L’articolo segnala che “negli ultimi anni anche molte città di piccola e media dimensione hanno voluto imitare le grandi aree urbane progettando linee metropolitane di dubbia utilità. Ultima la dichiarazione del sindaco di Aosta (35 mila abitanti) che vede con favore l’idea di una metropolitana”.
Inoltre si osserva che, mentre nelle grandi città e nelle estese conurbazioni le reti di linee di metropolitana costruite nel tempo assorbono una consistente aliquota della mobilità generale, nelle recenti realizzazioni il loro uso è una modesta frazione della capacità disponibile.
A conferma di ciò si cita l’esempio di Torino dove l’unica linea attivata da due anni avrebbe trasportato circa 90 mila passeggeri al giorno, contribuendo a ridurre il traffico privato complessivo di poco più dell’1 %. Analogo risultato sarebbe stato conseguito a Tolosa, con la linea dello stesso tipo di quella di Torino, entrata in servizio nel 1993.
Invero il dato di traffico registrato è da ritenere soddisfacente, specialmente dopo soli due anni di esercizio, e conferma la correttezza della scelta effettuata; d’altro canto è ovvio che una singola linea non può dare più di quanto consente la sua “zona di influenza”.
Gli incomparabili vantaggi del servizio offerto dal sistema di trasporto metropolitano rispetto a quello dei sistemi di trasporto di superficie in termini di velocità, di frequenza e di puntualità (per citare soltanto i requisiti più richiesti), induce in molti casi i potenziali utenti a servirsi della metropolitana anche se la distanza della stazione è maggiore di quella usualmente accettata, ma sempre entro certi limiti.
Ben più attraente e gradita è la possibilità di passare da una linea ad un’altra di un sistema esteso e articolato; senza alcun dubbio quello che viene definito “effetto rete” diversifica e moltiplica le possibilità di scelta di itinerari e quindi il contributo alla mobilità generale risulta tanto maggiore quanto migliore sia stata la scelta progettuale della rete.
Ma gli autori hanno trascurato di prendere in considerazione l’altra esigenza, più importante, che dovrebbe guidare nella scelta della tipologia dell’infrastruttura e nello sviluppo del relativo progetto: il contenimento del costo di gestione.
Infatti è ben noto che la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale (TPL) risulta particolarmente onerosa a causa della loro intrinseca incapacità di produrre reddito; da questa deriva la necessità delle amministrazioni locali di affidare la gestione stessa (teoricamente mediante appalti pubblici) con i “contratti di servizio”, strumento legalizzato per coprire almeno il deficit di esercizio delle aziende che effettuano il trasporto pubblico locale.
Nel 1983, a Lille, vennero attivate le prime linee di metropolitana leggera automatica (MLA) realizzate al mondo e dopo pochi anni la amministrazione cittadina rese noto che la gestione di questo nuovo tipo di infrastruttura aveva cominciato a dare risultati di bilancio positivi, con la concreta speranza di progredire nella entità dell’utile.
Successivamente altre città hanno seguito l’esempio di Lille, e tra di esse Torino. Pertanto, in attesa che l’entrata in servizio di altre linee cominci a produrre l’effetto rete di cui si è fatto cenno prima, intanto sarebbe desiderabile avere notizie dettagliate ed attendibili sui risultati di gestione della linea già in funzione.
Se, nel tempo, si dimostrasse che la realizzazione di ben studiate reti di MLA consente di ottenere sostanziose economie di esercizio, o addirittura un utile, si dimostrerebbe altresì che esse sono l’unico sistema di trasporto idoneo ad attenuare i problemi della mobilità generale che sempre più affliggono le nostre città.
In particolare ne trarrebbero concreti benefici quelle con centri storici di rilevante interesse quali sono in pratica la maggior parte delle principali città italiane

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Una linea può essere un successo dal punto di vista ingegneristico o anche solo della risposta dell’utenza. Ma questo non significa che la collettività abbia necessariamente “guadagnato” da quell’investimento. Nel nostro articolo non giudichiamo se una linea si è “comportata bene”, cioè ha una buona utenza o meno. Il punto sul quale auspichiamo una riflessione è la opportunità di investire ingentissime risorse pubbliche in una (o mezza) metropolitana, piuttosto che in politiche più diffuse e leggere a beneficio di tutti. Le meravigliose performance della linea, purtroppo, saranno godute solo dai pochi (rispetto al totale dei torinesi) che si muovono su quel preciso percorso. In linea teorica (speriamo non sia il caso di Torino), una linea potrebbe addirittura tradursi in uno svantaggio per la città, se quell’investimento, in tempi magri, toglie risorse al resto del trasporto pubblico.
Sull’effetto rete da lei ricordato non possiamo aggiungere molto: è ovvio che più la rete si estende, più vi sono connessioni e più aumenta l’utenza complessiva. Ma rimane, come sempre, lo scoglio delle risorse: a cosa dobbiamo rinunciare per avere quella rete? Agli autobus? Agli ospedali? O dobbiamo aumentare le tasse per tutti?
Infine, il tema dei risparmi. Lei dice che “Se, […], si dimostrasse che la realizzazione di ben studiate reti di MLA consente di ottenere sostanziose economie di esercizio, o addirittura un utile, si dimostrerebbe […]”. Ecco, qui sta il punto: la dimostrazione da lei richiesta noi non ce l’abbiamo (ma abbiamo molti, molti, dubbi guardando a tutte le città del mondo…). La potrebbero fornire solamente i bilanci dell’azienda, corredati da una trasparente analisi indipendente (ex-post in questo caso) dei costi (tutti, anche l’investimento) e dei benefici.

Paolo Beria e Francesco Ramella

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