere assistenza sanitaria all’estero, il diritto al rimborso e le relative specifiche, nonché il diritto dei pazienti a informazioni adeguate sull’offerta di servizi disponibili, sulla loro qualità e sicurezza, in modo tale da poter effettuare una scelta “informata” su dove andare a curarsi. Inoltre, tema trasversale a tutto il testo della direttiva è la promozione della cooperazione europea in materia di servizi sanitari su tre fronti: la costituzione di reti di riferimento europee tra i centri specializzati di diversi paesi membri, la valutazione delle tecnologie sanitarie (health technology assessment) e la sanità online.

Sono però il diritto al rimborso e la disciplina dell’autorizzazione preventiva i punti su cui più aspro è stato il dibattito nelle sedi legislative. Se la versione iniziale della proposta di direttiva sembrava lasciare spazio al diritto del paziente di essere rimborsato per cure ottenute all’estero senza la necessità di un’autorizzazione preventiva, il testo approvato è più restrittivo. La direttiva sancisce, infatti, il diritto al rimborso delle spese sostenute all’estero, ma continua a prevedere per il Paese di affiliazione la possibilità di richiedere l’autorizzazione preventiva, per i servizi ospedalieri, quando il paziente intenda pernottare almeno un giorno nella struttura all’estero e quando si tratti di cure altamente specializzate e costose. E anche se si ritiene che vi possa essere qualche rischio per la salute del paziente o se l’erogatore dell’assistenza sanitaria suscita gravi preoccupazioni riguardo alla qualità o alla sicurezza (articolo 8). I motivi per rifiutare l’autorizzazione dovranno essere limitati a quelli relativi alla sicurezza del paziente, esplicitati in una lista, e l’autorizzazione non potrà essere negata qualora i trattamenti necessari non siano disponibili nel paese di origine.

LE CONSEGUENZE DELLA DIRETTIVA

La direttiva 2011/24/Ue potrebbe favorire, nel medio/lungo periodo, lo sviluppo di un “turismo sanitario” europeo, soprattutto nelle zone di confine, con conseguenze sia per la spesa sanitaria pubblica sia per l’organizzazione dei servizi. Tuttavia, secondo le poche informazioni disponibili, attualmente la mobilità sanitaria transfrontaliera riguarderebbe solo l’1 per cento totale della spesa sanitaria dell’Unione. (4) Per quanto riguarda l’entità del fenomeno in Italia, le informazioni sono ancora più limitate. Secondo la Relazione sullo stato sanitario del paese pubblicata dal ministero della Salute, nel biennio 2007-2008 l’Italia ha incassato circa 106 milioni di euro per assistenza erogata in Italia a cittadini dell’Unione Europea, a fronte di un esborso di 232 milioni di euro per assistenza offerta a cittadini italiani dagli altri paesi europei, con un saldo negativo di 127 milioni di euro. (5) Una nostra analisi dei dati contabili del ministero della Salute, relativi al periodo 2000-2008, indica invece un saldo fra debiti e crediti negativo pari mediamente a circa 37 milioni di euro all’anno. (6) I debiti sono dovuti soprattutto al ricorso ad assistenza ospedaliera nei paesi limitrofi: Francia, Svizzera, Austria e in Belgio .

Al di là delle possibili conseguenze per la spesa sanitaria, la nuova disciplina potrebbe avere un impatto significativo sui sistemi sanitari europei, sull’equità di accesso ai servizi, sugli standard di qualità e la garanzia di continuità assistenziale, nonché sui tempi di attesa. Dal punto di vista della garanzia di equità di accesso ai servizi e della continuità assistenziale, ad esempio, nel nostro Servizio sanitario nazionale decentrato, sarà importante monitorare il comportamento delle Regioni sia per quanto riguarda i servizi offerti sia il rimborso delle spese accessorie. Il livello centrale, tramite il ministero della Salute o l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dovrà coordinare, e monitorare, gli sforzi delle Regioni per garantire un’informazione adeguata e facilmente accessibile sia ai cittadini/pazienti sia agli operatori sanitari.

La direttiva apre le porte a una maggiore integrazione dei sistemi sanitari europei, offrendo più certezze ai cittadini sui loro diritti e doveri, con ricadute potenzialmente importanti nel lungo periodo soprattutto nelle zone di frontiera. I sistemi sanitari europei dovranno fare sforzi notevoli per consentire ai cittadini di esercitare effettivamente il diritto di ricevere assistenza sanitaria all’estero. Una maggiore mobilità sanitaria europea può essere un’opportunità per i paesi con i migliori standard di qualità dei servizi, e capaci di comunicare in modo efficace questa loro caratteristica ai cittadini residenti ed europei. Sarebbe, quindi, auspicabile che anche in Italia, così come sta avvenendo in altri paesi europei, si aprisse un dibattito sulle conseguenze della direttiva 2011/24/Ue.

(1) Direttiva 2011/24/Ue. Parliament and Council, Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. 2011, Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea. p. L88/45-L88/65.
(2) Tra le sentenze più importanti: Kohll C-158/96 (1998), Decker C-120/95 (1998), Smith e Peerbooms C-157/99 (2001), Watts C-37204 (2004).
(3) Wismar, M., et al., eds. “Cross-border health care in the European Union – Mapping and analyzing practices and policies”, ed. Osservatorio Europeo sui Sistemi e le Politiche Sanitarie. 2011, World Heath Organization.
(4) The Gallup Organization, “Cross-border health services in the EU – Analytical report”, in Flash Eurobarometer series n.210. 2007, European Commission.
(5) Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche sociali, “Relazione sullo stato sanitario del Paese – 2007/2008”. http://www.salute.gov.it/pubblicazioni/ppRisultatiRSSP.jsp
(6) Ovvero la differenza tra i crediti maturati con altri paesi europei per prestazioni erogate in Italia a cittadini europei e i debiti contratti per prestazioni erogate a cittadini italiani in altri paesi europei.

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  1. Daniela Goitan

    Sono originaria di Trieste ma ora abito in Lombardia. Da sempre, noi abitanti di confine, abbiamo potuto constatare lo stato di miseria professionale degli odontoiatri italiani e l’esosità dei prezzi sugli interventi dentistici italiani in confronto alla superiore qualità e minore costo dei medici dentisti sloveni o croati. Siamo da sempre noi triestini fruitori di questo turismo sanitario con soddisfazione per i nostri sorrisi e le nostre tasche ma con enorme tristezza per il permanere di questo stato di cose.

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