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I TAGLI CHE NON FANNO RUMORE

I servizi sociali sono stati pesantemente penalizzati dai tagli di spesa. Ma nessuno ne parla. Persino sull’azzeramento del Fondo per la non autosufficienza, le reazioni sono state modeste anche da parte di sindacati, associazioni del terzo settore e comuni. Il governo punta a disimpegnarsi dal welfare dei servizi, mentre mantiene salda la gestione del welfare monetario, un insieme di misure poco efficienti, che assorbono gran parte della spesa sociale. Urgente una riforma complessiva della spesa e dei servizi sociali.

I servizi sociali sono stati pesantemente penalizzati dai tagli di spesa. Come fare a rispondere a bisogni crescenti con risorse che diminuiscono? È una domanda divenuta centrale per Regioni ed enti locali, soprattutto dove è netto il contrasto tra riduzioni in corso e bisogni in aumento, come nel caso degli anziani non autosufficienti.

IL SILENZIO DI TUTTI

Colpisce il silenzio che regna intorno a questi tagli. Rispetto ad altri ambiti di policy e anche ad altri paesi, la comunicazione pubblica sul welfare dei servizi è molto carente e frammentaria. Quello dei tagli di spesa sembra essere un tema troppo tecnico per essere affrontato dai media nazionali. Oppure talmente delicato da rinviare a questioni più generali da trattare in chiave politica. E ideologica. Non c’è stato un vero dibattito sui tagli possibili: in quale modo esercitarli, chi preservare dalle scelte più difficili, che cosa mantenere e che cosa sacrificare.
Persino ex post, sull’azzeramento del Fondo per la non autosufficienza, 400 milioni di euro che vengono a mancare da quest’anno, le reazioni sono state a dir poco modeste da parte di sindacati, associazioni del terzo settore e soprattutto rappresentanza dei comuni. Sono loro infatti che più di tutti pagheranno il taglio, perché prevalenti beneficiari di un fondo a destinazione sociale, che l’anno scorso ha rappresentato un quarto della loro spesa sociale per la terza età. (1)

I TAGLI

L’unico “successo” si è registrato per il non profit, con i fondi in parte ripristinati sul 5 per mille. Per il resto il panorama è desolante. A partire dal Fondo nazionale per le politiche sociali, un po’ il padre di tutti i fondi per il sociale, nato tre anni prima della legge 328/00 e quest’anno ridotto a 275 milioni di euro: erano più del triplo solo tre anni fa. E che dire del Fondo per la famiglia, passato dai 185 milioni dell’anno scorso a 51? Avrebbe dovuto dare le gambe al lungo elenco di propositi emerso nella Conferenza nazionale di Milano dell’8-10 novembre 2010: ora sappiamo che quelle intenzioni rimarranno in larga misura tali.

Principali fondi statali a carattere sociale (milioni di euro)

  2008 2009 2010 2011
Fondo nazionale politiche sociali 929,3 583,9 453,3 275
Fondo politiche per la famiglia 346,5 186 185,3 52,5
Fondo per la non autosufficienza 300 400 400
Fondo per le politiche giovanili 137,4 79,8 94,1 32,9
Fondo servizi per l’infanzia-Piano Nidi 100 100
Fondo sociale per l’affitto 205,6 161,1 143,8 33,5
Fondo per il servizio civile 299,6 171,4 170,3 113

Fonte: A. Misiani, Finanziaria 2011: fine delle politiche sociali? e legge di stabilità 2011.

Cresce poi il numero dei fondi letteralmente svuotati: dopo il Piano straordinario per i nidi è toccato al Fondo per la non autosufficienza. Altri, come quello per gli affitti, sono ridotti a una cifra simbolica: giovani coppie e famiglie in crisi potranno sperare quasi soltanto negli aiuti che Regioni e comuni, in ordine molto sparso, hanno deciso di mantenere. Mentre le riduzioni sul servizio civile rischiano di mortificare un’esperienza il cui valore è riconosciuto a livello europeo. Nel complesso, se nel 2008 per i principali fondi sociali lo stanziamento superava i due miliardi di euro, quest’anno siamo a meno di un quarto (vedi tabella).
E le prestazioni monetarie? I tagli colpiscono la rete dei servizi, il livello territoriale. Prestazioni gestite a livello nazionale, preponderanti in termini di spesa, non sono state minimamente sfiorate da alcuna ipotesi di riforma. Valga per tutti l’esempio dell’indennità di accompagnamento: una misura granitica per cui verranno spesi quest’anno tredici miliardi di euro. Tutti i servizi sociali dei comuni italiani costano la metà di questa sola misura: 6,6 miliardi nel 2008 secondo l’Istat.
Il messaggio che il governo manda è esplicito: ci disimpegniamo dal welfare dei servizi, mentre manteniamo salda la gestione del welfare monetario, quello che riguarda i vari assegni familiari, per l’assistenza e l’invalidità. Un insieme di misure ingessate, poco efficienti e perequative, che assorbono i quattro quinti della nostra spesa sociale.

COSA (NON) SI FA PER LA NON AUTOSUFFICIENZA

La forbice tra domanda di aiuti e risorse disponibili si allarga particolarmente per i non autosufficienti. Per loro oggi l’offerta di assistenza poggia essenzialmente su due colonne portanti.
Da una parte, la rete dei servizi domiciliari, residenziali e intermedi, che Regioni ed enti locali governano e producono. Per mantenere e sviluppare questa rete, ancora sotto-dotata rispetto a molti paesi europei, le Regioni dovranno sempre più attingere risorse dalla sanità e dal socio-sanitario, che presentano disponibilità ben maggiori del sociale. (2) Con il rischio di “sanitarizzare” l’assistenza, di spostarla verso le situazioni più gravi e di ridurne i contenuti più propriamente sociali, di accompagnamento, promozionali, preventivi, ambientali, di comunità.
Dall’altra, un’erogazione monetaria nata trent’anni fa e da allora mai migliorata, l’indennità di accompagnamento, insensibile alle condizioni economiche di chi la percepisce e priva di alcun vincolo di utilizzo, quindi votata a essere la fonte primaria del welfare fai-da-te, quello del mercato sommerso delle assistenti familiari.
Serve una vera ristrutturazione della spesa sociale: per riformare le erogazioni monetarie nazionali di tipo sociale, superandone i crescenti limiti; per rafforzare un sistema dei servizi penalizzato in Italia a favore dei trasferimenti economici; per qualificare in modo non episodico il lavoro privato di cura. Non c’è bisogno della bacchetta magica, serve una visione di sistema, l’intenzione di cambiare e la capacità di scegliere.

(1)Sui servizi per gli anziani cfr. Network Non Autosufficienza (a cura di), L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Secondo Rapporto, Maggioli Editore, 2010.
(2)I Fondi regionali per la non autosufficienza già oggi attingono risorse dalla sanità. L’Emilia Romagna per esempio ha stanziato 487 milioni di euro per il 2010 di cui 307 provengono dal Fondo sanitario regionale.

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18 commenti

  1. Ettore Jorio

    Ho apprezzato molto il taglio dell’articolo di Pasquinelli. Puntuale nella denuncia e nella rappresentazione dei dati relativi. Volevo solo aggiungere, quanto a disinteresse complessivo verso la problematica, che nessuno ha eccepito, così come invece necessitava fare, la mancata adozione del decreto attuativo del federalismo fiscale afferente la determinazione dei costi standard del sociale e dell’istruzione. Un deficit gravissimo che renderà ancora più difficile le previsioni economiche e i reali servizi per il futuro, a federalismo fiscale a regime.

  2. Dario Spreafico

    Spett.le redazione, sono presidente dell’associazione onlus Opinio Populi e vi assicuro che abbiamo elevato la nostra voce, ma il sistema per non far udire la voce è quella di … chiudere le orecchie! Proprio così, le istituzioni non ci ascoltano e avanzano sempre la solita nenia … non ci sono soldi! Noi abbiamo fatto sette cause al Comune di Lecco per sostenere le ragioni di altrettanti anziani che non ce la fanno a pagare le rette. Inoltre abbiamo fatto promozione sociale della nostra causa, risultato: zero. In questo caso le orecchie le ha chiuse la gente! Ebbene sì il problema, se non investe direttamente le persone, diventa un "non problema". Quello che manca è la coscienza sociale; sarebbe necessaria una rieducazione culturale della gente che si sensibilizzi ai problemi delle fasce più deboli. Si attende, invece, che l’odierno "non problema" diventi l’attuale problema, per poi cercare l’ossigeno come fa il pesce che nuota in acque inquinate! Un altro sistema per tagliare le gambe ai "cittadini organizzati" è quell’infame operazione che tende a cancellare il 5 per mille per rendere la vita delle associazioni ancora più grava. Ora credere che non ci sia un "grande disegno" sotto ……

  3. FABIO PELLERANO

    Quando ero ragazzino il termine macelleria sociale mi ha sempre colpito e, anche se allora non bazzicavo nel mondo del sociale, sentendolo mi rimaneva dentro un senso di amarezza e desolazione perché, istintivamente, sentivo che qualcosa non funzionava. Allora non conoscevo nulla di quel mondo e lasciavo che le scene apocalittiche annunciate si compissero senza credere che un giorno potessero diventare reali. Sono molto d’accordo sulle razionalizzazioni, sul taglio agli sprechi, sui miglioramenti che in ogni luogo di lavoro sono possibili, ma il lavoro di sei persone non può essere svolto da tre, in nessun luogo dove non si producono oggetti, ma dove si lavora alla cura e alla riabilitazione di persone cosiddette svantaggiate.Da qualche anno però assistiamo, in tutte le amministrazioni, al taglio di tutto quello che è possibile tagliare; gli unici che non tagliano sono i dipendenti pubblici, solamente perché non possono… http://ilcovodijack.blogspot.com/

  4. Vincesko

    E’ strano ci si meravigli del silenzio dei sindacati, almeno di alcuni sindacati. Mi riferisco in particolare a CISL e UIL, i cui segretari generali Bonanni e Angeletti sembrano aver fatto una sorta di scambio tra diritti ed equità e potere personale. Vedasi proprio la manovra correttiva 2010 Tremonti-Sacconi, la più crudele ed iniqua della storia repubblicana (quella che ha scaricato il peso del risanamento dei conti pubblici, 24,9 mld, sui redditi medio-bassi e perfino su quelli a reddito zero, come i pensionandi inattivi, che perderanno migliaia di euro in un solo anno, preservando completamente, tranne i farmacisti, tutti i redditi privati, anche miliardari, come Ferrero, Del Vecchio, Berlusconi, e milionari, come Tremonti, Passera, Profumo, Montezemolo). Essa, nella stesura originaria, per fare cassa, prevedeva persino l’elevazione del tasso d’invalidità minimo dal 74 all’85%, il che avrebbe escluso ad esempio i Down, che non avrebbero più ricevuto la loro indennità di “ben” 258 € mensili, misura che poi fu cancellata in Commissione Bilancio al Senato soltanto per le corali, indignate proteste.

  5. Carla

    A me è successo di chiedere all’assessore al sociale nel comune in cui vivo come pensa di sopperire a tale mancanza. La risposta è stata: "stiamo lavorando, stiamo vedendo, ci sono continui contatti ecc….". La verità è che non sanno che cosa fare e non hanno il coraggio di dire agli italiani non solo che hanno messo le mani nelle loro tasche, ma che continueranno a farlo, togliendo servizi essenziali. Ma se nemmeno ci accorgiamo che hanno messo le mani nelle nostre tasche e non siamo capaci di indignarci più di così…

  6. Ugo Pellegri

    Così come non sono accettabili i tagli indiscriminati alla spesa sociale, non è neppure accettabile la difesa altrettanto indiscriminata di quanto si fa oggi. A titolo di esempio, mi domando quante siano le pensioni di invalidità e gli assegni di accompagnamento concessi per pura demagogia, quando la concessione non sia determinata da veri e propri reati. So per certo che alcuni anni fa, a La Spezia, dove i pensionati per silicosi erano in numero a dir poco anomalo, un Direttore dell’ INAIL aveva provato a togliere le pensioni ai sedicenti invalidi, andando così incontro all’ira della classe politica ed essendo costretto a rinunciare all’incarico direzionale. Anche il legislatore ci mette del suo: basta ricordare la sconcertante operazione del Governo Prodi sulle pensioni. Sicuramente è necessaria una riforma complessiva della spesa sociale, ma prima ancora è indispensabile che la Dirigenza degli Enti applichi le leggi con onestà intellettuale e che la classe polica si astenga da qualsiasi azione populistica.

  7. raffaele principe

    Sarebbe interessante capire perchè la lega, così pronta a dare addosso agli extra comunitari, non faccia il diavolo a quattro contro le indennità di accompagnamento, senza le quali verrebbe meno l’esercito delle e dei badanti, figura singolare esistente solo in Italia. Forse perchè poi dovrebbero amministrare per davvero e non solo fare propaganda.

  8. Marcello Battini

    La questione, a mio avviso, è viziata da una premessa non dichiarata e che io non condivido: "l’assistenza deve essere fornita da strutture pubbliche". Qualche anno fa, una ricerca del prof. Dell’Aringa (cito a memoria e posso sbagliare) metteva in evidenza che se fossero stati assegnati, in parti uguali, tutti i soldi spesi in attività assistenziali, direttamente agli aventi diritto, ognuno di questi avrebbe ricevuto 55 mila € annui. Ciò premesso, è da ritenere che il sistema più efficiente è quello che assegna direttamente i soldi agli aventi diritto, riserva al settore pubblico la verifica degli aventi diritto, lascia all’iniziativa individuale ed all’attività di volontariato (quello vero, finanziato se mai da soldi privati) la soluzione dei problemi pratici. Ci sarebbero tanti impiegati pubblici in meno, ma tanta più equità e responsabilità personale.

  9. Laura Benigni

    Se la povertà imparasse a fare rumore, la qualità del discorso pubblico migliorerebbe? In questi giorni sono particolarmente colpita dalla chiassosità e dalla vistosità del nulla, dalla ripetitività demenziale delle non notizie che affollano anche i miei quotidiani preferiti e dal silenzio sui grandi temi e sui problemi quotidiani miei, delle persone che conosco, ma anche di tragedie grandi e piccole, di cui vengo a sapere dalla stampa nazionale e da quella locale. E’ veramente ora che si crei un anticatalogo dei problemi nazionali, a cominciare dal giornalismo facile, basato sul bello scrivere e sulle battute e non sui fatti. Il processo attraverso cui si creano "le notizie" denuncia un’attitudine ad una certa pigrizia sedentaria. Ma da chi ci aspettiamo innovazione e sviluppo? Forse il problema è il distacco di chi sa e capisce e conosce la goffaggine della politica, oppure è la rassegnazione di chi sa di avere dei diritti, ma non ha la forza di reclamarli, perchè la capacità di agire collettivamente viene ridefinita, delegata ed è stata, anche quella, tacitata. Come mai le donne, i bambini, gli anziani, la fragilità e la disabilità debbono sempre essere ultimi?

  10. Cosimo Benini

    …in effetti, l’insipienza dell’opposizione su questi temi è la cifra del successo berlusconiano degli ultimi vent’anni. Non si fa opposizione dicendo a chiare lettere che, nonostante maggioranze bulgare, quella parte politica che oggi è al governo non si è minimamente posta il problema di "fare", di incidere sulla società, di tradurre idee in norme e azione politica, optando per il chiacchiericcio e il presenzialismo televisivo e lasciando il lavoro sporco a Tremonti.

  11. marina monaco

    Sono gratificata dalla sua analisi lucida ed articolata sul gravoso ed imponente problema dello svuotamento del "sociale" , ma perchè non fare di questo tema così ben illustrato dal suo articolo, un oggetto di trasmissione dedicata? Nella insipiente, a dir poco, offerta di salotti televisivi di questa ed altra parte, ci vuole così tanto coraggio per intavolare seriamente codesto dramma? E ancora, in epoca pre elettorale, non può stuzzicare la prospettiva di candidati onesti e volenterosi a raccogliere la sfida? Marina Monaco

  12. giorgio ponzetto

    Trovo ingiustificate le critiche al welfare che si realizza con interventi monetari, presunto meno efficiente di quello dei servizi. Quest’ultimo presenta molto più elevato il rischio che parte delle risorse vada a finanziare non gli interventi, ma l’apparato che li gestisce. L’indennità di accompagnamento non gode di buona fama essendo stata concessa con eccessiva disinvoltura, ma ora i requisiti e le procedure per ottenerla e mantenerla sono diventati rigorosi. Se all’indennità, che il destinatario può utilizzare come ritiene più opportuno per recuperare un po’ di autonomia, si sostituisse per alcune ore del mese la messa a disposizione di una persona pagata dall’ente locale o da una cooperativa (che sarebbe la soluzione coerente con l’impostazione dell’autore dell’articolo), non si renderebbe più felice il non autosufficiente e non si farebbe risparmiare il sistema. Sono le prestazioni monetarie, se correttamente concesse, ad essere, per molti interventi di welfare, le più efficienti e quelle capaci di raggiungere tutti gli aventi diritto in ogni luogo, mentre l’offerta di servizi varia molto a seconda di dove si risiede.

  13. myriam

    La solita dimostrazione di ignoranza. I grandi capi non si rendono conto del danno che stanno causando. Purtroppo è poi la gente piu’ fragile e piu’ impotente che ci rimette… senza poi contare i professionisti che nel giro di 24 ore si sono sentiti dire "da domani rimani a casa" …e l’ utenza? E la correttezza professionale? Non importa, l’importante e’ foraggiare chi sta sopra e se ne frega.

  14. Dina Buratto

    Ho letto con grande interesse il suo articolo e condivido pienamente la sua visione del problema. La preoccupazione è grande, sopratutto nei piccoli comuni dove già da quest’anno non sarà più possibile sostenere le famiglie con problemi economici che portano i figli al nido, non pervenendo più fondi, e un domani potrà essere difficile sostenere le famiglie con disabili o anziani a carico. Quello che mi stupisce sono alcuni commenti che seguono l’articolo, in cui si ribadisce il grande valore dell’assegno di accompagnamento. Forse queste persone non sanno che per ottenerlo è necessario scontrarsi con una burocrazia lenta e parziale e che ad ottenere l’assegno non sono tutti coloro che ne hanno dirtitto, ma solo coloro che posso dimostrare di averne diritto.Quelli che hanno la capacità di chiedere. Cordialmente.

  15. Antonino Russo

    Da tempo le associazioni del mondo della disabilità come la Fish – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – denunciano la deriva di disimpegno del governo sulle politiche sociali. Ma il "grido" degli "ugualmente incazzatti" del 7 luglio 2010 a Roma davanti al palazzo Montecitorio, le manifestazioni regionali (ero a Mestre in prima fila alla manifestazione dell Cgil con 40 carrozzine e nè la tv pubblica nè quelle private se ne sono accorte) degli ultimi mesi non hanno avuto l’attenzione dovuta nè dai media nè, tanto meno, dalla politica. Professor Pasquinelli la sua analisi è condivisibile, ma la soluzione che prospetta a mio avviso non è accettabile e dimostra quanto sia vero che il rumore dei disabili non si vuol sentire. Lei suggerisce di riformare uno strumento solidaristico di integrazione economica pensato e nato per i disabili in età attiva (compensazione di servizi assolutamente inadeguati alla mobilità per esempio) perché utilizzato per pagare le rette delle IPAB o le badanti agli anziani non auto sufficienti. Sono d’accordo ma, diversamente da lei, nel senso che debba essere esclusa l’assegnazione ad anziani, i quali meritano una politica di welfare loro dedicata.

  16. Porcu Silvana

    Insieme alle pensioni per i falsi invalidi, ha creato un enorme consenso ed ha rappresentato una pezza alle falle di un welfare molto carente. In ogni caso io penso che, data a chi ne ha diritto, sia molto meglio di qualsiasi offerta di servizi poichè può essere gestito in modo più corretto e soddisfacente per tutti. D’altra parte in Italia i servizi, anche dove ci sono, vengono spesso tagliati o sospesi per cui non sono affidabili. Faccio una terapia domiciliare per la quale mi viene riconosciuto il rimborso delle spese elettriche. La terapia costa quanto il mio stipendio ma, poichè la faccio da me, la Sanità risparmia almeno la spesa di un addetto ed io non mi devo recare all’ospedale a giorni alterni. Fra l’altro, così facendo posso anche lavorare che, per me, non è poco. Il grosso problema è sempre la grave carenza di asili per l’infanzia che sono la prima causa dei problemi lavorativi delle donne. Atro che quote rosa!

  17. Michele Citarella

    E’ improponible che questo Governo non abbia il coraggio di cambiare il sistema fiscale in Italia, nel ricercare gli evasori fiscali che arrecano un serio danno alla collettività, distruggendo dapprima le buste paga, la scarsa assistenza sanitaria, scolastica, familiare, e quella sociale. Occorre prendere esempio dagli Stati Uniti d’ America, per gli evasori non ci vanno tanto per il sottile, mentre noi abbiamo approvato lo scudo fiscale, ma i profeti, in ordine di arrivo, “Nunzia Penelope” con il suo ultimo libro, I soldi rubati, delinea con dettaglio l’ammanco generale tra sprechi, corruzione, il nero, l’evasione fiscale di 400 miliardi circa che potrebbero determinare la risalita, giusta e democratica in equo ripartizione per dare dviluppo e sicurezza sociale al Paese. Un discorso da fare sia a sinistra che alla destra.

  18. vincenzo gallo

    Sarebbe importante aggiornare queste tabelle, inserendo i fondi per i disabili. Al riguardo segnalo che in base ad informazioni fornite da Carlo Giacobini direttore di http://www.HandyLex.org ed esperto della Fish (Federazione Italiana Superamento Handicap – http://www.fish.it) “la manovra di luglio prevedeva di ricavare dalla riforma assistenziale e fiscale 4+12+20 miliardi di euro nei tre anni successivi al 2012. La manovra bis (quella in via di approvazione) aumenta la soglia a 4+16+20 miliardi e ne anticipa di un anno l’applicazione. La stessa manovra, in sede di decreto legge, prevedeva che l’aumento dell’IVA compensasse l’impatto della riforma assistenziale e fiscale; nella sostanza il Governo poteva aumentare l’IVA per poter diminuire quegli importi. Nel maxi emendamento l’aumento dell’IVA si è già usato per altro; pertanto non avremmo più quel salvagente. La spesa per provvidenze economiche agli invalidi civili (pensioni, assegni, indennità) ammonta a circa 17 miliardi di euro.

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