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Ministero dello Sviluppo Economico, sede di Cologno Monzese

La Commissione Europea ha accolto la richiesta di Sky per una modifica degli impegni concordati nel 2003. Che, tra l’altro, impedivano una presenza del gruppo di Murdoch nel digitale terrestre. Si tratta di un provvedimento equilibrato e capace di introdurre qualche stimolo concorrenziale nel panorama televisivo italiano, in particolare nel segmento della televisione generalista in chiaro. Eppure, la decisione non è piaciuta al viceministro con delega alle Comunicazioni, che per mesi si è speso a Bruxelles come un vero e proprio lobbista di Mediaset.

 

La Commissione europea si è pronunciata il 20 luglio accogliendo la richiesta di Sky relativa a una modifica degli impegni concordati nel 2003, quando il gruppo di Murdoch acquisì Tele+ e Stream, impegni che impedivano una presenza nel digitale terrestre. La materia, apparentemente tecnica, ha risvolti economici rilevanti sugli assetti del settore televisivo nei prossimi anni, e da qui conviene partire per una valutazione del provvedimento.

IMPEGNI EUROPEI PER SKY

Nel 2003 la Commissione europea approvò l’’acquisizione di Tele+ e Stream da parte di NewsCorp, con la creazione di un unico operatore, Sky, nel segmento della televisione a pagamento in Italia, ponendo tuttavia una serie di paletti che permettessero negli anni uno sviluppo della concorrenza. A Sky veniva proibito di acquisire in esclusiva contenuti, come gli incontri sportivi o i film, per piattaforme tecnologiche diverse da quella satellitare, in modo da evitare una chiusura del mercato a operatori che agissero ad esempio nel digitale terrestre o via Internet privandoli dei programmi più richiesti. Veniva imposto inoltre a Sky un duplice obbligo di accesso: in primo luogo alle proprie infrastrutture di trasmissione satellitare, i cui servizi dovevano essere ceduti a operatori che desiderassero trasmettere i propri contenuti raggiungendo i clienti Sky, come ad esempio ha fatto da Conto TV. In secondo luogo, Sky doveva cedere i propri contenuti premium ad altri operatori televisivi che trasmettessero su piattaforme diverse dal satellite e che desiderassero inserire nel proprio pacchetto di canali anche quelli di Sky, strada percorsa da Fastweb.
Con questi obblighi, quindi, la Commissione europea imponeva a Sky una serie di provvedimenti che consentissero ad altri operatori televisivi di utilizzare la piattaforma satellitare per trasmettere propri programmi o di utilizzare i contenuti Sky per trasmetterli sulle proprie piattaforme tecnologiche alternative. Limitava così le possibilità di esercitare un considerevole potere di mercato sfruttando la propria posizione di forza sulla piattaforma satellitare e sui contenuti premium acquisiti. Questi impegni, estesi a tutto il 2011, rimangono operanti.

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IL DECOLLO DEL DIGITALE

La decisione del 2003, inoltre, imponeva a Sky, sempre con scadenza al dicembre 2011, forti vincoli a una presenza nel segmento del digitale terrestre, principale piattaforma tecnologica alternativa al satellite. Vincoli nei confronti del pubblico finale, impedendo a Sky la vendita di servizi di televisione a pagamento sul digitale terrestre, e vincoli infrastrutturali, impedendo a Sky di costruire una rete di ripetitori per il digitale terrestre e di acquisire le frequenze necessarie alla trasmissione dei programmi.
In questi anni, il digitale terrestre si è sviluppato più rapidamente di quanto probabilmente si immaginava all’’inizio del decennio, anche per una strategia attiva di Mediaset nell’’ambito dei servizi a pagamento (i canali premium e le carte prepagate) e di Rai in quelli in chiaro, oltre che per i generosi contributi statali all’’acquisto del decoder digitale, censurati recentemente dalla Commissione come improprio aiuto di Stato. Inoltre, la migrazione dalla trasmissione analogica a quella digitale ha permesso di liberare frequenze, il cosiddetto dividendo digitale, che possono essere messe a disposizione di altri operatori. L’’Autorità di garanzia per le comunicazioni ha quindi deciso di promuovere una gara per l’’assegnazione di nuovi multiplex, i pacchetti di canali digitali, prima del dicembre 2011 e con un obbligo a quanti si aggiudicassero le frequenze a non rivenderle ad altri per cinque anni. Nei fatti, l’iniziativa impediva a Sky, per gli impegni europei, di partecipare alla gara per le frequenze digitali e la tagliava fuori anche negli anni successivi dal segmento digitale.
La Commissione ha valutato l’’evoluzione del mercato televisivo italiano e ha stabilito di rimuovere uno degli impegni, consentendo a Sky di partecipare alla gara per l’’assegnazione delle frequenze digitali, pur mantenendo il vincolo di trasmettere solamente contenuti distribuiti gratuitamente. In questo modo, il segmento pay del digitale terrestre, su cui Mediaset vanta una posizione di forza, viene protetto per cinque anni dalla competizione dei servizi a pagamento di Sky, che potrà offrire i suoi pacchetti a pagamento solamente sul satellite. Mentre il segmento della televisione generalista vede la possibile entrata di un nuovo soggetto forte come Sky, che forse riuscirà a rompere la situazione di quiete collusiva che oggi caratterizza il cosiddetto (finto) duopolio Raiset.
Le decisioni della Commissione mantengono quindi la possibilità di entrata per altri operatori che volessero usufruire delle infrastrutture satellitari o dei contenuti di Sky, protegge per alcuni anni un operatore pay (Mediaset) che in termini di fatturato è ancora molto indietro rispetto agli introiti di Sky, pur potendo vantare oltre 4 milioni di carte prepagate, e introduce nuova concorrenza nel segmento della televisione generalista in chiaro, oggi paralizzato dal patto di non belligeranza tra Mediaset e Rai. Un provvedimento quindi equilibrato e capace di introdurre qualche stimolo concorrenziale nel panorama televisivo italiano.
Colpisce quindi l’’incredibile attivismo del viceministro Paolo Romani con delega alle Comunicazioni, che in questi mesi si è speso a Bruxelles come un vero e proprio lobbista di Mediaset e che ha evidentemente immaginato di presiedere una sezione staccata del ministero dello Sviluppo economico con sede a Cologno Monzese. Per fortuna, fuori dai patri confini, lo smaccato conflitto di interesse italiano è ancora capace di suscitare reazioni di ripulsa.

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  1. umberto

    Se non fossimo agganciati all’Europa, la nostra involuzione economica ed istituzionale sarebbe andata a precipizio.

  2. luigi del monte

    Non sono daccordo con la sentenza Ue perchè non trovo corretto cambiare le regole mentre si sta giocando. pur se l’obiettivo di aumentare la concorrenza sia giusta, la strada trovata mi pare meno. perché l’Agcom ha deciso di mettere all’asta solo il dividendo digitale e non anche le frequenze assegnate tout court all’attuale duopolio? perchè c’è il vincolo di 5 anni di non rivendita? perchè l’Ue permetterebbe a Sky di trasmettere pay sul Dtt creando si la concorrenza ma anche rafforzando una posizione già dominante? ci sono dei pro e dei contro e dire che sono maggiori i pro con l’analisi di un articolo, ben fatto, ma pure piccolo per un argomento così vasto mi sembra un po’ eccessivo

  3. Gianni

    Mi pare che regolare un mercato creato da poco sia fondamentale, cosa significa cambiare le regole mentre si sta giocando non è corretto? Che le regole della genesi sono le uniche dotate di volontà divina? Certo rafforzare Murdoch anche nel digitale terrestre sembra un azzardo ma a Silvio e parenti rimane pur sempre la possibilità di fargli la guerra sul satellite…

  4. Rossi Giovanni

    Purtroppo non ci si può aspettare che un ex ( ? ) dipendente mediaset nominato da Berlusconi in parlamento e con incarico ministeriale, svolga attività nell’ interesse del paese Italia, perché è stato nominato ed eletto apposta a presidiare gli interessi del suo ex ( ? ) datore di lavoro ma questo la stragrande maggioranza degli Italiani non lo sa.

  5. Dario Predonzan

    Romani, stando alla stampa, pare sia il "pole position" per diventare a breve ministro allo sviluppo economico, coprendo il vuoto lasciato da Scajola e riempito – malamente – da Berlusconi…

  6. marco

    Ma perché alla sinistra italiana piace tanto Murdoch? Forse perché è molto più ricco e potente di B.? O forse perché esercita un grande potere in tutto il pianeta? Potrebbe essere lui a mettere a posto il B. aprendo alla sinistra (quale?) la via del potere? Il monopolio di Sky sul satellite è un segno di vera democrazia? …ma mi faccia il piacere! direbbe Totò

  7. Valdo

    Era l’88 e passando sulla tangenziale est con moglie e figlia vedevo i lavori per la costruzione di quella torre a Cologno e commentavo "quella cosa andrebbe distrutta subito o un giorno ci rovinerà".

  8. Ricardo_D

    A parte la facile ironia, credo che il problema del conflitto – pur sacrosanto – non sia che il primo paletto della vicenda del mercato televisivo italiano. Spesso si pensa (e dai commenti si capisce) che chi evidenzia il conflitto di interesse lo faccia per visione "politica" diversa da quella del presidente del consiglio. Secondo me questo rende abbastanza ciechi i più di fronte al problema vero. E’ ovvio che un problema di concorrenza si avrebbe anche se sky fosse nella posizione di mediaset (conflitto a parte) e credo che lei Prof. lo denuncerebbe allo stesso modo. Il problema è – detto terra terra – che il duopolio ha privato negli ultimi 30 anni i cittadini utenti del televisore di un’offerta più differenziata e l’industria televisiva di innovazione. Faccio fatica a dimenticare la pioggia di finanziamenti ai decoder digitali (0 euro!!) quando c’è ancora mezza Italia senza accesso alla banda larga e chi ce l’ha la paga uno sproposito. Quella sì che darebbe (darà?) uno strumento interattivo e maggiore capacità di scelta all’utente-cittadino. Questione di tempo si dirà, ma tempo perso a discapito della vita di cittadini di serie B

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