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FARMACI: QUI LA SPESA È ALTA E SQUILIBRATA

La spesa totale per farmaci nel 2009 è stata di quasi 13 miliardi di euro. Scende la quota a carico del sistema sanitario nazionale e cresce quella a carico dei cittadini, essenzialmente per l’aumento dei ticket regionali. Per alcune Regioni si tratta di una misura obbligatoria dovuta a gravi disavanzi o allo sforamento dei tetti di spesa programmati. Si conferma comunque un continuo aumento dell’uso di medicinali, non sempre giustificato da effettiva necessità. I possibili ulteriori risparmi.

 

12,9 miliardi di euro: è il costo dei farmaci prescritti dai medici di famiglia nel 2009. La spesa è per l’87,1 per cento a carico del sistema sanitario nazionale (-1,2 per cento rispetto al 2008) e per il 6,6 per cento a carico dei cittadini (+32 per cento rispetto al 2008). Il resto sono sconti e rimborsi vari. La spesa che grava sul bilancio pubblico diminuisce grazie all’aumento dei ticket, oltre che alle manovre sui prezzi e alle azioni delle Regioni. 

I TICKET CRESCONO DEL 32 PER CENTO

Nel 2009, l’ammontare complessivo dei ticket pagati dal cittadino (quota fissa per ricetta e quota di compartecipazione sui farmaci equivalenti) è stata pari a 855 milioni di euro, il 32 per cento in più rispetto al 2008, quando i ticket erano già aumentati del 20 per cento rispetto al 2007.
L’incidenza del ticket sulla spesa lorda è in media del 6,6 per cento, ma la variabilità interregionale è molto elevata. Le Regioni hanno infatti adottato politiche molto differenziate, in termini di esenzioni e di quota fissa, anche in relazione allo sfondamento del tetto regionale programmato. Molte hanno introdotto un ticket regionale, dopo l’abolizione di quello nazionale nel 2001, altre prevedono a carico dell’assistito la differenza fra il prezzo del farmaco prescritto dal medico di famiglia e il prezzo più basso del corrispondente farmaco fuori brevetto. (1)
L’incidenza del ticket è massima in Sicilia (10,2 per cento sulla spesa lorda) e minima a Trento (2,7 per cento); valori elevati si osservano anche in Lombardia (9,5per cento) e in Veneto (9,4per cento), mentre sono più contenuti in Valle d’Aosta (3per cento ) e Basilicata (3,1per cento ). 
Il forte aumento dei ticket, oltre 200 milioni in più nel 2009, è in gran parte riconducibile alle misure adottate dalle Regioni con gravi disavanzi, in particolare Calabria (dove la spesa per ticket è aumentata del 181 per cento ), Lazio (+112 per cento) e Abruzzo (+73 per cento). Il ricorso a tali misure è, peraltro, obbligatorio in presenza di disavanzi o di sfondamento del tetto programmato della spesa farmaceutica (in alternativa alla leva fiscale, misura probabilmente ancor più impopolare).
Il secondo fattore di contenimento della spesa del Ssn è legato alle riduzioni dei prezzi dei medicinali varate dal governo e dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) a partire dal 2006 e al crescente impatto del prezzo di riferimento per i medicinali equivalenti. (2)
Le aziende sanitarie locali stanno inoltre aumentando l’acquisto diretto di alcuni medicinali e la loro distribuzione attraverso le strutture pubbliche o accordi con le farmacie. Oltre a una maggiore attenzione alla continuità terapeutica fra ospedale e territorio, a beneficio di pazienti in dimissione ospedaliera o che necessitano di controlli periodici, il sistema consente elevati risparmi grazie allo sconto minimo che le aziende farmaceutiche sono tenute a garantire agli acquisti effettuati direttamente dal Ssn. 
Il ruolo svolto sulla sensibilizzazione dei medici prescrittori è, invece, controverso. Nelle Regioni in cui la formazione dei medici di medicina generale (Mmg) e dei pediatri di libera scelta (Pls) è continua e si associa a misure di controllo e di premio/sanzione, si è avuto un significativo miglioramento delle prescrizioni sotto il profilo qualitativo e quantitativo. Nelle Regioni in cui, viceversa, queste azioni sono svolte come “atto dovuto”, la prescrizione continua ad avere caratteristiche di inappropriatezza e di alto costo unitario.

LA MASSIFICAZIONE DEL CONSUMO

Come per il passato, le quantità di farmaci prescritti aumentano significativamente: più 5,2 per cento rispetto al 2008. Salvo rare eccezioni, l’aumento si registra in tutte le categorie di farmaci e conferma il continuo aumento dei consumi di medicinali (vedi tabella).
La composizione qualitativa del consumo di farmaci non ha subito cambiamenti significativi nel corso del 2009; i cardiovascolari sono in assoluto i più utilizzati (36 per cento della spesa), seguiti dai farmaci per l’apparato gastrointestinale (14 per cento) e per il sistema nervoso centrale (10,7 per cento).
Fra i farmaci cardiovascolari, le sostanze contro il colesterolo rappresentano sempre la categoria terapeutica più prescritta, con una spesa di oltre un miliardo di euro, in crescita dell’11 per cento rispetto al 2008. La spesa per questa categoria terapeutica è per oltre l’80 per cento appannaggio delle statine, il cui consumo in associazione con altri agenti ipocolesterolemizzanti cresce del 30 per  cento circa sia in spesa che in confezioni, nonostante si tratti di associazioni di cui non si conosce il reale profilo beneficio/rischio a lungo termine.
Fra i farmaci dell’apparato gastrointestinale (1,8 miliardi, +7,5 per cento rispetto al 2008), la metà è per l’ulcera peptica e la malattia da reflusso gastro–esofageo (quasi esclusivamente inibitori della pompa protonica) la cui spesa è cresciuta di circa il 10 per cento. All’interno della categoria il principio attivo più prescritto è il lansoprazolo, una sostanza a brevetto scaduto la cui spesa è peraltro in flessione rispetto al 2008, mentre tutti gli altri principi attivi la incrementano. L’aumento di consumo degli inibitori della pompa protonica non è legato a motivi epidemiologici, ma al sempre più massiccio e, spesso, acritico ricorso alla gastroprotezione: sarebbe necessario verificare quanto tali farmaci interferiscano realmente con l’assorbimento e la farmacocinetica dei farmaci da cui si vuole proteggere lo stomaco.
Oltre un terzo della spesa per farmaci del sistema nervoso centrale è attribuibile agli antidepressivi. Anche in questo caso la prescrizione si sposta dai prodotti più vecchi, alcuni anche a brevetto scaduto, a principi attivi più recenti, sicuramente più costosi, ma non sempre più efficaci o sicuri. L’uso sempre più marcato di antidepressivi è un segnale d’allarme che va preso in seria considerazione, perché è sintomo di un profondo disagio sociale.
Continua, quindi, quella che può essere definita la massificazione del consumo dei farmaci, con effetti presumibilmente negativi sull’appropriatezza terapeutica, nonostante le iniziative, anche pregevoli, delle istituzioni centrali e regionali per promuovere un uso più appropriato del farmaco.

UN POSSIBILE RISPARMIO DI 700 MILIONI?

La spesa netta pro capite pesata, pari in media a 189 euro, presenta una elevata variabilità interregionale. (3) Tutte le Regioni del Nord, con l’aggiunta di Toscana, Marche e Umbria, hanno una spesa procapite inferiore alla media nazionale, mentre tutte quelle del Centro-Sud hanno una spesa procapite superiore (vedi grafico).
Da notare che se le cinque Regioni meno virtuose (Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Lazio) avessero una spesa pro capite uguale alla media del paese, la spesa nazionale per farmaci si ridurrebbe di circa il 6 per cento, con un risparmio di circa 700 milioni l’anno. Si tratta di Regioni con una popolazione di età media inferiore alla media nazionale, quindi, con un minor rischio di patologie cronico-degenerative responsabili della maggiore quota di spesa. Curare il diabete in Sicilia costa il 40 per cento in più della media nazionale, mentre in Emilia si spende il 50 per cento in meno (spesa pro capite pesata), benché la prevalenza della malattia non sia significativamente differente tra le due Regioni.
Le esperienze delle Regioni più virtuose indicano chiaramente dove e come è possibile intervenire, ma obiettivi così rilevanti difficilmente possono essere affrontati dalle singole amministrazioni.

(1) Il Ssn rimborsa il prezzo minimo tra i farmaci equivalenti (ovvero tra i farmaci a brevetto scaduto, con stesso principio attivo, stessa via di somministrazione, stessa forma farmaceutica e stesso dosaggio unitario).
(2) L’ultima riduzione in ordine di tempo è quella del 12 per cento sui medicinali generici Ssn, in vigore dal 28 maggio 2009 e fino al 31 dicembre 2009, ma con effetti di risparmio che continuano nel 2010.
(3) La spesa media pc è standardizzata in base alla struttura per età della popolazione.

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UN FONDO NON RISOLVE LE CRISI

13 commenti

  1. giuseppe

    Si profila per noi calabresi l’aumento delle tasse regionali per cercare di tamponare il disastro del sistema sanitario locale. Noi pensionati ne subiremo pesantemente le conseguenze e ancor di più per chi è anche ammalato è costretto molto spesso, per sfuggire alla cattiva organizzzione del settore, a ricorrere con più fiducia al sitema sanitario del centronord. Chi dei nostri governanti politici presenti, passati e trapassati sarà chiamato a rispondere di questi disagi che dovremo affrontare? Chi dei burocrati tecnici regionali (che non hanno saputo opporsi ai meccanismi perversi, causa del disastro sanitario calabrese), sarà chiamato a rispondere del suo operato? Con molte cordialità

    • La redazione

      L’aumento dei tributi locali, pur giustificato dagli impressionanti disavanzi della spesa sanitaria, rischia di essere iniquo andando a colpire i cittadini già vittime di sistemi sanitari regionali inefficienti e lasciando "impuniti" gli artefici del disastro. Senza voler fare un minestrone in cui tutto si confonde in un’amalgama opaca, qualsiasi misura di rientro dal deficit deve associarsi al miglioramento della qualità delle cure erogate: maggiore accuratezza diagnostica per una migliore appropriatezza della terapia. Altrimenti, anziché razionalizzare si finisce inevitabilmente per razionare (farmaci, assistenza, ecc.).

  2. Salvatore

    Temo che da parte politica non ci sia interesse a diminuire la spesa farmaceutica. Esempio. Il dott. Zamboni, angiologo, ricercatore presso la Università di Ferrara, insieme al neurologo dott. Salvi, dell’Università di Bologna, hanno trovato che al 90% la Sclerosi Multipla è causata dalla CCSVI, cioe dalla stenosi delle vene giugulari e azygos che, interrompendo il flusso sanguigno, genera dei depositi di ferro, tossico, che attiva il sistema immunitario in modo disordinato. Un intervento di angioplastica dilatativa a queste vene, una o più, risolve, se non al 100%, molto meglio dei farmaci fin qui utilizzati. Un intervento di questo tipo, angioplastica dilatativa, vine effettuato in day hospital ad un costo di circa 3.000 euro. I medicinale che invece assume normalmente un paziente è di circa 20.000 euro/anno PER TUTTA LA VITA. Questo tipo di intervento è iniziato, sperimentalmente nel 2007 e presentato, a partire dal settembre 2009 in vari congressi, sia in Italia che all’estero. Al momento ci sono 18 centri attivi nel mondo per questo nuovo trattamento, nessuno in Italia. Perchè?

  3. Pepe Carvalho

    "se le cinque Regioni meno virtuose (Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Lazio) avessero una spesa pro capite uguale alla media del paese, la spesa nazionale per farmaci si ridurrebbe di circa il 6 per cento, con un risparmio di circa 700 milioni l’anno." Penso che il risparmio possa essere sotto-stimato: bisognerebbe calcolare la media mu_0 del paese *senza* includere queste cinque regioni, che distorcono i costi verso l’alto. A questo punto, quanto si risparmierebbe se le cinque regioni spendessero mu_0? Probabilmente ancora di più di quelle che ipotizzate. Cordiali saluti

  4. MUSSARI FERDINANDO

    La spesa farmaceutica nelle regioni meridionali è elemento che supplisce le carenze degli altri comparti sanitari pur avendo un target molto basso e determinato, 13% dell’fsr. Come si evince dai dati, i cittadini pagano di più per avere il servizio farmaceutico, ossia sono maggiormente responsabilizzati sulla spedizione della ricetta, ma nonostante questo richiedono maggiori servizi. Perchè? Perchè la farmacia è l’unico posto nel meridione che funzione e dove si trova realmente salute. La disorganizzazione del sistema sanitario, le precarie condizioni igienico sanitarie dei paesi e delle strutture pubbliche, determina una manifestazione sociale che si basa sulla paura, e sulla necessità di sicurezza. La paura per la salute rientra nel segmento della sicurezza in generale. Il meridione d’Italia non può sopportare incrementi della spesa centralizzati ma la distribuzione della spesa deve avvenire sul territorio, per attenuare la sensazione di abbandono e di sicurezza.

  5. Orly Caiza

    Alcune volte mi è capitato di dover ritirare dalla farmacia confezioni di farmaci che non uso completamente. Per citare un paio di casi: mi hanno prescritto una confezione di 10 compresse quando dovevo fare una cura per tre giorni prendendo due compresse al giorno il restante 40% della confezione è rimasto inutilazzato fino allo scadere del prodotto. Un’altra volta mi hanno prescritto una confezione di 30 bustine di ketrofrene e ne ho usato soltanto 2 bustine poichè il dolore è sparito. Penso che casi come il mio ci saranno a migliaia con il consecuente spreco di risorse finanziarie. A questo punto viene da chiedersi: se si permettesse di frazionare le confezioni di medicinali qualcosa si potrebbe risparmiare per fare le giuste cure senza sprecchi?

    • La redazione

      in passato molti farmaci erano preparati direttamente dal farmacista e al paziente veniva consegnata la quantità prescritta dal medico. È ragionevole ipotizzare che il farmacista dispensi le quantità di farmaci necessari per coprire un ciclo terapeutico evitando sprechi. Questo, ovviamente, presuppone un superamento delle attuali confezioni. Qualcosa di simile si fa già ora nella distribuzione diretta dei farmaci.

  6. alberto tomat

    Se si estende l’analisi dei costi per farmaci agli altri settori della spesa sanitaria, si ottengono i medesimi risultati. Ciò dimostra che per equlibrare la spesa sanitaria è possibile contenere e qualificare la spesa prima di ricorrere a nuove imposte. Sarebbe opportuno che queste informazioni fossere divulgate più capilarmente per favorire la crescita del controllo sociale sui costi dei servizi pubblici.

  7. Roberto T.

    Recentemente mi è stato prescritto il lansopranzolo come epatoprotettore. Dopo averlo ritirato in farmacia ho scoperto che ne avevo ancora in casa, non scaduto: ho usato il vecchio e la nuova scatola è ancora intonsa, nell’armadietto dei medicinali. Tutto questo, mi ha fatto pensare che la spesa farmaceutica potrebbe essere oggetto di risparmi enormi, senza toccare le questioni strettamente mediche, soltanto migliorandone la gestione. In fondo si tratta di una domanda rigida, la gente piglia quello che dice il medico, dove non c’è concorrenza, non c’è bisogno di pubblicità o di confezioni accattivanti. Nel mio caso, per esempio, la cura prevedeva 10 compresse mentre la scatola ne contiene 14, ovvero uno spreco del 40%. Semplice proposta: i farmaci dovrebbero essere forniti nella giusta quantità al paziente in contenitori anonimi riempiti dal farmacista alla bisogna. Si potrebbe anche pensare ad un concetto di reso: te ne ho dati 10, me ne riporti 5, ti rimborso il ticket equivalente. Mi rendo conto di ragionare in piccolo, ma aprite il vostro armadietto dei medicinali e moltiplicate per 60 milioni di Italiani, forse il problema non è così piccolo. Grazie per lo spazio

  8. Giuliano

    Esiste una grande variabilità tra regione e regione del numero di ricette pro capite (da 5,7 a 11,7) e della spesa in farmaci pro capite (da 141 a 250 Euro). Domande 1. Come facciamo a sapere chi spende "troppo" e chi no? ossia, quale è il livello di spesa "giusto"? ad esempio: esiste un paragone tra le regioni europee? si può normalizzare la spesa in farmaci in base all’incidenza delle malattie (immagino che in Liguria si spenda di più perchè gli anziani si ammalano di più) 2. Alla fine, come si può stimare la spesa "ingiustificata" di ciascuna regione, ossia quella dovuta a un utilizzo eccessivo di una certa categoria di farmaci rispetto all’incidenza della malattia, oppure dovuta a uno scarso uso di farmaci generici?

  9. Silvano

    Con i farmaci palliativi si potrebbe ottenere un risparmio considerevole! Molti pazienti sono soltanto dei malati immaginari che ricorrono al medico di famiglia per ottenere cure e farmaci che troppo spesso non sono assolutamente indispensabili! I farmaci palliativi, fra l’altro, possono anche tranquillizzare il paziente, psicologicamente provato da disturbi che sono soltanto passeggeri! Quando invece vi sono delle malattie croniche o irreversibili il problema deve essere affrontato efficacemente, costantemente, gratuitamente, per tutto il periodo di vita dei pazienti e non è dignitoso abbandonarli al comune destino dell’economia sui farmaci, come fossero malati alla stregua di tutti gli altri utenti!

  10. Giuseppe Belleri

    L’articolo che analizza la spesa farmaceutica territoriale parte dal presupposto che tutti i farmaci consumati dagli assistiti dei SSR siano prescritti dai medici di Medicina Generale (MMG). In realta’ esiste una quota di prescrizioni occulte o, per meglio dire, sommerse nel senso che un percentuale vicina al 50% delle confezioni acquistate in farmacia e’ in realta’ suggerita al MMG da uno specialista. I farmaci "suggeriti" dagli specialisti si concentrano in particolare su alcune categorie ATC, dove superano il 60% della spesa totale: insuline, antiepilettici, antiaritmici, immuno-oncologici, antipsicotici, colliri, eparine a basso peso molecolare. Inoltre, nelle regioni in cui l’offerta specialistica pubblica e privata e’ piu’ "vivace" l’induzione della domanda da parte dell’offerta – fenomeno tipico e simbolo del fallimento del mercato in sanità – si riverbera anche sull’appropriatezza delle prescrizioni che convergono sul MMG, utilizzatore finale per conto di tutto il sistema. Infine, il marketing farmaceutico, da quando sono entrati sul mercato i generici, si e’ concentrato sulle molecole non ancora "genericate" e sulla medicina specialistica abbandonando di fatto il territorio.

  11. PIERINO

    Mi chiedo, ma quanto guadagnano le farmacie? Se andate a vedere le farmacie in vendita ne trovate da 900.000 ad undici milioni di euro! Siccome non credo siano folli né i farmacisti ne’ i loro commercialisti né tantomeno le finanziarie che li appoggiano, vuol dire che ci sono farmacie con un utile annuo pari ad un milione di euro. E ora ci si dice dove risparmiare?

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