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Cda, quanto mi costi?

I compensi ai membri dei consigli di amministrazione e agli amministratori delegati sono adeguati? Hanno cioè una corrispondenza con i risultati ottenuti dalle società che dirigono? Per un campione di aziende quotate, il costo dei Cda varia dai 600mila ai 15 milioni di euro. Ed è superiore di cento volte al costo medio del personale. La retribuzione dell’amministratore delegato incide per circa la metà. Ma tra emolumenti e utile generato non si riscontra una relazione diretta. Insomma, il costo di questi organi sembra largamente immotivato e determinato da fattori endogeni.

 

 

Sempre più di frequente sui mezzi di comunicazione ci si interroga sul grado di adeguatezza dei compensi dei manager aziendali e, in particolare, del costo degli organi direttivi delle società.

IL CAMPIONE

Le imprese quotate riportano nel bilancio di fine esercizio i compensi pagati ai membri dei consigli di amministrazione così come gli emolumenti al top management. L’’insieme di queste informazioni permette di valorizzare il costo sostenuto da ciascuna società per remunerare le prestazioni degli organismi dedicati allo sviluppo delle linee strategiche e alla loro attuazione.
Per capire meglio il peso di questi organismi, sono stati analizzati i costi dei Cda di un gruppo di società quotate, formato sia dalle grandi imprese sia da quelle con capitalizzazione tra 100 e 500 milioni di euro.
Il campione (riportato nella tabella 1) è composto da una ventina di aziende che coprono oltre la metà della capitalizzazione di borsa del 2009.

SOLDI MERITATI?

I consigli di amministrazione costano alle società del campione da 600 mila euro (Yoox) a 15 milioni di euro (Generali), la mediana è 3,9 milioni di euro; se si sommano anche i compensi al top management, il costo mediano sale a 6,4 milioni di euro. Rapportati alla capitalizzazione delle società, i costi degli organi di governo (Cda più top management) oscillano tra un minimo dello 0,03 per cento (Eni) e un massimo del 2,94 per cento (Seat PG). È importante sottolineare che per le società del campione esaminato, il costo assoluto degli organi di governo risulta sostanzialmente indifferente rispetto alla dimensione della società e soprattutto alla capitalizzazione della stessa. Ne consegue che imprese con capitalizzazione ridotta (inferiore ai 500 milioni di euro) tendono a “costare” agli azionisti in misura superiore. Infatti se assumessimo il costo degli organi di governo quale proxy della capacità di generare valore dalla gestione dell’’impresa, le società di medio-piccola dimensione non risulterebbero attrattive per un azionista: il costo annuo di tali organi si colloca attorno all’’1–1,50 per cento per gestire un solo asset.
La metà circa del costo dei Cda è relativa ai compensi dell’amministratore delegato. Anche in questo caso con forti oscillazioni: 11 per cento per Hera, 88 per cento per Yoox e Acea e 83 per cento per Finmeccanica. Se l’ad è il “capo d’’azienda”, allora risultati come quelli di Yoox, Acea e Finmeccanica starebbero a illustrare imprese con un vertice operativo che dispone di forte autonomia e indipendenza dal Cda. Per incentivare l’ad a perseguire scelte strategiche non troppo azzardate, la sua remunerazione dovrebbe essere formata in misura prevalente da bonus su obiettivi di medio periodo. Dalla lettura dei bilanci non si può comprendere come siano stabiliti i bonus, mentre si può calcolarne l’’incidenza sul compenso totale: per Finmeccanica 66 per cento, per Acea 41 per cento, per Yoox solo il 28 per cento.
Per i casi opposti, quelli nei quali l’’emolumento dell’amministratore delegato pesa meno della metà del costo del Cda, la ridotta incidenza del suo compenso riflette situazioni abbastanza disomogenee. In alcune società, come Intesa SanPaolo, la scelta di optare per un sistema duale, consiglio di sorveglianza e comitato esecutivo, ha determinato un forte incremento del costo complessivo di questi organismi: quasi 14 milioni di euro contro i 9,5 milioni di euro di Unicredit. In altre società (Generali, Brembo), dipende da un elevato costo dei membri del consiglio .
Si può ottenere una misura dell’’adeguatezza del costo del Cda confrontandolo con il costo medio del personale impiegato nel gruppo. In sei casi (Fiat, Intesa San Paolo, Generali, Brembo, Unicredit, Eni), il costo di tutto il Cda è superiore a 100 volte il costo medio del personale, con punte che sfiorano le 300 volte.

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COSTO DEL CDA E PERFORMANCE AZIENDALI

Il livello degli emolumenti complessivi del Cda e dell’ad dovrebbe essere correlato a qualche indicatore di performance. Abbiamo provato a verificarne il grado di correlazione con alcuni dei principali indicatori (utile e dividendo) con riferimento al 2009. Non è stata riscontrata alcuna relazione tra il costo complessivo del Cda e il dividendo distribuito, sembra quindi che il maggior costo del Cda non generi un ritorno all’’azionista in termini di dividendi più corposi. Una debole relazione è invece riscontrabile tra gli emolumenti complessivi dell’amministratore delegato e i dividendi distribuiti. Seppure azzardando, si potrebbe suggerire che se il Cda è l’’organo aziendale atto a definire le strategie generali, l’amministratore delegato è colui che individua le tattiche operative per raggiungere tali strategie: potrebbe dunque gestire la leva del dividendo per instaurare un maggior grado di fiducia con l’’azionista e quindi giustificare i propri maggiori compensi.
Anche tra il costo del Cda e l’’utile generato non è riscontrabile una relazione diretta. Ovviamente, per poter definire più precisamente la natura e il grado di queste relazioni sarebbe necessario disporre di una serie temporale più lunga.
Le correlazioni maggiori si rilevano tra le serie: costo del Cda e rapporto fra costo Cda e costo medio per addetto e tra le serie costo del Cda e rapporto fra costo ad e costo per addetto. L’’andamento di queste correlazioni sembrerebbe suggerire la presenza di una relazione positiva tra il livello del costo degli organi di governo delle società e il costo medio del personale del gruppo.
Una certa correlazione è anche riscontrabile tra il costo complessivo del Cda e il totale dei bonus incassati dai suoi componenti. Si tratta di una correlazione forse ovvia, che però evidenzia come i costi totali lievitino all’’aumentare del bonus come strumento di remunerazione.
È possibile anche azzardare una relazione diretta tra capitalizzazione e costo dell’ad, che potrebbe essere motivata dal fatto che l’’aumento del valore complessivo della società, della complessità della gestione e della conseguente visibilità dell’’amministratore delegato deve essere compensato con una più elevata remunerazione.
Infine, si è provato anche a dividere il campione in due gruppi: società con capitalizzazione elevata e società con capitalizzazione ridotta (la soglia è rappresentata dai 2 miliardi di euro).
Si sperava di trovare all’’interno dei due gruppi correlazioni più nette, ma non è stato così: le relazioni sono risultate meno chiare e ben definite.
La debolezza delle relazioni riscontrate tra il livello dei costi dei Cda e alcune performance aziendali, può quindi permettere di affermare, almeno per le società del campione, che il costo di questi organi è largamente immotivato e determinato da fattori endogeni.

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Tabella 1

  Capitalizzazione media 2009 Costo Cda Costo Cda/
capitalizzazione media 2009
Costo Ceo/
costo Cda
Costo Cda/
costo medio personale
Costo Ceo/
costo medio personale
Grandi società milioni euro migliaia euro % % numero numero
Eni 66.423 6.446 0,01 66,3 121 80
Enel 32.365 4.502 0,01 58,2 74 43
Unicredit 31.516 9.529 0,03 44,9 173 78
Intesa SanPaolo 30.499 13.820 0,05 29,0 257 74
Generali 23.682 15.106 0,06 37,8 243 92
Fiat 8.270 11.532 0,14 41,5 322 133
Banca MPS 6.858 4.711 0,07 41,8 66 27
Finmeccanica 6.249 5.652 0,09 83,4 90 75
Terna 5.074 3.066 0,06 62,0 58 36
A2A 4.030 3.890 0,10 41,7 71 30
Parmalat 2.709 1.542 0,06 35,7 45 16
Prysmian 1.919 3.875 0,27 49,6 69 34
Acea 1.839 3.782 0,21 88,0 88 77
Hera 1.594 1.964 0,12 10,8 36 4
             
Medio-piccole            
IMA 459 2.595 0,57 39,5 49 19
Sorin 427 2.571 0,60 54,1 40 22
Seat PG 402 4.189 1,04 35,7 95 34
Landi Renzo 353 842 0,24 48,7 21 10
Esprinet 321 3.010 0,94 30,1 66 20
Brembo 299 6.928 2,32 14,4 203 29
Interpump 276 3.449 1,25 55,8 97 54
Yoox 245 595 0,24 88,2 12 10

 

Note alla tabella:

I compensi del Cda di un anno possono subire forti oscillazioni per pagamenti straordinari (liquidazioni, per esempio), tuttavia si è voluto inserire il dato totale per evidenziare il costo sostenuto dalla società nell’’esercizio.
Assicurazioni Generali ha due amministratori delegati, nella tabella sono inseriti nella voce Ceo la somma degli emolumenti di entrambi.
Alcune società (Finmeccanica, A2A, Prysmian, Brembo,Yoox) prevedono che il presidente sia anche amministratore delegato, nella tabella il costo è stato imputato a Ceo.

Grafico 1 – Indici di correlazione tra costo cda e alcune grandezze

 

Legenda grafico
1= correlazione costo cda con capitalizzazione
2= correlazione tra costo cda e rapporto costo cda e costo  dipendente
3= correlazione tra costo cda e rapporto costo Ceo e costo dipendente
4= correlazione tra costo e utile
5= correlazione tra costo cda e dividendo

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11 commenti

  1. Piero

    Siete un sito della Bocconi.. formate la classe dirigenziale.. molti (non tutti.. ma neanche pochi) dei vostri alunni sono già in carriera in quando godono ex-ante di vie oggettivamente preferenziali per la carriera.. eppure avete scrtitto un’analisi che di per sé è vera ma scopre l’acqua calda.. ogni corporazione (non solo impiegati ed operai.. ma anche professori universitari.. giornalisti.. manager .. imprenditori e figli.. politici e politicanti) predica flessibilità meritocrazia sacrifici ecc. per gli altri.. ma poi per sé stessa è auto-referenziale.. in ognuno prevale l’egoismo clientelare.. certo che la tendenza alla concentrazione del potere in poche mani (persone o società) è figlia della globalizzazione.. ma x lo meno qui in occidente genera maggiori discriminazioni che intaccano non solo il contratto sociale (distribuito col Corriere della Sera:) ma pure l’efficenza del sistema complessivo e la tanto a parole declamata cometitività (a carico degli altri of course)..

    • La redazione

      Io non insegno in alcuna università né penso che Lavoce possa essere identificata con la Bocconi.
      E’ vero che nell’articolo si riportano informazioni note, e come è vero che i compensi rifelttono scelte autoreferenziali, tuttavia penso che qualche sassolini lanciato nello stagno non sia opera inutile. Il suo commento potrebbe invece lasciare un po’ di pessimismo circa la democrazia societaria, visto che i costi dei Cda e degli Ad sono noti a tutti gli azionisti.
      Emilio Roncoroni

  2. Lukas Plattner

    Ottima ricerca con risultati che hanno dell’incredibile.

  3. Walter Paiano

    Ditemi se sbaglio nel ragionamento. Un manager o un Ceo molto oneroso dovrebbero essere giustificati dal poter avere amministratori affidabili, rinomati, di cui c’è economicamente domanda. Quindi una correlazione con il loro stipendio si dovrebbe cercare nella gestione non di breve periodo (utili distribuiti, ma il discorso vale anche per gli utili generati) ma in quella di medio periodo: si dovrebbe cioè vedere se a manager pagati molto si accompagnano maggiori investimenti in nuove tecnologie, innovazioni e perfino immobilizzazioni immateriali, per il semplice fatto che le conseguenze sfavorevoli di breve periodo derivanti da tali scelte (meno utili) sarebbero compensate dalla fiducia nell’operato del manager, che si vede remunerato in modo più alto a causa della sua capacità di avere, comprendere, ottenere, informazioni più privilegiate dei suoi concorrenti: insomma, una sorta di extra perchè l’asimmetria informativa di quel manager è di qualità superiore e si paga di più. Ma appunto, se parliamo di asimmetria informativa, allora bisognerebbe guardare più agli investimenti di medio periodo che ai risultati di breve.

    • La redazione

      Il confronto tra i costi dei Cda e le performance aziendali è cosa assai complessa da effettuare. Noi abbiamo cercato di contenerla e siamo ben consci che un aspetto critico è rappresentato dall’arco temporale di riferimento. Un anno è troppo poco. Rispetto alle grandezze da utilizzare, gli investimenti materiali o immateriali, rappresentano una variabile importante, tuttavia gli investimenti servono per ottenere qualche vantaggio. Non sarei pertanto d’accordo nel confrontare i costi del cda o dell’Ad con gli investimenti in quanto il rischio sarebbe quello di un eccesso di spesa, non sempre richiesta e necessaria.
      Alla fine le grandezze economico – finanziarie rilevanti rimangono quelle tradizionali: dividdendi, utile, patrimonializzazione. E’ possibile anche integrare con Eva o altri indicatori di tale natura.
      Emilio Roncoroni

  4. AM

    In Italia siamo ben lontani dagli eccessi registrati negli USA e in altri paesi, ma comunque anche da noi i compensi dei CD sono talora eccessivi sia in assoluto sia in relazione ai compensi dei Consiglieri di amminitrazione e dei Sindaci. Curiosamente, tuttavia,quando vengono applicate sanzioni ad personam da parte della CONSOB e di altre autorità di controllo non si seguono i medesimi rapporti. Se un CD guadagna ad es. 50 volte rispetto a un amministratore e 20 volte rispetto a un sindaco subisce sanzioni che sono solo il doppio o il triplo.

  5. Amedeo

    Molto interessante l’analisi. Complimenti. I limiti sono stati anche ben evidenziati dagli autori (analisi cross-sectional), solo un anno (year effect) etc. Mi capita proprio oggi tra le mani il principale giornale finanziario australiano (Financial Review) che dedica 16 pagine ad un’analisi longidutinale dei compensi degli amministratori. Il titolo è "Greed is Good at Times". Qui gli azionisti si lamentano perchè possono permettersi di licenziare i managers (non preoccupatevi, non succede neppure qui) mentre da noi le strutture proprietarie ‘chiuse’ rendono i meccanismi di remnunerazione un ulteriore strumento di espropriazione delle minoranze. Zattoni- Minichilli (2009) "The Diffusion of Equity Incentive Plans in Italian Listed Companies: What is the Trigger?" in Corporate Governance: an International Review.

  6. Giorgio

    Il vostro articolo e’ certamente interessante. Tuttavia, credo che, senza dati aggiuntivi, sia fuori luogo avventurarsi a interpretare la (mancanza di) correlazione tra utili e remunerazioni. Tale correlazione e’ viziata da un problema che gli econometrici chiamano "selection bias": puo’ darsi che il minor utile di certe imprese sia dovuto a difficolta’ strutturali o contingenti non osservate dagli autori della ricerca, e che proprio in risposta a tali difficolta’ le imprese scelgano di assumere manager piu’ quotati (e che quindi vanno pagati di piu’) o semplicemente di incentivare con piu’ forza i propri organismi dirigenti. In altre parole, puo’ darsi che se l’ad strapagato di un’azienda in difficolta’ (e quindi con scarsi utili) fosse pagato meno, gli utili di quell’azienda sarebbero ancora piu’ miseri!

  7. giovanni

    Sull’Espresso del 9.12, pag. 156, purtroppo non è stato riportato un dato molto rilevante, che fortunatamente avete sviluppato: l’incidenza del costo dell’AD e/o del CDA sul fatturato (il CDA Brembo si mangia il 2,3% del fatturato, l’AD Acea lo 0,18% e quello Interpump lo 0,41%!). Manca ancora, però, l’incidenza del costo dell’AD e del CDA sul costo totale del personale, che mi sembra il dato più significativo perché rende conto sia della dimensione dell’azienda, che del ramo di attività che del VA prodotto.

  8. Freemimma

    Sarebbe interessante sapere se sono disponibili i medesimi dati per aziende europeee di paragonabili dimensioni, ad esempio capire com’è la distribuzione dei dati in Germania, Francia e Spagna; il tutto per avere un quadro completo del panorama in cui si muovono le nostre aziende, visto e considerato che in Europa siamo gli ultimi per media salari per addetto potremmo essere i primi per emolumenti agli AD e costo del CDA…

  9. Emilio Dilorenzo

    Riguardo a questo punto, condivido il pensiero secondo cui l’arco temporale di riferimento sia del tutto inadeguato poiché le performance dovrebbero essere misurate nel medio periodo. Di conseguenza il risultato non può ritenersi scientificamente significativo; d’altronde ritengo che un’analisi fondata su una serie storica più estesa avrebbe reso esattamente lo stesso risultato. Per cui, considerata anche la difficoltà di reperire e comparare dati storici, vi ringrazio per l’interessante chiave di lettura.

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