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Sul web corre l’informazione, non i ricavi

Il mondo della rete ha sicuramente generato effetti negativi per la carta stampata. Non tanto attraverso una sostituzione diretta di investimenti pubblicitari e lettori, quanto con l’introduzione di nuovi strumenti pubblicitari e di una enorme massa di contenuti che hanno posto il format dei giornali tradizionali in una situazione difensiva. Ma il mondo di Internet, pur destabilizzando gli attori tradizionali, non ha ancora risolto compiutamente i problemi legati all’equilibrio economico dei siti. Lavoce.info e la scommessa dei contributi volontari dei lettori.

Il nostro ottavo compleanno cade in un periodo di grande discussione, nel mondo dell’’informazione e della politica, sulle possibilità della rete di rappresentare sempre più un canale di diffusione delle notizie, e sul parallelo, paventato, declino dei giornali tradizionali. Importanti forum come il Financial Times o l’’Economist si sono interessati alle sorti della carta stampata e hanno, a seconda dei casi, predetto un tramonto più o meno rapido verso un destino di nicchia, o una capacità di risorgere con nuove idee e nuove formule editoriali. Sullo sfondo, gli effetti della crisi economica: la drammatica caduta della raccolta pubblicitaria che ha colpito i media e, in particolare, i giornali, la contrazione nel numero di copie vendute e la rigidità delle strutture di costo legate alle redazioni, che ha richiesto interventi di riduzione del personale e programmi di prepensionamento.

LE “COLPE” DEL WEB

Sul banco degli imputati da più parti si sono indicati i siti di notizie on line, sia quelli promossi dalle stesse testate su carta che quelli che, attraverso motori di ricerca, offrono un servizio di selezione delle notizie pescando dall’’intera offerta sul web. La tesi è di un doppio salasso sul versante della pubblicità e su quello dei lettori. Vediamo se le tesi dell’’accusa sono giustificate.
La pubblicità su Internet è in crescita da alcuni anni e ha conosciuto una evoluzione notevole negli ultimi tempi. Alle prime inserzioni statiche che comparivano sulle cornici delle nostre pagine web si sono aggiunte via via le possibilità di andare ai siti degli inserzionisti e i contenuti video sempre più ricchi con cui i messaggi sono veicolati. Ma soprattutto, nuovi strumenti di classificazione dei visitatori consentono ai siti di raggiungere in modo estremamente selettivo con adeguati messaggi promozionali un pubblico potenzialmente interessato: la capacità di profilare gli utenti partendo dai contenuti richiesti, nella forma di parole chiave di ricerca o siti visitati, permette di combinare una progressiva frammentazione del pubblico, sempre più esposto a una enorme offerta di contenuti, con una più elevata probabilità di acquisto, rendendo questi nuovi canali di grande interesse per gli inserzionisti. Non sono quindi evidentemente i siti web di notizie in sé a portare questa rivoluzione nel campo della pubblicità, ma è il mondo Internet nel suo complesso che, offrendo nuove opportunità di investimento pubblicitario, tende a spiazzare le forme più tradizionali e meno efficaci come la pubblicità sulla carta stampata.

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COMPORTAMENTI DA LETTORE

E che dire dei lettori? Possiamo pensare che la perdita di copie della stampa tradizionale sia dovuta a quanti, consultando gratuitamente il sito on line del giornale, non trovano ragione per comprare il giorno successivo la copia? Una tesi poco convincente. Il formato delle notizie dei siti on line, aggiornati costantemente durante la giornata, è infatti più simile a quello delle news televisive: notizie brevi e concise senza approfondimento. In un certo senso, potremmo dire che chi avesse tenuto aperto per tutto il giorno il sito di un quotidiano potrebbe evitare di guardarsi il telegiornale serale. Ma avrebbe buone ragioni per voler leggere le notizie più approfondite e i commenti che invece il giorno successivo troverà sulla copia cartacea. Anche qui, quindi, come per la pubblicità, lo spiazzamento non è un fenomeno diretto e immediato dal mondo di Internet a quello della carta stampata.
Ma uno spiazzamento, indubbiamente, avviene, ed è un fenomeno che possiamo comprendere guardando al mondo dell’’informazione, on line, on screen e on paper, e alle sue molteplici interazioni. Negli ultimi quindici anni, con il pieno sviluppo della rete, l’’offerta di contenuti è cresciuta enormemente. Ma vi è una risorsa che è rimasta immutata e lo rimarrà per ragioni fisiologiche nel tempo, ed è la nostra attenzione: leggere una riga di testo sullo schermo richiede lo stesso tempo necessario 100 anni fa per leggerla su un giornale. In altri termini, l’’enorme offerta di contenuti è in competizione sempre più accesa per una risorsa scarsa, rappresentata dall’’attenzione e dal tempo dei lettori. In questa competizione tendono ad arretrare quei format che, per loro natura, richiedono una quantità di tempo per unità di informazione maggiore, come lo sono i giornali. Se un articolo di 5mila battute mi dice cose sufficientemente simili a una sintesi su un sito on line, sceglierò quest’’ultimo rinunciando al primo. Non a caso tra i giovani, tipicamente più esposti all’’enorme offerta di contenuti del mondo Internet, i giornali sono una delle ultime fonti di informazione.

IL PROBLEMA DEI RICAVI

Questo meccanismo, d’’altra parte, genera un serio problema dal lato dei ricavi. Notizie semplificate e veloci, come troviamo durante la giornata sui siti on line, possono trovare visitatori solamente se diffuse gratuitamente. Perciò i siti on line, per questa componente di contenuti, non possono riuscire a raccogliere ricavi dai lettori. E i giornali si trovano così con una readership distratta ed erosa dall’’offerta sovrabbondante di contenuti della rete, ma senza la possibilità di recuperare ricavi da questi nuovi visitatori. Chi riesce a far pagare i contenuti on line è chi con essi offre un valore aggiunto particolare, come ad esempio fanno il Wall Street Journal o il Financial Times, con le parti a pagamento del proprio sito, che permettono di accedere a informazioni di ovvia importanza per gli investitori.
In conclusione, il mondo della rete ha sicuramente generato effetti negativi sul comparto della carta stampata, non tanto attraverso una sostituzione diretta di investimenti pubblicitari e lettori quanto con l’’introduzione di nuovi strumenti pubblicitari e di una enorme massa di contenuti che hanno posto il format dei giornali tradizionali in una situazione difensiva rispetto alle alternative oggi disponibili nel mercato.
Ma il mondo di Internet, pur destabilizzando gli attori tradizionali, non ha ancora risolto compiutamente i problemi legati all’’equilibrio economico dei siti. Lo vediamo bene dal nostro particolare punto di osservazione, nel quale la difficoltà di far coesistere contenuti originali, una formula open source che enfatizzi il ruolo informativo del sito, articoli non retribuiti e la scelta di non ospitare pubblicità rendono la sopravvivenza de lavoce.info una sfida quotidiana. Dal punto di vista del pubblico raggiunto possiamo guardare con successo anche all’ultimo anno avendo raggiuto 2.282.316 visite, di cui 963.830 visitatori unici assoluti e sono state visualizzate 6.345.076 pagine del sito. La formula dei contributi volontari dei lettori, modello di ricavo complementare all’’approccio open source che ci contraddistingue, fino a oggi ci ha permesso di continuare, coprendo gli unici costi del sito legati a quanti lavorano nella redazione. Ma rende la continuazione di questa esperienza una quotidiana scommessa.

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11 commenti

  1. riccardo lo schiavo

    L’importante è avere contenuti validi ed una chiara strategia di marketing poi i lettori vengono e vengono anche e a frotte i redattori. La nostra esperienza di arcipelagomilano.org ne è la prova.

  2. Luigi Boglioni

    La qualità di "La voce" giustifica, a mio parere, la richiesta di un canone per consentirne l’accesso. La contribuzione volontaria può funzionare con un pubblico di lettori come il vostro, ma credo lasci irrisolta la possibilità di una corretta pianificazione dell’attività. Certo il vostro concetto di "open source" appare molto più nobile a per molti versi anche più attraente. E’ una scelta difficile con molti fattori complessi da valutare. Ma se alla fine l’alternativa fosse l’irruzione della pubblicità molto meglio il canone: continueremmo ad avere più garanzie.

  3. Massimo De Biasio

    Per quel che riguarda La Voce, vi suggerisco di istituire un’abbonamento. Sarebbe, tra l’altro, più equo anche tra noi lettori. Oggi infatti c’è chi legge gratis, chi da 20 euro/annui, chi ne versa 300.

  4. Giuseppe Caffo

    Ritengo sia auspicabile che la continuazione di questa iniziativa editoriale rappresenti una quotidiana scommessa. Questo innesca un circolo virtuoso di ricerca continua di qualità autorevolezza e verità. Un contributo da parte di pubblicità priva di cattivo gusto e non invadente non porterebbe alcun pregiudizio all’immagine de Lavoce.info, incrementando le risorse e le potenzialità. Grazie per l’ottimo lavoro che svolgete.

  5. Fulvio Lo Cicero

    L’autore, secondo me, non cita un fatto fondamentale: circa il 95% della pubblicità sui siti (ad esclusione dei grandi quotidiani) è veicolata da Google ad-sense, un sistema che consente a un inserzionista di pubblicare un flano a costi molto competitivi su una varietà infinita di siti. Oggi un singolo sito non è in grado di acquisire pubblicità perché quella di Google ad-sense è enormemente più competitiva e conveniente. Questo è il vero problema dell’informazione on line, la presenza di un monopolista puro che definisce i prezzi e ha la possibilità di agire senza competitors. Non so perché l’Autorità garante non prenda in esame questa frattura del sistema, che mette a rischio qualsiasi iniziativa editoriale sulla rete. Oggi, le migliaia di siti informativi, che assicurano un sano pluralismo (che non esiste nel settore televisivo), esistono grazie al volontariato (come succede, almeno in parte, a lavoce.info). E la colpa è di Google, che pure tuttora viene esaltato da tutti, come fosse un benefattore del popolo di internet, mentre è un’impresa che esercita un dominio deleterio su un settore vitale per il futuro.

  6. Disperato

    Con i numeri illustrati fossi in voi aprirei senza dubbio alla pubblicità, vendendola anche cara considerando il pubblico upper class che sicuramente frequenta il sito. La garanzia di indipendenza e qualità degli scritti è data dal complesso dei loro contenuti e, anche, dai nomi dei partecipanti. Non certo dalla presenza o assenza di pubblicità (non siete una rivista di un settore merceologico per cui il sospetto che l’advertising sia una forma di sovvenzione-assicurazione contro commenti critici è sempre nell’aria, al limite ci si insospettirà all’apparire su lavoce.info delle pubblicità del MEF o dell’AE o del Governo ecc…).

  7. Raffaele Giammario

    Io penso invece che i quotidiani online abbiano rubato lettori ai quotidiani cartacei. Anche perché online non si trova solo la notizia sintetica, ma spesso anche l’articolo di fondo o di inchiesta. Io personalmente da lettore non sono infatti interessato a spendere un euro e rotti al giorno per: 1. tanta carta; 2. tanta pubblicità; 3. tante notizie sintetiche che posso trovare online prima e gratuitamente; 4. informazioni di servizio di vario genere (titoli borsa, programmi tv, etc.); 5. alcuni approfondimenti. Io personalmente sono interessato solo a questi ultimi e non su tutti i temi. Per questi sarei disposto a pagare, anche più giornali, ma il valore che gli attribuisco è nell’ordine di grandezza dei 10, 20 centesimi di Euro al giorno. Mi preoccupa invece un modello sostenuto solo dalla pubblicità, proprio perché rischia di privilegiare ciò che fa sensazione (e che la gente è disposta a leggere perché è gratuito) dall’informazione di qualità (e che la gente è disposta anche a pagare perché ne percepisce il valore).

  8. Davide Prandi

    La trasformazione dell’informazione e’ evidente a tutti e il web ne e’ sicuramente uno dei veicoli principali. Personalmente non vedo male un po’ di razionalizzazione del sistema della carta stampata: in Italia ci sono almeno 100 testate giornalistiche, che francamente sono troppe. E poi e’ bello poter confrontare facilmente diversi giornali su un pc, a costo praticamente nullo. Per quanto riguarda il futuro de Lavoce, per me la scelta e’ chiara: o si rimane ente no-profit a dimensione nazionale, e quindi in qualche modo si vivacchia (anche perche’ tutti quelli che ci lavorano fanno un altro lavoro…); oppure ci si da una struttura importante con tanto di manager e si punta a diventare piu’ grandi: puntare al mercato europeo, versione in inglese, uso piu’ spinto dei nuovi media. Due benchmark possibili sono http://www.euractiv.com e http://www.ted.com. Tra l’altro tutti i collaboratori hanno esperienza internazionale, possono fornire quell’academic touch necessario per essere credibili, insomma mi sembra che i presupposti ci possano essere tutti. Se pero’ manca l’ambizione, si fa quel che si puo’, ma non ci si lamenta. Con vera stima.

  9. Bruno Stucchi

    Blog, giornali web e affini, tutti, La Voce compresa, hanno come fonte primaria delle notizie -che poi commentano- i giornali stampati e le agenzie di stampa. La carta, di sempre più bassa qualità, è inutile o, al più, serve come lettiera per i cuccioli non ancora educati e per proteggere il pavimento quando si ridipingono le pareti (però gli imbianchini professionisti non li usano più, neppure per questo scopo). Basta con la carta stampata: inquina.

  10. Internauta

    La carta stampata è il dinosauro dell’informazione. Qualsiasi contenuto è destinato ad essere scambiato in futuro in forma digitale. Non si tratta di risorse sottratte, si tratta di evoluzione tecnologica. Sicuramente comporterà una riduzione dei ricavi, ma a fronte di una riduzione molto consistente delle spese. Niente più carta, niente più inchiostro, niente più distribuzione nelle edicole, nessun costo d’intermediazione e vendita, nessuna necessità di una sede fisica per la redazione (tutto può essere fatto in videoconferenza e col telelavoro) Auspicarsi un revival della carta stampata significa abbracciare il luddismo. Lo stesso destino è riservato alla televisione. Io, come credo tanti altri giovani posseggo un solo tipo di supporto multimediale: il computer. Sotto varie forme: desktop, laptop, netbook, smartphone. Un’unica piattaforma, adattabile secondo le esigenze.

  11. elia tescione

    Non credo che sia importante il mezzo con cui le informazioni circolano (carta stampata o web) quanto la qualità delle informazioni stesse. Personalmente ritengo che in certe situazioni la fruibilità della carta di giornale sia ancora imbattibile. Dopodichè, il giorno in cui ci saranno supporti elettronici che eguagliano le qualità della carta stampata (lettura riposante, formato stropicciabile, leggerezza ….) sarò il primo a compiacermi della fine della distruzione dei boschi per la produzione di cellulosa…. Quanto all’equilibrio economico dei siti, la rete dimostra che si possono mantenere siti interessanti anche con costi modestissimi. La voce.info ne è un esempio. E’ ora che ci si dia una belle ridimensionata tutti quanti e si riscopra il piacere di parlare di politica e di attualità senza che le grandezze economiche la facciano sempre da padrone…..

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