Lavoce.info

LA RICERCA PERDUTA*

Le difficoltà della ricerca clinica in Italia hanno varie cause. In primo luogo, la scarsità di risorse e la loro cattiva distribuzione. A cui si aggiungono i danni della mancanza di continuità dei programmi pubblici. Ma il caso emblematico del ritardo nel rinnovo di una commissione dell’Agenzia del farmaco mostra anche una sorta di assuefazione della comunità scientifica a situazioni inaccettabili. Una assuefazione che di fatto rappresenta una corresponsabilità. Non può essere solo il Presidente della Repubblica a difendere il ruolo della ricerca.

 

Un anno fa, ad aprile 2010, si teneva l’ultima riunione della Commissione ricerca e sviluppo (Crs) dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). La Commissione, che aveva il compito principale di supervisionare il programma Aifa di ricerca sui farmaci, era stata istituita cinque anni prima ed era quindi in scadenza. Nella sua attività era riuscita, caso un po’ unico nel panorama italiano, a garantire che ogni anno fosse effettuato il bando Aifa della ricerca indipendente sui farmaci. Era riuscita anche a garantire che i primi quattro bandi (2005-2008) si concludessero regolarmente, entro circa un anno dalla data di pubblicazione, e venissero approvati per il finanziamento 189 progetti, per uno stanziamento complessivo di circa 90 milioni di euro. A causa dell’interruzione dell’attività della Crs, l’ultimo bando, pubblicato nel 2009, deve ancora completare l’iter di valutazione finale dei progetti, dopo che la Crs uscente ha terminato nell’aprile 2010 la selezione delle lettere di intenti. I ricercatori coinvolti – che hanno sottomesso ad Aifa i loro protocolli di studio – non conoscono ancora la data prevista di conclusione del bando.

LE COLPE DELLA DISCONTINUITÀ

È ragionevole domandarsi se il ritardo nella rinomina di una commissione così rilevante sia solo il sintomo di un malfunzionamento interno all’Aifa. Non sembra sia così. Altre due commissioni che operano all’Aifa, la Commissione tecnico-scientifica (Cts) e il Comitato prezzi e rimborsi (Cpr), che pure erano in scadenza nel 2009, prima di Crs, sono state rinominate e operano a pieno regime. Certo, le due commissioni in questione si occupano di temi con rilevante impatto economico e di salute – dall’immissione in commercio dei farmaci alle modalità di rimborso nel Ssn – e questo forse spiega perché non c’è mai stata interruzione della loro attività.
Una riflessione sul caso della mancata rinomina della Crs è utile per capire meglio il grave stato della ricerca in Italia. Le due cause principali sono ben documentate: si investe poco (abbondantemente meno della media dei paesi Ocse), e quel poco è spesso maldistribuito, anche perché non si adottano diffusamente meccanismi di valutazione trasparenti che premino il merito.
Sulle riviste internazionali, tuttavia, viene richiamata anche un’altra causa, forse più indiretta, di difficoltà della ricerca: spesso i programmi pubblici di ricerca non hanno sufficiente continuità. La discontinuità, oltre ai danni diretti dovuti alla mancanza di fondi in alcuni periodi, ne produce altri indiretti non meno importanti. Innanzitutto, i ricercatori tendono a sviluppare comportamenti opportunisti (e accaparrarsi finanziamenti indipendentemente dalle necessità dei progetti in corso), mentre coloro che dovrebbero controllare sono meno impegnati ad attivare tutti i meccanismi utili al monitoraggio dello stato di avanzamento dei progetti. Un secondo aspetto, in parte collegato al precedente, è il danno alle infrastrutture necessarie a sostenere una ricerca affidabile e di buona qualità. La continuità dei finanziamenti rappresenta un incentivo per le strutture pubbliche e non profit ad attrezzarsi e consolidare lo sviluppo di unità di ricerca qualificate, creando anche opportunità di lavoro per i giovani ricercatori.
Ora, il caso dell’Aifa è in qualche modo emblematico. La mancanza di continuità è infatti il risultato congiunto di diversi malfunzionamenti. C’è innanzitutto una carenza del consiglio di amministrazione, che ha il compito di garantire la gestione dell’ente e quindi ha la responsabilità di non essere riuscito a (far) nominare la Crs. Fra l’altro, tre dei cinque componenti, incluso il presidente, sono professori universitari, capaci dunque di cogliere le necessità organizzative e tecniche che permettono alla ricerca di funzionare. Anche le Regioni condividono una forte responsabilità: non solo metà dei componenti della Crs sono di nomina regionale, ma due componenti del consiglio di amministrazione sono rappresentanti regionali (un assessore in carica della Regione Lombardia e l’ex assessore alla Sanità e politiche sociali dell’Emilia Romagna) che dovrebbero avere a cuore gli investimenti in ricerca se non altro come meccanismo di sviluppo regionale. C’è poi, inevitabile, un richiamo al ministro della Salute, il quale dovrebbe supervisionare il funzionamento dell’Aifa: è venuto a conoscenza del ritardo di oltre un anno nella nomina della Crs?

COMUNITÀ SCIENTIFICA CORRESPONSABILE

Se quelle esposte sono responsabilità istituzionali, ciò che forse colpisce di più chi, come il sottoscritto, ha lavorato per alcuni anni nell’ufficio ricerca e sviluppo dell’Aifa, è la mancanza di reazione da parte della comunità scientifica. (1)
Evidentemente questa situazione è considerata “normale”. Si diventa cioè assuefatti all’idea che possa non essere rinominata una commissione scientifica che garantiva uno standard di qualità di un programma di ricerca, che vi siano ritardi inammissibili nelle conclusioni di un bando, che non se ne pubblichino di nuovi e manchino quindi i finanziamenti per l’attività di ricerca.
Questa assuefazione rappresenta di fatto una corresponsabilità. Ritardi come quelli denunciati sarebbero inconcepibili in paesi come la Francia, il Regno Unito, la Germania, l’Olanda e così via, non solo perché in quei paesi funziona meglio la macchina pubblica, ma perché sarebbe la società civile, e nel nostro caso la comunità scientifica, a considerare del tutto inaccettabile un malfunzionamento così grave.
È tempo che la comunità dei ricercatori faccia sentire la propria voce. Non è pensabile che la principale difesa della ricerca sia rappresentata dalla voce, per quanto autorevole, alta e chiara, di un non addetto alla attività scientifica come il Presidente Napolitano.

* Le opinioni espresse dall’autore sono personali e non riflettono necessariamente quelle dell’istituzione di appartenenza.

(1) Dal 1º dicembre 2005 al 31 maggio 2009 sono stato responsabile dell’Ufficio ricerca e sviluppo dell’Aifa, con il compito di curare l’andamento del programma per la ricerca indipendente sui farmaci e di svolgere le funzioni di segreteria della Commissione ricerca e sviluppo dell’Aifa. Ho avuto quindi l’opportunità di seguire gran parte dell’iter dei quattro bandi annuali finora completati: dal primo, pubblicato nell’estate 2005 a quello del 2008, conclusosi nel giugno 2009.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  L'andamento lento dei fondi nazionali per la coesione*
Leggi anche:  Piani urbani integrati: quelli che restano nel Pnrr

Precedente

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

Successivo

DOMANDA DEL MATTINO

  1. Carlo Carminati

    Come si fa a parlare di "corresponsabilita’ della comunita’ dei ricercatori"? Il problema è generalizzato: basti pensare che il PRIN 2009 (!) ancora non è stato assegnato. Il mondo della ricerca trova ben poco spazio sui media (se non per venir sbeffeggiato), e anche quando si guadagna un trafiletto su qualche quotidiano l’effetto è pressoché nullo. Se il Governo tiene in poco o nessun conto la ricerca, i ricercatori possono far ben poco (a parte andarsene – cosa che molti han gia’ fatto).

  2. Salvatore

    Il dott.Masi esce dalla Rai dopo averla fatta precipitare negli ascolti e passa da 600.000 euro/anno a 700.000 euro/anno alla Consap. Il suo stipendio vale 12 ricercatori da 50.000 euro/anno. Come credete sia meglio spendere i soldi?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén