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QUANTI RISCHI NELLE TAPPE INTERMEDIE

Come nei viaggi aerei, anche nella finanza i rischi aumentano con il numero di tappe intermedie previste, ovvero i livelli contrattuali che si frappongono fra un titolo e l’attività economica che ne è alla base. Al rating di uno strumento finanziario dovrebbe perciò affiancarsi un indice di vulnerabilità sistemica. Perché, come ci ha insegnato la recente crisi, le tempeste finanziarie possono diventare molto velocemente sistemiche. E i risparmiatori devono sapere se hanno scelto un “mezzo di investimento” pericoloso in caso di turbolenze.

L’aviazione civile è molto sicura. Secondo le cifre dell’Associazione internazionale del trasporto aereo, Iata, la probabilità di morte in incidente aereo nel 2008 era 1 su 7,7 milioni di passeggeri/voli. Questo rende i viaggi in aereo circa 120 volte meno pericolosi di quelli in automobile negli Stati Uniti, anche se le cifre non sono facilmente comparabili.

PIÙ FERMATE, PIÙ RISCHI

Immaginiamo che il fattore tempo o altri disguidi tipici degli aeroporti non costituiscano un problema per voi, ma che vi preoccupiate solo della vostra sopravvivenza e che dobbiate andare da New York a Los Angeles. Se volate non stop, avrete 1 probabilità su 7,7 milioni di morire. Se fate tappa a Chicago, correte due volte lo stesso rischio, poiché ciò che conta sono i cicli di decollo e atterraggio. Questo significa che la vostra probabilità di morire è 1 su 3,8 milioni. Se fate sei tappe intermedie nel tragitto, le probabilità di morire arrivano a 1 su 1,1 milioni, il che è comunque un’opzione più sicura della macchina e in ogni caso avete meno probabilità di morire che di essere colpiti da un fulmine.
La ragione per cui nessuno pensa che le tappe intermedie siano un fattore di rischio è che volare è estremamente sicuro. Se ciascun volo comportasse 1 probabilità su 25 di morire, allora un tragitto di sei tappe farebbe lievitare fino a 1 su 4 le probabilità di incidente mortale prima di arrivare all’aeroporto di Los Angeles. A questo punto, gran parte delle persone ci penserebbe bene prima di salire su un aereo.

DAGLI AEREI ALLA FINANZA

Alla fin fine, i titoli finanziari non sono nient’altro che crediti su una combinazione di attività economiche che ne sono alla base. Esattamente come i voli, i crediti possono essere non stop (crediti diretti), o possono comportare (a volte molte) tappe intermedie (crediti indiretti). Questo aspetto è ovvio, ma la sua importanza – secondo noi – è stata di recente seriamente sottovalutata.
Immaginiamo che vogliate acquistare dei bund, i titoli pubblici tedeschi. Ci sono due modi per farlo: il primo è chiedere alla propria banca di comprarli a vostro nome, laddove la banca funge da semplice custode dei titoli. Il secondo è far acquistare i bund alla banca a proprio nome con un contratto “a specchio” dietro il quale ci siete voi. Il primo caso corrisponde a un volo diretto, il secondo prevede una tappa intermedia. Se ciascuna tappa del volo è realmente sicura, perché preoccuparsi della differenza?
Ora supponiamo che la data in cui tutto questo avviene sia il 15 settembre 2008. Lehman è stata appena messa al muro: è l’equivalente finanziario di una tempesta disastrosa che sta colpendo progressivamente tutti gli aeroporti statunitensi e sta velocemente bloccando l’intero pianeta. I voli sono diventati pericolosissimi e improvvisamente il contratto “a specchio” appare molto diverso dal volo diretto. Nel secondo caso, la questione è fra voi e il ministro Michael Glos. Nel primo caso, perché il pezzo di carta che avete in mano valga veramente qualcosa, la banca deve essere solvente tanto quanto il governo tedesco.
Contare il numero di tappe intermedie o di “livelli contrattuali” che sono fra un titolo e l’attività economica che ne è alla base, nella maggior parte dei casi, è una questione relativamente semplice. Riteniamo che un indice di questo tipo – un semplice numero che conti le fermate intermedie – sia un’indicazione ragionevole della vulnerabilità sistemica di uno strumento finanziario. Un alto indice di vulnerabilità sistemica (Ivs) significa che, durante una tempesta sistemica, la sicurezza può non funzionare come dovrebbe, o può non funzionare affatto fino a che le procedure fallimentari non siano state avviate. Quando il tempo è buono, quello che conta non è l’Ivs di un titolo, ma il suo rating o altre misure standard. La scala di valutazione letterale di un titolo è, si spera, già la valutazione dell’anello più debole della catena, il volo più pericoloso.
L’attuale vocabolario finanziario non contempla termini come l’Ivs che descrivano gli “elementi di tenuta allo stress” degli strumenti finanziari, il che per molti aspetti è un problema.

SISTEMI DI VALUTAZIONE

Le autorità preposte alla regolamentazione (Basilea II ne è un buon esempio) spesso invocano un sistema di valutazione letterale standard per determinare se e in che modo i vari strumenti finanziari rispettino, o contribuiscano a rispettare, i requisiti patrimoniali. Ma i requisiti patrimoniali sono stati fissati proprio per garantire la stabilità delle istituzioni finanziarie in tempi difficili. Non è certo una novità, ma gli ultimi avvenimenti ci hanno ricordato seriamente che le tempeste finanziarie possono diventare sistemiche, e anche molto velocemente. Allora, perché un titolo valutato come AAA con un Ivs di 1 deve essere trattato dalla normativa sui requisiti patrimoniali allo stesso modo di un titolo AAA con un Ivs di 5, cosa che per quanto ci risulta non è affatto rara?
Se c’è qualcosa che interessa alle autorità di regolamentazione, questa deve interessare anche agli investitori. Se le normative rappresentassero tutele perfette, gli investitori potrebbero semplicemente ignorare il rischio sistemico. Ma il 15 settembre 2008 è una data che torna nuovamente alla memoria. Chiaramente, l’Ivs di un titolo non è la misura della sua volatilità e questo non è il motivo per cui gli investitori se ne dovrebbero interessare. Un bund con due contratti “a specchio” invece di uno ha un Ivs di 2. Un’opzione composta “call on call” su uno stock volatile ha, nel migliore dei casi, un Ivs di 2 (in realtà l’Ivs è 1 se la call e la call on call sono ascrivibili allo stesso agente finanziario). I bund non sono mai stati e non saranno mai così volatili.
Che succede se il livello di un titolo è composto da tanti “elementi diversificati”, come nel caso di mortgage-backed securities, titoli garantiti da prestiti ipotecari? Se tutti gli elementi sono sufficientemente piccoli (si può ipotizzare una percentuale massima sul valore globale, forse del 5 per cento?) e non sono fortemente correlati (sono presenti i requisiti statistici perché avvenga una vera diversificazione), allora l’Ivs dell’intero livello ammonterebbe a 1. Se poi i titoli garantiti da prestiti ipotecari venissero messi in comune con altri, ad esempio in una Cdo (Collateralized Debt Obligation), l’Ivs aumenterebbe ulteriormente.
Fino a poco tempo fa, le Poste italiane vendevano al pubblico obbligazioni strutturate che contenevano una considerevole esposizione ai bond di Merril Lynch. Sorprende che gli indici Ivs non siano già disponibili. Forse i settantanove anni di relativa calma sistemica fra il 1929 e il 2008 ci spiegano il perché. Pensiamo che sia il momento giusto per avere un modo per comunicare anche alle nonne che i risparmi di una vita, tenuti alle Poste, possono svanire nel nulla. Forse, se fosse stato già disponibile, non avrebbero scelto l’aereo come mezzo di trasporto.

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DIFFICOLTÀ E RISCHI SULLA STRADA DEL FONDO MONETARIO EUROPEO

  1. Massimo GIANNINI

    Il paragone con i viaggi aerei non é troppo calzante anche se rende l’idea dei rischi dell’intermediazione finanziaria. Il fatto é che securitization e innovazione finanziaria si basano su una buona dose di asimmetrie informative che se eliminate non renderebbero possibile le operazioni e strumenti finanziari sottostanti. In pratica, quello che si é venuto a creare é un mercato finanziario dei "lemons" dove i prezzi si scollano facilmente dai rischi (io lo chiamo lemon banking) ed é facile che ai risparmiatori vengano negate le informazioni necessarie per non incorrere troppi rischi.

  2. Federico De Vita

    Il banale errore concettuale all’inizio dell’articolo (le probabilità non si sommano, altrimenti si avrebbe la certezza di morire al 7,7m-esimo viaggio… la formula corretta non e’ molto complicata) non cambia il valore dell’idea di fondo. Tuttavia, un IVS può risultare completamente irrilevante. Penso proprio a chi usava Lehman come banca depositaria nel settembre 2008: tutti i titoli custoditi sono stati prestati ad altri desk (il desk UK ha prestato a quello US e viceversa…) in modo da rendere gli strumenti inaccessibili agli investitori – nessuno legge mai lo smallprint e ad oggi chi aveva titoli depositati con Lehman non ha accesso ai medesimi. L’effetto è di rendere uguali strumenti con IVS = 1 e IVS = 2. Magari una variante del tipo “IVS nel caso peggiore” puo’ aver più senso. Oppure (e questa sarebbe un’ottima idea) si potrebbe creare una grammatica, come è stato fatto con successo nell’industria finanziaria per descrivere i complessi termini di liquidità dei fondi hedge (problema non dissimile).

    • La redazione

      Non abbiamo mai neppure pensato alla possibilità che le probabilità di morire potessero essere sommate (anche se per numeri piccoli l’ approssimazione che ne consegue non è particolarmente fuorviante). La formula corretta ovviamente è che le probabilita (considerate come numeri fra zero e uno) di sopravvivere vanno moltiplicate per ottenere la probabilità di sopravvivere all’intero viaggio. La probabilità di morire è il complemento a uno della probabilità di sopravvivere all’intero viaggio (questo è il modo in cui sono state calcolate tutte le probabilità presentate nell’ articolo). Un IVS piu alto indica una probabilità maggiore di morire durante il viaggio per via del numero maggiore di tappe intermedie.

       

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