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Se il campionato si ferma per sciopero

La minaccia di uno sciopero pende sul campionato di calcio. In discussione c’è il nuovo contratto di lavoro e due sono i punti di disaccordo: il diritto dei calciatori che non rientrano più nei piani delle società di allenarsi insieme al resto della rosa e la rescissione del contratto in caso di rifiuto del trasferimento a un altro club nell’ultimo anno di contratto. E se non è facile per i normali cittadini comprendere le ragioni dei giocatori, è anche difficile avere simpatia per chi ha liberamente sottoscritto un contratto e vorrebbe poi uscirne senza pagare le conseguenze.

 

La Lega calcio della serie A e l’’Associazione italiana calciatori stanno discutendo il nuovo contratto collettivo che disciplinerà i rapporti tra le società della massima divisione e i loro giocatori. Le trattative sono ormai alla stretta finale, anche sotto la minaccia di uno sciopero dei calciatori che farebbe saltare le partite del 25 e 26 settembre prossimi. Su alcuni dei punti in discussione l’’accordo sembra essere stato raggiunto. Ad esempio, è stato riconosciuto il principio della flessibilità dei compensi: una squadra che retrocede in B perde gran parte dei diritti televisivi e subisce un’’emorragia di abbonati e spettatori, dunque è giusto che ci sia anche una riduzione dei costi e che essa sia sopportata in parte dai calciatori, che della retrocessione sono corresponsabili.

I PUNTI DI DISACCORDO

Due sono i punti sui quali non si riesce ancora a trovare un accordo. Il primo riguarda il diritto dei calciatori che non rientrano più nei piani delle società di allenarsi insieme al resto della rosa. Detto in modo semplice, oggi alcune società fanno allenare giocatori non più desiderati in orari diversi da quelli della squadra, quindi senza compagni e con membri dello staff tecnico di secondo piano. I calciatori dicono che questa è una forma di mobbing. Le società rispondono che un calciatore demotivato può avere effetti di disincentivo sull’’impegno degli altri giocatori del gruppo. Entrambe le affermazioni contengono una parte di verità. Certamente i calciatori hanno diritto ad allenarsi per non deprezzare il loro capitale umano e hanno il diritto ad allenarsi sotto la supervisione di personale tecnico competente. Se l’’allenatore pensa che un calciatore debba restare ai margini del gruppo, deve in ogni caso essere disposto ad allenarlo in orari diversi, ma non palesemente punitivi, negli stessi impianti e con le stesse attrezzature riservati ai suoi colleghi. Il calciatore è già penalizzato per la mancanza di un allenamento in gruppo, dato che il calcio è uno sport di squadra. Andare oltre, è veramente solo mobbing.
L’’altro punto di disaccordo è la possibilità, per una società, di recedere dal rapporto con un calciatore all’’ultimo anno di contratto nel caso rifiuti il trasferimento a una squadra di pari livello che gli offre un contratto equivalente in termini economici. È bene dire che la proposta delle società è troppo generica. La Sampdoria è equivalente alla Juventus? E il Panathinaikos? Chi lo decide quali squadre sono di pari livello? O tutte le squadre di prima divisione lo sono? E se il calciatore si aspetta che la società alla quale deve essere venduto stia per fallire o per retrocedere? E perché il calciatore non dovrebbe tenere conto dei costi monetari e familiari creati dal cambiare città? Facciamo il seguente esempio, del tutto ipotetico: la Juventus, di solito (forse dovrei dire, una volta) in lotta per il vertice della classifica, vuole liberarsi del calciatore Grosso, campione del mondo, ma giudicato ormai inadatto al club di Torino. I dirigenti juventini chiamano il Lecce, società di solito in lotta per non retrocedere, chiedendo di fare un’’offerta a Grosso quasi equivalente a quella attuale, offrendo di pagare gran parte dell’’ingaggio. Il Lecce accetta: per loro Grosso può essere utile e in ogni caso è la Juventus che pagherebbe gran parte dell’’ingaggio. Se il calciatore accettasse il trasferimento, la Juventus avrebbe in ogni caso ridotto parzialmente i costi. Se Grosso rifiutasse, il contratto verrebbe risolto e i costi della Juventus diminuirebbero ancora di più. Diciamoci la verità: questa è solo una furbata. Ma una furbata neanche troppo lungimirante. La reazione dei calciatori sarebbe ovviamente quella di scrivere in futuro contratti più lunghi di quelli attuali o con ingaggi decrescenti nel tempo, ovviamente a parità di ingaggio complessivo, in modo da minimizzare l’’eventuale perdita o semplicemente di incorporare nell’’ingaggio i costi di un possibile trasferimento. Altre soluzioni potrebbero essere più lineari, anche nel caso in cui si volesse insistere sulla possibilità di recedere. Si potrebbe, ad esempio, stabilire un congruo preavviso, così da dare ai calciatori la possibilità di trovare squadre a loro gradite, e un indennizzo proporzionale all’’ingaggio residuo.
Una considerazione finale. L’’idea che i calciatori non possano difendere i propri interessi come altre categorie di lavoratori, dati i loro elevatissimi guadagni, è solo populismo a buon mercato. È vero che Ibrahimovic guadagna in un anno quello che parecchi lavoratori non guadagnano nella loro vita. Ma anche in serie A non ci sono solo Ibra e Eto’’o. C’’è anche chi guadagna molto meno e qualcuno per cui un anno di contratto in più o in meno può essere importante. Ci sono anche società che pagano stipendi dopo sei mesi. Ma soprattutto occorre non dimenticare che i contratti che adesso vorrebbero stracciare, le società li hanno sottoscritti senza che nessuno le obbligasse. I calciatori sbaglierebbero a scendere in sciopero perché pochi capirebbero le loro ragioni. Ma è anche molto difficile avere simpatia per chi è liberamente entrato in una relazione contrattuale e poi vorrebbe uscirne senza pagarne le conseguenze.

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  1. Luca

    Ho presidiato il sito per settimane ma purtroppo mai nessuno si è preso la briga di spiegare, in maniera concisa e puntuale, quali fossere nel dettaglio le deroghe al CCNL del metalmeccanici causa della rottura tra Confindustria-Cisl-Uil Vs. Cgil_Fiom. Possibile che venga invece fatto con il contratto dei calciatori?

  2. Alessandro R.

    Articolo impeccabile…unico appunto…credo che oggi come oggi avrebbero più difficoltà i giocatori del Lecce a trasferirsi alla Juventus.

  3. Silvana

    Magari scioperassero tutto l’anno. I media risaltano lo sciopero dei calciatori, gli danno voce mentre il silenzio su tutto il resto dei veri lavoratori. Che vadano a zappare che si renderebbero più utili alla società non di calcio ma a quella umana. Come la moda. Ma a me i calciatori e le modelle a cosa servono? La domenica vado a passeggio e mi vesto come pare a me. L’industria del nulla e se ne parla!

  4. sanchezpizjuan

    Certamente i calciatori hanno tutto il diritto di protestare per le loro ragioni. Tutti lo hanno, anche le veline, se volessero. Credo che al "popolo" infastidisca la minaccia di sciopero in sé (non c’è una forma di protesta più soft e senza ricadute sul pubblico?) e soprattutto lo spazio che i media stanno dando alla vicenda e che di solito negano a faccende francamente parecchio più importanti.

  5. Donty

    Scioperassero un po’ più spesso … l’estate senza calcio dura troppo poco. Non fai in tempo a vedere che i vari campionati sono finalmente finiti, e già ricominciano a bombardarci con anticipi, posticipi, amichevoli, leghe e beghe varie. Magari i media si preoccupassero così di tutte le cose che non funzionano in Italia … e soprattutto di quelle che fanno passare per funzionanti e non lo sono!

  6. Emanuela Francia

    Ma chi ci ha mai creduto che avrebbero scioperato. Con tutti i soldi e gli interessi che girano intorno al calcio, i giocatori otterranno quello che vogliono, alla faccia della gente che lavora, spesso e volentieri senza divertirsi e rischiando la vita!

  7. Paolo

    Sono d’accordissimo con la parte finale dell’articolo: "[…] occorre non dimenticare che i contratti che adesso vorrebbero stracciare, le società li hanno sottoscritti senza che nessuno le obbligasse. […] è anche molto difficile avere simpatia per chi è liberamente entrato in una relazione contrattuale e poi vorrebbe uscirne senza pagarne le conseguenze." Io estenderei la scarsa simpatia a confindustria, federmeccanica, cisl, uil, e tutti gli altri che firmano nel 2008, cambiano idea nel 2009 e soprattutto non fanno votare i lavoratori.

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