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Genitori e padrini della rinascita nucleare italiana

Un ritorno dell’Italia al nucleare è opportuno e perseguibile? E’ vero che produrre elettricità con il nucleare genera emissioni nulle. Ed è vero che il kilowattora così ottenuto costa meno, ma non è detto che ciò si tradurrebbe in una bolletta più leggera per famiglie e imprese. Mentre bisogna tener conto degli investimenti ingenti e dei tempi necessari per costruire un impianto e delineare un assetto regolatorio ex-novo. Oltretutto, in un mercato europeo davvero integrato, il fabbisogno elettrico può essere soddisfatto in modo crescente dall’importazione di energia d’Oltralpe.

Rimasta orfana del padre, l’’ex-ministro Claudio Scajola, la gestazione della rinascita nucleare italiana potrebbe risultare in un aborto spontaneo anziché in un parto trionfale. Nelle more della complicata vicenda della nomina del nuovo titolare del dicastero dello Sviluppo economico, i rischi sono venuti fin dal primo tassello dell’’intera costruzione del progetto, quello dell’’approntamento del sistema regolatorio che dovrebbe governare il nucleare nostrano.
In soccorso è però arrivata colei che non ha mai nascosto l’ambizione di diventare la madre della rinascita nucleare, ovvero il ministro dell’’Ambiente Stefania Prestigiacomo. In assenza del padre, l’’attivismo di madre l’’ha portata in questi ultimi giorni a un passo dal risolvere uno dei più difficili italici nodi, quello dei nomi e delle poltrone. Con notevole intuito politico, avrebbe proposto di attribuire la presidenza dell’’Agenzia per la sicurezza nucleare al professor Umberto Veronesi, il quale non disdegnerebbe, sempreché tale funzione non gli sottraesse tempo alla cura dei suoi malati. (1)

UNA SOLUZIONE PER I NOSTRI PROBLEMI?

La proposta sembra di tipo “win-win”, dal momento che il candidato è senatore del Pd – e soluzioni bi-partisan sono tanto rare quanto benvenute, almeno per il governo –- nonché convinto sostenitore del ritorno al nucleare. Veronesi è infatti il primo firmatario, assieme a una settantina di personalità del mondo scientifico, politico e giornalistico, tra cui Margherita Hack, Giorgio Salvini e Carlo Bernardini, di un appello al segretario del Pd Pier Luigi Bersani per sollecitarlo a un pronunciamento netto a favore del ritorno dell’’Italia al nucleare. (2) Anche se il Pd sembra aver preso una posizione di segno opposto, l’’appello non ha mancato di suscitare un dibattito intenso, con botte e risposte, segnatamente sul quotidiano che per primo aveva pubblicato l’’appello. (3)
A noi pare che nel dibattito e nelle relative prese di posizione si siano fin dall’’inizio e costantemente sovrapposti due piani: se o meno il nucleare – –in generale e in Italia -– sia bene per sé e se o meno il nucleare, in Italia, –sia oggi opportuno e perseguibile. Non vogliamo entrare nel merito del primo aspetto, soprattutto per ragioni di spazio, ma crediamo utile fare qualche breve valutazione sul secondo.
I principali problemi che affliggono l’’Italia sono essenzialmente tre: 1) elevate ed eccessive emissioni di gas clima-alteranti generate dall’’uso preponderante di energia di fonte fossile, 2) l’’elevatissima dipendenza dalle fonti energetiche d’’importazione, 3) l’’elevato costo dell’’energia, elettrica, in particolare, per famiglie e imprese rispetto agli altri paesi europei.
L’’Unione Europea nella sua collegialità si è data obiettivi vincolanti per risolvere i primi due problemi con “pacchetto 20-20” (riduzione delle emissioni ed aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili), mentre sul terzo fronte si procede molto più lentamente verso la costituzione di un mercato unico dell’’energia (elettrica e del gas). Lo sforzo è davvero notevole: per produrre, distribuire e consumare energia, infatti, sono necessarie importanti infrastrutture e tecnologie, la cui introduzione, diffusione e realizzazione richiede ingenti risorse di tempo e denaro.
Qual è il ruolo dell’’energia nucleare in questo quadro? Produrre elettricità con il nucleare genera emissioni (quasi) nulle. Dal momento che la materia prima -– comunque importata –- conta molto poco, tale produzione consente poi di risparmiare notevoli quantitativi di gas naturale che l’’Italia importa via tubo dall’’est russo e dal sud algerino-libico (v. figura 1). (4) Quanto al costo dell’’energia, la questione è più controversa. Ciò che è corretto affermare è che il kilowattora prodotto da nucleare costa meno di ogni altra fonte (vedi tabella 1). Se ciò si traduca in una bolletta più leggera per i consumatori dipende poi dagli oneri, propri e impropri, che gravano o graverebbero su di essa, dalla fiscalità e in senso lato dall’’assetto regolatorio e competitivo del mercato.

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LA QUESTIONE DEI TEMPI

Tutto ciò premesso, gli argomenti avanzati dall’’appello riflettono un ragionamento sulla situazione a regime, prescindendo totalmente dalle condizioni di partenza, dai tempi necessari e da quelli previsti per raggiungere obiettivi vincolanti e dai costi delle diverse opzioni. Il punto è che non si può prescindere dalla constatazione che siamo all’’inizio di una transizione epocale verso economie a basso tenore di carbonio. Da questo punto di vista i tempi contano. La transizione si è poi data delle tappe intermedie di verifica dello stato di avanzamento che si traducono in vincoli. Da questo punto di vista i costi contano.
Gli economisti, praticamente assenti tra i firmatari dell’appello, sono usi a ragionare di costi e benefici e di scelte in presenza e in assenza di vincoli. Bisogna allora dire chiaramente che il nucleare – per i suoi tempi di realizzazione – è una non-opzione rispetto agli obblighi del pacchetto europeo. In questo caso, le misure di risparmio e di efficienza energetica e l’’energia rinnovabile sono le sole opzioni perseguibili. L’’Enea calcola che l’’obbligo italiano sarà soddisfatto per il 68 per cento da quelle misure e assegna alle tecnologie low carbon (comprendenti il nucleare) un 8,7 per cento. La Iea, l’’Agenzia internazionale dell’’energia, nella sua analisi più recente assegna un contributo del nucleare alla stabilizzazione globale delle concentrazioni di gas-serra al 2050 per il 6 per cento, alle rinnovabili per il 17 per cento e per il 48 per cento a misure di risparmio, razionalizzazione ed efficienza energetica (v. figura 3). (5)
La storia, si dirà, non finisce nel 2020 e neppure nel 2050. Questo è sicuramente vero, ma la situazione in cui ci troveremo allora dipenderà in modo cruciale dalle scelte fatte a partire da adesso. Ed è qui che i tempi entrano in ballo. Un impianto nucleare in Italia richiede ingentissimi investimenti, la costituzione di un assetto regolatorio ex-novo, una vita operativa di venticinque-trenta anni dall’’accensione del reattore, spesso prolungata per legge a cinquanta, quando i tempi di costruzione sono rispettati. Tutto ciò senza entrare nel merito del problema delle scorie radioattive (cui la lettera dedica appena una riga) e del decommissioning.
Sul lato dei costi, le curve di costo di abbattimento prodotte dalla Iea, da McKinsey e dall’’Enea illustrano che le opzioni che andrebbero perseguite per prime, in quanto capaci di produrre addirittura risparmi, sono le misure di efficienza energetica seguite da alcune fonti rinnovabili, prima di arrivare al nucleare. Per dirla con le parole utilizzate dalla Iea in uno dei documenti preparatori del G8 Ambiente di Siracusa, le misure di risparmio ed efficienza energetica sono in grado di produrre le più ampie ed economiche riduzioni di emissioni di CO2. Non solo, ma possono essere messe in atto rapidamente e, in tempi di crisi, sono in grado di produrre più benefici per l’’occupazione di ogni altra categoria di tecnologia energetica. E ancora: quelle misure permettono di spostare in là nel tempo la necessità di ampliare la capacità produttiva di energia accelerando così la maturazione di nuove tecnologie low-carbon.
Vale infine la pena di aggiungere che il fabbisogno elettrico può essere soddisfatto anche in maniera crescente con l’’importazione di energia d’’Oltralpe. In un’’ottica europea, con un mercato davvero integrato da una più estesa interconnessione delle reti e da un diminuito potere di blocco dei cosiddetti campioni nazionali, ciò è non solo possibile ma desiderabile. Perché si insiste sul fatto che l’’Italia è l’’unico paese del G8 a non avere il nucleare? L’’autarchia o l’’autosufficienza è una categoria del pensiero economico caduta in disuso, tranne che in campo energetico. Il nucleare va bene, ma è forse preferibile potenziarlo in Europa là dove già c’è, mentre in altri paesi come l’’Italia l’’avanzamento tecnologico -– che non è esclusiva della tecnologia nucleare a fissione -– con i suoi benefici si può ottenere sviluppando altre opzioni.
Non si tratta di avversione preconcetta, quanto di scetticismo realista. Il punto non è se il nucleare è buono o cattivo. Il punto è se il nucleare è la priorità dell’’Italia oggi.

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(1)“Veronesi va verso la presidenza dell’’Agenzia per l’energia nucleare”, Corriere della Sera, 7 luglio 2010.
(2)“Un Pd nucleare”, Il Riformista 11 maggio 2010.
(3)Pier Luigi Bersani ha risposto alle agenzie di stampa: «Il nostro no alla proposta del governo sul nucleare non ha assolutamente niente di ideologico. Noi contestiamo le velleità di un piano che non si occupa di alcuni argomenti centrali come la dipendenza tecnologica, le condizioni di sicurezza, la gestione degli esiti del vecchio nucleare, il decomissioning, le scorie, che mette le procedure di delocalizzazione su un binario complicato e assolutamente incerto e non affronta in maniera adeguata il problema dei costi».
(4)In base ai dati per il 2006 pubblicati dal Rapporto energia e ambiente per il 2008 dall’’Enea il 41 per cento dei consumi di energia primaria riguarda il petrolio che è utilizzato nei trasporti e nell’’industria, e non per la produzione di elettricità. Ciò significa che il nucleare potrebbe in linea teorica coprire al massimo il 49 per cento dei nostri consumi di energia primaria (escludendo le rinnovabili). Quanto alla dipendenza energetica, l’’Italia nel 2008 era caratterizzata da un indice pari all’’85,6 per cento, che il nucleare consentirebbe di abbassare significativamente, ancora una volta con l’’eccezione del petrolio che importiamo in misura pari al 93 per cento del totale prodotto. Quanto alle emissioni di gas-serra, infine, quelle riferite ai consumi di energia costituivano nel 2006 l’’83 per cento del totale.
(5)Carlo Manna, “Piano d’azione per l’’efficienza energetica al 2020”, Enea 30 ottobre 2009.

 

Tabella 1: Levelized Costs dell’’elettricità (LCOE) da nucleare, carbone, gas,

carbone ed eolico on-shore – Paesi Europei

Fonte energetica Tasso di sconto 5% Tasso di sconto 10%
Nucleare 62 105
Carbone 81 101
Gas 89 98
Eolico on-shore 108 151

Fonte: IEA-NEA, “Projected Costs of Generating Electricity”, 201 edition, Paris.

Note: (1) dollari per megawattora, (2) valori mediani, (3) levelized unit average lifetime cost approach. L’’approccio per la prima volta incorpora l’’ipotesi di un prezzo del carbonio pari a 30 dollari per tonnellata di CO2 emessa.

Figura 1: Domanda di energia primaria per fonte

Fonte: ENEA, Rapporto Energia e Ambiente 2008, Roma luglio 2009

Figura 2: Riduzione delle emissioni di CO2 per tecnologia nello scenario BLUE Map

Fonte: IEA, “Energy Technology Perspectives 2010”, 2010 edition, Paris.

Note: Nello scenario BLUE Map le emissioni sono ridotte alla metà di quelle del 2005.

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24 commenti

  1. Confucius

    Sulla convenienza della produzione di energia elettrica dal nucleare avrei qualche dubbio, tenendo conto dei costi di costruzione (Olkiluoto = 5 miliardi di €) e di decommisioning delle centrali (almeno altrettanto se non di più) e di smaltimento delle scorie (vedi i costi sostenuti finora per le 4 centrali italiane ferme). Non mi risulta che in Italia ci siano miniere di uranio. Ciò significa che la materia prima dovrebbe essere al 100 % di importazione. Mentre gli idrocarburi sono reperibili da un ventaglio di fornitori, anche in concorrenza tra loro, i Paesi produttori di uranio si contano sulle dita di una mano. Inoltre, pare l’uranio si esaurirà prima del petrolio. del gas e del carbone (e sicuramente prima del vento e del sole). Alla luce di queste considerazioni, a chi conviene realmente lo sviluppo del nucleare in Italia?

  2. FrancescoG.

    Complimenti. Un’analisi razionale e precisa. Spesso sul nucleare non si sente. Per il sistema nazionale servono efficienza e ulteriore integrazione energetica con l’Europa. Le nuove produzioni dovrebbero seguire le inclinazioni naturali dei territori e sviluppare, localmente, professionalità e tecnologie adatte. Per creare lavoro. Sempre nel rispetto dell’ambiente e puntando alla riduzione delle emissioni. L’energia è un fattore della produzione e dello sviluppo delle attività umane. L’Unione Europea e gli stati membri hanno fissato degli obiettivi di qualità per la produzione energetica. A medio periodo, per integrare ancor di più i mercati, è previsto un piano che porta a uniformare il prezzo del kilowatt?

  3. Guido Morosi

    Con Scajola replichiamo la campagnola del Prof. Ippolito? Sono invece totalmente d’accordo con lei su tutto! Come pubblico dirigente sono stato a suo tempo segretario di quasi tutti i comitati e commissioni che studiarono i problemi che man mano si presentavano e ne ho fatto un modestissimo e lacunoso abstract nel mio sito http://www.guidomorosi.webs.com e sarei onorato di una sua visita! Coi tempi che corrono andare 30 anni indietro… Veda lei!

  4. salvatore

    1) Con l’efficenza energetica la "cricca nu magna". 2) Perchè invece di Umberto Veronesi, oncologo, non si chiede un parere al premio Nobel Rubbia?

  5. Piero F.

    Quando si parla di dipendenza dall’estero bisogna anche ricordare che il nucleare di cui si parla sarebbe l’EPR francese, per cui con non indifferenti costi di brevetto, consulenza e probabilmente anche appalti se ne andrebbero comunque all’estero; e i preventivi fatti alla Finlandia si sono rivelati completamente sballati, perché con noi dovrebbe andare diversamente? Tra parentesi anche il vapore acqueo è un importante gas serra, la valutazione non si risolve in quattro e quattr’otto e dipende anche dal resto del sistema. I confronti poi vanno fatti con le ultime tecnologie sul mercato (certa cogenerazione raggiunge il 70% di efficienza). Ma soprattutto nei costi del nucleare si omette sempre quello di assicurazione, ora a carico dello stato (in quanto limitato a cifre ridicole), grazie alla convenzione di Bruxelles-Vienna. Rivediamo questo trattato e i conti del costo del nucleare torneranno più realistici. Oppure d’altra parte non si vede la necessità di tale trattato, se davvero nel frattempo la tecnologia è diventata significativamente più sicura. Infine, il nucleare serve a produrre calore prima che elettricità, quindi avrebbe più senso se collocato nelle grandi città.

  6. Lorenzo Gigliotto

    E’ naturale che ogni innovazione di questa portata contenga dei pro e dei contro. Io però sono dell’opinione che i "pro" siano maggiori. Proprio il fatto che gran parte del mondo accademico e imprenditoriale ritenga che ormai il nucleare sia un processo imprescindibile per il nostro sviluppo e progresso economico mi fa ben sperare. Anche perchè purtroppo le rinnovabili non bastano al nostro fabbisogno energetico… http://ideeperilpresente.wordpress.com/2010/06/25/le-rinnovabili-non-bastano/

  7. franco

    Sarebbe una bella cosa se i campioni nazionali fossero meno nazionali, ma mi pare che l’europa, e i nostri cugini francesi per primi, la pensino in maniera diversa. Una delle cause dell’elevato costo dell’energia nel nostro paese è la necessità di doverla importare dalle centrali nucleari d’oltralpe, in quanto i nostri vicini di casa non hanno nessun interesse a che l’energia costi, per le nostre imprese soprattutto, un pò di meno. Per quanto riguarda poi il risparmio eventuale derivante da una maggio efficenza, mi risulta che l’Italia sia già al top mondiale in questo settore: il che significa minimi margini di miglioramento e soprattutto ingenti spese per ottenere ulterior miglioramenti. L’energia eolica poi non può essere più di tanto da noi redditiva, considerato che il Bel Paese ha ben poche zone caratterizzate da vento forte e , soprattutto, costante: a meno che non si voglia trasformare ogni crinale di montagna in una selva di enormi pale giranti: questo può andar bene per paesi dal paesaggio ben più insignificante e monotono come la Danimarca. Il solare è poi "economico" solo nella misura in cui la collettività, cioè tutti noi, ci mettiamo dei bei sovvenzionamenti…

  8. Roby 1951

    Avrei un paio di domande da fare: 1-Cosa viene messo nei costi indicati? Non è chiaro se sono compresi i costi di ripristino (sarebbe il decommissioning?) del territorio, i costi di stoccaggio dei residui, la gestione delle emergenze (apparati, assicurazioni), la protezioni della polizia nei trasporti di materiale radioattivo, la protezione militare terrestre e aerea sui siti. 2-Esistono assicurazioni con copertura illimitata contro gli incidenti di centrali nucleari? Se si trattasse di un evento che nessuno assicura comincerei a preoccuparmi seriamente. La responsabilità illimitata è inutile, il gestore fallirebbe e dovrebbe pagare lo stato, cioè noi. Non vale la risposta che un disastro nucleare è come un terremoto o un’inondazione: quelli vengono da soli, non li andiamo a costruire noi.

  9. Ricardo_D

    Mi complimento per la brillante conclusione: la chiave sta nel far girare di più e meglio l’elettrone, non nel buttare soldi per l’autosufficienza. Alcune considerazioni 1.il tema delle scorie è irrisolto ovunque. Stiamo mettendo da parte soldi per “Scanzano Ionico”, ma il sito geologico definitivo non esiste, anche per le scorie degli ospedali. L’italia è in grado di trovarlo? A quali condizioni 2. Spesso si sente dire i prezzi del mercato all’ingrosso italiano sono più alti perchè non c’è il nucleare. Falso. Chi conosce le regole sa bene che il prezzo fissato per ogni ora non è una media, ma quello marginale (il più alto) ed è raro in che questo sia fissato da impianti nucleari. Il problema sta altrove. 3.Gli obiettivi europei del 2020 non sono in discussione; pur a un costo superiore si produce un’esternalità positiva che lasceremo in eredità. La rigidità tecnologica e di continuità delle rinnovabili fa sì che il nucleare – rigidissimo – siano scelte alternative, mentre centrali a metano o altre fonti più flessibili saranno sempre e comunque indispensabili per correre dietro alla domanda di elettricità. Rinnovabili+Efficienza&Risparmio+Integrazione = Futuro Sostenibile

  10. Massimiliano Claps

    Concordo con la vostra conclusione, ma trovo l’analisi parziale. I motivi per non ricorrere al nucleare, in particolare in Italia, sono molteplici. Ne ho discusso con alcuni amici e mi sono permesso di scrivere un blog post un paio d’anni fa con tutte le domande che mi sembrava ci si dovesse porre riguardo al nucleare. Sinceramente non mi pare che il vostro articolo risponda a tutte. Mi permetto di postare il link (http://stormysummit.blogspot.com/2008/05/domande-nucleari.html). Grazie comunque e sempre per il prezioso lavoro di analisi! Massimiliano

  11. az

    Mi pare che tutta la discussione sul nucleare italiano glissi elegantemente su un dato di fondo: il curriculum orrendo del paese in materia di gestione del nucleare "in dismissione" da dopo il referendum. La gestione (privata o di stato) della grande industria a rischio in Italia è sempre stata pessima. Sulla gestione del ciclo dei rifiuti stendiamo un pietoso velo: chiunque ci ha avuto a che fare sa che i centri di smistamento intermedio sono indispensabili solo in quanto permettono la non tracciabilità dei rifiuti. Non vedo alcun motivo per cui le cose dovrebbero andare diversamente col nuovo nucleare. Già mettere un medico e non un fisico o un ingegnere nucleare a capo dell’ente di controllo è fatto significativo. Pensare a tutto ciò gestito dall’attuale classe politica e dirigente italiana è cosa che mette i brividi.

  12. tOM

    Sarebbe bene tenere conto del fatto che i reattori che si vuole costruire in Italia (simili a quelli francesi) non possono variare la quantità di energia erogata alla rete in base alle richieste del mercato. Ecco perché compriamo tanta energia dalla Francia: il prezzo è allettante… Non dimentichiamoci poi, che sempre per questo problema, la Francia è costretta a importare notevoli (il 20% in meno di noi) quantità di energia per sopperire ai picchi di richiesta, pur avendo un enorme potenza installata.

  13. ALberto Rotondi

    Prima bugia: il nucleare è il più conveniente. Suggerisco, come fisico nucleare, di leggere il famoso rapporto "The future of Nuclear Power" del gruppo dell’MIT, (edizioni 2003 e 2009) sulla base del quale il governo americano ha deciso di non sviluppare più il nucleare : http://web.mit.edu/nuclearpower/ I costi (centesimi di dollaro/kWh) riportati nel rapporto sono (vedere pagina 6 del rapporto 2009): nucleare 8.4, carbone 6.2, gas 6.5 e questo negli Stati Uniti dove il sistema nucleare (militare e civile) è pienamente funzionante. La seconda bugia che viene raccontata è che in Italia i costi sono alti perchè manca il nucleare. Come anche osservato da altri, i costi sono alti per i meccanismi assurdi della borsa elettrica. Andate a vede su Wikìpedia-Borsa-Elettrica cosa succede e fatevi 4 risate. La terza bugia è che importiamo perché produciamo poca energia. Andate sul sito di TERNA http://www.terna.it e cliccate su statistiche e previsioni. Scoprirete che la potenza installata è di 100 GW, che sarebbe più che sufficiente a coprire la potenza media italiana richiesta di 40-45 GW con picchi di 60 GW, se avessimo una rete elettrica efficiente. E questo è solo l’inizio..

  14. dan

    Non è vero che produrre elettricità con il nucleare genera emissioni nulle. Si deve infatti considerare tutta la filiera: l’estrazione dell’uranio comporta emissioni alte ed in generale enormi costi ambientali e sociali legati all’attività estrattiva. il trasporto dello stesso uranio, l’estrazione degli altri materiali che servono a costruire le centrali, generano grande quantità di emissioni. Inoltre l’uranio è una risorsa scarsa e maldistribuita geograficamente, poprio come il petrolio. Se la sua domanda crescerà a causa dell’aumento della produzione di energia nucleare, potremo avere oligopoli, shock dei prezzi, guerre, proprio come accaduto col petrolio.

  15. Adelmo

    Come si fa ad immaginare una centrale nucleare in un paese dove il ministro competente non sa chi gli compra la casa? Dove la primaria industria di smaltimento rifiuti e residui pericolosi è la mafia & affini? Dove da decenni non si risolvono le urgenze di quelle dismesse? Al cospetto dei vari comitati d’affari io vedo le norme di sicurezza di qualsivoglia punto del ciclo di vita di una centrale nucleare fortemente a rischio; i vantaggi economici passano in secondo piano rispetto al pericolo che gruppi clientelari di potere mettano le mani sul nucleare alla stessa stregua di come ruberanno per il ponte sullo stretto o altre opere pubbliche inutili.

  16. bellavita

    Il testo mi sembra un po’ sbrigativo quando dice che , se ci fosse un vero mercato unico europeo dell’energia, con tutte le reti che funzionano in modo ottimale,potremmo tranquillamente importare il nucleare altrui. Mi sembra troppo furbesco. Non è fuori del mondo che si fissino 2 prezzi differenti, per chi produce in proprio del nucleare e per i Nimby.

  17. michele f

    L’analisi prettamente economica dell’articolo è condivisibile ancorché varrebbe la pena sottolineare alcuni aspetti. Ad esempio io spiegherei che in Italia la bolletta dei cittadini la fanno le centrali di punta, quelle per regolare la rete, tra cui sicuramente non ci sarebbero quelle nucleari che non possono certo essere spente, e che quindi la bolletta scenderà davvero solo quando la rete di trasmissione sarà adeguata. Inoltre, se in futuro si valorizzasse davvero il ciclo del carbonio, si contabilizzerebbero tutte le fasi dall’estrazione del combustibile, costruzione della centrale ecc. A questo punto U238 non sarebbe più tanto ad impatto zero. Infine l’uranio non è così abbondante ed è pur sempre una risorsa concentrata, che va commerciata. Il vero potenziale delle rinnovabili non sta nell’utopia ambientalista ma in quella economica di produrre energia ovunque, con materia prima gratuita e non soggetta al controllo di qualcuno. A dominare i mercati sarà la tecnologia e l’Italia che spende i soldi per il nucleare e resta sempre più indietro nella tecnologia rinnovabile, sarà fuori dal mercato. Per questo secondo me rinnovabile e nucleare non sono compatibili.

  18. massimo buccarello

    Mi piacciono molto le vostre conclusioni. per il resto c’è il problema scorie, poi quella della gestione (pensate a ecomafie e gestione dei rifiuti pericolosi) poi quello delle acque. insomma: concordo con le conclusioni. poi ho i pannelli fotovoltaici sul tetto…

  19. Franco RITORNATO

    Penso che il senso del mio commento sia e stia tutto nel titolo che ho voluto all’oggetto. Veronesi, Hach e tanti altri firmatari, se non sono nonni saranno bisnonni…adesso. E, visto che ormai poco tempo a loro, come a me, resta, sarebbe tanto più meritorio che spremessero le loro meningi per lo smaltimento ed eliminazione legale e trasparente delle scorie nucleari …nostre o, magari, per un loro ecologico riciclaggio in giro per il mondo e per i mari in cui si cerca di nasconderle. E, infine, questi signori esperti devono pur dire quale è la materia prima che occorre per far funzionare i macchinari -fatti con l’acciaio delle note multinazionali- atti a produrre la fissione dell’atomo. Non sarà mica il petrolio delle altre consorelle multinazionali? Un pò più di spiegazioni elementari, terra-terra, a questi poveri ignoranti contribuenti! O forse è proprio questo che le multinazionali al governo nella neoglobalizzazione mondiale vogliono che non si sappia, cercando solo contrapposizioni dialettiche e di principio nella cui sterilità si consuma il tempo per la custodia del bene-terra e si alimenta la presa della loro voracità? Gli esperti rispondano ai figli e ai nipoti.

  20. marco

    Riflessioni interessanti ma non convincenti per molte ragioni: 1 – le fonti di energia alternative sono da 10 a 100 volte più costose delle fonti tradizionali. Sono spinte dalle sovvenzioni dei governi ma consumano risorse enormi, che potrebbero essere impiegate altrimenti, e rovinano territori e paesaggi 2 – Il contributo delle energie rinnovabili, tranne l’idroelettrico, è minimo. In Italia sono stati prodotti nel 2009 218 TWh da fonti termoelettriche, 47 da idroelettrico, 6 da eolico, 0.7 da solare. Il nucleare darebbe un contributo importante senza rovinare il territorio 3 – non si tratta di autarchia, ma in un mondo che diventa sempre più competitivo mi sembra assurdo non preoccuparsi di diminuire la dipendenza da fonti di energia tutte importate (e da quali paesi affidabili, per gas e petrolio!) 4 – l’impatto ambientale del nucleare gestito seriamente mi pare non preoccupante. Viceversa l’estrazione del gas e del petrolio si dimostra tutt’altro che sicura, vedi golfo del Messico, anche per l’enorme numero e varietà di impianti e di gestori (basta pensare al golfo del Messico o alla tragedia di Livorno)

  21. silver

    8.11.1987 referendum sull’argomento. E si scelse. Il resto è storia…. la solita storia penosa dell’Italia che non sa gestire neanche le scorie. Molto pacatamente ci tengo a dire…che mandino pure l’esercito, a tempo debito, magari in zona sismica….. saremo in tanti anche noi poveri ambientalisti, affetti da Nimby, sognatori, illusi, anti-economici, demodè, protestari, anti-italiani e così via. Ci mancava anche l’inciucio nuclearista.

  22. Sergio

    Concordo in pieno con Galeotti e anche con l’ultimo commento a firma Confucius. Aggiungo solo che, se le rinnovabili oggi sono sovvenzionate, il nucleare lo è stato in abbondanza in passato, proprio dove ce n’è di più, per ragioni militari. Inoltre, vorrei che si riflettesse sul fatto che con la liberalizzazione dei mercati gli investimenti in questa fonte sono crollati: probabilmente non va molto d’accordo con la logica di mercato. Temo che perderemo un mucchio di tempo e soldi in tentativi velleitari, da ripagare poi in bolletta; a beneficio solo dei polemisti professionali, sia pro" che "contro".

  23. Alessandro S.

    marco ha scritto che «le fonti di energia alternative sono da 10 a 100 volte più costose delle fonti tradizionali». E la soluzione sarebbe il nucleare? "Il solare costa meno del nucleare." Ignora che non fosse stato per le pesanti sovvenzioni pubbliche da nessuna parte nel mondo ci sarebbero centrali nucleari. «Il contributo delle energie rinnovabili, … è minimo.» Si sta dibattendo infatti proprio del loro incremento. Ignora che anche l’uranio sarebbe importato. «l’impatto ambientale del nucleare … mi pare non preoccupante. » Trovo preoccupante che in settant’anni neanche gli USA siano riusciti a risolvere il problema dello stoccaggio e dello smaltimento delle scorie. Forse è più importante non rischiare di vedere pale eoliche a disturbargli la visione del tramonto. «l’estrazione del gas e del petrolio si dimostra tutt’altro che sicura» , forse preferirebbe passare le sue vacanze nella baia inquinata nel 1984 dalla Exxon Valdez oppure a Pripyat, a pochi chilometri dalla centrale di Chernobil, abbandonato dal 1986?

  24. Antonio

    L’errore più grande è quello di considerare nei dibattiti solamente centrali nucleari che utilizzano uranio come combustibile nei reattori, si può utilizzare il torio tre volte più abbondate dell’uranio, non neccesita di processi di arricchimento e ha una radioattività delle scorie pari a 30 anni. Aggiungo che la stessa proposta è stata avanzata da Carlo Rubbia. Sul nucleare ci sono tecnologie da sviluppare e perfezionare, mi auguro che in Italia si possa ritornare al nucleare con tecnologie nuove.

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