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La risposta ai commenti

Ringraziamo per i numerosi commenti ricevuti, ai quali tentiamo di rispondere.
Innanzitutto è certamente vero che il nostro argomento prende solo spunto dalle richieste di Gheddafi, ma si applica più in generale alle politiche di aiuti ai paesi africani e non, di per sé, alle operazioni di vigilanza. E tuttavia, come ha rilevato Matthew Newman, portavoce del commissario Ue alla Giustizia, gli aiuti comunitari in questo contesto non sono meri trasferimenti per operazioni di vigilanza, ma accordi bilaterali quadro più ampi.
In secondo luogo, come rileva un commentatore, il fatto che gli aiuti siano anche rivolti ad azioni di polizia, potrebbe aggravare il quadro, specie se distoglie gli aiuti da altri sbocchi: i respingimenti sul fronte libico aprono altri fronti (la Grecia, ad esempio) e i contenimenti potrebbero produrre effetti non duraturi.
Infine, con riferimento al commento generale del Prof. Orsi, non possiamo –  anche qui – che concordare: quando si parla di numeri bisogna esser sempre rigorosi (anche se ciò non deve portarci alle estreme conseguenze di allegare i modelli agli editoriali o introdurre i referaggi). Siamo in particolare d’’accordo sul fatto che bisogna resistere alla tentazione del ‘contro-intuitivo’ a tutti costi e che dietro una ipotesi posta a verifica empirica debba poter esserci una qualche ipotesi teorica (anche qui però senza esagerare, nel senso che molta parte delle teorie comportamentali recenti sono nate e progredite anche dai puzzle contro-intuitivi suggeriti dall’’analisi dei dati). Proprio per questo, ci sentiamo di poter respingere la sua critica nel nostro caso, sul quale non vi è soltanto una ipotesi, ma addirittura una ricca letteratura teorica che, purtroppo, fino ad oggi ha ricevuto scarsa verifica empirica. Il nostro punto di partenza è stato proprio quello di tentare di fornire -– con tutti i caveat del caso –- una verifica empirica a tale letteratura, seguendo un approccio metodologico proprio nel senso suggerito da Orsi. L’’esistenza della dinamica cui facciamo riferimento è oggi sostenuta dalla maggioranza degli esperti di migrazione internazionale. Non è rimasto quasi nessuno, oramai, ad affermare che i flussi migratori siano il puro risultato di “push factors” (in primis la povertà assoluta), mentre la quasi totalità della letteratura sul tema oggi riconosce che la migrazione internazionale segua principalmente i canali aperti dalle relazioni economiche (sia commerciali sia di cooperazione allo sviluppo). Il nostro lavoro intende dunque essere un supporto empirico a modelli teorici consolidati e ad analisi socio-economiche condivise che da molti anni sono al centro della letteratura scientifica (per citarne qualcuno: Schiff, M., 1994 “How Trade, Aid and Remittances Affect International Migration“, Policy Research Working Paper 1376, World Bank; Martin, P.,  1993 “Trade and Migration: NAFTA and Agriculture“, Institute for International Economics, Washington D.C.; Martin, P., 1998 “Economic Integration and Migration: The Case of NAFTA“, IGCC  Working Paper; Martin, P. and Taylor, J.E., 1996 “The Anatomy of a Migration Hump“, in J. E. Taylor (eds.) Development Strategy, Employment, and Migration: Insights form  Models, OECD, Paris, pp. 43-62; Vogler, M. and Rotte, R., 2000 “The Effects of Development on Migration: Theoretical Issues and New Empirical Evidence“, Journal of Population Economics, 2000(13): 485-508; Olesen, H., 2002 “Migration, return and Development: An Institutional  Perspective“, International Migration, 40(5): 125-150; De Haas, H., 2004 “International Migration, remittances and Development: Myths and Facts“, Third World Quarterly, 26(8): 1269-1284.).
Per quanto riguarda la nostra affermazione (“tanto più un paese riceve aiuti economici internazionali, tanto più da quel paese si origineranno flussi di migrazione internazionale”) e alla base del titolo, certo ad effetto (ci siamo chiesti se un punto interrogativo fosse stato più appropriato), del nostro articolo, confermiamo che la nostra conclusione è il risultato di una stima econometrica eseguita con “severità”.
Nello specifico, rispondendo a quanti ci chiedono dettagli sul modello statistico, abbiamo sviluppato un modello a due equazioni, stimate simultaneamente, benché consapevoli che le tecniche econometriche non consentono mai una esatta identificazione dei nessi causali. Con questo caveat,  comunque, i risultati ottenuti superano con successo i tradizionali test diagnostici. La prima equazione descrive il tasso di emigrazione –dai paesi sub-sahariani verso i paesi OCSE – come funzione degli aiuti internazionali e di un set di variabili di controllo: le principali sono l’’indice di sviluppo umano (che include speranza di vita, istruzione, e reddito), l’’indice di povertà (basato su un set di sottoindicatori per probabilità alla nascita di non sopravvivere sino ai 40 anni, tasso di alfabetizzazione, accesso ad acqua potabile, denutrizione infantile), l’’esistenza di conflitti, l’’accesso e diffusione di internet, l’’accesso e diffusione della televisione, e un vettore di dummies per controllare per l’’effetto delle relazioni coloniali tra paesi africani e paesi europei. La seconda equazioni invece serve a spiegare la variabilità (tra i paesi africani) degli aiuti internazionali ricevuti, in funzione di povertà, reddito nazionale lordo e apertura commerciale. In questo modo, teniamo conto, almeno parzialmente, della possibile endogeneità degli aiuti internazionali. Il modello è stimato attraverso un three-stage least square in cui i due ultimi stadi sono iterati fino ad avere convergenza nella stima dei parametri. L’’analisi diagnostica del modello, svolta attraverso il Sargan test sulle cosiddette overidentifying restrictions, ci permette di validare statisticamente la scelta delle variabili strumentali utilizzate nel modello; infine, il test di Wald su tutte le specificazioni del modello considerate, ci permette di rifiutare l’’ipotesi nulla di non significatività congiunta dei parametri. Nelle varie specificazioni non si presenta nessun problema di collinearità. La nostra analisi principale è di tipo cross-country, ma è stata replicata con successo sia (ove i dati lo hanno permesso possibile) su time series, opportunamente detrendizzate.
Detto questo, siamo convinti che il tema è troppo importante per le implicazioni di policy che ne derivano e per questa ragione ogni cautela suggerita è più che benvenuta. La nostra ricerca sul tema continua, in particolare nel tentativo di individuare se esista una soglia critica di aiuti che, a parità di altri fattori economici e istituzionali, possa determinare una inversione nella relazione che abbiamo osservato.

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  1. Rocco Maggi

    Sfortunatamente non ho la più pallida idea di come questi test diagnostici econometrici funzionino. Nella mia ignoranza so che plottando nazione per nazione la diffusione della malaria contro la diffusione delle zanzariere a tendina, otterrò anche lì una "correlazione positiva"; poi, però, di lì a pretendere di aver dimostrato che la distribuzione di zanzariere "causi" una maggior diffusione della malaria… Un’altra obiezione è che la consistenza dei flussi migratori sarà al più relata al complesso degli aiuti ricevuti, e non a quelli erogati dal singolo donatore. Inoltre, non capisco se l’analisi condotta distingua tra le varie modalità di implementazione degli aiuti, il che mi parrebbe cruciale per le tesi sostenute. Però il punto chiave della questione mi pare altrove: diversi paesi del bacino del Mediterraneo vanno attrezzando argini, sempre più discutibili, contro l’ondata migratoria in cambio di denaro elargito essenzialmente dai paesi dell’EU – giova peraltro ricordare come la possibilità di controllo da parte della cittadinanza nei confronti dell’esecutivo EU sia pressocchè nulla. La stampa vigili attentamente su quanto sta accadendo, la barbarie è sempre dietro l’angolo.

  2. maurizio zumerle

    Girano studi prezzolati sul quanto si risparmierebbe con il nucleare in termini di CO2 immessa nell’aria, ma perche nel nostro sud non si insite per una politica di recupero dell’energia dal solare, o dall’eolico. Ricordo poi il motore stirling che diventerebbe una manna per piccole entità familiari che però sfuggerebbero al controllo ed alle tasse statali. Perchè i vari professori di fisica italiani non ne parlano, eventualmetne smontandolo. A Ferrara hanno brevettato il nuovo silicio per fotovoltaico, ma si insite col nucleare. Boh

  3. maurizio zumerle

    Girano studi prezzolati sul quanto si risparmierebbe con il nucleare in termini di CO2 immessa nell’aria, ma perche nel nostro sud non si insite per una politica di recupero dell’energia dal solare, o dall’eolico. Ricordo poi il motore stirling che diventerebbe una manna per piccole entità familiari che però sfuggerebbero al controllo ed alle tasse statali. Perchè i vari professori di fisica italiani non ne parlano, eventualmetne smontandolo. A Ferrara hanno brevettato il nuovo silicio per fotovoltaico, ma si insite col nucleare. Boh

  4. maurizio zumerle

    Girano studi prezzolati sul quanto si risparmierebbe con il nucleare in termini di CO2 immessa nell’aria, ma perche nel nostro sud non si insite per una politica di recupero dell’energia dal solare, o dall’eolico. Ricordo poi il motore stirling che diventerebbe una manna per piccole entità familiari che però sfuggerebbero al controllo ed alle tasse statali. Perchè i vari professori di fisica italiani non ne parlano, eventualmetne smontandolo. A Ferrara hanno brevettato il nuovo silicio per fotovoltaico, ma si insite col nucleare. Boh

  5. LFB

    Interessante l’analisi e condivisibile. Vorrei avere qualche informazione in più sull vs affermazione che 2 immigrati su 3 non permangono nel paese in cui emigrano. Cosa fanno? Rientrano nel proprio paese o si spostano altrove? In questo secondo caso, dovreste allora depurare il vostro dato di ingresso?

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