Lavoce.info

Quando le buone norme si infrangono sull’applicazione

Per evitare evasioni fiscali e contributive, le imprese che eseguono lavori, servizi e forniture per le pubbliche amministrazioni possono ricevere i pagamenti esclusivamente mediante bonifici bancari, su conti appositamente dedicati. E lo stesso devono fare i subappaltatori. Un principio sacrosanto, sancito da una legge del 2010. Che però ha avuto modalità di applicazione paradossali. Perché è sorto il dubbio che possa essere una norma retroattiva. E dunque, in attesa di chiarimenti su un punto di per sé già chiarissimo, alcune amministrazioni hanno sospeso i pagamenti.

La vicenda della cosiddetta tracciabilità dei pagamenti agli appaltatori delle amministrazioni pubbliche è un’’ulteriore tristissima cartina di tornasole dello stato di confusione nella legislazione e nell’’amministrazione italiane.

IL DUBBIO SULLA RETROATTIVITÀ

Il principio è sacrosanto: allo scopo di evitare evasioni fiscali e contributive, le imprese chiamate a eseguire lavori, servizi e forniture per le pubbliche amministrazioni possono ricevere pagamenti per le loro prestazioni esclusivamente mediante bonifici bancari, su conti appositamente dedicati e comportarsi in modo analogo a quello delle amministrazioni appaltanti nei riguardi dei propri subappaltatori.
Come troppo spesso accade, all’’indiscutibile bontà degli intenti, segue una modalità applicativa paradossale, fonte di caos.
La norma introduttiva della tracciabilità dei pagamenti, l’’articolo 3 della legge 136/2010, “dimentica” di specificare se essa si applichi ai contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore (lo scorso 7 settembre) o anche ai rapporti contrattuali già insorti.
Per la verità, trattandosi di una regola incidente sui rapporti contrattuali, non dovrebbe esservi alcun dubbio: la sua operatività dovrebbe riguardare solo la futura regolamentazione pattizia e contrattuale. Ciò non di meno, poiché ormai si pretende che il legislatore spieghi nel minimo dettaglio cosa intenda dire quando emana un precetto, immediatamente alcuni interpreti hanno rilevato che data la rilevanza di interesse pubblico della finalità della norma, combattere infiltrazioni criminali negli appalti, deve essere necessariamente retroattiva. Su questa lunghezza d’onda si è posto il presidente dell’’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Per altro, non attraverso atti dell’’Authority, ma affidando a interviste sui media una propria, legittima e rispettabilissima, lettura personale della norma. Che si è mostrata in rotta di collisione con l’’avviso del tutto opposto espresso, fino a oggi ancora solo ufficiosamente, dal Viminale.
Da qui l’’inevitabile caos. Nessuno ha ricordato che l’’articolo 11, comma 1, delle cosiddette “preleggi” non risulta ancora abolito, sicché vige ancora il principio da esso posto e cioè che “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Il che impone al legislatore non di esplicitare se la norma non abbia effetto retroattivo, ma, esattamente all’’opposto, di chiarire espressamente se intenda attribuire tale effetto.
Non si capisce quale sia la ratio, dunque, di un simile caos, che ha immediatamente indotto le mentalità più burocratiche delle amministrazioni a sospendere i pagamenti in “attesa dei chiarimenti”. Il che sta portando in queste ore addirittura all’’idea di un decreto legge, da non convertire, che sospenda l’’applicazione della norma nelle more di una circolare esplicativa.
Ottimo risultato: l’’introduzione, tra le fonti del diritto, del decreto “a perdere”, per dar modo di chiarire aspetti interpretativi che dovrebbero essere già chiari.
Nel frattempo, molte amministrazioni disorientate dalla paradossale vicenda, hanno in effetti fermato i pagamenti. Ma è solo di un anno fa la norma, contenuta nel decreto legge 78/2009, convertito in legge 102/2009, che avrebbe dovuto “accelerare i pagamenti”.
Non sembra che il legislatore abbia chiaro che meditazione e prudenza dovrebbero guidare il suo agire, così da orientare anche i soggetti chiamati ad applicare le norme,
Il tutto, sembra pensato quasi in barba agli slogan dell’’incremento dell’’efficienza, della produttività e dell’’utilità della pubblica amministrazione, i cui dipendenti (magari non esenti da ogni colpa) sono la rappresentazione fisica di disordine organizzativo che promana dalle fonti del diritto.
Le imprese, alla fine, sono quelle che rischiano di subire le conseguenze di questo caos. Ovviamente, le imprese sane. Per le altre, le cose vanno benissimo così.

Leggi anche:  Non tutti i territori sono uguali, neanche nelle aree competitive

LA VICENDA DEL DURC

E mentre ancora si discetta in merito alla retroattività della norma sui pagamenti, che blocca le erogazioni della pubblica amministrazione verso gli appaltatori, notoriamente in notevole ritardo di per sé, nessuno ha ancora affrontato e risolto il problema del Durc, il documento unico di regolarità contributiva, altro sacrosanto strumento per verificare se gli appaltatori paghino regolarmente i dipendenti e versino i contributi, ma contestuale strumento causa di burocrazia e ritardi. Ancora non si è chiarito se il Durc valga tre mesi o un mese (discordanze in merito vi sono tra leggi, decreti attuativi e circolari), né ancora nessuno ha spiegato perché per acquisire il certificato occorra ancora la burocratica “istanza”, che per quanto telematica richiede un tempo di risposta di 30 giorni, e non un semplice accesso riservato e diretto alle informazioni, visto che esse sono contenute in una banca dati pubblica.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Quanti mandati per un sindaco

Precedente

Programmazione italiana ed europea divise dai tempi

Successivo

Ma la formazione continua paga

  1. Piero

    Ho un dubbio…non hanno più soldi. Cercano scuse per dilazionare i pagamenti ed una notizia che solo apparentemente non centra, la dichiarazione di Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, che a margine di un convegno ha detto: "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale".

  2. alessandro orlando

    "In barba agli slogan dell’incremento dell’efficienza, della produttività e dell’utilità della pubblica amministrazione, i cui dipendenti (magari non esenti da ogni colpa) sono la rappresentazione fisica di disordine organizzativo". Ma se legislatore e alti dirigenti sbagliano, i dipendenti che c’entrano?

  3. Decio

    Gentilissimo Luigi, grazie mille per questo tuo articolo. Decio

  4. luciano scalzo

    Al ritardo nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni fanno,inoltre, da contraltare : i)una riscossione esattoriale ( cartelle esattoriali scadute e non pagate) fuori da qualsiasi controllo giudiziario ( il giudice interviene solo nella fase finale dell’esecuzione); 2) il blocco dei pagamenti da parte della PA e delle società a prevalente partecipazione pubblica ( art. 48bis DPR 602/73) qualora il creditore abbia un debito scaduto per cartelle pari o superiore a € 10.000. Anche in questi casi sono molteplici le situazioni in cui le imprese possono subire danni da norme che in teoria sono volte a colpire l’evasione. Luciano Scalzo

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén