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DUE ANNI DI GOVERNO: SCUOLA E UNIVERSITÀ

L’azione governativa si è mossa seguendo l’unica direttrice, dettata dal ministro dell’Economia nel dicembre 2008, del ripianamento del debito pubblico. Questa linea si è articolata diversamente nei settori della scuola e dell’università.
La scuola. Qui, data l’elevata incidenza del costo del personale sul totale della spesa, l’unica strada per produrre un risparmio di spesa era quella del ridisegno dei percorsi scolastici, e a questo ci si è attenuti: la reintroduzione del maestro prevalente nella scuola primaria, la riduzione dell’orario d’insegnamento nella scuola secondaria (sia di primo che di secondo grado), la riduzione degli indirizzi nella scuola secondaria di secondo grado. L’azione del ministro è però stata selettiva nelle riduzioni di spesa, non avendo ridotto il finanziamento alle scuole private “paritarie” e non avendo affrontato il nodo degli insegnanti di sostegno, uno dei canali maggiormente sfruttati dalle direzioni scolastiche regionali per gonfiare gli organici. Ma ha prodotto nel contempo un aggravio finanziario per le famiglie, attraverso le aumentate richieste di compartecipazione alla spesa (che ha già dato luogo a contenziosi amministrativi). Tuttavia questa strategia non sembra perseguire obiettivi specifici coerenti con la soluzione di uno dei problemi principali del sistema scolastico italiano, ovvero quello del divario dell’apprendimento tra Nord e Sud del paese: non risulta in letteratura che riducendo le ore erogate di lezione o il numero degli insegnanti, l’apprendimento tenda a migliorare. A meno che non si voglia (maliziosamente) interpretare la norma del Collegato-lavoro alla Finanziaria 2010 sulla ammissione dei quindicenni all’apprendistato per l’assolvimento dell’obbligo scolastico come risposta alla minor performance: basta che chi è inadatto alla scuola vada a lavorare.
Il ministro aveva anche promesso che un terzo dei risparmi di spesa sarebbe stato reimpiegato per promuovere la professionalità e il merito tra gli insegnanti, ma nulla di questo è stato realizzato.
Infine il tema della valutazione, precondizione per una reale politica meritocratica, è rimasto sulla carta, essendo mancato un finanziamento adeguato del piano di valutazione nazionale proposto dall’Invalsi.
università. Nel rispetto dell’autonomia degli atenei, la linea di governo si è attuata semplicemente come riduzione del fondo di finanziamento ordinario, in via di progressiva ulteriore riduzione nel triennio 2010-12. È pur vero che una parte del finanziamento 2009 (il 7 per cento) è stato distribuito con criteri collegati alla efficacia della didattica, ma questo è avvenuto senza incidere in misura apprezzabile sull’entità del finanziamento complessivo percepito dagli atenei. È attualmente in discussione un progetto ambizioso di ridisegno della governance universitaria, delle carriere dei docenti e della organizzazione interna degli atenei, tuttavia molto centrato su deleghe al governo: fatto questo che da un lato rende difficile la previsione dell’esito finale, dall’altro sicuramente allunga i tempi di attuazione. Di nuovo, il tema della valutazione è un tasto dolente: il ministro aveva la possibilità di avviare immediatamente l’Anvur, in quanto già previsto da una legge dello Stato. A due anni e mezzo ancora non è stato fatto quasi nulla, se non emanare il decreto di avvio del prossimo Civr. Nel frattempo, le università hanno fatto ricorso alle poche risorse rimaste, ma i fondi interni per la ricerca sono pressoché azzerati ovunque, senza che la riduzione della didattica erogata, auspicata dal ministro, abbia prodotto alcun margine di manovra.
Complessivamente, nel corso dei due anni trascorsi il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è riuscito a diffondere a tutti i livelli un clima di disorientamento istituzionale, di smarrimento nel corpo docente e di precarietà finanziaria che induce alla smobilitazione e al "si salvi chi può" individuale, distruggendo uno dei presupposti identitari principali (la professionalità del corpo docente) che permettono il buon funzionamento di ogni istituzione educativa, a qualunque livello. Forse era questo l’intento principe del ministro.

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SE LA CRISI DI ATENE ENTRA IN BANCA

  1. Aram Megighian

    Spiego subito: buio culturale di chi parla di Università dall’esterno (leggi Ministri, politici in genere, "intellettuali" vari) senza conoscerne realmente la realtà interna (dell’Università italiana, ma anche, in genere, dell’Università, della Ricerca e di cosa vogliono dire). National Science Fundation (www.nsf.gov), uno dei principali enti governativi americani di supporto alla ricerca scientifica, ha recentemente pubblicato uno studio sullo stato della ricerca americana. Nella sezione sui cosiddetti "prodotti della ricerca" definisce come tali le pubblicazioni su riviste peer reviewed, essendo queste l’unico parametro con cui il contribuente americano è in grado di valutare come vengono utilizzati i suoi soldi. Pertanto, utilizzando i database disponibili (per ora) sulle pubblicazioni nel settore Science e Engineering, gli analizzatori hanno stilato una tabella sul numero di pubblicazioni prodotte dagli USA e dagli altri paesi. Ovviamente gli USA sono di gran lunga al primo posto, seguiti dalla (udite !!) Cina (balzata dal 15 posto al 2), segno che la Cina investe in R&D. L’Italia è 7, con i pochi soldi, in linea con i G8. Siamo allora così male ???

  2. loremaf

    Dei tagli si è già scritto tanto, meno delle propsettive di qualificazione e di valorizzazione del merito. "Il cuore della sua ‘riforma delle riforme’, un progetto contenuto in un disegno di legge pronto per l’autunno che rivoluzionerà la scuola. Il criterio? Meritocratico: solo i migliori insegnanti (giudicati da apposite commissioni) vedranno ritoccata la propria retribuzione". Mariastella Gelmini. Intanto, dal presidente Formigoni arrivano bordate all’attuale sistema scolastico, nazionale e unitario. Per la scuola, in Lombardia, si pensa a un "albo regionale" e a "docenti reclutati direttamente dagli istituti" che avranno la possibilità di vedere anche "aumenti di stipendio: chi fa di più potrà avere fino al 33 per cento in più, come per i dirigenti della Regione". Come si intende proseguire? Come per la nomina dei dirigenti delle ASL lombarde dove per merito si intende l’appartenenza o la vicinanza ai soliti noti ?

  3. pasquale andreozzi

    Molti pensano che ogni progetto di riforma debba fare i conti con la questione insegnanti: non è una novità, anche di recente a Roma (seminario Treelle+ Fondazione per la scuola) ma è vera, non è una leggenda, senza gli insegnanti ogni sogno di riforma si infrange. Invece il Governo ha ridotto gli indirizzi (solo per stare al grosso dei provvedimenti) ma non non ha riformato l’insegnamento e chissà quando e se avverrà. In Italia la questione insegnanti vede aperte tre fondamentali questioni che non possono essere ignorate in un serio progetto di riforma: la formazione iniziale, l’aggiornamento professionale e la questione precari. Su ognuno di questi pilastri siamo oramai di fronte al caos non solo di voci, ma anche normativo. Riguardo all’ultimo punto specialmente, i precari, indipendentemente dal valore personale di questi insegnanti. Più della metà dei nostri insegnanti non ha mai superato un concorso e si è abilitata dopo l’ingresso in aula, buffo, no? quando sento parlare di formazione e merito vedo già lo spettro di un’altra sanatoria, perciò, per favore e senza ironie, qualcuno ha un piano che non sia pedagogista, né efficientista, ma concretamente amministrativo?

  4. Giovanni Russo

    L’articolo sinteticamente documenta la reale situazione dell’istruzione in Italia. Riguardo la scuola, concordo con il problema del numero crescente degli insegnanti di sostegno che falsa il rapporto docenti-alunni per classe; dato falsato che viene usato dal ministro per affermare che il rapporto è il più basso nei paesi UE. Altro problema è la valutazione con il pasticcio sulla certificazione delle competenze; pasticcio dovuto a norme contraddittorie e a certificazioni da esprimere in decimi. La cosiddetta meritocrazia nelle valutazioni, sbandierata dal ministro, è solo di facciata in quanto gli alunni vengono giudicati con decisioni deliberate a maggioranza dal consiglio di classe; la norma della decisione a maggioranza esisteva già; adesso c’è l’aggravante che sulla scheda di valutazione, per gli alunni promossi a maggioranza, i voti negativi debbono essere trasformati in sufficienze.

  5. Alessandro Figà Talamanca

    La prevedibilissima (e meritata) promozione a professore associato di almeno 15.000 ricercatori, che seguirà la abolizione del ruolo dei ricercatori assorbirà almeno la metà delle risorse che si libereranno nei prossimi cinque anni per effetto dei pensionamenti. E’ una spesa sostenibile solo se non ci sarà una diminuzione delle risorse. Altrimenti il DDL Gelmini avrà un effetto devastante: sospensione della didattica da parte dei ricercatori "abilitati", blocco delle assunzioni dei ricercatori a tempo determinato, ecc. ecc. Eppure governo e parlamento vanno avanti con l’ipocrisia di una riforma "a costo zero". Costerebbe molto meno l’istituzione della "terza fascia", ancor meno rinviare il problema al 2015, secondo la strategia del rinvio, già adottata nel passato.

  6. Damiano Spezza

    Sono un professore universitario italiano ed insegno da alcuni anni nella facoltà di Lingue dell’Università di Gabes, in Tunisia. Anche mia moglie, tunisina, insegna nella stessa facoltà, ma sia io che lei vorremmo tentare di rientrare in Italia per insegnare, o comunque per continuare a lavorare, perchè attendiamo la nascita di un bambino, e in ciò speriamo che l’Italia offra maggiori garanzie democratiche e civili del paese che attualmente ci ospita. Qualunque liceo che offrisse una cattedra, da Agrigento a Bolzano, sarebbe un’ottima soluzione. Nonostante siamo ancora giovani e disposti a tutto, in molti ci hanno consigliato di restare in Tunisia, e dato che manchiamo da qualche tempo dall’Italia, vi chiedo: è davvero così impossibile cercare di insegnare in un liceo nel nostro paese? E se sì, perché? Grazie.

  7. loremaf

    Questa deputata con l’incarico di ministro che dovrebbe occupersi di scuola e università non la smette di rendere sempre più superflua la scuola pubblica. Oggi ha annunciato, di concordare con la proposta di iniziare la scuola il primo ottobre, anche se non si raggiungono i 200 giorni di lezione, livello minimo a livello europeo dell’anno scolastico. Meraviglioso! Dopo i tagli ai finanziamenti si tagliano anche i giorni di lezione. Mirabile! Gli altri Paesi europei investono nell’istruzione, si preoccupano dei livelli di apprendimento dei loro ragazzi, la nostra si preoccupa di allungare il periodo delle ferie. Nel prossimo rimpasto le potranno affidare il dicastero di sport, spettacolo e turismo, in condivisione con la Brambilla, due vice-ministro per un unico dicastero, così possono giocare con le stesse figurine.

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