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La ricerca nella nebbia

Le vicende del bando Futuro in ricerca per i giovani ricercatori rappresentano l’ennesimo esempio di un sistema che si affida a meccanismi lenti e opachi e dai finanziamenti incerti. Lo scopo di sostenere le eccellenze scientifiche era certamente nobile. Tanto che i progetti presentati sono stati molti. Ma la storia del suo svolgimento sembra suggerire che senza una gestione chiara e trasparente del processo di valutazione e di assegnazione delle risorse, il richiamo ai principi di meritocrazia è solo uno slogan.

In questi giorni si è conclusa al Senato la discussione del disegno di legge Gelmini sulla riforma dell’’università italiana. La riforma vuole ispirarsi a principi di meritocrazia, meccanismi competitivi e premiali fra le università e i singoli docenti e ricercatori. Tuttavia, la credibilità di tali impegni si misura sulla capacità del governo di passare dalle parole ai fatti. La vicenda del bando “Futuro in ricerca” per i giovani ricercatori rappresenta l’’ennesimo esempio di un sistema con meccanismi opachi e lenti e finanziamenti incerti.

CHI VALUTA. E COME

Il bando “Futuro in ricerca”, lanciato nel 2008, ha come obiettivo “il ricambio generazionale, il sostegno alle eccellenze scientifiche emergenti e già presenti presso gli atenei e gli enti pubblici di ricerca” tramite il finanziamento di progetti di ricerca composti da soli giovani ricercatori. (1)
L’’idea di un bando destinato ai giovani riprende l’’analoga esperienza europea promossa dall’’European Research Council (Erc) degli Starting Grant, tuttavia dimentica di assorbirne le cultura della trasparenza nella selezione dei progetti.
Un anno dopo la pubblicazione del bando, il ministero raddoppia i fondi a disposizione e con il decreto ministeriale n. 755/Ric. del 18 novembre 2009, destina altri 50 milioni di euro per i giovani ricercatori, facendo così salire a 100 milioni l’’ammontare, teorico, di “Futuro in ricerca”.
Il processo e i criteri di selezione attuati per “Futuro in ricerca” dimostrano ancora una volta la distanza fra le promesse di competitività e meritocrazia e i fatti concreti. Secondo quanto previsto dal bando, la nomina della commissione di valutazione e il peso dei criteri di valutazione avvengono dopo che le domande di finanziamento sono state presentate. Nel caso degli Starting Grant, invece, non solo sono esplicitamente indicati i criteri, ma prima della scadenza del bando, sono anche resi pubblici su internet i manuali a cui i reviewers devono fare riferimento per la valutazione dei progetti. La commissione scientifica di “Futuro in Ricerca” è formata da solo tre esperti (italiani) per ognuna delle tre commissioni che si occupano di valutare progetti nelle aree Life Sciences (LS), Social Sciences and Humanities (SH), e Physical Sciences and Engineering (PE). Per gli Starting Grants ogni area aveva diversi sottopanel, per un totale di venticinque commissioni, ognuna con circa quindici esperti a cui si devono aggiungere i revisori dei progetti. Proprio la scelta di prevedere solo nove persone per sovraintendere al processo di valutazione di progetti di ricerca che spaziano su tutto il sapere umano spiega, molto più di tante parole, la differenza con i processi di valutazione in cui il merito di una proposta viene effettivamente considerato.

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LE VICENDE DI UN BANDO

Nonostante queste difficoltà, il bando ha un successo strepitoso fra i giovani ricercatori italiani: vengono presentati ben 3.700 progetti. La prima fase della valutazione si conclude con l’’emissione di due decreti a circa un anno dalla data di emissione del bando. (2) In totale, sono selezionati 204 progetti, si tratta del solo 5 per cento dei progetti presentati. Ci si aspetterebbe che, vista la concorrenza, la valutazione sia stata seria e scrupolosa. Purtroppo, non sembra che sia andata così.
Ogni progetto è stato revisionato da un solo reviewer, spesso italiano. Si può facilmente intuire come affidare la decisione se ammettere o meno un progetto al finanziamento a una sola persona renda la selezione fortemente legata all’’interpretazione che ne ha dato il singolo reviewer, alle sue competenze, al tempo che ha avuto a disposizione. I progetti ammessi ai finanziamenti sono quelli che ricevono una valutazione pari a 40/40, i molti altri con 39/40 non superano questa fase. Ma, a volte, la differenza fra 39/40 e 40/40 è sottile e non mancano valutazioni che sembrano affrettate o superficiali. Prevedere, come è prassi nei bandi europei, tre reviewer al posto di uno avrebbe certamente migliorato la qualità del processo. Sarebbero tuttavia servite ulteriori risorse economiche e gestionali, che sembra manchino al bando “Futuro in ricerca”.
I progetti approvati sono stati ammessi alle audizioni con le commissioni, che alla fine li hanno suddivisi in tre gruppi: “finanziabili”, “finanziabili ove le risorse disponibili lo consentano” e “da non finanziare”. Anche in questi caso, non è noto quali siano stati i criteri di assegnazione alle diverse fasce, soprattutto alla luce del fatto che le audizioni orali non sono entrate nel merito dei progetti. Il 4 aprile del 2010 è stato pubblicato l’’elenco di progetti ammessi al finanziamento: in totale sono 105 progetti, pari al 3 per cento di quelli presentati. Scorrendo il decreto si scopre che il finanziamento effettivo è di soli 45 milioni di euro e dal testo è scomparso qualunque riferimento ai 50 milioni aggiuntivi previsti dal decreto 755/Ric. del 18 novembre 2009. (3)
Come si usa dire, “il diavolo sta nei dettagli” e anche se lo scopo di “Futuro in ricerca” è certamente nobile, la storia del suo svolgimento sembra suggerire che senza una gestione chiara e trasparente del processo di valutazione e di assegnazione delle risorse, l’’incoerenza fra l’’enunciazione dei principi e la pratica risolve il tutto in un slogan pubblicitario con scarso effetto reale.
(1) Decreto direttoriale n. 1463/Ric. del 19 dicembre 2008.
(2) Decreto direttoriale del 28 dicembre 2009 prot. n. 1036/ric/2009 e decreto direttoriale del 19 gennaio 2010, n. 2/ric.
(3) Il decreto rappresenta un’’altra delle stranezze di questa vicenda. Nonostante sia stato regolarmente registrato presso la Corte dei conti, è impossibile trovarne una copia. Non esiste sul sito del Miur, né in Gazzetta ufficiale e neanche l’’Urp del ministero, interrogato in merito, ha fornito una risposta. Il decreto è fondamentale per la ricerca italiana in quanto distribuisce i fondi First fra le varie attività di ricerca, incluso il recente finanziamento dei progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin) e i fondi per l’agevolazione della ricerca (Far). Anche in questo caso l’’assenza di chiare e trasparenti informazioni non aiuta a svolgere serenamente le attività di ricerca

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  1. Andrea

    Purtroppo anche con tre revisori per progetto (di cui magari uno internazionale), quando le risorse sono cosi’ scarse da permettere il finanziamento di solo il 3% dei progetti presentati, l’arbitrio entra pesantemente in gioco. E’ un semplice fatto di calcolo delle probabilita’: se viene finanziato solo il 3% dei progetti e’ probabile trovarne altrettanti progetti di piu’ o meno pari valore (se valutati da un’altra commissione competente ed indipendente) tra quelli scartati? La risposta e’ facilmente si’. Se invece fosse finanziato il 20% dei progetti (cioe’ uno su cinque) la risposta sarebbe facilmente no (le scelte delle due commissioni sarebbero largamente sovrapponibili).

  2. carlo batini

    Bell’articolo, condivisibile, non ho altro da aggiungere. Forse si potrebbe chiedere a qualche onorevole di farsi portavoce con una interrogazione parlamentare.

  3. alessio valentini

    Ho partecipato a valutazioni di progetti europei di ricerca come valutatore e come valutato e mi sono reso conto che non esiste la valutazione perfetta. Di sicuro, come giustamente è sottolineato dall’articolo, il diavolo sta nei dettagli. Mi sono sempre chiesto come vengono scelti i referee: io mi sono registrato diverse volte ma non sono mai stato selezionato. Eppure sono considerato un esperto nel mio settore….. In ogni caso la valutazione va sempre bene, anche se imperfetta. L’alternativa è solo l’arbitrio.

  4. Luca Neri

    Non conosco il meccanismo di valutazione del bando per i giovani ricercatori di quest’anno. Per il bando 2008-2009 (le cui valutazioni sono state pubblicate a Marzo 2010) so che la valutazione e’ stata condotta in collaborazione e con i referee del NIH (USA) adottandone i criteri e il meccanismo di scoring. Da anni questo meccanismo ha favorito il miglioramento della qualità della ricerca negli Stati Uniti come testimoniato dai dati pubblicati dal NIH. La trasparenza del meccanismo di valutazione in quel caso era garantita dal fatto che i criteri NIH sono noti e pubblici. I limiti della valutazione prodotta per il bando 2008 risiedono nel fatto che non sono state rese pubbliche le revisioni per il miglior 50% dei progetti (rendendo incontestabili le assegnazioni), i progetti sono stati accettati o rigettati senza richiesta di revisioni o chiarificazioni, la pubblicazione dei risultati e’ avvenuta circa 2 anni dopo la chiusura del bando. Questi aspetti devono essere modificati.

  5. Claudio Braccesi

    Pongo una questione: non vi sembra che il sistema della "Ricerca", non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo, sia un sistema chiuso ed autoreferenziale che non ha alcuna connessione, altri direbbero ricaduta, sulla società nel suo complesso?. Non vi sembra che i cosidetti "referee", a qualunque livello siano chiamati ad agire, (valutazione pubblicazioni, valutazione progetti e bandi, etc.) siano complessivamente dei tronfi palloni gonfiati cooptati dal sistema autoreferenziale di cui sopra? Esagero? Forse. A me sembra però che il problema sia serio. La "Ricerca" non esiste e non è mai esistita, in nessuna società. Esiste e va coltivata invece la legittima aspirazione a migliorare il cui impulso è quasi sempre dato da un interesse economico, spesso privato e comunque a vantaggio di qualcuno (anche una nazione) rispetto ad un altro. Ciò implica che debba essere sempre e comunque assicurato il principio della concorrenza. Questo pone inevitabilmente una pietra tombale su qualsivoglia iniziativa che tronfiamente sia chiamata ‘Ricerca’ e che non poggi su questi banali e semplici principi.

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