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Riforma fiscale: è l’ora di discuterne

Il tema della riforma fiscale è stato più volte riproposto nel corso della legislatura. Da ultimo il presidente del Consiglio ha fatto del fisco uno dei cinque punti su cui richiedere la fiducia alle Camere. Il ministro dell’Economia ha in più occasioni affermato che su questo tema è auspicabile un ampio confronto. Un contributo alla discussione può venire da un documento di analisi e discussione elaborato da un gruppo di esperti che ha lavorato in questi mesi presso la sede del Nens.

Nel suo intervento alla Camera del 29 settembre il presidente del Consiglio ha parlato della riforma fiscale come “chiave strategica per la crescita del Paese”. Ancora una volta l’’architrave della sua proposta è stata la reiterata promessa di ridurre la pressione fiscale, “tenendo conto delle esigenze e delle compatibilità di bilancio pubblico, sulla base della lotta all’evasione fiscale e del dividendo della crescita”.

IL FISCO NEI “CINQUE PUNTI”

L’obiettivo non è però compatibile con i numeri forniti nella Decisione di finanza pubblica (Dfp), deliberata, sempre il 29 settembre, dal Consiglio dei ministri, che pure incorpora gli effetti della manovra per il triennio 2011-2013 (l’’intero orizzonte della legislatura) varata a fine maggio, con il decreto legge 78. La Dfp prevede che la pressione tributaria (e cioè il rapporto fra tutte le imposte e il Pil), aumenterà di 0,3 punti percentuali, nonostante il venir meno di 0,8 punti di gettito da interventi straordinari (primo fra tutti lo scudo fiscale). Ciò sembrerebbe implicare che, secondo la Dfp, il prospettato recupero dell’’evasione (e/o l’’auspicato dividendo della crescita) si tradurrà in aumento delle imposte.
Molto generici sono stati invece i riferimenti alle misure in cui si concretizzerebbe la riduzione graduale del prelievo su famiglie e imprese. Per quanto riguarda le prime, si evoca ancora una volta l’’introduzione del “quoziente familiare”. Si tratta ormai di un oggetto misterioso, con il quale si indicano generiche politiche di sostegno alla famiglia attuate attraverso lo strumento fiscale, ma del quale manca ancora una formulazione articolata e condivisa. Alle imprese di fatto non si promette nulla in più rispetto ai provvedimenti già approvati. Ricorda in particolare il presidente del Consiglio che grazie a una misura introdotta nel decreto 78, “in determinati casi, le nuove iniziative imprenditoriali si vedranno addirittura ridotta l’Irap a zero: è un’ipotesi importante di fiscalità di vantaggio”. Ma non andrebbe sottaciuto che l’’onere di questa misura è posta interamente a carico delle Regioni. Come potranno mai finanziarla?

LE PROPOSTE DEL NENS

Gli argomenti affrontati dal presidente del Consiglio sono in parte gli stessi richiamati in un documento di analisi e discussione, di cui si propone di seguito una illustrazione sintetica e parziale, elaborato da un gruppo di esperti che ha lavorato in questi mesi, presso la sede del Nens, allo scopo di stimolare l’’atteso e reiteratamente promesso confronto sulla riforma fiscale.(1)
Nel documento, si parte dalla consapevolezza che la tenaglia entro cui si muove la finanza pubblica italiana è molto stretta. (2) La possibilità di ridurre il prelievo fiscale è realisticamente legata “solo” al recupero dell’’evasione, che apre tuttavia margini di rilievo: nel complesso circa 120 miliardi di gettito, pari a 8 punti di Pil. Il recupero richiede non solo misure adeguate, ma anche quella continuità di indirizzo tecnico e politico che è venuta meno sia nel 2001 che nel 2008 e ha visto solo nel 2009-2010 i primi segni di inversione di tendenza. Il contrasto all’’evasione richiede che non siano tracciabili solo i redditi di lavoro dipendente e pensione e i redditi finanziari prodotti in Italia, ma che lo siano anche gli altri redditi. Significativi passi avanti possono essere compiuti attraverso un ricorso sistematico a un insieme ampio di banche dati oggi disponibili e integrabili grazie alla nuove tecnologie informatiche e telematiche.
Di pari passo, le maggiori conoscenze acquisite dall’’amministrazione devono essere utilizzate anche per mettere a punto strumenti di ausilio ai contribuenti: sotto forma sia di sgravi da una serie di adempimenti costosi, sia di riduzione dell’’esposizione a misure di accertamento che oggi giudicano, in parte, arbitrarie.
Una riforma fiscale che persegua obiettivi di maggiore equità e maggiore efficienza può avvenire anche attraverso una redistribuzione del prelievo, non solo attraverso una sua riduzione. È in questo contesto che si inquadrano le misure proposte per famiglie e imprese.

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1) Quanto alle famiglie, va rilevato che, negli ultimi trenta anni, il peso delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente (e pensione) sul totale dell’’Irpef è aumentato dal 40 al 52 per cento; mentre la quota di tali redditi sul valore aggiunto totale si riduceva dal 66 al 53 per cento. Redistribuire vuol dire allora: accelerare il recupero dell’’evasione (prevalente tra i redditi non di lavoro dipendente); spostare parte dell’’onere della tassazione sui redditi finanziari e sui grandi patrimoni, correggendo al tempo stesso la struttura dell’’Irpef, che è diventata sempre più gravosa per i redditi medi. (3)
Le detrazioni Irpef per carichi familiari dovrebbero essere integrate con gli assegni familiari, garantendo, diversamente da quanto avviene con il quoziente familiare, un sostegno anche alle famiglie con figli che sono tanto povere da non dovere pagare imposte e che quindi non possono trarre alcun beneficio da qualsivoglia sgravio fiscale. La misura avrebbe anche il pregio di evitare la discriminazione ai danni dell’’offerta di lavoro femminile tipica di tutti i sistemi in cui la tassazione è sul cumulo dei redditi familiari, come è appunto il sistema del quoziente familiare.
2) Gli obiettivi prioritari che vengono suggeriti per la riforma del prelievo sui redditi di impresa e di lavoro autonomo sono i seguenti: riduzione dell’’evasione e dell’’elusione e emersione dal sommerso; neutralità del prelievo nei confronti di redditi che hanno uguale natura, ma che sono conseguiti, ad esempio, con modalità organizzative diverse; neutralità nei confronti delle decisioni imprenditoriali, che riguardino la scelta fra impiego del lavoro e del capitale, le scelte di investimento e così via; in particolare, deve essere favorito (rispetto alla situazione attuale) il ricorso ai mezzi propri e la capitalizzazione delle imprese, rispetto al finanziamento con debito; deve essere sollecitata la cooperazione internazionale, ma occorre non dimenticare l’’esposizione al rischio di concorrenza fiscale.
Per realizzare questi obiettivi si suggerisce un’’unica imposta per tutte le attività di impresa e professionali, trasformando l’’Ires e l’’Irpef da esse dovuta in un’’Iri: imposta sul reddito imprenditoriale, articolata su due regimi.
Per le piccole e medie imprese e i lavoratori autonomi, verrebbe operata una netta distinzione fra il reddito reinvestito nell’’impresa (o studio professionale), che sarebbe sgravato in modo sostanziale, e il reddito che l’’imprenditore (professionista) “estrae” dall’’azienda (studio) per soddisfare i bisogni suoi e della sua famiglia, che sarebbe tassato come il reddito di tutti gli altri lavoratori.
Per le società di capitali, verrebbe detassato il costo del capitale proprio, al pari degli interessi sul debito, consentendo la deducibilità della remunerazione ordinaria degli incrementi di questo capitale. Verrebbe al tempo stesso ripristinata la piena deducibilità, dall’’Ires, degli interessi passivi. Gli utili distribuiti e le plusvalenze sarebbero tassati in capo al socio con l’’aliquota, resa uniforme, riservata ai redditi di capitale e alle plusvalenze.
Si tratta di proposte da discutere e approfondire, che intendono sollecitare un serio dibattito di merito.

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(1) “Prospettive di riforma fiscale in Italia”, disponibile sul sito www.nens.it
(2) Se si volesse far scendere almeno all’’80 per cento nel 2025 il rapporto tra debito pubblico e Pil, occorrerebbe aumentare al 4 per cento del Pil l’’avanzo primario (più tasse o meno spese per welfare e servizi) entro il 2015. E poi mantenerlo costante a quel livello fino al 2025.
(3) Il documento spiega che “Risultati significativi si possono ottenere: riducendo la prima aliquota dal 23 al 20 per cento; riducendo l’’aliquota del 38 al 36 per cento; rendendo piatte (anziché decrescenti) le detrazioni per fonte del reddito (lavoro dipendente, lavoro autonomo, pensioni); eliminando la gran parte delle agevolazioni esistenti, che complicano inutilmente l’’imposta senza vantaggi apprezzabili per i contribuenti”.

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La risposta ai commenti

12 commenti

  1. Giovanni Speranza

    Ritengo chiare e concrete le proposte contenute nel documento redatto da Nens; in buona parte coincidono con richieste ed analisi che la stessa CGIL e l’Ires hanno da un anno avanzato. Chiedo se non abbia senso approfondire due aspetti: l’accertamento dei patrimoni quale via preferenziale per arrivare ai consumi e quindi ai redditi reali e non solo quelli dichiarati (interessanti tempo fa degli articoli sul Sole di alcuni docenti della Bocconi); l’altro perchè non assumere con maggior convinzione il contrasto d’interessi tra consumatori e fornitori di servizi o prodotti (coincidono spesso con la maggior parte delle attività in cui regna l’evasione) per far emergere l’economia sommersa e di conseguenza accrescere la platea dei contribuenti, nonchè scoraggiare la concorrenza sleale tra imprese e professionisti. il dubbio di fondo è: se il sitema politico è incapace di fare scelte all’altezza delle esigenze (negli ultimi 15 anni le poche novità positive sono venute sappiamo durante quale Governi), cosa fare per cambiare la portata delle iniziative sin qui realizzate tra la gente e le imprese? Grazie, e buon lavoro.

  2. Adriano Sala

    Premetto di non essere esperto in politiche fiscali; l’unica mia esperienza è nella gestione del bilancio famigliare. Nel bilancio famigliare conta solo la differenza fra entrate e uscite. Non potendo variare le entrate posso solo controllare le uscite. Non mi risulta nulla nel vostro articolo in proposito. Quanto alle entrate, se non si creano contrasti di interesse fra le parti, c’è solo da aumentare il numero dei finanzieri, creare uno stato poliziesco e di conseguenza corrotto. Un esempio fra tutti, dato dalle pensate di Rosy Bindi e Visco: un medico offre uno sconto immediato del 20% se si paga in nero, lo stato offre uno sconto fiscale, non sul reddito, del 19% posticipato di un anno se si presenta fattura. Per quale scelta opterà un contribuente? Non certo per la seconda. Al contrario io, avendo un fondo sanitario privato, opto sempre per la fattura perché più conveniente. Allora parliamo di cose semplici, non di cose astruse. Del quoziente famigliare si parlò già negli anni ’70, col risultato di separazioni fittizie da parte di chi se lo poteva permettere e di proteste della Chiesa Cattolica. E’ mai possibile che la sinistra favorisca l’evasione e la destra la premi?

  3. luigi zoppoli

    L’evasione è un male e non ci sono dubbi. Ma se è vero come è vero che nel PIL come calcolato da ISTAT è compreso anche il sommerso, l’eventuale azzeramento dell’evasione non comporterebbe un aumento della pressione fiscale? Non ipotizzare tagli generalizzati alla pressione fiscale agendo anche sulla spesa pubblica limitandosi a re-distribuire, lascia il paese nelle medesime condizioni di oggi: soggetto a una fiscalità da rapina.

  4. Luigi Calabrone

    Furbesco promettere di “ridurre la pressione fiscale”… “tenendo conto delle esigenze e delle compatibilità di bilancio pubblico, sulla base della lotta all’evasione fiscale e del dividendo della crescita”. Nell’ipotesi più auspicabile, purtroppo d’incerta realizzazione, ogni risorsa aggiuntiva di bilancio sarà utilizzata per ridurre il debito dall’attuale 120% al 60%, come prescritto dall’U.E. Se non si ridurrà la spesa (evento improbabile se continuerà a dominare, da sinistra a destra, il partito trasversale della spesa, maggioritario dal 1948) non ci sarà alcuna possibilità di ridurre la pressione fiscale complessiva. Nel caso migliore, dipendenti e pensionati godranno della ridistribuzione del prelievo, come indicato nell’articolo. Le istruzioni del Modello 730, oggi fantasiosamente definito “facile da compilare”, perderanno qualche pagina rispetto alle 84 attuali. Dal “dividendo della crescita” (la pelle dell’orso) è meglio non aspettarsi niente. Se ci sarà, la crescita del PIL potrà, statisticamente, accelerare i tempi per la riduzione della percentuale di cui sopra. Lo stesso per i risultati, se ci saranno, della lotta dell’evasione. Quindi, arrivederci fra vent’anni.

  5. Francesco

    Da quanto si desume da questo articolo con questa nuova tassa (Iri, perchè già non ce n’erano abbastanza) si propone quindi di tassare l’imprenditore se decide di volersi godere un pò delle sue fatiche. Ma uno perchè dovrebbe fare l’imprenditore? Lavorare dieci o dodici ore al giorno per farsi massacrare di tasse? E’ una cosa che non ha senso, e la realtà sembra andare in questa direzione, perfino Confindustria lamenta la scarsa propensione dei giovani a volersi "impiantare". C’è un solo modo di farsi pagare le tasse, chiederne consistentemente di meno. I vecchi cari proverbi la dicono lunga: chi troppo vuole nulla stringe.

  6. Zanzo

    Il sistema fiscale italiano è un mostro di inefficienza e di ingiustizia. Basta avere un reddito poco poco decente che ti ciucciano via il 43% marginale. Ovvio che se uno è smart cerca di evadere… Poi chi veramente può (vedi de benedetti) va in svizzera dove oltre un certo reddito puoi metterti d’accordo col fisco su quanto pagare. La soluzione è una flat rate tax del 25%.

  7. salvatore

    Io do in affitto un appartamento e mi chiedono di pagare le tasse. Giusto. L’inquilino non mi paga: cosa devo fare per riavere il mio appartamento libero? Se devo pagare un avvocato, andare in tribunale e aspettare 2 anni per riaverlo forse mi conviene affittarlo a nero. Vero? Ho una azienda che ha fornito di materiali e lavori un’altra azienda. Questa mi paga le prime 3 fatture a 90 giorni, poi comincia a ritardare i pagamenti a 120 giorni, infine fallisce. Bancarotta fraudolenta. Vorrei avere giustizia, ma questa non arriva. Non ero il solo ad essere truffato ma eravamo ben 300 fornitori. Il processo va in prescrizione. Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato… Ho fatto bene a mettere una impresa e lavorare 10 ore al giorno per farla andare avanti? Per inciso: la bancarotta fraudolenta è stata depenalizzata: guarda caso uno di quei processi che riguardavano il nostro beneamato Presidente.

  8. Lucrezio

    Volevo chiedere a "lavoce" se ho capito bene: "il peso delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente (e pensione) sul totale dell’Irpef è aumentato dal 40 al 52 per cento; mentre la quota di tali redditi sul valore aggiunto totale si riduceva dal 66 al 53 per cento". Se ho capito bene sono due fenomeni non uno dipendente dall’altro, ma che si sommano. Da una parte la quota di reddito lordo di lavoro dipendente si riduce sul valore aggiunto nazionale, e quindi indipendentemente dal prelevio fiscale, dall’altra il prelievo fiscale aumenta non solo in proporzione ma in cifra assoluta su quel reddito che si riduce. E’ così? Grazie per la risposta

  9. Antonello

    Sono un cittadino di quelli che non contano niente, di quelli che sono non zero, ma al di sotto di zero, però in 90 giorni sarei capare di eliminare il 98% dell’evasione fiscale e pure con pochi soldi. Come? E’ semplice, molto semplice. Visto che nessun vuole il denaro elettronico allora basta tracciare il contante. Qualcuno dirà ma è contradditorio, come fai a tracciare il contante. Semplice anche questa volta. Ogni banconota ha un seriale univoco, basta realizzare un lettore di banconote, cioè un aparecchio dove invece di strisciare la carta di credito, strisci la banconota. Ora che mi sono sfogato, addio.

  10. f.m.parini

    Il quoziente familiare non è proponibile allo stato attuale, ma bisogna fare delle scelte serie e fattibili.Introduzione della tracciabilità per spese superiori ai cinquanta euro;per gli anziani possono essere introdotte carte prepagate. Riduzione delle accise sulla benzina ed introduzione di una tassa di proprietà legata alla potenza,al peso ed alla superficie occupata. Fatto 100 la tassa per cinquecento una ferrari pagherà 50 volte tanto. Quintuplicare le tasse per le auto aziendali; poi si potrà valutare la possibilità di ridurre od eliminare le detrazioni e deduzioni fiscali….quando, il contante circolante sarà meno dell’uno per cento.

  11. f.m.parini

    Va bene eliminare tutte le detrazioni e deduzioni,ma introdurre un forfettone detraibile di tutte le spese sostenute documentabili del 10% legato al reddito. Gli incapienti devono godere di agevolazioni ed interventi assegni, indennità, agevolazioni che agevolino il mancato utilizzo del forfettone.

  12. Filippo Crescentini

    Stabilito che in molti casi anche il ripristino della tracciabilità nei limiti originari Visco-Bersani non "coprirebbe" molte singole prestazioni, che hanno importo inferiore (mi riferisco in particolare agli interventi manutentivi svolti da artigiani), perchè non istituire una sorta di "tracciabilità cumulata" su base annuale? Il professionista o l’artigiano ogni volta che lo pago, anche in contanti, mi rilascia una fattura. Io conservo le 8-10 fatture che potrei cumulare in un anno e comunico i dati al Fisco attraverso la mia denuncia dei redditi, mettendo in detrazione una quota della spesa che ho sostenuto. Parlo di una quota, perchè non ho idea di quale potrebbe essere l’effetto finale di una cosa del genere sui livelli generali di gettito. Crtedo però che potrebbe avere un senso, la cosa, anche a parità di gettito. Si tratterebbe, in quel caso, di una delle tante "redistribuzioni del carico" che si rendono necessarie. Nel caso specifico tra l’imposizione a carico dei percettori di redditi fissi e alcune categorie del lavoro autonomo.

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