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A VOLTE RITORNANO: I LOTTI NON FUNZIONALI

La Finanziaria reintroduce la possibilità di finanziare lotti costruttivi e non più solo lotti funzionali delle infrastrutture previste dalla Legge obiettivo. Si potranno così aprire molti nuovi cantieri. Ma è anche possibile che si moltiplichino i casi di puro spreco delle risorse pubbliche. In particolare nelle ferrovie, dove più gravi sono i problemi tecnici di raccordo tra parti nuove e rete esistente: basta pensare al cambio di tensione tra alta velocità e linee ordinarie. Ricordando che oltretutto gli “stop and go” costano molto cari.

Con due commi, il 228 e il 229, del consueto maxi-emendamento che ha chiuso la vicenda dell’ultima Legge finanziaria, è stata reintrodotta nella normativa italiana la possibilità per il Cipe di finanziare le opere pubbliche – e segnatamente quelle comprese nella Legge obiettivo – per “lotti costruttivi” e non più solo per “lotti funzionali”. La scelta è stata giustificata in nome del “sano pragmatismo”: procedendo per lotti costruttivi, è possibile aprire molti più cantieri che procedendo per lotti funzionali. Ma è anche possibile che si moltiplichino i casi di puro spreco delle risorse pubbliche e che rallenti ulteriormente la realizzazione delle opere.

IN LODE DEL LOTTO FUNZIONALE (IN MANCANZA DI MEGLIO)

Ma cosa significa “lotto funzionale”? Significa una parte di una infrastruttura che può essere utilizzata (funzionare, appunto) anche se l’opera non è completa: per esempio, una tratta ferroviaria da stazione a stazione, o una tratta autostradale da casello a casello. Già così ci sono problemi di sprechi, se l’opera non è poi terminata in tempi brevi: per esempio, un’autostrada prevista a quattro corsie per il traffico tra due grandi città, risulterà molto sovradimensionata se collega solo una grande città con una cittadina vicina. L’ideale sarebbe che non fossero ammesse al finanziamento opere che sono ben lontane dall’essere giunte a un sufficiente grado di avanzamento progettuale e dall’aver ricevuto l’accordo degli enti territoriali che accampano svariati diritti di veto, perché i costi stimati in base a progetti di massima e che ancora non hanno subito le varianti necessarie a ottenere il consenso sul territorio sono inevitabilmente di molto inferiori a quelli che si rivelano a progettazione ultimata. (1)
In secondo luogo, non dovrebbe essere consentito aprire un cantiere senza avere certezze dei fondi (e dei tempi di erogazione) fino al compimento dell’intera opera. In questo senso sono più volte andate le raccomandazioni della Corte dei conti. Si noti che i problemi dei lotti non funzionali sono molto più gravi per le ferrovie, soprattutto per le linee alta velocità, che non per le autostrade, per una ragione molto semplice: il trasporto ferroviario presenta “rotture di carico” che lo rendono molto più funzionale alle lunghe distanze, e presenta problemi tecnici di raccordo con la rete esistente molto maggiori (si pensi per esempio al cambio di tensione tra AV e linee ordinarie). Un pezzo di autostrada, invece, è facilmente raccordabile con la viabilità ordinaria, come mostrano i diversi esempi di quelle non finite ma che comunque svolgono un ruolo di velocizzazione del traffico, per esempio configurandosi come by-pass di attraversamenti urbani. Se potessero essere ammessi al finanziamento solo “lotti funzionali”, si eviterebbero le infrastrutture che finiscono nel nulla e quelle raccordate “temporaneamente” per molti anni: delle une e delle altre ci sono molti esempi, al Nord come al Sud, eredità della vecchia prassi dei lotti non funzionali.

LE CONSEGUENZE DEGLI “STOP AND GO”

Con l’ultima Finanziaria si ritorna proprio a quella vecchia prassi. Con i “lotti costruttivi” si ri-apre la strada al moltiplicarsi degli “stop and go”. I quali costano molto cari: spesso, quando i cantieri sono bloccati, non risulta possibile licenziare la mano d’opera occupata o dismettere i macchinari noleggiati con contratti a lungo termine. Inoltre, lo stesso prolungamento dei tempi di costruzione, anche se non vi fosse alcuno spreco, né inflazione, genera un altro costo sociale, dovuto al fatto che il capitale pubblico investito non genera benefici per molto tempo. Per fare un banale esempio numerico, a parità di ogni altro costo, un’opera che richiede il doppio del tempo fisiologico a essere terminata, costa alla collettività dal 9 per cento in più (se si usa un saggio di sconto del 3 per cento) al 21 per cento in più (se si usa un saggio di sconto del 5 per cento).
Inoltre, i progetti che il ripristino dei lotti “non funzionali” consente di sbloccare sono tra i meno convincenti di quelli sul tavolo: la linea AV Milano-Genova – giudicata “inutile” dallo stesso vertice di Fs, e dal costo record previsto (nel 2007) di 62 milioni al km; il completamento della nuova linea Pontremolese Parma-La Spezia (vicina e parallela alla precedente); e infine l’avvio dei lavori sulla linea AV Torino-Lione. Tutte linee concepite essenzialmente per il traffico merci, il quale soffre non certo per mancanza di binari o per bassa velocità, ma per la debolezza strutturale della domanda e per l’inadeguata gestione logistica. Guarda caso, si tratta solo di progetti ferroviari – per lo più ad alta velocità – cioè quelli per i quali i costi del lotto non funzionale sono maggiori.

PROMESSE SENZA RENDICONTI

Ma perché i politici sembrano sempre desiderosi di aprire più cantieri possibile e altrettanto disinteressati ai risultati delle spese effettuate? L’apertura di un cantiere è vissuta come la realizzazione di una promessa (elettorale), come prova della loro capacità di compiere fatti concreti e non soltanto di parlare. (2) D’altra parte, i politici non possono ignorare il fatto che molte infrastrutture di trasporto e la maggioranza delle “grandi opere” presentino sovra-costi imponenti, e altrettanto imponente scarsità di traffico. (3) È quindi comprensibile il desiderio di non dover dichiarare pubblicamente di aver sprecato i denari dei contribuenti. La lunghezza dei tempi di realizzazione, in questo senso, aiuta: quasi tutti dimenticano gli “ispiratori politici” di un’opera decisa e avviata decenni prima e la responsabilità per i risultati deludenti (o il vero e proprio spreco di denaro pubblico) è ripartita tra molti governi, spesso di diversa colorazione politica, ma che hanno un atteggiamento perfettamente collusivo nel volersi scordare ‘o passato, perché tutti hanno un passato poco commendevole da far dimenticare. I contribuenti, che pagano per le opere incautamente decise e avviate, non vengono consultati prima che i loro soldi siano spesi e non ricevono mai un rendiconto, fidando sulla loro memoria corta oltre che sulla loro scarsa o nulla “vocalità”. E così, chi ha dato, ha dato, ha dato e chi ha avuto, ha avuto, ha avuto.

(1) L’osservazione si trova in “La revisione della spesa pubblica – Rapporto 2008”, della Commissione tecnica per la finanza pubblica (soppressa subito dopo l’insediamento del nuovo governo), ma è contenuto anche nell’“Allegato infrastrutture” al Dpef 2009-2011, prodotto dal governo in carica.
(2) Berta G., Manghi B. (2006), “Una Tav per partito preso”, Il Mulino, LV, n. 423, pp. 92-101.
(3) Bruzelius N., Flyvbjerg B., Rothengatter W. (2003), Megaprojects and Risk: An Anatomy of Ambition, Cambridge, Cambridge University Press.

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UNA LEVATA DI SCUDO PER LE PICCOLE IMPRESE

  1. Pietro Spirito

    Nelle politiche di investimento infrastrutturale c’è sempre spazio per la fantasia a danno del contribuente e del cittadino. L’effetto sostanziale è quello di aumentare la spesa pubblica, aprendo cantieri per spezzoni di opera pubblica. Pensiamo poi al caso, non così infrequente, in cui l’opera stessa è in se è produttiva di effetti di esternalità positive minori rispetto ai costi di realizzazione. In questo caso al danno si aggiungerebbe la beffa. Non solo si realizza un’opera inutile, ma non la si completa nemmeno. A farci del male, nel nostro Paese, siamo davvero maestri.

  2. Stefano Lenzi, responsabile Settore legislativo WWF Italia

    Mi ha fatto immenso piacere che i professor Boitani e Ponti abbiano affrontato questo argomento che rischia di disseminare di infrastrutture "incompiute" il nostro Paese come gia’ nel trentennio 1960-1990. Aggiungo che appena l’11 dicembre 2009 sono stati introdotti gli emendamenti in Commissione a Montecitorio e il WWF ha mandato una lettera al Presidente della Camera Fini sottolineando come fosse assolutamente inopportuno che si facessero modifiche tacite al "Codice Appalti" con uno strumento improprio come la Legge Finanziaria, alla luce anche del fatto che proprio in questa legislatura e’ stata promulgata una disposizione nella quale si stabilisce che: "Il Governo, nell’ambito delle proprie competenze, provvede a che:a) ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti (…) indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate; (…)”. (art. 13-bis della legge 69/2009). Ricordo poi che la Corte dei Conti il 20 febbraio 2009 con Delibera 2-2009-G riguardante il MoSE ha censurato severamente la "prassi dei finanziamenti frazionati nel tempo".

  3. bellavita

    L’aprire tanti cantieri che non si sa quando, se e come verranno portati a termine non costituisce solo una "promessa elettorale" . Nel sistema di cleptocrazia in cui siamo immersi, significa anche l’apertura di un conto corrente. Quando un cantiere si ferma perché mancano i finanziamenti, o il permesso del comune di Venaus o della comunità montana del basso pontremolese, in genere è previsto che l’impresa venga risarcita. Dovrà pagare del personale di guardia, e ci sono i macchinari da spostare oppure da pagare comunque l’affitto.. Ma se un’impresa ha tre cantieri fermi contemporaneamente, è possibile che si faccia pagare quattro volte i macchinari che ha spostato, o mai mosso, nel quarto cantiere aperto…

  4. Aldo Norsa

    Nel complimentarmi per l’"illuminante" articolo che mi ha dato uno spunto per un altro scritto che prossimamente sottoporrò a "lavoce.info" vorrei segnalare un errore: i due commi della finanziaria 2010 citati che reintroducono la possibilità per il Cipe di finanziare le opere pubbliche per lotti "costruttivi" non sono il 228 e il 229 ma il 232 e il 233. Cordiali saluti. Aldo Norsa, professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura nell’Università Iuav di Venezia.

  5. Giuseppe De Marte

    Sono perfettamente d’accordo, anche con i commenti. Aggiungerei che la prassi di fare delle opere pubbliche uno spezzatino "non funzionale" contiene sotteso un’altro cancro tutto italiano del sistema, si fa per dire, degli appalti pubblici: quello del sub-appalto che viene praticato indiscriminatamente, non solo dai General Contractors ma anche dagli stessi assegnatari dei lotti costruttivi e delle singole opere. Cosicchè la catena delle responsabilità (e della qualità) va a farsi strabenedire assieme a tempi e costi di realizzazione tanto paga pantalone, ovvero noi cittadini. Occorre mantenere la limitazione dei lotti funzionali e porre un limite serio, reale, non solo legislativo alla pratica perversa ed indiscriminata del sub-appalto.

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