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L’emozione del voto

Uno studio documenta cosa succede quando si dà alla gente la possibilità di manifestare apertamente le proprie emozioni al termine di una contrattazione: persegue il proprio interesse in maniera più efficace. Lo stesso sistema potrebbe essere applicato alle elezioni politiche. Prevedendo per l’elettore la possibilità di esprimere un giudizio sul candidato cui si accinge a dare la preferenza. Gli si permetterebbe così di separare le scelte politiche dalle emozioni. E forse, si ridurrebbero voto di protesta e astensionismo.

In un articolo apparso qualche tempo fa nella prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, due ricercatori della George Mason University hanno documentato cosa succede quando si dà alla gente la possibilità di esprimere apertamente le proprie emozioni al termine di una contrattazione. (1)

COS’È UN ULTIMATUM GAME

Lo studio è effettuato nel contesto di un Ultimatum Game, cioè un trattamento “sperimentale” in cui una popolazione di soggetti (tipicamente studenti universitari) viene divisa in coppie composte di un “mandante” e un “ricevente.” A ogni mandante viene assegnata una somma di denaro, in questo caso 20 dollari, e viene data la possibilità di privarsi di una parte e offrirla al ricevente. Per esempio, il mandante può scegliere di offrire 4 dollari al ricevente e tenerne 16. Il ricevente, dopo avere ricevuto l’’offerta, può accettarla o rifiutarla. In caso di rifiuto, ambedue i soggetti ricevono zero, cioè i 20 dollari evaporano.
L’’Ultimatum Game è stato molto studiato in economia sperimentale, dove viene visto come una parabola per una situazione di contrattazione fra due parti. Di particolare interesse è la propensione del ricevente a rifiutare offerte. (2) Nonostante il fatto che rifiutare qualsiasi offerta positiva sia svantaggioso per il ricevente, che finisce per ricevere zero, il dato sperimentale è che molti rifiutano offerte positive quando sono “basse”. Per esempio, sono spesso rifiutate offerte inferiori al 20 per cento della somma totale, e inoltre la probabilità di rifiuto aumenta tanto più piccola è l’’offerta. L’’interpretazione comunemente accettata è che i rifiuti rappresentano un atto di protesta, ancorché costosa, nei confronti del mandante.
La novità dell’’articolo in questione è che, assieme all’’accettazione o al rifiuto, al ricevente è data la possibilità di scrivere un messaggio al mandante per esprimere i propri sentimenti o opinioni al riguardo dell’offerta. Rispetto al trattamento senza messaggio, si dimostra che, quando il ricevente può mandare un messaggio, il tasso di rifiuto di offerte basse diminuisce. (3) In altre parole, i riceventi colgono l’’opportunità di lagnarsi per iscritto di un’’offerta bassa, ma la accettano, mentre l’’avrebbero rifiutata se non avessero avuto la possibilità di lagnarsi. Insomma, non soltanto la gente usa l’’opportunità di esprimere le proprie emozioni, ma questo la libera nel perseguire il proprio interesse in maniera più efficace.

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EMOZIONI TRADOTTE IN POLITICA

Per un economista l’articolo è interessante perché conduce a considerare le possibili interazioni fra il mondo delle emozioni e il mondo delle decisioni economiche. Per esempio, se dopo aver firmato una divisione ereditaria si desse alle parti l’’opportunità di rivelare, nero su bianco, ciò che pensano dei termini del contratto, questo permetterebbe di arrivare a un accordo?
Ma fra tante possibili applicazioni di una eventuale “economia delle emozioni”, le elezioni politiche mi sembrano una delle più importanti. In molte parti del mondo, non ultima l’’Italia, i votanti sono insoddisfatti della loro classe politica. Da qui il cosiddetto “voto di protesta”, per cui i cittadini infuriati votano per un candidato improponibile o addirittura problematico, per protesta contro i candidati “tradizionali.” Talvolta questo atteggiamento ha conseguenze importanti, come nel caso delle candidature di Ross Perot e Ralph Nader nelle elezioni presidenziali Usa. È quasi certo che Perot affossò George H. Bush nel 1992, e Nader costò l’’elezione ad Al Gore nel 2000, producendo in ambo i casi un risultato indesiderabile proprio per chi votava per protesta. In Italia, rientra nel voto di protesta l’’elezione di Cicciolina.
Allo stesso modo, si possono leggere come un comportamento di protesta le “schede bianche” e addirittura le astensioni: non vado a votare oppure voto scheda bianca perché ne ho piene le tasche, anche se così facendo abdico alla mia (seppur piccola) sfera d’’influenza e magari lascio aperto il campo proprio ai peggiori fra i politici.
E allora, estrapolando dalla ricerca sull’’Ultimatum Game, mi chiedo: perché non aggiungere alle schede elettorali un’’opportunità per il cittadino di esprimere le proprie emozioni? Se si generalizzano i risultati della ricerca, il cittadino esasperato dovrebbe smettere di votare Cicciolina (o Nader, o Perot), ritornare a votare Giulio Andreotti e poi sfogarsi in prosa. Certo, i commenti degli elettori sarebbero una bella lettura, specialmente per i politici votati. Li potremmo anche considerare come un sondaggio elettorale sui generis, e quale politico rifiuta un sondaggio, per di più gratis? Se poi si teme che il formato in prosa possa dare luogo a commenti troppo salaci (una possibilità non da escludersi), si possono introdurre limitazioni: il votante potrebbe esprimere un voto, o almeno un emoticon, riferito al politico cui dà la propria preferenza.
Un sistema di voto “emozionale” potrebbe non soltanto consentire all’elettore di votare secondo il proprio interesse e di esprimere l’’emozione separatamente, ma potrebbe anche avere un vantaggio ulteriore: molte persone che adesso si astengono potrebbero avvalersi dell’’opportunità di votare, non necessariamente per il voto in sé, ma piuttosto per la possibilità di esprimersi “emozionalmente”. Così il “voto emozionale” non soltanto risolverebbe il voto di protesta, ma anche l’’astensione.
Insomma, il voto emozionale è una proposta di mezza estate, io la butto lì, e poi chissà?
(1) Erte Xiao e Dan Houser, “Emotion Expression in Human Punishment Behavior”, with Erte Xiao. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 102(20), 7398-7401.
(2) Per uno studio comparativo di come diverse società umane giocano l’’Ultimatum Game, si veda Henrich J, McElreath R, Barr A, Ensminger J, Barrett C, et al. 2006. “Costly punishment across human societies.” Science 312:1767–70
(3) Il tasso di rifiuto di offerte inferiori al 20 per cento della somma totale è 60 per cento in assenza di messaggi, mentre è il 32 per cento allorché il ricevente può mandare un messaggio.

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Ministero dello Sviluppo Economico, sede di Cologno Monzese

  1. Emanuele

    La questione di un sano rapporto tra ‘voto di pancia’ e ‘voto di testa’ e’ un problema serio. Personalmente, ritengo che sia compito dell’informazione (almeno quella pubblica) rendere chiaro al cittadino (a seconda dei diversi gruppi sociali ai quali appartiene) quale politico (o forza politica) ha rappresentato meglio i suoi interessi in passato e quale politico (o forza politica) ha promesso di rappresentare meglio i suoi interessi dopo le elezioni. Tuttavia ben vengano proposte interessanti come questa, su cui si dovrebbe lavorare per valutare approfonditamente i diversi ostacoli di ordine pratico che comporterebbe – tipi di messaggio ammissibili (piu’ o meno aperto, piu’ o meno standardizzato), rassicurzione degli elettori rispetto al fatto che i loro messaggi vengano veramente letti (obbligatorieta’ di pubblicare una sitensi dei messagi ricevuti?), organizzazione e costi aggiuntivi nello svolgimento delle elezioni (tempo/denaro). Forse l’idea del messaggio emozionale potrebbe funzionare anche nel caso italiano, nonostante l’assenza di un rapporto tra elettore e candidato rappresentante (al massimo, c’e’ tra elettore e leader della lista).

  2. Lindoro

    È il solito vecchio saggio consiglio: mai andare a fare la spesa con la pancia vuota! Mai andare a votare con lo stomaco torto per la rabbia…

  3. simon wer

    Non credo possano essere trasposti al voto i risultati di esperimenti su contrattazioni bilaterali (dove ciascun contraente con le sue scelte può mutarne l’esito), nel voto è prorpio il contrario, l’elettore razionale non attribuisce al proprio voto la capacità di raggiungere un risultato (e tantomeno di perseguire il proprio interesse). Ma poi, siamo sicuri che comportamenti economici e comportamenti politici siano determinati, per tutte le tipologie di elettori, dalle stesse ragioni?

  4. mirco

    Nell”attuale legge elettorale italiana le liste sono bloccate in quanto vengono eletti i deputati e i senatori in base alla posizione di presentazione in lista e tali posizioni (il capolista anzichè il terzo o il decimo) sono decise dai capicorrente dei partiti. Per non votare un candidato o preferirne uno bisognerebbe cambiare partito e non basterebbe perche ad esempio all’interno della lista potrebbe essserci al terzo posto colui che vorrei votare e al 2 colui che vorrei segare. A me ad esempio è toccato dover cambiare partito per non eleggere un cattolico teodem del PD. Comunque anche se si potesse scegliere il candidato, non voterei mai e poi mai un candidato cattolico o integralista religioso. Ad esempio se fossi stato cittadino di Roma di sinistra avrei votato piuttosto Alemanno anziche Rutelli. Quindi almeno con me non funziona.

  5. icaro

    Ipotiziamo che la nostra legge elettorale fosse la migliore al mondo (voto di preferenza, no liste bloccate, no soglia di sbarramento, etc…), secondo lei, signor Persico, si riesce a convincere la gente a votare dei cialtroni e non ad esprimere una falsa emozione? Sono più che convinto che, se mai si dovesse introdurre questo meccanismo, i risultati sarebbero più che soddisfacenti: ma per chi? Per l’elettore o per l’eletto? Questo è il problema: in un paese come il nostro certe cose forse non funzionano come dovrebbero. Secondo me, bisognerebbe prima attuare una campagna di informazione completa ai cittadini e poi proporre certi strumenti: non possiamo pretendere che un cittadino ignorante (nel senso che ignora la vera nobilitazione del voto) possa essere sincero nel valutare un politico.

  6. bob

    alzare l’asticella del traguardo. Oggi siamo nell’assurdo che una minoranza di votanti decide le sorti del Paese. Questa minoranza la cui maggior parte sono pensionati, pseudo-disoccupati, votanti professionisti (leggesi Lega) non rappresenta la parte attiva del Paese. La furbata della legge elettorale, la bufala del "federalismo", i localismi esasperati hanno portato a questa situazione. Chi governa a livello nazionale deve rappresentare il Paese non 4 comuni. Sbarramenti alla svedese o altrimenti la politica dilaga con tutti i problemi e la corruzione.

  7. Andrea M.

    Non vorrei dire una sciocchezza ma il voto "emozionale" non potrebbe essere paragonato a quei sistemi elettorali in cui gli elettori devono stilare una sorta di "classifica di preferenza" per i candidati? Se non sbaglio questo sistema (adottato in Australia?) consente agli elettori di sfuggire a tutti i problemi che comporta, per esempio, il nostro subdolo sistema elettorale che costringe l’elettore a votare "tappandosi il naso"; a me sembra una soluzione interessante e mi piacerebbe vederla applicata anche in Italia.

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