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RIFORMIAMO IL REFERENDUM

Sembra quasi paradossale che alcune forze politiche invitino gli elettori a non votare sui quesiti referendari. Ma è un effetto del modo in cui la legge sul referendum è disegnata. Basterebbe adottare il sistema tedesco per eliminare l’anomalia italiana. Vincerebbe sempre l’opzione desiderata dalla maggioranza degli aventi diritto al voto. E avremmo un dibattito e un’informazione più ricchi oltre a una partecipazione ampia dei cittadini al processo decisionale: tutti sintomi di vitalità di una democrazia.

Uno dei principi più vecchi della democrazia è che i cittadini e i politici che li rappresentano debbano confrontare le proprie posizioni in modo aperto e affrontare la scelta dopo aver discusso e difeso pubblicamente le proprie ragioni. Questa scelta in un sistema democratico si estrinseca nel voto. Dal principio discende l’idea che una elevata partecipazione dei cittadini alle scelte sia un bene in sé perché favorisce una miglior rappresentazione della “volontà generale” cara a Rousseau: la partecipazione al voto è così diventata una manifestazione del grado di civismo della comunità con cui infatti viene talvolta misurato.  

IL NODO DEL QUORUM

Sotto questo aspetto è paradossale che possano esistere partiti o forze politiche che di fronte a un quesito referendario invitino l’elettorato a non votare. Ma è quanto accade oggi con i referendum sul nucleare, la privatizzazione dell’acqua e sul legittimo impedimento e quanto è accaduto ripetutamente in passato, con inviti talvolta da destra, talaltra da sinistra, a seconda dell’argomento. Si assiste al fatto che una parte consistente, non dei cittadini ma del corpo politico, fugge dal confronto e invita al non voto. La speranza è che non si raggiunga il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto e la decisione penda quindi da una parte – lo status quo, il mantenimento della legge esistente. Nel nostro ordinamento, infatti, con i referendum si possono abolire ma non approvare le leggi. L’esistenza di un quorum offre a chi fosse contrario alla abrogazione la possibilità del non-confronto e dell’invito al non voto: l’arma non è disponibile a chi propugna l’abrogazione.
Ma il ricorso a questa strategia è il riflesso del modo in cui la legge sul referendum è disegnata ed è pertanto correggibile. Esiste un modo per eliminare questo incentivo e indurre invece i partiti a fare effettivamente quello che conclamano a parole – invitare sempre i cittadini ad andare a votare? Qui avanziamo una proposta di riforma del quorum che raggiunge questo obiettivo. 

REFERENDUM ALLA TEDESCA

L’anomalia italiana è dovuta alla forma del particolare tipo di quorum scelto dal legislatore. Verrebbe automaticamente eliminata se l’Italia adottasse le regole di voto ai referendum della Germania.
Il sistema italiano richiede affinché il referendum sia valido che almeno il cinquanta per cento degli aventi diritto vadano a votare; una volta accertato il requisito di validità, le norme sottoposte a referendum vengono abrogate se la maggioranza dei votanti si esprime a favore dell’abrogazione.
In Germania la regola di validità di un referendum abrogativo è che almeno il 25 per cento degli aventi diritto al voto si esprimano a favore dell’abrogazione e, una volta accertata questa condizione, il numero di “sì” deve essere comunque più alto del numero di “no” per ottenere l’abrogazione della norma. La ragione per cui le regole tedesche scoraggiano la strategia del non-voto è semplice: se si sospetta che più di un quarto degli aventi diritto possano essere favorevoli alla abrogazione (e gli altri contrari, indecisi o disinformati), in un sistema alla tedesca perseguire la strategia del non voto significa assicurare la vittoria degli “abrogazionisti”. Chi si oppone alla abrogazione di una norma non ha dunque nessuna convenienza a chiedere ai contrari di astenersi non andando alle urne. Deve invece indurli ad andare a votare e deve palesare le proprie argomentazioni per convincere gli indecisi e magari anche far cambiare opinione ai favorevoli alla abrogazione. Ne risulterebbero confronti referendari ricchi di informazione, molto competitivi e agguerriti: un po’ come successe in Italia ai tempi del referendum sul divorzio. L’intensità del dibattito, la ricchezza dell’informazione, la partecipazione ampia al processo decisionale dei cittadini sono tutti sintomi di vitalità di una democrazia. Il meccanismo avrebbe l’effetto di dissuadere partiti e gruppi di pressione dall’adozione di pratiche che alla lunga diseducano i cittadini.
Ne segue che se si adottasse il sistema tedesco l’alternativa vincente sarebbe sempre quella desiderata dalla maggioranza degli aventi diritto al voto. Al contrario, nel nostro sistema attuale può succedere che lo status quo prevalga nonostante la maggioranza sia a favore dell’abrogazione di una norma, e può persino succedere che passi l’abrogazione di una norma che invece godrebbe del supporto della maggioranza dei cittadini. Paradossalmente, il quorum approvativo alla tedesca ottiene anche la massima partecipazione, che è l’obiettivo dichiarato, ma strategicamente disatteso, delle regole vigenti.
La questione che stiamo sollevando non riguarda l’opportunità di cambiare gli incentivi a votare nel referendum alle porte, ma riguarda invece le nostre possibilità future di usare i referendum in modo giusto e non distorto, sia quando i referendum saranno richiesti per l’abrogazione di norme scelte da governi di destra sia quando le parti saranno invertite.

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27 commenti

  1. Carlo Turco

    Pienamente d’accordo con la proposta, mi sembra però che andrebbero modificate altre cose nel nostro referendum: a) il requisito del numero di firme necessario a promuovere un referendum dovrebbe essere elevato (raddoppiato?) per evitarne una "inflazione"; b) si dovrebbe imporre come regola, ogni volta che sia possibile, l’abbinamento delle consultazioni referendarie a sessioni di elezioni, politiche o amministrative che siano; c) le proposte abrogative dovrebbero riguardare provvedimenti legislativi interi o, quanto meno, articoli di legge completi, per evitare che attraverso abrogazione di "spezzoni" di articoli – addirittura punteggiatura o congiunzioni, come avvenuto in passato – un provvedimento venga trasformato nel suo contrario. Insomma, riportare il referendum abrogativo a ciò che è previsto dalla Costituzione, senza stiracchiamenti e forzature interpretativi.

  2. Alessandro Stenico

    Nella legislazione nazionale tedesca lo strumento del referendum, non è previsto a livello statale, mentre a livello regionale gli esempi sono diversi. La Baviera è stata la prima regione a prevedere lo strumento della democrazia diretta. A livello regionale funziona in modo diverso con due passaggi legislativi, una prima raccolta delle firme ed una seconda più massiccia del 10% del corpo elettorale in un arco temporale molto breve, se il testo non è stato ripreso positivamente dall’organo legislativo. A livello comunale esistono vari modelli, anche quello del quorum affermativo del 25%. Per quel che riguarda la nostra legislazione sarebbe opportuno aumentare il numero dei sottoscrittori ad almeno fino al 2,5% del corpo elettorale ed abolirei il quorum partecipativo, come nella vicina Confederazione elvetica.

  3. Claudio Lando Paoletti

    Interessante ragionamento e per la maggior parte condivisibile. In Italia da circa 10 anni, l’Istituto referendario è in crisi. Secondo me le ragioni principali sono due: argomenti di scarso interesse e "sdegno" degli italiani per il comportamento dei politici, di destra, sinistra e centro, che hanno ribaltato, anni orsono, alcune chiare ed importanti decisioni referendarie. Si tratta del contributo in soldi ai partiti politici, che gli italiani volevano abolire o grandemente limitare e della responsabilità civile dei giudici, che si è trovato il modo di rendere molto, ma molto impraticabile e limitatissima. Quest’ultimo è argomento delicato, ma a parer mio, mai lo si è affrontato con il necessario approfondimento e la necessaria serenità. Quando un cittadino vota e si esprime chiaramente e, vede i propri governanti e Legislatori fare l’esatto contrario di come si è espresso, sicuramente si allontana dalla "politica" e dai momenti partecipativi diretti. I referendum del 12 1 13 Giugno 2011 rischiano di scontrarsi con il sentimento di "disamore" alla politica sopra descritto. Sul nucleare poi, mi pare che i cittadini si erano chiaramente espressi; c’era bisogno di interpellarli nuovamente?

  4. Andrea

    Sveglia gente! La riforma del referendm non si farà mai! Forse ci sarà la sua abbrogazione, con la scusa di far risparmiare quattro soldi alla cassa dello Stato, ma lo volete capire che non vogliono la nostra opinione? Che il nucleare è antieconomico, oltre che relativamente pericoloso, lo sanno anche i sassi. E quanti italiani secondo voi potrebbero essere d’accordo con l’immunità o il legittimo inpedimento per i nostri politici? Il 2, forse il 3%? La Casta non permetterà mai che i loro privilegi vengano messi in discussione, così come non aboliranno le province, non cancelleranno gli enti inutili, non ridurranno le auto blu, non sopprimenranno i comuni sotto i 2000 abitanti e non faranno mai le riforme strutturali. E soprattutto non verranno a chiederci cosa ne pensiamo.

  5. christian penso

    Bene le proposte che offrite alla discussione. Ne aggiungerei una terza: raddoppiare il numero di firme necessarie a convocare i referndum, portandole dunque a 1 milione, e abolire il quorum. In questo modo se non c’è sul tema una attenzione tale da indurre i cittadini ad uscire di casa per firmare non si mette in moto la costosa macchina delle urne. Se invece l’attenzione c’è, allora decide chi va a votare e chi non vota non vede i sostenitori del "no" appropriarsi della sua astensione ma di fatto delega la decisione ai votanti.

  6. tommaso

    Sarebbe ora di abolire il quorum

  7. luciano pontiroli

    Tecnicamente la proposta sembra sensata, ma deve essere approfondita nei dettagli (nei quali, com’è noto, il diavolo se la spassa). Mi sembra plausibile che l’eliminazione del quorum degli aventi diritto induca maggiore partecipazione, ma è ovvio che occorrono correttivi perché attribuire al 25% degli elettori il potere di abrogare una legge non equivale a permettere che vinca l’opzione desiderata dalla maggioranza degli aventi diritto. Per altro verso, a me pare che non ci si debba scandalizzare se alcune forze politiche invitino gli elettori ad astenersi dal voto su quesiti complessi, poco chiari, le cui conseguenze non sono palesi. Se la validità del referendum è subordinata alla partecipazione di un determinato numero di aventi diritto al voto, l’astensione è un mezzo legittimo per opporsi a giochi politici il cui scopo, in definitiva, è di contrastare il funzionamento della democrazia rappresentativa.

  8. Lorenzo Mele

    In Italia il problema non è solo il raggiungimento del quorum, da tanti anni assente, ma anche lo spirito con cui i referendum vengono ideati e proposti. A mio parere, dovrebbe essere alzata la soglia di firme, per rendere la richiesta di referendum come una più credibile espressione della volontà popolare. Inoltre, i cittadini dovrebbero davvero esprimersi su intere leggi e non su singoli articoli, altrimenti si rischia di distorcere il significato di provvedimenti legislativi più complessi. Infine, la combinazione degli appuntamenti elettorali dovrebbe rientrare nell’etica di tutti i partiti, ma a quanto pare questa etica viene espressa solo quando fa comodo.

  9. lucio

    A mio parere il paradosso di cui si parla nasce dal principio da cui si parte. Ai tempi di Rousseau non votava nessuno, e poterlo fare era giustamente considerato l’unico modo per partecipare alla vita di una democrazia. Oggi votiamo tutti, quindi astenersi è solo un nuovo tipo di partecipazione. Il cittadino che non si reca alle urne esprime la sua posizione politica come quello che vota. Chi non partecipa ad un referendum, esprime dissenso verso quella chiamata alle urne. Il punto, mi pare, è che alcuni sognano una democrazia più partecipativa, dove i cittadini siano continuamente chiamati a discutere e decidere come se non avessero nient’altro da fare. Invece altri sognano una democrazia più rappresentativa, dove una volta eletti i rappresentanti, questi facciano davvero il loro dovere, mentre gli altri cittadini possono ritornare alle proprie occupazioni. In Italia, per parlare solo di governo centrale, ci sono già un migliaio di parlamentari ben retribuiti, ma altamente inefficienti. Logico che per molti cittadini la priorità sia riformare il Parlamento non l’istituto referendario, che tra l’altro è ampiamente abusato.

  10. Alessandro Novellini

    Sono completamente d’accordo con il modello tedesco sul quorum al 25%. Mi stupisco che l’Italia non lo abbia da tempo adottato. Purtroppo da noi la democrazia è sempre in ritardo.

  11. Giunio Luzzatto

    Condivido la proposta, e aggiungo un argomento che motiva il 25%: già oggi, si ha l’abrogazione se vota il 50% + 1 degli aventi diritto, e se il 25% + 1 di tali aventi diritto vota SI’. Assurdamente, se uno solo dei votanti NO avesse scelto di non esprimersi, l’abrogazione non ci sarebbe! Rilevo inoltre che la sollecitazione pubblica al non voto compromette gravemente la segretezza delle scelte. Nel Referendum sulla fecondazione assistita la Chiesa fece una decisa campagna per la non partecipazione; chi andava a votare pubblicizzava il suo non allineamento sulle indicazioni ecclesiastiche, il che può creare problemi (es: gli insegnanti di religione che per il loro lavoro dipendono dal gradimento del Vescovo). Questa proposta ha natura costituzionale: richiede tempi lunghi. Una legge ordinaria può comunque ridurre il danno dovuto al fatto che chi all’estero ha la cittadinanza italiana e magari non sa neanche di averla è automaticamente elettore: anche nelle elezioni politiche vota solo una minima parte dei tre milioni di aventi diritto. Se si stabilisse che per votare occorre iscriversi alle liste elettorali, una grande massa di non votanti che pesano sul quorum verrebbe a mancare.

  12. Marco

    Info da web. A Berlino con referendum si è votato un ritorno all’acqua pubblica, dopo una privatizzazione che aveva fatto crescere del 35% le tariffe (senza rendere l’acqua più saporita). Una minoranza attiva (27% dei votanti) ha stravinto il ref. locale, imponendo la ri-pubblicizazione. Se si raggiungesse il quorum sull’acqua, e i Si vincessero, gli italiani direbbero che non credono che la sola soluzione per una gestione efficiente di un bene pubblico essenziale, erogabile solo in monopolio, sia privatizzarlo. La forza del ref. su leggi nazionali è maggiore (in Germania sono solo ref. locali). Il referendum non è sempre promosso da chi vuole cambiare. Si pensi al divorzio: promosso dai conservatori che volevano abrogare la legge, votato dall’88% di aventi diritto, vinto dai "No" con il 59%. Non si tratta forse di un esempio di civismo almeno pari a quello di una singola città? Che cosa direbbe Rousseau oggi su questo, e sull’Europa? La democrazia è di chi gioca la partita o di chi non scende in campo, cioè non va a votare? E quale sarebbe l’impatto di una riduzione del quorum? Più o meno cittadini attivi, che chiedono + informazioni, leggono, ragionano, scelgono? (sul serio)

  13. davide rossi

    Non credo che il sistema referendario italiano non funzioni nel modo che si deduce dall’articolo. Le differenze tra il sistema tedesco e quello italiano sono radicali e non solo circoscritte ai quorum necessari per raggiungere la validità dei referendum. Che venga chiesto ai cittadini di espirmersi sull’operato di chi dovrebbe rappresentarli, è sicuramente un fatto positivo. Tuttavia come al solito in italia si sbagliano i toni. Bisogna dare ai cittadini la possibilità di pensare con la propria testa, spiegare cosa vanno a votare e non chiedere di sposare un’idea politica. I quesiti referendari sono interessanti, ma quanti cittadini hanno coscienza di cosa viene racchiuso all’interno dei quesiti? Bisogna fare informazione per far sviluppare un’opinione alle persone, non strumentalizzare ogni cosa.

  14. BRUNELLA

    Dal 1974 al 1995 (tranne un paio di volte) si è sempre raggiunto il quorum. Prima non andare a votare era quasi inammissibile, si sentiva non solo come diritto, ma come dovere!!! In questi anni, con la discesa in campo di Berlusconi, la politica ha sempre, sempre remato contro i referendum, svilendoli del loro valore ed essendo diventata la Tv (almeno finora) l’unico elemento trascinante, la politica trainata da Berlusconi ha sempre raggiunto i propri scopi. Ci hanno propinato la menzogna che gli italiani fossero stanchi di andare a votare per referendum inutili, sostenendo che anche non votare è un diritto. E questo ha fatto scaturire la parte peggiore della gente, cittadini italiani, che ha rinunciato all’unico vero elemento che abbiamo a disposizione per poter far sentire la nostra voce e per cambiare le cose: il voto!!!

  15. Salvatore De Felice

    Credo che la cosa più equa, numericamente parlando, sia quella di poter abrograre una norma, votata da una assemblea legislativa, solamente con un numero di voti superiore almeno di una unità della maggioranza con cui quella fu approvata. Mi spiego meglio. Se una norma viene approvata da una qualsiasi assemblea legislativa che in quel momento rappresenta il 45% o del 50,1% dei voti validi in altri casi, ciò significa 45 o 51 voti validi. Concludo che per abrogare quella norma occorrono, nel primo caso 46 voti su cento validi e nel secondo caso 52 voti. È complesso sicuramente, ma molto meno dei vari Mttarellum o porcellum. Secondo me il problema non è di carattere artmetico, ma di volontà di realizzare una entità numerica che deve essere superioire a quella con cui una norma è stata approvata.

  16. Paolo Pezzuoli

    Prendo spunto dai commenti precedenti per proporre un notevole incremento delle firme (non meno di 2 milioni), l’abolizione del quorum o la sua riduzione ad una bassa percentuale (20% va bene), e l’obbligo di diffondere in maniera ufficiale e chiara gli effetti dell’eventuale abrogazione riportando il complesso legislativo vigente e quello che ne scaturirebbe dopo l’abrogazione. Non sarebbe male poi disporre anche di referendum propositivi, senza valenza di legge, ma che servano solo a proporre testi di legge all’esame del parlamento. Per questo, vista la minore valenza, si potrebbero iniziare a sperimentare votazioni di tipo differente (elettronico, senza seggi elettorali ed a bassissimo costo), o, più semplicemente, una raccolta di firme informatica, a cura e costo dei proponenti, che, opportunamente certificate, e dopo aver raggiunto entro tempi definiti un numero significativo di adesioni (2 milioni), ufficializzino la proposta.

  17. Henri Schmit

    Il referendum è e, secondo me , deve rimanere, uno strumento straordinario, giustamente limitato a scopi abrogativi. Accettate questa premessa, è giusto chiedersi semmai se il numero di firme necessarie a promuovere un referendum non dovrebbe essere più alto. Sarebbe invece pericoloso adottare un sistema locale tedesco che, per far vincere una proposta referendaria, si accontenta di un voto positivo del 25% degli aventi diritto; tale soluzione permetterebbe troppo facilmente il superamento della soglia per un quesito straordinario su un tema importante che dovrebbe motivare una parte importante dell’elettorato, appunto la metà degli iscritti, a recarsi alle urne. Il altre parole, il modello italiano di referendum, accettate le premesse sopra ricordate, è fatto meglio di tanti altri.
    Gli abusi del referendum, magari graditi e simpatici (siamo quasi tutti d’accordo per abrogare leggi ad personam e altre bestialità come l’attuale legge elettorale), alla fine nuocono alla democrazia (moderata, liberale, rappresentativa): è giusto per uno strumento straordinario, a scopo abrogativo, da utilizzare su temi importanti tali da interessare la maggior parte degli elettori e di cui il quorum di partecipazione è giustamente un criterio essenziale di validità, chiedere o permettere l’abbinamento di più quesiti in un solo turno referendario? Penso di no, e penso che sia sbagliato approfittare dell’emozione creata da Fukujima per raggiungere il quorum sui quesiti per l’acqua o peggio ancora su quello per il legittimo impedimento. A più forte ragione sarebbe sbagliato creare un election day per tenere una pluralità di referendum insieme alla elezioni politiche, o peggio, ad alcune elezioni locali.
    Il vero problema è il parlamento, il sistema elettorale. Vent’anni fa c’è stato un referendum su questo tema con l’obiettivo dichiarato di creare un sistema elettorale maggioritario. La Repubblica italiana è nata su un delicato equilibrio fra forze eterogenee, cattolici e laici, liberali e statalisti (che si chiamavano comunisti ), tutti “vincitori” della guerra civile contro l’altra Italia fascista collusa con l’invasore; era inevitabile e “giusto” scegliere un modello consensuale e partitocratico con una legge elettorale proporzionale. Oggi, almeno dalla fine degli anni 80, i presupposti di questo modello sono superati. La Francia che dopo la guerra era in una situazione non molto diversa , ha fatto il salto (in realtà un salto verso un suo passato più liberale e più efficiente) nel 1958. Con il referendum “Segni” l’Italia aveva fatto un primo passo nella direzione giusta per sprofondare subito dopo in un nuovo manicheismo irrazionale alimentato, per ragioni ben precise che tutti sappiamo, da una persona. Il vero problema non è il referendum, ma la legge elettorale; e se non sarà maggioritaria, rimarremo inchiodati nelle logiche antiquate del dopoguerra.

  18. Enzo Trentin

    Visto il principio di mandato è assurdo introdurre quorum di partecipazione al processo decisionale diretto. I cittadini che non prendono parte ad una votazione sono considerati come se avessero dato un mandato a coloro che vi partecipano. Se si introducono quorum alla partecipazione si apre la porta ad azioni di boicottaggio da parte delle minoranze. Supponiamo per esempio che vi sia un quorum di partecipazione del 40% e che il 60% degli elettori voglia votare. All’interno del gruppo desideroso di votare, il 55% sostiene la proposta oggetto del voto e il 45% vi si oppone. Gli oppositori non possono vincere la consultazione se prenderanno parte al referendum. Ma se rimangono a casa però possono prevalere, perché allora il quorum del 40% non verrà raggiunto e la proposta verrà respinta contro la volontà della maggioranza. Abbiamo visto che il mandato parlamentare non è che una forma derivata del mandato ricevuto dagli elettori effettivi nel processo decisionale diretto-democratico. Un Parlamento contiene in media solo il 0,003% della popolazione eppure esso può sempre prendere decisioni. Ciò vale anche per i Comuni e le Province. Quindi non ha senso introdurre d’un tratto un quorum di partecipazione del 20% o 40% per il parlamento ad hoc formatosi con il referendum. L’errore che viene fatto con i quorum di partecipazione è che le persone che rimangono a casa sono computate o come sostenitori o come oppositori (a seconda del referendum). In realtà essi hanno scelto di non esprimere le proprie opinioni. Questo deve essere rispettato.
    Infine possiamo anche notare che l’affluenza ad un referendum non deve essere confrontata con l’affluenza alle elezioni. Nelle elezioni le questioni di ogni tipo sono all’ordine del giorno o manifeste nei partiti: quelle correnti e anche tutti i nuovi argomenti che potrebbero presentarsi nei prossimi quattro o cinque anni. Un referendum ha una sola questione specifica all’ordine del giorno, quindi è logico che l’affluenza a questo sia inferiore a quella per le elezioni. Talvolta vengono addotte argomentazioni a favore di un quorum basso, proprio per evitare possibili boicottaggi. Comunque anche questo punto di vista è illogico. Un quorum o è così basso che è destinato ad essere raggiunto – allora per essere sicuri il boicottaggio viene escluso, ma al tempo stesso il quorum è inutile – oppure il quorum è così alto che è improbabile che venga mai raggiunto: quindi è possibile il boicottaggio. Tertium non datur.

  19. salvatore acocella

    Non so perché la Costituzione italiana preveda il Quorum del 50% e non come in Germania. Però, con un po’ di andreottiana malizia, ritengo che anche allora i Costituenti-politici pensassero di come condizionare la popolazione italiana – notoriamente disinteressata, che delega volentieri per dedicarsi al "calcio", che evita decisioni per non essere coinvolta, che evita di pensare – per fare meglio i propri comodi, come mi pare sia "lapalissiano" al mondo intero. Le difficoltà inventate per far astenere la popolazione (oramai non più "sanza lettere") da decisioni cruciali, adesso è al massimo: credo che lin Italia viga:"una finta democrazia rappresentativa (cioè delegata), con caratteristiche "dittatoriali". Questo è quanto!

  20. Anna

    Sono d’accordo con questa proposta di riforma specialmente per una ragione,già presente sottotraccia nell’articolo:disincentivando la partecipazione dei contrari all’abrogazione il nostro sistema referendario disincentiva le parti in campo a dare un’informazione completa e corretta delle questioni sul tavolo.In occasione di questo referendum mi ha colpito non solo la mancanza totale di informazione in certe reti,ma anche il modo sbagliato di farla non solo a destra ma anche a sinistra.Prova emblematica è rappresentata dal secondo quesito sull’acqua,divenuto per i promotori del sì quasi un figlio minore del primo quesito, quindi liquidabile nello slogan "no alla privatizzazione dell’acqua",e per i promotori del no o dell’astensione il vessilllo del libero mercato. Penso dunque che la proposta di riforma dei due autori possa essere beneficio non solo per l’istituto della democrazia diretta ma anche per l’informazione,che sia libera e corretta.

  21. Paolo

    Concordo con la necessità di riformare il referendum, e con alcuni dei commenti. Riassumo la mia opinione:
    1. Togliere il quorum, così come non c’è sui referendum costituzionali, ripristinando il principio che decide chi vota, chi si esprime, non chi si astiene. Infatti occorre sfatare l’idea che l’astensione sia un’espressione politica: chi tace, tace. In questo modo la partecipazione probabilmente potrebbe tornare a crescere. Non capisco invece perché per abrogare una legge si dovrebbe raggiungere il 25% del corpo elettorale: perché proprio quella percentuale? a quale principio ci si ispira?
    2. Innalzare il numero delle firme (500.000 sono poche oggi, perché questo numero fu stabilito nel 1948, quando il corpo elettorale era notevolmente più piccolo di quello attuale e in più mancavano le classi da 18 a 21 anni).
    3. Sottoporre soltanto una legge per intero, evitando referendun "manipolativi", che costringono la Corte costituzionale ad analisi minuziose e "difficili".
    4. Sottoporre il quesito alla Corte prima della raccolta delle firme, da parte dei Comitati promotori.

  22. Maurizio Pezzolo

    Il sistema tedesco sembra efficace, sopratutto perché disinnesca l’arruolamento fra i contrari all’abrogazione degli elettori indifferenti al tema referendario, con la conseguente irragionevole distorsione del risultato. Più flessibile potrebbe essere una modulazione fra il numero di firme necessarie per indire la consultazione, l’affluenza e la maggioranza (eventuale) dei sì. In particolare affluenza e maggioranza potrebbero essere legate in modo da richiedere maggioranze via via più qualificate per affluenze inferiori ad un certo valore, tipicamente ma non necessariamente il 50%. Ad esempio: – affluenza sopra il 50%: maggioranza semplice – affluenza fra 40% e 50%: maggioranza superiore al 60% – affluenza fra 30% e 40%: maggioranza superiore al 70% In questo modo minoranze motivate potrebbero incidere positivamente in società afflitte da poteri astuti e invasivi che trovano comodo coltivare maggioranze indifferenti e amorfe.

  23. Claudio Pagnani

    Mi sono posto spesso questa domanda e ancor prima di leggere l’articolo di Guiso e Morelli, pensavo già ad una soluzione come questa. O meglio per dirla interamente, pensavo di abolire il quorum e invitare così i cittadini a partecipare in massa per esprimere la propria scelta!!!

  24. Adronio

    C’è un principio democratico fondamentale: chi non vota non conta . Se uno si astiene, peggio per lui. Per cui il quorum va abolito, senza tante complicazioni.

  25. Roberto Fiacchi

    Anche nel caso della legislazione sui referendum penso si debba rilevare come ancora i cittadini in Italia non vengano considerati maggiorenni: Mi spiego meglio: dal momento che almeno i 500.000 cittadini previsti firmano per un referendum, il normale rispetto vorrebbe che fosse ragione sufficiente per rendere valida una conseguente votazione, indipendentemente dallla percentuale dei votanti, ferme restando le valutazioni degli Organi Istituzionale preposti per la ammissibilità. Quando conviene infatti non vige forse la regoletta che gli assenti hanno sempre torto? Inoltre ritengo che sarebbe opportuno considerare la opportunità di prevedere anche referendum propositivi e non solo abrogativi. Le persone per crescere hanno bisogno di fiducia. Se lo slancio dimostrato nelle recenti consultazioni proseguirà e si rafforzerà, probabilmente si riuscirà ad intraprendere una strada di maggiore partecipazione e, quindi, di civiltà. In bocca al lupo a tutti noi.

  26. gmn

    E adesso che abbiamo raggiunto il quorum, non è il caso di riparlarne? il sistema tedesco è geniale, introduce il concetto di "minoranza qualificata", ovvero di minoranza legittimata ad abrogare per palese delega della maggioranza che è poi quello che succede correntemente salvo che una altrettanto agguerrita minoranza non si dimostri più consistente (e così si arriva al 50% +1).

  27. marcello giappichelli

    Ma una cosa abbastanza ovvia come questa vi sembra possibile in un parlamento come questo ?
    marcello

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