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PIÙ AVVOCATI, PIÙ CAUSE

In Italia abbiamo il più alto numero assoluto di cause e i tempi della giustizia più lunghi d’Europa. Anche il numero degli avvocati è letteralmente esploso negli ultimi venti anni. E se non c’è competizione sulle tariffe, alcuni di loro possono pensare di sfruttare il vantaggio informativo nei confronti del cliente, inducendolo a ricorrere al tribunale anche nei casi in cui non sarebbe necessario né efficace. Per questo preoccupa che nel progetto di riordino della professione forense compaia la reintroduzione delle tariffe minime

Il disegno di legge sul riordinamento della professione forense all’esame delle Camere e i progetti di riforma della giustizia hanno riportato d’attualità il dibattito sullo stato e i problemi dell’organizzazione della giustizia e delle professioni legali in Italia. Le statistiche europee del Cepej (European Commission for the Efficiency of Justice, Councile of Europe, ) confermano che l’Italia ha il più alto numero assoluto di cause, sia pendenti che aperte, e i tempi della giustizia più lunghi in Europa.

LA MOLTIPLICAZIONE DEGLI AVVOCATI
 
Nel 2006, ad esempio, ci sono state 4.809 nuove cause ogni 100mila abitanti, contro le 2.672 in Francia e le 1.342 in Germania. Nello stesso anno, la durata media di una causa civile in primo grado era di circa 507 giorni, contro i 262 della Francia. Negli ultimi mesi, i quotidiani hanno dato molto risalto anche al numero degli avvocati in Italia: secondo lo stesso Consiglio nazionale forense, alla fine del 2008, ben 198.041 avvocati erano iscritti agli ordini italiani, e la cifra sarebbe oggi intorno ai 230mila. Un vero e proprio esercito di professionisti che fronteggia ogni giorno nelle aule di tribunale un numero di magistrati che, in confronto, appare sparuto: alla fine del 2008 i magistrati giudicanti italiani erano 4.503, con il più alto rapporto avvocato/giudice (circa 44) in Europa. In Italia esercitano 290 avvocati ogni 100mila abitanti, mentre in Germania ne esercitano 168, in Francia 76 e in Gran Bretagna solamente 22. Altrettanto noto è il confronto internazionale secondo il quale nei soli ordini professionali di città come Roma o Napoli esercita un numero di avvocati comparabile a quelli che operano in tutta la Francia o il Regno Unito. Forse meno noto è il fatto che, mentre il numero dei magistrati giudicanti è rimasto praticamente lo stesso negli ultimi venti anni, ed è addirittura più basso di quello del 1999, il numero degli avvocati è letteralmente esploso: i soli avvocati iscritti alla cassa forense (e dunque presumibilmente quelli attivi) sono più che triplicati in vent’anni, passando dai circa 42mila nel 1990 agli 83mila nel 2000 e diventando alla fine del 2008 circa 144mila.
Non è probabilmente sorprendente che, almeno a partire dal 2000, esista una significativa correlazione tra il numero delle cause civili e il numero degli avvocati attivi nei diversi tribunali italiani, come emerge dalla figura 1. Del resto è naturale che un più alto numero di professionisti operi laddove il tasso di litigiosità, e dunque la domanda di servizi legali, è più alto.
In una nostra analisi con dati italiani tra il 2000 e il 2007, avanziamo un’interpretazione alternativa per questa correlazione. (1) Ribaltando il nesso di causalità, verifichiamo se in certi casi non sia lo stesso numero di avvocati a determinare un più elevato numero di cause civili. Alcuni avvocati, spinti da una maggiore pressione competitiva dovuta all’ingresso in forze di molti nuovi professionisti, e impossibilitati nel competere sul lato delle tariffe, che non possono scendere sotto quelle minime fissate dal Consiglio nazionale forense, potrebbero essere tentati dallo sfruttare il loro vantaggio informativo nei confronti del cliente. Ad esempio, potrebbero indurre qualche cliente a intentare causa o ad andare in tribunale anche in casi in cui il ricorso alla giustizia civile non sarebbe necessario o efficace. In teoria, gli avvocati avrebbero certamente un interesse a un comportamento del genere, dato che in Italia sono pagati a prescindere dall’esito della causa, e sulla base di tariffe proporzionali al tempo e al numero degli atti dedicati a ciascun caso.
 
Figura 1: Correlazione tra litigiosità totale e avvocati (media provinciale dal 2000 al 2007)

Nonostante un comportamento opportunistico di questo tipo sembri assolutamente in conflitto con lo spirito professionale e il codice deontologico degli avvocati, evidenza di comportamenti del genere è stata riscontrata in contesti ancora più insospettabili. Molti studi in economia della salute hanno infatti trovato che gli stessi medici possono indurre i loro pazienti a chiedere trattamenti sanitari che sembrano più che altro giovare ai medici stessi, perché su quei trattamenti percepiscono tariffe o rimborsi particolarmente profittevoli. Evidenza di quella che è chiamata “domanda indotta” (supplier-induced demand) è stata trovata nel caso degli ostetrici negli ospedali privati degli Stati Uniti, responsabili di indurre più tagli cesarei per controbilanciare il calo nel tasso di fertilità, oltre che dei medici di base in Irlanda e Germania e dei dentisti in Norvegia e Regno Unito.

TARIFFE E CONCORRENZA

Nel nostro lavoro verifichiamo se il numero degli avvocati attivi in un tribunale di primo grado possa spiegare il tasso di litigiosità nella provincia, misurato dal numero delle cause civili intentate in un anno. Nel lavoro consideriamo quattro possibili misure per il tasso di litigiosità: i procedimenti di cognizione ordinaria di fronte ai giudici di primo grado; i procedimenti di cognizione ordinaria di fronte ai giudici di pace; la somma dei due indici precedenti; e il numero di cause per risarcimento danni. Come orizzonte temporale, consideriamo gli anni tra il 2000 e il 2007, periodo in cui non sono intercorse riforme significative nei processi civili e in cui il cosiddetto decreto Bersani sull’abolizione delle tariffe minime non aveva ancora dato effetti. Nell’analisi controlliamo per altri fattori che potrebbero aver esercitato un effetto significativo nel determinare il numero delle cause civili nei diversi tribunali, come il livello del Pil pro-capite, il tasso di disoccupazione e urbanizzazione, il livello di istruzione e di capitale sociale nella provincia, il numero dei magistrati nel tribunale.
Per risolvere il problema della direzione di causalità tra numero di avvocati e di cause civili, adottiamo un approccio statistico di stima a due stadi, utilizzando come “variabili strumentali” del numero degli avvocati sia la loro distribuzione iniziale tra gli ordini nel 1992, sia la distanza di una provincia dalle tre università più vicine che offrono un corso di laurea in legge.
I nostri risultati confermano l’esistenza di qualche forma di domanda indotta dagli avvocati. Un aumento del 10 per cento del numero relativo degli avvocati attivi in un tribunale è associato a un incremento del 3,5 per cento del tasso di litigiosità nella provincia, del 6 per cento delle cause intentate di fronte a una sezione civile del tribunale e del 4 per cento delle cause per risarcimento danni.
I nostri risultati sono peraltro in linea con quelli di uno studio non ancora pubblicato, condotto, in modo indipendente, da Amanda Carmignani e Silvia Giacomelli, dell’Ufficio studi di Banca d’Italia, che utilizzando dati sui soli procedimenti di cognizione ordinaria di fronte ai giudici di primo grado e una metodologia in parte differente, trovano risultati sostanzialmente simili per il periodo 2000-2005.
Alla luce dei dati italiani sembrerebbe dunque che alcuni avvocati, pressati dalla maggiore competizione a seguito dell’ingresso di molti nuovi professionisti, e nell’impossibilità di competere sul lato delle tariffe, inchiodate alle minime, abbiano sfruttato il loro vantaggio informativo nei confronti del cliente, inducendolo talvolta ad andare in tribunale anche in casi in cui il ricorso alla giustizia civile non sarebbe stato necessario o efficace. Se così fosse, la reintroduzione delle tariffe minime discussa nel progetto di riordino della professione forense (cui fa riferimento l’articolo di Fabiano Schivardi su queste pagine) non potrebbe che sollevare qualche ulteriore perplessità.

(1)L’analisi integrale è disponibile nel working paper 0914 del Dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Brescia: P. Buonanno, M.M. Galizzi (2009): Advocatus et non Latro? Testing the Supplier-Induced Demand for the Italian Courts of Justice.

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19 commenti

  1. Petro Terna

    Francesco Guicciardini – Ricordi politici e civili (1512, 1525, 1528) CCIX. Io credo siano manco male le sentenzie de’ Turchi, le quali si espediscono presto e quasi a caso, che el modo de’ giudicii che si usano communemente tra’ Cristiani; perché la lunghezza di questi importa tanto e per le spese e per e disturbi che si danno a’ litiganti, che non nuoce forse manco che facessi la sentenzia che s’avessi contro el primo dí; sanza che, se noi presuppogniamo le sentenzie de’ Turchi darsi al buio, ne seguita che, ragguagliato, a metà ne sia giusta; sanza che non forse minore parte ne sono ingiuste di quella date tra noi, o per la ignoranzia o per la malizia de’ giudici.

  2. michele

    Trovo ingannevole e semplicistico spacciare una correlazione statistica tra numero di avvocati e numero di cause, quale sicura dimostrazione di un rapporto causa effetto tra questi due parametri. Probabilmente l’aumento di esami clinici produce, sotto un profilo statistico, anche l’aumento del numero dei tumori ma, non per questo, fare una ecografia provoca un tumore. Certamente vi sono poteri forti (banche ed assicurazioni) interessate a togliere il limite delle tariffe per sfruttare appieno il potere contrattuale di cui dispongono il che favorisce il fiorire di queste letture dei dati statistici. Sono i poteri forti che vanno all’attacco del ceto medio, talvolta medio basso: tutto ciò fa bene al tessuto sociale? Una causa vera e reale di incremento del contezioso è invece l’inefficienza della giustizia che induce, molti, spesso anche assicurazioni o banche chiamate a risarcire o rispondere del proprio operato, a resistere resitere resistere. Una sentenza in sei mesi che sanziona il perdente con la rifusione delle spese è il vero rimedio di tanto contenzioso e, soprattutto, di quello che danneggia i cittadini e le imprese virtuose.

  3. lormar

    Complmenti da un profano che all’occorrenza ha fatto transazioni su consiglio di avvocati onesti. Non vedo sulla stampa porre sufficiente accento nella diatriba della legge sul processo breve "a prescindere" sui fattori al contorno; tra essi il numero di avvocati e il loro "interesse vestito" da lei citato oltre alla farraginosità del CPP che di fatto costituisce strumento principe per tirarla alle lunghe da della falange di avvocati citati. Lormar

  4. Fulvio Lo Cicero

    Le conclusioni cui giunge lo studio dimostrano scientificamente quanto poteva intuirsi con la logica. E’ evidente che più avvocati in competizione fra di loro rafforzano la domanda di servizi legali (e quindi la litigiosità). Se poi si considera anche il fatto che proprio gli avvocati rappresentano una potentissima lobby parlamentare, in grado di approvare leggi che agevolano la loro professione e i loro clienti, il quadro appare ancora più completo. Se vogliamo davvero migliorare il sistema giudiziario italiano, è necessario diminuire il numero di avvocati e prevedere forme di incompatibilità fra la professione e il mandato di parlamentare

  5. federico

    Ora è vero che l’offerta stimola la domanda. E quindi tanti avvocati potrebbero pure stimolare ad essere più litigiosi. Ma potrebbe essere vero anche il contrario. ci sono tanti litigiosi che conviene fare l’avvocato. Quale è la relazione corretta ? E a parte questo: uno studio comparato mostrerebbe come la correlazione non sarebbe del tutto giustificata. Le cause nascono e crescono anche dagli incentivi a farle. Se, come negli stati uniti, vi sono strumenti volti ad aumentare la probabilità di successo e soprattutto i ricavi derivanti dalle cause, probabilmente dobbiamo aspettarci un numero di cause particolarmente elevato. In Francia, comunque, dove il numero di avvocati è infinitamente inferiore al nostro, le cause per abitanti non si discostano troppo dalle nostre Dopo di che, se anche fosse vero (ne dubito) che l’offerta stimola la domanda, quale sarebbe la soluzione, un numero chiuso come quello dei notai ?

  6. BARBANTI

    Si parla genericamente di codice dentologico degli avvocati, ma si dimentica di dire che, come prescrivono le norme sull’ordinamento forense, l’avvocato è l’unico professionista al servizio prima che del suo cliente della giustizia. Questa sua funzione di collaboratore per il buon andamento della giustizia è fondamentalle: addirittura sia il praticante che l’avvocato giurano davanti al presidente del tribunale della circoscrizione in cui svolgono la loro attività. C’è veramente da chiedersi: – quanta parte dell’opinione pubblica sia a conoscenza di quest’obbligo non deontologico ma giuridico che grava su tutti coloro che praticano, da iscritti all’albo praticanti o abilitati all’esercizio della professione forense? – in che considerazione sia tenuto quest’obbligo da parte di avvocati e praticanti avvocati? – Quanto influisca l’osservanza che ne hanno avvocati e praticanti sull’andamentro scandaloso della giustizia in Italia?

  7. nello il giovane

    Lo studio sarebbe attendibile se tutti gli avv. trasgredissero palesemente le regole deontologiche, facendone un cumulo di immondizia. Che una regolata al numero sia necessaria lo si evince ictu oculi, senza correlazioni tra n. di patrocinatori e cause o giudici. E’ altresì nota la tendenza dell’italiano medio ad instaurare giudizi per qualsivoglia ragione. Il decreto Bersani da 3 anni applicato non ha avuto sostanzialmente alcun effetto pratico e non comprendo perchè debba essere applicato solo a una tipologia di professionisti e non a tutti (notai, medici spec., ingegneri, tecnici, dentisti, architetti ecc.ecc.).

  8. alessandra berti

    In italia accade che a Roma vi sia lo stesso numero di avvocati di tutta la Francia, che di per sè è un paese di alta tradizione giuridica…..è ovvio che questa sia una patologia e non possa risultarne una leale competizione tra professionisti. Purtroppo.

  9. marco

    La statistica riguardante il numero di cause aperte in italia rispetto al resto dell’europa parla da sé il doppio o addirittura il triplo. Non tutto è naturalmente riconducile ad un unico motivo, forse gli italiani sono davvero un popolo litigioso ma sicuramente non stupido, imbarcarsi in una causa civile che può durare anche dieci anni con notevole dispendio economico nonché emotivo non è da persone intelligenti quindi ritengo più plausibile che da un lato il nostro sistema leggi (intendo il caos normativo) dia adito a molteplici interpretazioni dall’altro l’interessato consiglio dell’avvocato non è da escludere.

  10. antonio

    "facite ammuina" era un comando in auge nella marina militare borbonica. Oggi sembra inflazionato. Sul tema ho ascoltato anche trasmissioni radio e forse televisive dove parlano solo i rappresentanti di un sistema che a me appare sempre più alla deriva, visto che a guidarli sarebbe il conflitto di interessi. Ebbene l’ottica del Decreto Bersani, che abolisce i minimi e consente di parametrare il compenso agli obiettivi perseguiti, non è un voler ridurre le parcelle ma aumentarle pur di assicurare il cliente di avere avanti un "avvocato onesto" come leggo in 1 dei commenti. Dover pagare parcelle a piè di lista, in assenza di un contratto preliminare, darebbe la stura ad una "presunta approfittanza" di cui il probabile moltiplicarsi delle cause sarebbe solo un aspetto e nemmeno il principale. Vogliono abolire il decreto bersani?! Allora mi chiedo se, come per la criminalità organizzata si combatte col sequestro di ricchezze, perchè non creare un quel secondo polo che assoggetti alla stessa sorte quelli che non riescono a fare leggi che riducono gli aspetti negativi del ns sistema? (criminalità, elusione, corruzione, concussione etc etc che aumentano di anno in anno?)

  11. mlv

    Avvocati e magistrati, due faccie della stessa medaglia. Da una parte troppi che lo diventano senza vera vocazione e dall’altra (sicurmante i più bravi) come rimedio (e che rimedio) all’impossibilità di dignitoso lavoro. Il male di oggi è che dopo le conquiste economiche dei genitori, i figli non si rendono disponibili (e non sono neppure educati a farlo) per lavori apparentemente umili e percorrono altre strade senza trasporto. La colpa è della famiglia, dell’Università e della scuola superiore che non seleziona preventivamente e non "scoraggia" chi non ha doti intellettuali e morali sufficienti per tali ruoli. Una volta laureati e abilitati, ma chi li ferma più, chi può poi arginare l’arroganza e l’avidità dei mediocri.

  12. Giuseppe

    Il tema del numero degli avvocati in relazione alla popolazione non può essere analizzato trascurando di considerare, nel medesimo contesto: i) l’anomalia di un sistema sprovvisto di meccanismi di conciliazione obbligatoria – su proposta del giudice e corredata da incentivi per l’accettazione e da disincentivi per il rigetto – entro un breve termine dall’introduzione della causa; ii) l’altrettanto grave singolarità di un ordine giudiziario con un numero eccessivo di tribunali, residuo storico della normativa del 1928 (!); iii) l’assurdità di continuare a privilegiare la funzione inquirente a scapito di quella giudicante, col risultato di avere sí soltanto circa 4500 magistrati giudicanti, ma di mantenerne un numero quasi equivalente presso le procure. Infine, altre misure oggi apparentemente tabù – come la drastica limitazione dell’appellabilità delle sentenze di 1° grado (tanto nel civile come nel penale) e l’applicazione della norma costituzionale sull’accesso degli avvocati alla magistratura (tanto come inquirenti che come giudicanti) – sarebbero efficacissime nel limitare il numero delle cause e dei processi (e sono confortate da positive esperienze in altri Paesi).

  13. FRANCESCO

    Premetto che sono un avvocato di 36 anni iscritto all’albo da 12. Opero nel settore civile. I problemi esposti sono veri ma…ci sono alcuni punti da prendere in considerazione: 1) leggi poco chiare e farraginose comportano di per sè l’aumento del contenzioso; 2) occorre inserire un sistema che responsabilizzi il soccombente perchè spesso la causa è solo uno strumento per dilazionare l’adempimento di oblighi comunque dovuti; 3) non si parla mai della produttività dei magistrati. Ad es. nel mio Tribunale ci sono cause rinviate d’ufficio da 3 anni e cause in riserva istruttoria da 2 anni. 4) Come si fa a spiegare che un giudice fa 400 sentenze in un anno(troppe, impossibile più di una al giorno) ed un altro con le medesime funzioni ne fa 20 im un anno (troppo poche). 5) Dal punto di vista economico l’attività giudiziale è assai meno remunerativa di quella extragiudiziale; 6) Perchè non si incentivano gli arbitrati abbassando le relative tariffe ? 7) Perchè non si elminano i "mini tribunali"? 8) Perchè nessuno dice che i Magistrati si studiano le cause solo alla fine quando vanno in decisione? E tante altre proposte pratiche si potrebbero fare……

  14. edo

    Sinceramente non vedo correlazione alcuna tra l’inderogabilità dei minimi di tariffa (che più non esiste dacché è stato approvato il Decreto Bersani) e l’asimmetria informativa che indurrebbe qualche professionista a promuovere cause spiantate. Semmai vedo una ontologica incompatibilità tra la logica mercatista, che produce le nefaste conseguenze sopra viste, ed i valori deontologici della professione (tutela dei diritti, ma realmente esistenti e non quelli di fantasia).

  15. goffredo alviano glaviano

    Sono d’accordo che l’esubero di avvocati (che sono ancora di più di quello che leggo nello articolo, considerati i praticanti, gli abusivi come per esempio nel settore delle assicurazioni) comporti un aumento vertiginoso delle cause. Solo che, non concordo nell’analisi – diagnosi, poiché non è tanto il fatto che nel paese v’è una maggiore richiesta di lite, quanto il fatto che questa viene fomentata dagli avvocati. la terapia è a monte e va ridotto il numero degli avvocati ! ma prima ancora quelle delle tante Università che sfornano e rilasciano laureei a tutto spiano specialmente in legge, per trovare giustificazione esse stesse, e tutto l’apparato che le ruota intorno. lauree rilasciate a chi non conosce (basta vedere cosa sta accadendo nei concorsi pubblici) nemmeno l’italiano da professori che a loro volta non lo conoscono essi stessi e che magari hanno comprato a loro volta titoli e quant’altro! Università che proliferano sempre di più per riscuotere finanziamenti a tutto spiano.

  16. Armando A.

    Sono un avvocato e, non inserisco il mio cognome solo per evitare di farmi accusare da qualcuno che sto cercando pubblicità. Scusante il ritardo di questo post, ma vorrei solo dire che in oltre vent’anni di professione (praticantato compreso) non ho mai, dico mai, indotto nessuno a proporre una qualsiasi azione giudiziale o stragiudiziale per mio interesse, anche solo concorrente. Ho invero fatto l’esatto contrario, con opera di dissuasione verso il cliente, perdendo molti incarichi, ma continuando a rispettare me stesso. Pecore nere ce ne sono senz’altro nell’avvocatura, come in qualunque altra categoria, ma ci sono moltitudini di avvocati che si comportando con assoluta correttezza. Il problema principale dell’eccesso di litigiosità? A mio avviso, e in sintesi, la spaventosa lungaggine dei processi e la (non sempre per colpa dei magistrati) mediamente scarsa qualità delle sentenze: fattori che inducono a scegliere la giustizia come metodo per guadagnare tempo o addirittura per tentare di avere ragione quando si ha torto.

  17. Gianluca

    1) Da praticante avvocato non posso non affermare con forza come siano fin troppi i luoghi comuni di cui si fa carico alla Professione dell’Avvocato, come il numero “eccessivo” rispetto a parametri che variano volta per volta,a seconda del giornalista o del politico di turno. Innanzitutto una premessa di ordine logico. Se veramente il NUMERO fosse il cuore del problema (ammesso che sia un problema), già da anni si sarebbe dovuto introdurre, allora, il numero chiuso alle Facoltà di Giurisprudenza, unico metodo veramente efficace alla radice (con opportuna regolamentazione, visto che quella laurea permette diversi sbocchi), magari accompagnato anche da una prova d’ingresso per l’iscrizione all’Albo dei Praticanti. La proporzione secca Avvocati/Popolazione, se apparentemente sembra offrire un dato di immediata comprensione (e facile diffusione giornalistica, perché colpisce con estrema facilità), in realtà è ben lungi dall’essere un dato scientificamente affidabile, oltre che algebricamente certo. Ognuno può vedere da sé come in una nazione del “primo mondo”, al quale l’Italia ha la pretesa di appartenere, il numero dei cittadini con scolarizzazione avanzata è certamente maggiore rispetto ad un Paese del 2° e 3° “mondo”, e certamente maggiore rispetto allo stesso Paese rispetto al passato (forse che solo oggi vogliamo scoprire di aver superato la 2° guerra mondiale con ripresa economica, miglioramento delle condizioni di vita, istruzione diffusa, etc.?!?). Nell’ultimo secolo il lavoro umano si è profondamente trasformato, nel passaggio dall’economia agricola a quella industriale oltre il 30% della popolazione italiana ha profondamente cambiato il proprio stile di vita rispetto alle generazioni di origine (è questo è visto universalmente come un dato positivo). V’è forse da stupirsi che, al di là dell’aumento assoluto del numero di professionisti intellettuali, vi sia stato anche un aumento relativo, ossia proporzionale alla popolazione? Credo proprio che ciò non sia possibile né consentito. In realtà se c’è crisi tra i giovani avvocati che solo in tempi recentissimi arrivano sul “mercato”, le cause sembrano ben altre. (( Il rapporto [dell?Avvocato] con la parte assistita è fondato sulla fiducia )) recita il canone 35 del Codice Deontologico Forense e proprio la FIDUCIA rappresenta uno dei beni di cui v’è maggior carenza di questi tempi di crisi economica, di Politica assolutamente incapace, ladra e inaffidabile, di futuro incerto, di di latente illegalità diffusa, di crisi economica e del lavoro. C’è quindi da stupirsi se il Cliente medio tenda, ancor più che nel passato, a prediligere il “nome affermato” e conosciuto sulla piazza, rispetto al giovane sconosciuto? Non sempre l’anzianità professionale corrisponde ad una maggior “bravura” del singolo professionista; i giovani tendono ad essere di gran lunga più aggiornati, ad esempio, e più aperti al cambiamento, alle nuove tecnologie e metodi di comunicazione. E poi, nel regno del capitalismo e del liberismo, cos’è mai questa di stampo “comunista-sinistroide”?!?! Forse che il mercato non sia capace di governarsi da sé libero da regole e legacci? O forse che non si stia concretizzando l’epoca della grande disillusione, dove i massimi sistemi mostrano i loro punti deboli? Ad maiora!

  18. Oscar

    In Francia le liti temerarie sono stroncate sul nascere per la non accettazione dei procedimenti. Il sistema non premia neppure chi invece qui trae vantaggi dalla lungaggine processuale. Adottare le parti delle loro norme che si adattano a noi, sarebbe assai utile.

  19. Giulia Maria C.

    Ambedue naturalmente ci affliggono: cui prodest? Ma i cittadini cosa ci guadagnano? Vedi i capponi di Renzo, che dio benedica l’Alessandro. Un po’ piu’ di garbo, un po’ piu’ di buona educazione, e meno avvocati! E leggi con meno cavilli, che c’e’ chi si diverte a incastrare i vicini come con un videogioco. Non diamogli l’estro, che si dilettino con qualcosa di piu’ produttivo. E i quattrini che si risparmiano vadano in feste conviviali.

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