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E NESSUNO PENSA ALLA FAMIGLIA

Il primo rapporto Ocse sul benessere familiare mette in evidenza tutti i ritardi italiani in fatto di occupazione femminile, tasso di fertilità e tasso di povertà infantile. Non stupisce, vista la cronica assenza di servizi per le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano e la rigidità degli orari di lavoro. Ma i rilievi dell’Ocse non sono certo una novità. Il problema è che mentre nel Nord Europa da trent’anni si investe in serie politiche della famiglia, in Italia nessuno sembra preoccuparsi di questi gravi problemi.

È stato diffuso il 27 aprile il primo rapporto Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sul benessere familiare, Doing Better for Families dedicato alle politiche per la famiglia.
Il rapporto mostra come l’Italia sia ben al di sotto della media Ocse rispetto a tre aspetti cruciali: occupazione femminile, tasso di fertilità e tasso di povertà infantile.

DONNE E LAVORO

Mentre l’occupazione femminile nell’area Ocse è aumentata di oltre 10 punti percentuali negli ultimi quindici anni, arrivando a quasi il 60 per cento nel 2009, in Italia il tasso di occupazione femminile è pari al 48 per cento, dato non diverso da quello registrato all’inizio del decennio. I maggiori problemi per le donne italiane nascono, ancora, dalla difficoltà a conciliare lavoro e famiglia. Una difficoltà che mette le donne (e ancora solo loro) di fronte alla scelta tra avere un lavoro e avere dei figli. Il risultato è che sia il tasso di occupazione femminile sia il tasso di natalità continuano a rimanere bassi.
Da ormai un decennio i tassi di fecondità in Italia si sono assestati intorno a 1,4 figli per donna. In attesa di una condizione lavorativa più stabile, i giovani postpongono sempre di più l’età in cui hanno il primo figlio e così la probabilità di non avere figli o di averne uno solo aumenta.
Il terzo nodo cruciale è la povertà infantile, il cui tasso, in Italia, si attesta al 15 per cento. La percentuale sale però al 22 per cento quando solo uno dei due genitori ha un lavoro. Il lavoro delle madri è un importante strumento di protezione dei figli dal rischio di povertà.

Grafico 1. Occupazione della madre e rischio di povertà dei minori

Nei paesi dove le madri lavorano di più, i figli sono meno poveri. L’Italia, come si vede dal grafico 1, è uno dei paesi con più alti tassi di povertà e più bassi tassi di partecipazione. (1)
L’occupazione delle madri, se contribuisce a sostenere i redditi delle famiglie con figli, non sembra avere un effetto negativo sui risultati scolastici dei figli, soprattutto quando è sostenuta da una rete adeguata di servizi per l’infanzia.
Come emerge dai dati Invalsi, c’è una correlazione positiva tra partecipazione al lavoro e risultati scolastici in italiano per la seconda elementare. (2)

Grafico 2. Correlazione tra partecipazione femminile e risultati scolastici in italiano, seconda primaria

Fonte: Elaborazione dati Invalsi 2008-09.

FAMIGLIE ABBANDONATE DALLA POLITICA

Nel nostro paese, si spende solo circa l’1,4 per cento del Pil per le famiglie con bambini, contro una media dei paesi Ocse del 2,2 per cento. Solo il 12 per cento dei bambini al di sotto dei tre anni usufruiscono dei servizi pubbliciall’infanzia, mentre il numero degli asili aziendali è tutt’oggi molto ridotto.
Una volta a scuola, solo il 6 per cento dei bambini tra i sei e gli undici anni è iscritto a servizi di pre e dopo scuola, in parte a causa di finanziamenti ridotti. La flessibilità degli orari di lavoro svolge ancora un ruolo limitato nell’aiutare i genitori a conciliare lavoro e famiglia: meno del 50 per cento delle imprese con 10 o più dipendenti offre flessibilità ai propri dipendenti e il 60 per cento dei lavoratori dipendenti non è libero di variare il proprio orario di lavoro. La situazione è decisamente peggiorata con i tagli determinati dalla riforma della scuola, che ha ridotto sia l’occupazione femminile sia gli orari scolastici.
Con uno scarso accesso a servizi di pre e dopo scuola, per i genitori è complicato avere un lavoro a tempo pieno. L’alternativa è spesso un lavoro part-time, opzione scelta dal 31 per cento delle donne in Italia, ma solo dal 7 per cento degli uomini. Così, le donne finiscono per dedicare al lavoro non retribuito molto più tempo degli uomini: in media, più di cinque ore al giorno le donne e meno di due ore al giorno gli uomini. Si tratta della più ampia disparità di genere nei Paesi Ocse dopo Messico, Turchia e Portogallo.

Ma i dati riportati qui e nel rapporto Ocse non sono certo una novità: sono stati oggetto di molti studi e dibattuti in varie sedi. Proprio la coincidenza di queste tre problematiche era il focus della relazione sulla conciliazione presentato alla Conferenza nazionale della famiglia (a Firenze nel maggio 2007), organizzata dall’allora ministro della Famiglia Rosy Bindi. Da allora, le cose non sono cambiate, se mai, in assenza di interventi pubblici, sono peggiorate.(3)
L’Ocse, alla fine del rapporto, propone una serie di raccomandazioni ai governi dei paesi membri: aiutare le famiglie a conciliare impegni di lavoro e di cura della casa e dei figli attraverso un sistema integrato di congedo, cura e sostegno sul posto di lavoro per i genitori di bambini piccoli; progettare sistemi di congedo parentale che incoraggino anche i padri ad accrescere il loro impegno nelle responsabilità di custodia dei bambini; iniziare a investire nelle politiche per la famiglia; sostenere le famiglie povere con interventi progettati in modo da mantenere gli incentivi al lavoro.
Nella maggior parte dei paesi del Nord Europa si investe da un trentennio nella famiglia, con una visione lungimirante che riconosce le donne come importanti motori dell’economia, dove le famiglie in cui si lavora in due fanno da stimolo alla crescita dei servizi, nella convinzione che bambini meno poveri oggi vuol dire studenti migliori e adulti più preparati domani. In Italia invece nessuno sembra preoccuparsi di questi fenomeni né prendere in considerazione le raccomandazioni dell’Ocse o delle altre istituzioni che da anni raccomandano più interventi a favore delle famiglie. Anche nel Documento di economia e finanza di Tremonti non c’è alcun accenno a misure concrete per invertire queste tendenze così gravi.

 

(1) Del Boca D. e Mancini A. "Child poverty in Italy", Collegio Carlo Alberto 2011.
(2) Brilli Y., Del Boca D. e Pronzato C. “Exploring the role of Child Care in Italy”, Collegio Carlo Alberto 2011.
(3) Gli aspetti più importanti delle relazioni sulla famiglia e sui giovani alla Conferenza nazionale della famiglia di Firenze sono stati pubblicati nel volume Famiglie Sole di Daniela del Boca e Alessandro Rosina, Il Mulino 2009.

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LA RICERCA PERDUTA*

18 commenti

  1. Marino

    … Tanto è colpa dei gay che rubano le pensioni alle famiglie normali, no? L’ha detto Buttiglione…!

  2. mara

    Se le aziende fossero incentivate a concedere il part time, sarebbe già un grande aiuto alle esigenze di cura dei bambini. Sono impiegata da più di dieci anni in un’azienda, parte di un gruppo multinazionale, con una maggioranza di dipendenti donne. Il part time non è mai stato concesso.

  3. ermo

    Sarebbe utilissimo anche per gli uomini desiderosi di occuparsi di più dei figli.

  4. Vincesko

    I documenti economico-finanziari recenti del governo, in particolare il DEF col Programma Nazionale di Riforma (PNR) http://www.governo.it/backoffice/allegati/63229-6735.pdf (questa è l’analisi del DEF 2011 nell’audizione del Vice direttore gen. della Banca d’Italia http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/Visco-20110420.pdf ) prevedono, per ottenere il pareggio di bilancio nel 2014, un taglio delle spese del 7%, esigenza richiamata ieri dal governatore Draghi. Ne faranno le spese anche le famiglie. Occorre battersi maggiormente per cambiare le cose e divenire compiutamente europei. Le risorse sono sempre più scarse, spesso iniquamente distribuite: è necessario attingerle dai tanti privilegiati, in alto e in basso, e dalla fascia di popolazione più abbiente e/o più renitente ai doveri fiscali. Purtroppo ne fanno parte anche coloro che controllano buona parte dell’informazione e, attualmente, la produzione legislativa.

  5. justatraveller

    Bisogna imparare in questi tempi difficili ad autorganizzarsi, trovo l’esperienza dei genitori che si riuniscono insiemi a volenterosi professionisti una buona iniziativa. ho apprezzato il lavoro di questa associazione http://www.associanemanes.org

  6. pgdaviero

    Solo aumentare a 6000 euro anno il reddito rimanendo a carico del marito e ridurre del 50 per cento i contributi nei primi due anni di lavoro successivi alla nascita di un figlio sono politiche utili per incrementare rapidamente il lavoro femminile regolare rapidamente. Il raddopio degli assegni famigliari nei primi 3 anni di vita, da introdurre a partire dai nuovi nati dal 2012 completerebbe un buon intervento a favore della famiglia e della natalità.

  7. mirco

    Tanto è colpa dei gay che fanno la spesa all’I……a e ai supermercati. Mano nella mano. Come se senza figli (che poi è da vedere perchè ce ne sono con figli) le tasse per gli asili e la scuola le pagano anche loro.

  8. Lucia Sironi

    Anche su questo bel sito sono state fatte tante proposte per migliorare il benessere delle famiglie. Io che ho tre figli e lavoro penso in particolare ai servizi di cura, cioè scuole e asili nido funzionanti e ben organizzati (basti pensare al modo completamente fuori dal senso comune con cui sono organizzati i nidi). Poi è importante agire sulla flessibilità, ultimo ma non meno importante cambiare mentalità sia noi donne che gli uomini: la famiglia è un magnifico cammino da condividere. Purtroppo ai nostri governenti, che sulla carta sono tutti favorevoli alla famiglia (forse intendono solo la loro?), non muovono un solo dito anche per avviare progetti a costo zero. Il nostro futuro non può che soffrirne e i pochi figli che ancora si fanno, vista la decadenza dell’Italia, saranno destinati ad emigrare.

  9. AM

    Mio figlio e la moglie lavorano in città e risidedono fuori città. Non sono in grado per problemi di orari di inviare la figlia nella scuola elementare della località di residenza (manca un doposcuola idoneo). Abito in città a 100 metri da una scuola pubblica, ma mi è stata rifiutata l’iscrizione delle nipotina perchè priva di residenza. E’ stata costretta quindi ad iscriversi ad una scuola privata costosa e scomoda da raggiungere da parte dei nonni ai quali è affidato il compito di riaccompagnarla a casa.

  10. mariarosa viganò

    Le parole potrebbero essere tante, ma mi limito al detto :"Parlare bene e razzolare male"

  11. Lucia Vergano

    Riguardo all’apparente assenza di effetti negativi dell’occupazione delle madri sui risultati scolastici dei figli, mi chiedo se cio’ non dipenda anche dalla correlazione che potrebbe sussitere tra estrazione socio culturale, e conseguente livello di istruzione, delle madri e loro occupazione. Madri di estrazione socio-culturale,e pertanto di livello di istruzione, piu’ elevato potrebbero infatti probabilmente essere piu’ attente all’educazione dei loro figli e garantire loro l’accesso ai migliori percorsi formativi, non solo scolastici. Se cosí fosse, occorrerebbe confrontare gli affetti dell’occupazione delle madri sui risultati scolastici dei figli a parita’ di estrazione socio-culturale delle madri e di reddito famigliare. Inoltre, nelle comparazioni tra paesi, occorrerebbe considerare che, oltre a una differente diffusione del part-time, esistono modalita´ di organizzazione della giornata lavorativa profondamente differenti, che incidono sulle ore complessivamente trascorse fuori casa e conseguentemente con il tempo libero condiviso in famiglia.

  12. Laura

    La soluzione a questi problemi si chiama telelavoro: ma come si fa a convincere dirigenti vecchi dentro e che si beano di esercitare il controllo fisico sulle persone, che lavoratori/trici più felici (perché magari hanno tempo libero da dedicare, nelle ore giuste, ad affetti e hobby) sono anche più produttivi. E prolifici! Senza considerare l’impatto positivo su ambiente, aria delle città, traffico, sovraffollamento delle metropoli.

  13. giovanna chirumbolo

    E’ vero, l’Ocse non rivela nulla di nuovo e sono convinta che tra qualche tempo verranno pubblicati nuovi dati che ci confermeranno che la situazione non è cambiata. E visto che tutti abbiamo le idee chiare in merito sarebbe interessante informare i cittadini su che cosa sta facendo il governo centrale, ma anche quelli periferici, per affrontare un tema che di giorno in giorno diventa sempre più scottante. Certo alla base c’è un problema di scarsità di risorse e non mi rifersco a quelle umane.Lavoro nel settore dei minori da 23 anni, da 11 in quello dell’infanzia. Recentemente abbiamo costituito un gruppo di lavoro nell’ambito di Lega Coop che ha fatto uno studio sul tema culminato poi nelle pubblicazione di un libro dal titolo Cooperare per l’infanzia- una guida per lo sviluppo dei nidi e servizi integrativi nelle regioni del Mezzogiorno. L’idea di fondo era e continua ad essere quella di creare uno strumento di lavoro utile per cominciare ad AGIRE. Giovanna Chirumbolo,cooperativa Cepros Lamezia Terme (CZ)

  14. maria elena abbate

    … quando c’è da creare vere politiche per tutte le famiglie, quando c’è da organizzare e cacciare i soldi, siamo sempre gli ultimi! Mi piacciono molto i bei discorsi gonfi di paroloni ma non supportati da azioni concrete, proprio molto!!! Per non parlare del fatto che in questo strabenedetto paese o diventi mamma o lavori, aiuti zero, tutti se ne fregano delle mamme lavoratrici e delle loro necessità! che poi son le necessità della famiglia, non della mamma perchè il figlio non è solo della mamma. Poi ci dicono che facciamo pochi figli… Sfido io in una società così maschilista e ottusa…

  15. Thomas Magnum

    Salve a tutti, come consigliatomi sulla pag Facebook de La Voce, segnalo qui le mie riflessioni dopo la lettura di questo articolo, ringraziando sin d’ora quanti vorranno contribuire alla discussione. Saluti, TM Leonardiana

  16. BOLLI PASQUALE

    Berlusconi ha riferito di avere avuto grande assonanza con il Beato Wojtyla per quanto riguarda i valori della famiglia, del matrimonio e dei figli. A chi si riferisce? A se stesso o agli italiani? In ambedue i casi penso che non sia vero, oppure è vero, ma, a suo modo. Se molti dubbi sorgono per la situazione personale, per gli italiani non ci sono perplessità, ma certezze, visto quanto ha fatto il suo Governo. Le politiche per la famiglia sono inesistenti: non ci sono nè risorse, nè interesse. La cronica assenza di servizi per le famiglie in cui antrambi i genitori lavorano è un problema in via di soluzione perchè il lavoro, tra non molto, non ci sarà nè per uno, nè per entrambi i genitori. Di tasso di fertilità è meglio non parlarne, anche perchè l’attuale povertà infantile è già sufficiente. Non è vero, poi, che alla famiglia non ci pensa nessuno. A proposito, che intendiamo per famiglia? Il prof. Brian Powell, sociologo all’Università dell’Indiana, ha dimostrato che la famiglia non è più soltanto quella tradizionale, ma per sua definizione moderna, si presta a maggiori combinazioni. In Italia, purtroppo, la famiglia che prevale è quella politica a cui spettano privilegi, compensi e successioni ereditarie.

  17. franco

    Defiscalizziamo il part time: avremo piu’ occupazione e piu’ attenzione ai ragazzi in crescita, otterremo, secondo me, risultati migliori nella scuola e nella formazione del carattere. Invoglieremo a fare piu’ figli. Altrimenti avremo un buco demografico ed un certo declino economico.

  18. Ruggero

    Anni fa i dipendenti pubblici donne, madri di due figli, andavano in pensione dopo 19 anni, 6 mesi e un giorno. Questo ha contribuito al disastro della nostra previdenza attuale. Oggi si potrebbe prendere un provvedimento che persegue gli stessi obbiettivi ma non irresponsabile come fu quello, ovvero: tutte le lavoratrici donne, madri di almeno due figli, hanno diritto ad un lavoro part-time.

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