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TRE PAROLE SU LAMPEDUSA

La crisi nordafricana bussa alle porte dell’Europa. E a quelle dell’Italia in particolare, con il ministro Maroni che prevede l’arrivo di 80mila migranti. Mentre nelle cronache risuonano tre parole: clandestini, emergenza, Europa. Utilizzate a sproposito, come spesso accade. Perché ancora una volta messaggi propagandistici, speculazione politica, impreparazione voluta e retorica dell’emergenza prendono il posto di politiche serie e lungimiranti. Nel breve periodo, rendono di più.

 

La crisi nordafricana bussa alle porte dell’Europa. E in primo luogo a quelle dell’Italia, per posizione geografica e storia destinata a un ruolo di ponte tra le due sponde del Mediterraneo. Oltre 5.200 migranti sono sbarcati nel giro di pochi giorni a Lampedusa, e il ministro Maroni già ne calcola 80mila in procinto di arrivare, non sappiamo sulla base di quali informazioni. Tre parole risuonano insistentemente nelle cronache: clandestini, emergenza, Europa. Proviamo ad analizzarle con l’aiuto di qualche dato.

CLANDESTINI O RIFUGIATI?

Anzitutto, l’etichetta di “clandestini”, applicata senza distinzione ai migranti che arrivano dal mare senza le prescritte autorizzazioni, appare una sorta di criminalizzazione preventiva di massa. Tutte le crisi internazionali provocano ondate di profughi, ma se siamo disposti a chiamare “rifugiati” i richiedenti asilo che partono dall’Afghanistan (calcolati in 2,9 milioni nel 2009) o dall’Iraq (1,8 milioni) e si dirigono verso i paesi confinanti, diventiamo molto più severi quando i flussi si dirigono verso il nostro paese. Bisognerebbe forse ricordare che l’80 per cento dei rifugiati si ferma nel cosiddetto Terzo Mondo, noi ne accogliamo modeste percentuali.
Il termine “clandestini” nasconde quindi i richiedenti asilo legittimi. In Italia nel 2008, anno di picco per gli sbarchi con oltre 30mila casi, il 75 per cento aveva presentato una domanda d’asilo e circa la metà è riuscito a ottenere una forma di protezione internazionale. Dunque, uno sbarcato su due è stato ritenuto dal nostro governo meritevole di protezione. Al contrario, quando nel 2009 sono entrati in vigore i controversi accordi con la Libia (otto respingimenti, 800 persone coinvolte e rispedite verso un destino come minimo incerto), il numero di richieste d’asilo in Italia è diminuito del 42 per cento, tra le proteste dell’agenzia dell’Onu deputata ad assistere i rifugiati (Unhcr). Si usa quindi l’etichetta di “clandestini” (ripresa peraltro anche da un quotidiano progressista come Repubblica) per poter chiudere le porte a chi chiede asilo ai sensi delle convenzioni internazionali siglate dal nostro paese. Quelle che identificano una nazione come democratica e rispettosa dei diritti umani.
Tra gli sbarcati ci sono senz’altro migranti mossi da motivazioni economiche, forse anche dei delinquenti, ma ci possono essere pure persone che hanno diritto a chiedere e a ricevere asilo. Gli uni vanno distinti dagli altri, ed è possibile farlo soltanto dopo averli ascoltati. Negare a priori l’esistenza di rifugiati, anzitutto con il linguaggio a cui si ricorre vuoi con leggerezza, vuoi in modo consapevole  e mirato, è una lesione di diritti umani fondamentali.

EMERGENZA O IMPREPARAZIONE?

Il secondo termine chiave è “emergenza”. Come ha notato forse soltanto l’Osservatore Romano, la cosiddetta emergenza è la conseguenza dell’impreparazione. A Lampedusa è stato chiuso il centro d’accoglienza e ogni presidio destinato al soccorso dei rifugiati, compreso quello di Medici Senza Frontiere. La retorica dell’emergenza serve però a invocare misure straordinarie, finanziamenti, poteri discrezionali, regole flessibili: il triste armamentario della gestione all’italiana di problemi prevedibili e governabili.
La terza parola ricorrente in questi giorni consiste nel rimando all’Europa. Più precisamente, nel chiedere soldi e pattugliamenti all’agenzia europea Frontex, istituita nel 2004 per il controllo congiunto delle frontiere, con un costo nel 2008 di 42 milioni di euro. L’Europa, secondo i portavoce governativi e i giornali che ne riprendono le dichiarazioni, sarebbe lontana e inerte.
Il problema in realtà rimanda a un serio nodo politico: l’elaborazione di una politica europea condivisa sulla complessa tematica dell’immigrazione da anni segna il passo. Gli Stati sono gelosi delle proprie prerogative, temono di perdere anche solo brandelli di quel controllo dell’accesso al territorio nazionale che rappresenta uno dei residui simboli della propria sovranità. Un simbolo da sbandierare davanti agli occhi dei cittadini-elettori, che vedono come ogni giorno la sovranità nazionale sia intaccata dalla globalizzazione economica. Per questo, fra l’altro, l’Italia ha respinto seccamente gli interventi delle istituzioni europee sui respingimenti in mare.
Se fossimo meno provinciali, potremmo ricordare che quando la Germania o la Francia o i paesi scandinavi accoglievano migliaia di profughi, ci siamo ben guardati dall’accorrere in loro aiuto, ritenendo che l’accoglienza dei rifugiati fosse una questione dei singoli Stati nazionali. Attualmente in Italia vivono 55mila rifugiati, contro i 593mila della Germania. Non sarà facile convincere il governo tedesco a contribuire alle spese della cosiddetta “emergenza” di Lampedusa.
Ancora una volta, messaggi propagandistici, speculazione politica, impreparazione (voluta), retorica dell’emergenza, prendono il posto di politiche serie e lungimiranti. Nel breve periodo, rendono di più.

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PIÙ DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA CONTRO I FURBETTI DEL MERCATINO

  1. Stefano Scarabelli

    In primo luogo, vorrei osservare che l’Italia, per l’anno 2009, presenta il saldo migratorio netto più elevato d’Europa, nonostante la vigenza della severissima legge Bossi-Fini. In secundis, pare che le cancellerie occidentali, dopo decine d’anni di torpore, si siano improvvisamente accorte che i sigg. Ben Ali e Mubarak erano dei dittatori e, pertanto, paiono appoggiare i cambiamenti politici in atto come segno di un cammino verso la democrazia: se così fosse, gli estremi per la concessione di asilo politico ai migranti risulterebbero molto labili. Cordiali saluti

  2. Marco Arnone

    Ottimo articolo, sul quale concordo pienamente. Sui diritti umani violati piu' volte dall'Italia in relazione ai migranti, desideravo solo ricordare fra le varie voci di condanna quella del United Nations High Commissioner for Human Rights (http://www.unhchr.ch/huricane/huricane.nsf/view01/2DD5A4BD46C13CEFC1257631002D5B6B?opendocument). L'affrontare il tema dei migranti quasi esclusivamente in termini di "sicurezza" e' un notevole errore di policy, oltre che una palese alterazione della realta' criminologica del paese, che registra una diminuzione dei reati violenti contro la persona rispetto a 10 anni fa. Complessivamente, se mettiamo insieme le politiche repressive contro i migranti e le persone di etnia Rom (come anche segnalato dall'Arlo Commissario – vedi link), notiamo un insieme di politiche fortemente discriminatorie verso minoranze deboli a tutto detrimento del tessuto democratico del paese.

  3. socrate

    non vi é dubbio che l´immigrazione, funge da valvola di sfogo nelle pentole sociale bollente, a fine di ridurre la pressione accumulatavi; in piú essa costittuisce un mercato molto reditizzio per le organizzazioni criminali. la causa di tutto ció, si annida nei sistemi socio-politici, che caratterizzano l’emisfero sud del nostro pianeta. tuttavia, la povertá non é la sola causa principale, visto che tantissimi immigrati dispongono di capitali-famigliari che li consentono di pagare i trafficanti, in piú la quantitá delle rimesse verso i loro paesi d´origini, sono un chiaro segnale dell´intenzione di ritornarvi, appena raggiunto il capitale disegnato. Il meccanismo che ha scatenato questo fenomeno, é per la maggiore parte, dovuto all´invidia che essi si fanno a vicenda, pensando che in europa tutto sia lecito, e che si possa accumulare i soldi molto piú in fretta attraverso economie parallele. Finché i governi convolti continueranno a chiudere gli occhi, per ragione d´interessi, per via delle rimesse che a volte superano la meta del pil, il fenomeno predurerá ancora per molto, e l´integrazione tardera a realizzarsi !!!

  4. AM

    Non concordo affatto con l’impostazione dell’articolo. Innanzitutto l’asilo politico: se si deve interpretare positivamente la caduta dei regimi autoritari del modo arabo, come ha fatto la stampa occidentale, anche di sinistra, ci si chiede chi siano coloro che hanno un vero motivo di chiedere l’asilo politico: evidentemente persone colluse con tali regimi. Ho letto inoltre che in Tunisia e Egitto ci sono state evasioni dalle carceri: chi erano? Delinquenti comuni o detenuti politici? Nel secondo caso dobbiamo ricordare che fra gli oppositori politici di questi regimi vi sono anche estremisti islamici e terroristi. Da ultimo il confronto con la Germania e i paesi scadinavi è improponibile data la diversa qualità dei rifugiati e il modo con cui sono accolti e controllati. In questi paesi non mi è mai capitato ad esempio di essere infastidito da rom dediti professionalmente all’accattonaggio. D’altra parte non posso pensare che i contribuenti di questi paesi, disciplinati nel pagare le imposte ma giustamente attenti alla spesa pubblica e al controllo degli sprechi accettino che si aprano le porte a tutti i rom balcanici offrendo vitto, alloggio e assistenza medica gratuiti.

  5. Confucius

    A proposito di rifugiati: non mi pare corretto accettare come richiedenti asilo politico profughi provenienti da Pesi i cui Governi sono riconosciuti dal Governo italiano. Due sono i casi: o il comportamento dei governanti di questi Paesi è incompatibile con i criteri che informano la cultura politica corrente ed in tal caso non va loro concesso alcun riconoscimento (e non ci si devono quindi fare affari economici, come le produzioni di prodotti tessili in Myanmar) od il comportamento dei governanti risponde ai criteri di democrazia e libertà ed in questo caso i i profughi sono profughi economici e non politici. Il nostro problema è sempre quello di mancare di coerenza e di volere tenere il piede in due scarpe!

  6. rousseaux

    La solidarietà è d’obbligo verso persone vicine a noi per storia e geografia, prendendo in considerazione il momento delicato di transizione politica nel nord Africa. Non si puó negare l’evidenza del fallimento totale di questo governo in materia di gestione dell’immigrazione, trattata con metodi polizieschi e con il solito attenti al lupo molto caro al partito provinciale di Bossi&Co: l´immigrato é il nemico numero uno, il perfetto capro spiatorio (prima era il meridionale). Per esperienza personale dovrei ammettere che, se non fosse per la nostra storia millenaria, il nostro contributo storico-umano, culturale del passato e la nostra posizione geografica in Europa, oggi saremmo un paese del terzo mondo, a causa di un graduale ma costante rigresso verso il Medioevo. E’ il tempo di cambiare marcia, finché siamo in tempo, se non saremo noi italiani ad essere costretti ad immigrare in massa, come un secolo fa!!

  7. marco

    Questo articolo è sconcertante, e poichè io sono abituato sempre ad usare le parole perchè costruiscano dialogo, credo che in questo caso non sia possibile alcun dialogo e quindi le parole diventano moneta certamente fuori corso legale. Marco

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