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IL TEMPO DELLE RELAZIONI PERICOLOSE TRA POLITICI E IMPRESE

Gli appalti pubblici sono vulnerabili alla corruzione. Ma come si sviluppano quelle relazioni preferenziali tra politici e imprese che possono esserne l’anticamera? Nelle amministrazioni locali un fattore decisivo è il numero dei mandati ricoperti da un sindaco. Se viene rieletto per una seconda volta si verifica una sistematica riduzione nel numero di partecipanti alle aste, a cui corrisponde un maggior costo per la realizzazione dell’opera e un maggior aggravio per le finanze pubbliche.

L’intreccio tra appalti pubblici e corruzione, descritto nelle cronache nazionali degli ultimi mesi, ha riacceso il dibattito sulla vulnerabilità di questi contratti nel nostro paese. È emerso uno scambio di favori monetari, e non, tra committenti (politici e amministratori) e imprese. Già in passato, diversi studi avevano messo in luce la diffusa commistione pubblico-privato nel settore degli appalti. (1) Poco, però, si è detto sul modo in cui si sviluppano le relazioni preferenziali fra politica e imprese che favoriscono gli scambi di favori. (2)

SINDACI E APPALTI
 
In una recente ricerca abbiamo raccolto dati e informazioni relativi alla carriera politica dei sindaci italiani eletti nel periodo 1985 al 2008 e gli appalti realizzati nei loro comuni tra il 2000 e il 2005. (3)
L’aspetto innovativo che emerge dall’analisi è il tempo e il modo in cui si realizza tale rapporto.
Il numero dei mandati ricoperti dai sindaci ha una relazione diretta sul funzionamento e i risultati delle aste pubbliche da loro gestite.
Quando il sindaco viene rieletto per un secondo mandato, si verifica una sistematica riduzione nel numero di partecipanti alle aste, a cui corrisponde un maggior costo per la realizzazione dell’opera e un maggior aggravio per le finanze pubbliche. In tal modo, non solo si deteriora il livello della competizione, ma anche la sua stessa natura. Aumenta infatti la probabilità sia che i vincitori siano imprese locali sia che gli appalti siano vinti dalle stesse imprese. La figura 1 sintetizza questi risultati.

EVIDENZA EMPIRICA
 
L’analisi ha preso spunto dalla riforma dei comuni del 1993 che ha consentito ai sindaci eletti prima dell’entrata in vigore della legge di allungare sistematicamente il numero dei mandati. La circostanza ha consentito di costruire un modello empirico che prende in considerazione la possibilità che un sindaco rieletto più volte sia più soggetto alle relazioni preferenziali (e viceversa).
Le nostre stime evidenziano che nel comune in cui il sindaco sia stato al potere per un ulteriore mandato, il numero dei partecipanti alla gara si riduce del 23 per cento; mentre il ribasso di aggiudicazione è inferiore del 13 per cento. Negli stessi comuni in cui il sindaco rimane in carica per un ulteriore mandato si verifica un aumento del 3,2 per cento della probabilità che l’impresa vincitrice sia locale e un aumento del 25 per cento della probabilità che la stessa impresa vinca con maggiore frequenza gli appalti.
Il ribasso di aggiudicazione della gara, espresso come deviazione dalla base d’asta, consente di calcolare l’aumento sistematico del costo di un lavoro pubblico. Secondo i nostri calcoli, un extra-mandato di un sindaco causa un aumento di 8mila euro nel costo di un appalto dal valore medio di 546mila. Se si considera che dai dati emerge che il numero degli appalti banditi per ogni mandato è in media di dodici, l’effetto economico dell’aumento può essere paragonabile, per quella comunità, alla realizzazione di un’ulteriore opera pubblica del valore di circa 100mila euro. (4) 
 
IL DIBATTITO POLITICO
 
Va precisato che questi numeri non sono per lo più una prova della scambio di favori tra sindaci e imprese locali. Tuttavia, la ricerca mette in luce l’intreccio e la debolezza degli appalti pubblici a causa delle possibili prolungate relazioni fra sindaci e imprese locali.
I nostri risultati sono compatibili con lo studio a livello macroeconomico per altri paesi, in cui viene ben evidenziato che la corruzione di una nazione è correlata alla lunghezza della permanenza in carica dei politici. (5)
Nel caso delle amministrazioni locali italiane, si sostiene spesso che il limite dei due mandati riduce la capacità di realizzare programmi e opere di medio-lungo periodo, che spesso maturano i loro benefici solo dopo diversi anni. Tuttavia, l’analisi sulla durata della carica dei sindaci, dettata da regole non manipolabili, pende in esame gli effetti positivi che derivano dalla riduzione della collusione tra politici e imprese locali; rende anche evidente il beneficio conseguito con il ricambio dei rappresentanti politici grazie alla rottura degli eventuali network che deteriorano la spesa pubblica e i vantaggi del prevalere della concorrenza anche in questo settore.
 
 
(1) Si vedano Goldman, E., Rocholl, J., e J. So, 2009. Political Connections and the Allocation of Procurement Contracts , mimeo. E Hyytinen, A., Lundberg, S., e O. Toivanen, 2007. Politics and Procurement: Evidence from Cleaning Contracts, mimeo.
(2) Gli appalti pubblici costituiscono una porzione considerevole del Pil di quasi tutte le economie industrializzate (14 per cento del Pil nei paesi Ocse, 12 per cento in Italia nel 2002 secondoAudet, D., 2002, “Government Procurement: A Synthesis Report” , Oecd Journal on Budgeting, 2, 149-194). E rappresentano lo strumento principale per l’approvvigionamento o la realizzazione di beni e servizi pubblici per le pubbliche amministrazioni.
(3) Coviello, D. e S. Gagliarducci, 2010, “Building Political Collusion: Evidence from Procurement Auctions in Italy”, mimeo.
(4) Nell’interpretare questi effetti è utile mettere in evidenza che i dati a disposizione non permettono di calcolare il costo totale finale del lavoro pubblico. Le schede di rilevazione dati collezionate dalla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), gentilmente messi a nostra disposizione, sono riempite solo parzialmente dalle amministrazioni locali e incomplete sulle varianti in corso d’opera. Queste variazioni dal prezzo pattuito in fase post-gara generalmente aumentano il prezzo pagato dalla pubblica amministrazione.
 (5) Besley, T., and A. Prat, 2006. Handcuffs for the Grabbing Hand? The Role of the Media in Political Accountability. American Economic Review, 96, 720-736.
 

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UN COMMENTO DI BRUNO JAFORTE ALL’ARTICOLO DI BERIA E RAMELLA – LA REPLICA DEGLI AUTORI

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IL DIBATTITO POLITICO IN TV

13 commenti

  1. Dario Zorgniotti

    Sarebbe interessante realizzare un analoga ricerca che prendesse in considerazione le relazioni tra professionisti e governo locale e/o regionale.

  2. Paolo Rocca

    Condivido la limitazione del numero dei mandati, per tutte le cariche e non solo per i Sindaci. Però: 1. Siamo sicuri che l’obiettivo nel realizzare opere pubbliche sia solo quello di spendere il meno possibile? E’ possibile ragionare in termini di qualità/prezzo e non solo di esborso? Siamo sicuri che il massimo ribasso garantisca il miglior risultato? 2. Quando c’è continuità politica, forse il cambio del sindaco non spezza completamente il network (vizioso) con le imprese locali. Fra l’altro, in una logica economica, l’impresa locale dovrebbe costare di meno, a parità di altre condizioni, e sempre tenendo conto dei problemi di scala. Ma forse in qualche Sindaco (non delinquente) c’è la preoccupazione che la spesa pubblica crei reddito a livello locale, cosa che in sé forse non è del tutto negativa.

  3. Massimo Lanfranco

    Articolo molto interessante anche perché ci sono pochissimi esempi di ricerche corredate da dati statisticamente significativi. Una domanda: com’è possibile trovare una correlazione tra politica e appalti, dato che tutta la procedura di appalto è sottratta ai politici ed affidata ai dirigenti/funzionari? Una possibile risposta potrebbe essere il fatto che con il secondo mandato i sindaci promuovono burocrati che durante il primo si sono dimostrati “asserviti” o ne nominano nuovi già “collaudati”. Cosa ne pensate? Avete dati in tal senso?

  4. alessio fionda

    Non ho ancora letto il paper che avete allegato al vostro contributo però da conoscitore, seppur inesperto, di procedure di appalto viene spontaneo chiedermi come si lega la vostra correlazione tra sindaco e riduzione dei partecipanti alle gare di appalto e riduzione dei ribassi d’asta con la correlazione tra dirigenti dei settori che promuovono le gare e riduzione dei partecipanti e dei ribassi d’asta. in sostanza, il legame tra organi politici durevoli e appaltatori è maggiore che il legame tra organi amministrativi durevoli e appaltatori?

  5. matteo Cagnacci

    Da amministratore al primo mandato, ipotizzo che nel secondo mandato il Sindaco è o quanto meno dovrebbe essere, più conscio delle vicessitudini a cui sarà destinata l’appaltanda opera. Quindi cerca che la stessa vada a compimento nel più breve tempo e con il minore dispendio di energie degli uffici. Forse, data l’urgenza e l’ineleggibilità, lo stesso è meno propenso al risparmio e quindi preferisce affidarsi a ditte già testate in passato. E’ bene precisare però che chi è avvezzo a deliquere lo fa sempre e comunque e non solo al secondo mandato.

  6. Eugenio Batistoni

    Tecnicamente il Sindaco o l’assessore non dovrebbero conoscere niente della gara: gli unici soggetti in possesso di tutti i dati sono i tecnici dell’ufficio (responsabile del procedimento e collaboratori) e i professionisti eventualmente incaricati della progettazione.

  7. mirco

    Credo che la soluzione sia il ritorno di organi di controllo sulle determinazionie sulle delibere degli enti locali. Non penserei al ritorno dei vecchi CO.RE.CO, ma a una articolazione snella di organismi regionali dipendenti dalla Corte dei conti sulle deliberazioni di spesa.

  8. mdamore

    Potete controllare per il fatto che il consiglio comunale ha una ben definita connessione politica (magari combinando il vostro dataset con quello di Cingano&Pinotti)? Probabilmente l’esistenza di una connessione ben definita puo’ insidiare la robustezza del vostro effetto di political longevity sulle procedure d’asta..

  9. dvd

    Ottima la osservazione anche se imporre un solo mandato per la carica di sindaco potrebbe volere dire impedire a un ottimo amministratore di continuare il lavoro magari ben fatto solo sulla base di supposizioni teoriche. Credo che alla base ci sia la metodologia della gara che per me non funziona. Da incompetente credo che il meccanismo d’asta sia del tipo vince chi per la stessa opera si fa pagare meno degli altri. A consuntivo poi è solo e spesso apparente e il più delle volte ci sono infiltrazioni mafiose lungaggini perchè ditte fallite ecc…ecc…! A me viene da dire: ci si stupisce di questo!? Ma una società sana (non fallimetare e non mafiosa che ha altri criteri prioritari che il profitto) perchè mai dovrebbe portare a casa del lavoro non redditizio (già sulla carta). Le imprese serie non sono a buonmercato ma danno il servizio o il bene a regola d’arte e nei tempi previsti e soprattutto tengono lontano le mafie e la generale illegalità sia nelle imprese che nella amministrazione locale e statale in genere e il risparmi è poi un dato che non si può mai verificare ex ante ma solo e sempre ex post!

  10. raffaele principe

    Le analisi riportate sono una ulteriore dimostrazione dell’evidenza empirica che due mandati del sindaco sono più che giusti, anzi bisognerebbe allargarli a tutta la giunta quantomeno. Per osservazione diretta ho rilevato che al primo mandato il sindaco è più "debole" perchè non controlla completamente sia la giunta che la maggioranza consiliare. Nel secondo mandato il sindaco, oltre a conoscere meglio la macchina burocratica-amministrativa, determina in larga parte la giunta e il consiglio. Purtroppo la riforma del ’93 oltre a garantire la stabilità, giusta, ha dato troppi poteri al sindaco e sopratutto ha sottratto poteri di controllo al consiglio ed eliminato il CO.RE.CO che, per quanto discutibile, era comunque un argine e un controllo formale dell’attività amministrativa. Sarebbe opportuno eleggere separatamente sindaco e consiglio, importando il modello siciliano, con possibilità di sfiducia al sindaco e ritorno alle urna. Chiarire meglio i poteri di controllo del consiglio, magari aggiungendo un controllo a livello provinciale. Tenendo presente che la burocrazia è subordinata al potere politico questo, anche con l’esperienza del secondo mandato, può determinarne le decisioni.

  11. BOLLI PASQUALE

    Il vero dramma del nostro Paese è l’arretramento della società civile e l’avanzata della Politica. La società civile ha la grave colpa di aver lasciato libero campo alla politica che, allo stato, scorazza liberamente con lo stesso concetto dei sistemi criminali. Tutti i settori economici e non, sono nelle sue mani: Stato, aziende economiche pubbliche, enti territoriali, aziende sanitarie, organanismi di controllo e organi d’informazione. Il suo controllo è totale e devastante. Il nostro paese è stato occupato da una piovra soffocante che non lascia respirare nemmeno l’aria. Se tanto non bastasse, chi ci governa si fa corrompere e corrompe invadendo anche l’economia privata. Non c’è più freno! I nostri governanti sono più uomini di palcoscenico che di Stato. Sono più attori che uomini veri; più parolai asserviti che uomini dignitosi. Come finirà questa situazione? Il popolo ritornerà a essere sovrano del suo destino? Sicuramente si, è questione di tempo! Ma la Politica per la sua sopravvivenza deve fare molti passi indietro e rientrare nella sua normalità cioè nel suo corretto e onesto ruolo sociale a tutela degli interessi non propri ma della comunità che rappresenta.

    • La redazione

      Un lettore sottolinea che il sindaco è almeno tecnicamente escluso dal procedimento d’appalto. Tuttavia, nei comuni sopra i 3.000 abitanti è il sindaco stesso che nomina il responsabile del procedimento tra i componenti dell’ufficio tecnico (vedi commento del lettore Angelo Carbone: art.7, comma 1 del DPR 554/1999), mentre nei comuni sotto i 3.000 abitanti il responsabile del procedimento è sempre il responsabile dell’ufficio tecnico. Non a caso, nei dati troviamo che il responsabile del procedimento viene sostituito nell’88% dei casi in cui c’è un cambio del sindaco, contro il 33% nel caso in cui lo stesso sindaco sia rieletto. Quindi, pur se formalmente estraneo, il sindaco ha il potere sostanziale di influenzare l’andamento delle gare.
      Alcuni lettori argomentano che il limite al numero dei mandati toglie la possibilità di rieleggere i buoni amministratori. Aggiungiamo che il limite dei due mandati potrebbe indurre i sindaci a non implementare politiche di lungo periodo di cui sopporterebbero solo i costi di breve periodo (ad esempio, la costruzione di una metropolitana). Siamo chiaramente in presenza di un trade-off, di cui il nostro lavoro sottolinea un particolare aspetto.

  12. Angelo CArbone

    Sono poco chiari (e ciò favoriscono i furbi), inoltre bisogna rendere il sistema di aggiudicazione dell’appalto indipendente dal Sindaco (che nomina i dirigenti che presiedono poi la commissione), ma ad esempio istituire presso la provincia (se non la si vuole eliminare usiamola) la commissione unica di aggiudicamento appalti (perlomeno quelli non a trattativa privata) con un pubblico ufficiale come presidente della commissione, quale un magistrato della corte dei conti. Sarebbe, inoltre, da valutare se la provincia che deve decidere sugli appalti fosse diversa da quella in cui si svolgeranno i lavori. Inoltre, aumentare le penali (non lo 0,3-1 per mille per ogni giorno di ritardo) e vietare le cd varianti in corso d’opera e stabilire l’obbligo che il direttore dei lavori deve essere un funzionario della pubblica amministrazione (nominato dalla provincia che decide sull’appalto). In pratica, il sindaco deve decidere solo cosa fare e basta, non potendo in alcun modo intervenire sulla scelta dell’impresa.

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