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UNA TASSA CONTRO LA SOCIETÀ INGESSATA

Una delle poche riforme fiscali varate in Italia nell’ultimo decennio ha riguardato le imposte sulle successioni che sono state, in maniera bipartisan, sono state prima diminuite nel 1999-2000 e successivamente abolite nel 2001 dal governo Berlusconi. I dati della Banca d’Italia consentono di valutare l’impatto della riforma sulla propensione a lasciare immobili in eredità. La nuova norma ha aumentato significativamente i trasferimenti intergenerazionali consegnando un paese ancora più immobile e diseguale. Certamente non una buona notizia.

“Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n’erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all’opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev’essere. Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all’Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull’acqua, e delle tegole al sole”. L’Italia di oggi è molto diversa da quella di Giovanni Verga, ma la scarsa mobilità sociale, che lega le fortune del singolo a quelle della sua famiglia di origine, rimane un tratto distintivo.

UN PAESE INGESSATO

L’Italia è un paese ingessato a causa di innumerevoli barriere all’ingresso (nella scuola, nel mondo del lavoro, nei percorsi professionali) difficili da superare. Purtroppo, nonostante il mantra del merito sia ribadito dai governi di ogni colore, il legislatore, quando ha operato, lo ha fatto in direzione ostinata e contraria. Un esempio? Una delle poche riforme fiscali varate in Italia nell’ultimo decennio ha riguardato le imposte sulle successioni che sono state, in maniera bipartisan, prima diminuite dai governi D’Alema (legge 488/1999) e Amato (legge 342/2000) e successivamente abolite dal governo Berlusconi (legge 303/2001). (1)
L’abolizione delle imposte sulle successioni è stata propagandata dal governo Berlusconi nell’ambito delle misure per il rilancio dell’economia come una misura in grado di dare maggiore slancio all’accumulazione del capitale e alla crescita economica. Tale effetto però, se presente, si concretizzerà solo nel lungo periodo. (2) Nel breve molti invece temono un incremento della disuguaglianza e una minore mobilità sociale.
Per verificare se tali timori sono giustificati è possibile analizzare i trasferimenti intergenerazionali della ricchezza immobiliare in un campione rappresentativo della popolazione delle famiglie italiane basato sull’Indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia. Quella immobiliare rappresenta la quota maggioritaria della ricchezza delle famiglie italiane. Dal confronto internazionale emerge che il 74,4 per cento delle famiglie italiane con capofamiglia con oltre 50 anni è proprietario dell’abitazione di residenza, rispetto a valori compresi tra il 50 e il 60 per cento in Germania, Svizzera, Olanda. In Europa, solo Spagna e Grecia registrano una percentuale di proprietari più elevata che in Italia. (3)
A questo dato si accompagna un’altra caratteristica del patrimonio familiare, se possibile ancor più significativa: il rapporto tra ricchezza immobiliare e ricchezza totale è pari all’87 per cento.

L’IMPATTO DELL’ABOLIZIONE DELLE IMPOSTE SULLE SUCCESSIONI

I dati della Banca d’Italia permettono di valutare l’effetto dell’abolizione delle imposte sulle successioni sfruttando il differente impatto che le riforme degli anni 1999-2001 hanno avuto tra i “ricchi”, ovvero quelli per i quali le imposte sono state abolite solo nel 2001, e i “poveri”, cioè coloro che erano già esenti dall’imposta perché al di sotto della franchigia in vigore prima del 1999.
La figura riporta la percentuale di famiglie che riceve un immobile in dono o in eredità, distinta a secondo che i genitori siano “ricchi” (la curva che unisce i punti contrassegnati dalla lettera H) o “poveri” (la curva che unisce i punti contrassegnati dalla lettera L). Tra le famiglie con genitori ricchi la propensione ai trasferimenti intergenerazionali è più elevata, prima e dopo l’abolizione delle imposte di successione. Prima del 2000, la percentuale di famiglie ricche che lascia un’eredità è mediamente del 32 per cento, quella di famiglie povere del 26 per cento. Dopo la riforma, tra le prime la percentuale cresce fino al 40 per cento, tra le seconde fino al 31. La figura suggerisce quindi che il divario tra famiglie ricche e povere si è ampliato dopo la riforma.

 

Percentuale di famiglie che riceve un immobile in dono o in eredita,

per occupazione del donatore

Nel complesso, i dati suggeriscono che l’abolizione delle imposte di successione avvenuta in Italia tra il 1999 e il 2001 ha aumentato i trasferimenti intergenerazionali. L’evidenza indica che l’effetto dell’abolizione delle imposte di successione ha aumentato soprattutto la quota di donatori (di circa il 2 per cento), mentre l’effetto sulla ricchezza trasferita è meno forte (un aumento di circa 4 metri quadri trasferiti per le famiglie ricche relativamente a quelle povere). (4)
La valutazione degli effetti dell’abolizione delle imposte di successione fornisce due indicazioni. La propensione a trasferire immobili in eredità è aumentata per tutti, ma il divario tra le famiglie relativamente più ricche e il resto della popolazione si è ampliato significativamente. L’abolizione delle imposte di successione ci ha dunque consegnato un paese più diseguale, certamente non una buona notizia in una nazione già afflitta da immobilità diffusa. (5)

(1) L’articolo 8 della legge 488/1999 innova rispetto alla legge 140/1997 aumentando il livello di esenzione da 250 a 350 milioni di lire per le successioni aperte a decorrere dal 1° gennaio 2000 e fino al 31 dicembre 2000, e a 500 milioni di lire per le successioni aperte a decorrere dal 1° gennaio 2001. La legge 342/2000 individua la base imponibile nel valore della quota di eredità o del legato e rimodula le aliquote d’imposta secondo il grado di parentela dei beneficiari. Questi interventi legislativi comportarono l’eliminazione delle imposte di successione per la gran parte degli italiani. Due misure contribuirono a questo effetto: l’innalzamento del livello di esenzione fino a 500 milioni e l’individuazione della base imponibile nella quota di eredità anziché nell’asse ereditario. Ciò significa che un patrimonio di 750 mila euro (il 95 per cento delle famiglie italiane ha un patrimonio inferiore a quella cifra) diviso tra tre eredi era completamente esentato dalla tassazione con la legge 342/2000.
Le imposte di successione sono state reintrodotte per i grandissimi patrimoni alla fine del 2006 (legge 296/2006). La normativa prevede infatti una franchigia di 1 milione di euro a beneficiario, per il coniuge e i parenti in linea diretta, e di 100mila euro per i fratelli e le sorelle, mentre esclude dalla franchigia tutti gli altri soggetti.
(2) La letteratura sul tema non raggiunge conclusioni univoche. Si veda Kopczuk, Wojciech, (2009), “Economics of Estate Taxation: Review of Theory and Evidence,” Columbia University, mimeo, per una rassegna.
(3) Se si considera l’intera popolazione delle famiglie italiane la quota dei proprietari di abitazioni di residenza sale a 85 per cento.
(4) Per i dettagli dell’analisi vedi Tullio Jappelli, Mario Padula e Giovanni Pica, Estate taxation and intergenerational transfers, CSEF Working Paper n. 243, gennaio 2010.
(5) Vedi Immobilità diffusa, a cura di Daniele Checchi, in corso di pubblicazione presso il Mulino.

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25 commenti

  1. vittorio serito

    Mi risulterebbe che al di là della proclamata abolizione dell’imposta di successione, le imposte sui trasferimenti gratuiti (causa mortis o per donazione) siano rimaste pienamente operanti, con effetti di riduzione del carico fiscale assai ridotti rispetto alla previgente disciplina dell’imposta di successione (ante Tremonti/Visco). L’effetto che si vuole dimostrare conseguire all’abolizione dell’imposta di successione, mi sembra alquanto improbabile, temo vada adeguatamente soppesato l’effetto di altre variabili quale l’evoluzione del mercato immobiliare e l’evoluzine dei valori catastali. Viceversa, sono del tutto inesplorati gli effetti dei settori dove l’abolizione/forte attenuazione dell’imposta di successione ha realmente inciso, e cioè sulla ricchezza finanziaria e sulle società. Cordialmente Vittorio Serito

  2. hominibus

    Perché il patrimonio deve assumere rilevanza fiscale solo in caso di successione? Provate ad immaginare un patrimonio fiscalmente rilevante durante tutta la sua durata e avrete così chiarito due concetti: 1) Equità fiscale, sempre; 2) oggettivazione dell’imponibile fiscale. Il tutto non richiede grande impegno, ma solo correttezza amministrativa.

  3. raffaele perna

    In realtà, nella difesa delle imposte di sucessione non quadrano almeno due profili. Il primo teorico. L’imposta di successione è un’imposta patrimoniale e come tutte le patrimoniali è ingiusta perché colpisce beni costruiti attraverso il risparmio di redditi che a loro volta sono già stati tassati. Ma in tal modo si introduce un ingiusta discriminazione fra coloro che il reddito l’hanno tutto consumato e coloro che lo hanno in parte risparmiato. Come ammoniva Pascal Salin le imposte patrioniali sono uno dei pricncipali strumenti della tirannia fiscale. Il secondo argomento è assai più prosaico. Conti alla mano, anche prima della sua abolizione parziale, il gettito dell’imposta di successione era bassissimo. Delle due l’una o in Italia muoiono soltanto i poveri o (più credibilemente) i ricchi (quelli veri non quelli prorpietari della casa di abitazione) trovano modi molto più economici di trasferimento della ricchezza ai propri eredi. In realtà l’imposta di successione era nè più nè meno che l’ennesimo balzello sulla casa! E perciò non se ne sente alcuna nostalgia.

  4. Luigi Calabrone

    Troppo frequentemente, sul sito, le proposte di soluzione cominciano non dalla testa di ogni problema del paese, ma dalla coda, rispettando anche il leit motiv: "facciamo piangere i ricchi" ("ricchi in pedalò", s’intende), e trascurando la realtà. La percentuale di proprietari di abitazioni è abnorme rispetto ai paesi civili perché l’acquisto della casa (in alternativa a prenderla in affitto) è divenuto un obbligo per tutti per la sciagurata politica ultra quarantennale che ha considerato i locatori come delinquenti da reprimere e non come prestatori di un normale servizio. Così gli italiani, obtorto collo, sono divenuti un popolo di immobiliaristi, e anche il valore nominale delle abitazioni è molto cresciuto, pur di fronte a caratteristiche modeste (situazione urbanistica, materiali, coibentazione, ecc.). Storicamente, l’imposta di successione gravava, in pratica, solo sulle abitazioni piccole e medie (i veri ricchi trovavano i mezzi per eluderla) e il gettito dell’imposta era pressoché uguale ai costi di esazione. Gli unici soggetti che ne traevano beneficio erano i notai, i geometri, gli addetti al catasto e al fisco. Torniamo alla farsa precedente? Non ci è bastato?

  5. alberto sdralevich

    E’ verosimile che l’abolizione dell’imposta di successione aumenti le disuguaglianze, ma il grafico dimostra poco: in realtà molto probabilmente i genitori di famiglie "ricche" prima dell’abolizione lasciavano ai figli attività capaci di sfuggire al fisco piuttosto che immobili, o trasferivano gli immobili in vita in modo da evitare la tassa.

  6. Roberto.86

    Le manovre di politica economica di questo governo sembrano troppo spesso rispondere esclusivamente ad esigenze di tipo elettorale. Il termine "abolizione" di una imposta ha un impatto sugli elettori maggiore rispetto al semplice termine "diminuzione". Basti fare riferimento al caso dell’ICI , un imposta che nonostante presentasse tanti lati positivi (ad esempio perchè gestita dagli enti locali) è stata abolita. Il caso dell’imposta sulle successioni ne è un ulteriore esempio. I suoi aspetti positivi sono ampiamente illustrati nel vostro articolo. Mi preme aggiungere però che già il nostro costituente nel ’48 aveva previsto "[…] i diritti dello Stato sull’eredità" all’art. 42 ultimo comma Cost. Pertanto possono essere sollevati alcuni dubbi di incostituzionalità sulla abolizione dell’imposta sulle successioni.

  7. Jacopo Palermo

    Il tema della diseguaglianza derivante dall’abolizione della tassa di successione andrebbe coniugato con la possibilità per le giovani generazioni di costruire/acquistare una propria casa. E’ sacrosanto che la generazione dei genitori cerchi di accumulare per i figli nel tentativo di compensare le scarse opportunità che offre a questi ultimi la società moderna – è invece estremamente dannoso l’immobilismo di tante "tegole al sole". Oltre che di franchigie (appunto sacrosante) sufficientemente alte per essere coerenti con il mercato degli immobili e consentire i trasferimenti intergenerazionali che gesso non sono, bensì necessità, bisognerebbe porre il tema della entità e progressività dell’imposta per i grandi patrimoni oltre frachigia, altrimenti si ricade nel rischio di essere forti con i deboli e deboli con i forti.

  8. Adautto Giannini

    Che la mobilità sociale sia condizione essenziale per lo sviluppo dovrebbe essere patrimonio comune e la stessa necessità di "mobilizzare" i patrimoni ha numerose e varie testimonianze: dall’ebraico Giubileo, occasione in cui venivano rimessi i debiti, a Luigi Einuadi che sosteneva l’equità di una elevata e progressiva tassazione dei patrimoni ereditati per restituire alla società quanto eredi distratti o incapaci non erano in grado di far fruttare. Il nostro tempo però, pervaso dall’ideologia della cooptazione e del minimo rischio, sembra aver smarrito il senso del cambiamento impedendo agli individui di svilupparsi ed affermarsi.

  9. aris blasetti

    Tasse, tasse,ancora tasse, possibile che il vostro sito non sappia far altro che propugnare tasse, nuove, vecchie o rinnovate, salvo poi criticare il governo che non le diminuisce? La tassa di successione non c’è piu’ ma il sottoscritto ha dovuto comunque sborsare circa 3000 euro per l’intestazione di un modesto appartamentino lasciatogli in eredita’ dalla mamma recentemente deceduta. A me sembra di aver pagato fin troppo per un bene di famiglia. Meno male che la successione è parzialmente abolita altrimenti cosa dovevo pagare per rimanere in possesso di un bene di famiglia? Questo governo ha tanti difetti ma per lo meno non mette in piedi una manovrina ogni sei mesi come facevano i governi precedenti con una scusa qualsiasi. Persino un terremoto non ci e’ costato una manovrina come eufemisticamente venivano chiamati i ricorrenti aumenti di tasse etc. etc.

  10. AM

    E’ possibile che in Italia quando ci mancano argomentazioni per contrastare una tesi che non ci conviene o non ci piace ricorriamo all’immancabile accusa di incostituzionalità? Cacciamo via la pigrizia mentale e non rinunciamo a priori ad utilizzare l’intelligenza – e perchè no? – la fantasia per sostenere le nostre ragioni come hanno fatto, ad esempio, gli autori dell’articolo e lasciamo perdere gli strumenti degli azzeccagarbugli che, bloccando le riforme, hanno l’effetto di ingessare la nostra società.

  11. DM

    Va precisato che l’abolizione dell’imposta sulle successioni e donazioni fatta dal Governo con la legge del 2001, in realtà finiva con il premiare i titolari di ricchezza "mobiliare". La legge, infatti, pur abolendo tali imposte, non toccava altre imposte e, in particolare le imposte ipotecaria e catastale (aliquota complessiva del 3%). Con tale iniqua (a mio avviso), conseguenza: che chi moriva lasciando il 100% di una srl proprietaria di 10, 100, 1000 immobili nulla pagava (perchè in successione cadeva la quota e non gli immobili); chi moriva lasciando due o tre immobili pagava il 3% (salve le agevolazioni fiscali "prima casa", se applicabili, e che comunque comportavano un esborso di imposta che per i primi non c’era). Stesso discorso per le donazioni. E, guarda caso, subito dopo l’abolizione dell’imposta Berlusconi donò ai figli azioni per un ammontare di circa 1.000 miliardi senza nulla sborsare al fisco…

  12. giancarlo c

    La cosa è ancora più strana se si pensa che: 1) socialdemocratici e liberaldemocratici (la famigerata "sinistra riformista"…) dovrebbero avere come ragione sociale la redistribuzione del reddito dalle upper classes alle lower classes 2) tremonti scrisse nel suo famoso libro bianco del 1994 che bisognava progressivamente passare da una tassazione "sulle persone" a una tassazione "sulle cose".

  13. andrea stroscio

    L’articolo centra un punto importante: la diseguaglianza e l’ingiustizia nascono spesso sotto al tetto di casa di ogni famiglia. Occorre superare l’idea profondamente immorale che i beni accumulati dai genitori spettino ai loro figli. io vivo da solo in una casa in affitto che si mangia buona parte del mio stipendio. Non vedo alcuna ragione morale perché a un’altra persona in tutto e per tutto simile a me dovrebbe spettare una casa di proprietà senza alcun merito, per solo fatto ereditario. dunque, penso che sia coessenziale ad ogni egualitarismo democratico riformista almeno tassare i passaggi ereditari di proprietà anche della prima casa di abitazione, per sostenere le spese per gli affitti e la diffusione dell’edilizia popolare. siamo nati tutti uguali o chi tra i lettori de lavoce "tiene famiglia" proprietaria crede di essere nato più uguale di noi altri?

  14. Max

    Articolo interessante. Un punto, se ci collochiamo dal punto di vista di chi dona se A={essere proprietari di una o più case} e D={donare}, allora Prob(A,D)=Prob(D|A)*Prob(A). Dato che nell’analisi non si condiziona ad A (non disponibile), è possibile che l’aumento dei trasferimenti sia stato determinato da un aumento di P(A), ad esempio i ricchi potrebbero avere riallocato la ricchezza spostandola verso beni immobili come risposta alla riforma. Sarebbe comunque un risultato interessante (forse testabile con i dati), tanto più che questo ha pure l’effetto negativo di dirottare ricchezza verso impieghi "improduttivi". Ciò potrebbe avere anche feebacks sul mercato immobiliare e sulla costruzione di nuove case. In pratica, come già osservato da un lettore, l’Italia sarebbe diventata sempre più un paese di immobiliaristi dove la rendita vale più del lavoro, ma forse la rendita non sarà infinita.

  15. luciano scalzo

    Che la società italiana sia improntata al familismo ( un società di tipo orizzontale direbbe qualche sociologo) e per questo sia caratterizzata da una scarsa monbilità sociale è fatto notorio. Ma rabbrividisco nel sentire che la causa o la concausa di tale scarsa mobilità dipenda dall’abolita imposta di successione. Se così fosse dovemmo pensare che il tasso di mobilità sociale era superiore all’epoca in cui tale imposta era vigente. Oltretutto la suddetta tassa più che gravare sui ricchi gravava sui ricchi "polli" cioè su coloro che non avevano pianificato fiscalmente la successione.

  16. Pietro Biroli

    Sono d’accordo con i commenti di Alberto Sdralevich e altri: i "ricchi" certamente trovavano altri escamotage per dare ai figli le case di famiglia. Se davvero questa legge ha avuto un effetto si dovrebbe vedere sul lungo periodo. Una volta che sono vecchio e la casa c’e’ in un modo o nell’altro cerchero’ di farla avere ai miei figli cercando di pagare meno tasse possibili. Quindi quello che gli autori trovano mi sembra più che altro un’emersione del "sommerso". Parlando di disuguaglianza e immobilismo sociale quello che più mi preoccupa è che i fligli dei ricchi hanno più probabilità di altri (con le stesse abilita’) di studiare in una buona scuola, una buona università, di trovare un lavoro che paghi bene, di entrare all’interno di una di quelle classi protette da albi e barriere all’entrata che permettono rendite di posizione (notai figli di notai etc). Si veda Checchi, D. and L. Flabbi (2006). ‘Mobilità intergenerazionale e decisioni scolastiche in Italia’ in G. Ballarino and D. Checchi (eds) 2006.

  17. Luigi Calabrone

    Nei miei precedenti commenti lamentavo che gli autori delle proposte di reviviscenza della tassa di successione ignorassero la realtà storica, cioè come detta tassa era effettivamente applicata in Italia. Oggi mi sono accorto che per documentarsi su ciò gli autori non dovevano cercare lontano, ma solo leggere (e citare) il recente e ben documentato articolo di Graziella Bertocchi, apparso su questo sito il 27 luglio 2007, dove l’autrice dimostra l’avvenuta eutanasia, in Italia almeno, di questo istituto, divenuto un feticcio dell’egualitarismo ottocentesco (su cui curiosamente sembra concordasse anche Luigi Einaudi, probabilmente con riferimento all’esperienza inglese). Nel Regno Unito, da metà Ottocento, ha effettivamente svolto un ruolo importante nello smantellare le grosse proprietà immobiliari della nobiltà terriera, accumulate nei secoli precedenti anche come frutto della rapina delle proprietà ecclesiastiche. In Italia, tenendo anche conto della diversa distribuzione della proprietà immobiliare, ha svolto un ruolo marginale e gradualmente decrescente, come, del resto, già da me affermato nei precedenti commenti.

  18. icelander

    Ribadisco il concetto (già espresso da altri) che le eredità sono costruite sul risparmio (tutelato dalla costituzione), il quale a sua volta si genera dal reddito (tassato). Se qualcuno si sente "meno uguale degli altri", sappia che ciò non è accaduto perchè costui aveva la varicella quando a scuola distribuivano la fortuna (spiegazione allettante ed autoassolutoria), ma perchè il soggetto e la sua famiglia hanno saputo costruire di meno.

  19. Gianluca Vecchio

    Non è virtù nascere figlio di chi ha, non è colpa di nessun individuo nascere figlio di chi non ha nulla. Almeno lasciate la possibilità a chi non ha di avere.. soprattutto un lavoro. Se il figlio di Morandi o quello di Facchinetti vogliono lavorare nello spettacolo spinti dal loro papà, che almeno paghino una tassa alla società che è costretta a sopportarli. E così vale per le case e per tutte le cose.

  20. Nino

    Solo una breve osservazione a sostegno di chi è favorevole all’imposta di successione: i miei genitori sono dei grandi risparmiatori; negli anni, con tanti sacrifici, sono riusciti ad accumulare ricchezza che hanno investito in gran parte acquistando una casa in città, una casa al mare, una in campagna e diversi terreni seminativi (improduttivi 365 giorni l’anno); tutto ciò, ovviamente, con l’obiettivo di trasferire, un giorno, i beni ai discendenti (così come vuole la tradizione di famiglia). Qualche taglio, naturalmente, ha interessato la spesa per formazione dei figli (l’università locale anzichè quella prestigiosa e privata, perchè troppo costosa). Risultato: ho 30 anni, non ho un lavoro, devo lasciare la mia città per trovarlo e non so come portare anche parte di questa eredità con me in valigia.

  21. AM

    Sotto l’aspetto giuridico i vari bei sono intestati a singoli individui, ma sotto l’aspetto economico il patrimonio è di pertinenza dell’unità economica elementare "famiglia". Il risparmio è un flusso che si forma non presso l’individuo, ma in seno alla famiglia, per effetto del comportamento di tutti i membri della stessa, come differenza fra redditi e consumi. Il risparmio, accumulandosi nel tempo, è alla base della formazione di un fondo, il patrimonio. Quindi, a ben vedere, l’imposta di successione è un’imposta patrimoniale che colpisce di tanto in tanto la famiglia in relazione ad eventi particolari e dolorosi come i decessi di suoi componenti. L’imposta di successione potrebbe quindi essere surrogata da un’imposta patrimoniale annuale.

  22. YURY

    Un paio di anni fa ho ricevuto con due cugini in eredità casa (appartamento 100mq a monza) e liquidi della classica zia zitella che vedevo una volta ogni sei mesi. In effetti ho sempre considerato il tutto un bel regalo esentasse.

  23. Filippo Biscarini

    Mi permetto innanzitutto di fare un’osservazione di metodo. Gli autori mostrano un diagramma da cui si evince che dal 2000 in poi la differenza nel numero di immobili lasciati in eredità ai figli da famiglie ricche famiglie povere è aumentata, e concludono che la riforma dell’imposta di successione ne è la causa. Come si può escludere che l’aumento della forbice tra ricchi e poveri non sia dovuto invece ad altri fattori (introduzione dell’euro, crisi economiche e finanziarie, irrigidimento delle corporazioni professionali ecc …)? In merito alla tassa di successione, la mia impressione è che non serva a ridurre le disuguaglianze sociali. Il suo gettito è infatti minimo, non legato a nessuna specifica misura redistributiva e mi sembra piuttosto punitiva per i medi patrimoni (la maggioranza degli italiani). Chi ha molto, non ha generalmente problemi né a pagare l’imposta né a trovare escamotage per ridurla (conferimento di immobili a società ecc …). Spesso invece la tassa di successione induce (induceva) famiglie medie a vendere (o spesso svendere) i beni ricevuti, per l’impossibilità di pagare le consistenti tasse di successione. Con loro grave danno finanziario e affettivo.

  24. renzo pagliari

    Le imposte di successione, come l’imposta di manomorta, sono nate in una epoca in cui le imposte sui redditi erano molto modeste, per ovviare alle carenze di gettito di queste. Oggi queste imposte sono elevatissime in più esiste una imposta patrimoniale come l’ ICI. Pagare una ulteriore patrimoniale è dannoso perchè colpisce il risparmio; è iniquo perchè esse colpiscono la morte, poi esse arrichiscono più i consulenti necessari per pagarle che lo Stato. L’eredità è un fattore positivo; dà agli eredi qualche cosa che solo l’accumulo di più generazioni può dare sia nel patrimonio, ma più ancora nella cultura e nella civiltà. Siamo quello che siamo anche molto per l’opera di chi ci ha preceduto. L’Europa non sarebbe ciò che è se per secoli non si fosse lavorato per tramandare la cultura antica. Newton diceva di essere salito sulle spalle di giganti per elaborare la sua Gravitazione Universale. Se la propensione ad investire in immobili aumenta la causa è nelle fregature patite negli investimenti mobiliari, non nell’ ‘andamento delle aliquote successorie.Solo pochissimi acquistano immobili per evitare imposte a carico dei figli; gli immobili devono essere gestiti e rendono zero

  25. Alvise R

    Costituzione italiana 1. L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. 30. È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, 31. La repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Credo che l’articolo si commenti da solo. La mia gioventù è passata alla velocità della luce studiando mattina, pomeriggio, sera e notte. A 24 anni ho inizato a lavorare e a mantenermi; studiavo di notte per migliorare le mie conoscenze. Lavoro come un pazzo per assicurare ai miei figli un futuro. Pago già il 40% di imposte sul mio reddito, senza considerare tutte le altre imposte e tasse. Alla fine della mia vita avrò dato circa il 50/55% dei miei soldi allo Stato: mi sembra di aver già contribuito abbastanza. Mi rimarrano due immobili, uno acquistato al 3%, l’altro al 10%, ciascuno con un bel mutuo: volete tassare ai miei figli pure quelli? Le vere ingessature, cari miei, sono ben altre.

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