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POSTO FISSO PER CHI?

Quando parla il Ministro dell’Economia bisogna prenderlo sul serio. In cosa consiste la svolta di Giulio Tremonti sul posto fisso? Ci sono tre interpretazioni. La prima è che sia solo una mossa demagogica, politica, per “spiazzare la sinistra”, come rimarcato da diversi quotidiani e commentatori.  Se così fosse non ci interessa. Notiamo che servirebbe solo a rendere più fisso il posto di Giulio Tremonti alla scrivania di Quintino Sella.
La seconda interpretazione è che il Ministro voglia davvero intervenire dove ha voce in capitolo. Tremonti è di fatto il cassiere del pubblico impiego. Ha dunque il Ministro intenzione di assumere tutti i lavoratori precari della Pubblica amministrazione? Quanto costa? E cosa ne pensa il titolare del dicastero alla Funzione Pubblica, il datore di lavoro dei pubblici dipendenti?
La terza interpretazione è che Tremonti voglia intervenire anche fuori dal pubblico impiego, nel settore privato. Anche qui avrebbe delle leve da muovere. Ad esempio, può aumentare i costi del licenziamento individuale e limitare i casi di licenziamento collettivo per motivi economici. Tutto ciò renderebbe più sicuro il posto “fisso” di chi un lavoro a tempo indeterminato ce l’ha già. Ma esporrebbe ancora di più i lavoratori precari al rischio di licenziamento (già oggi di otto volte superiore a quello per i lavoratori con contratti permanenti).
Tremonti sa bene che non si può garantire il posto fisso a tutti. Neanche in un’economia pianificata. Lo si può fare per alcuni lavoratori scaricando tutti i rischi su chi è lasciato fuori, ad esempio i lavoratori temporanei e i disoccupati. Quello che si può fare è garantire a tutti protezione contro il rischio di perdere il lavoro, riformando gli ammortizzatori sociali in modo tale da offrire copertura assicurativa a tutti. Si può anche ridurre il dualismo fra lavoratori con contratti temporanei e contratti permanenti, cambiando le regole di accesso al mercato del lavoro per consentire a tutti un ingresso dalla porta principale. Ciò può avvenire attraverso la creazione di un sistema di tutele progressive per il lavoratore che aumenti con la durata del rapporto di lavoro. Questo è l’unico modo per permettere che la stabilizzazione dei precari avvenga senza distruggere posti di lavoro.

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38 commenti

  1. Luigi Vignaroli

    Stupefacente che nel 2009 un ministro del tesoro di un paese occidentale faccia simili esternazione. Interessante sarebbe sapere con quali strumenti e modalità.

  2. Luigi Staffolini

    Gentili signori sono un pensionato che ha versato per 45 anni i contributi, nella mia vita lavorativa ho cambiato almeno 10 posti di lavoro: (quando ancora non c’era la cosiddetta flessibilità). Io sono pienamente d’accordo sulla flessibilità e mobilità, ma questo deve interessare i giovani, che entrano nel mercato del lavoro. Ma non si può essere mobili, flessibili e diciamolo pure precari per tutta la vita. E poi carissimi tra lavoro e lavoro non ci devono essere buchi e sappiamo tutti che le coperture non sono assolutamente sufficienti; pertanto non facciamo troppa demagogia. La flessibilità richiede un mercato del lavoro perfetto e un economia sana e programmata.

  3. Mario Vavassori

    Ho passato gli ultimi 10 anni della mia vita professionale a capire quale poteva essere l’impatto del nuovo paradigma organizztivo fondato sul lavoro e non più sul posto di lavoro, sull’occupabilità e non sull’occupazione, sul ruolo organizzativo e non sulla posizione, sulla responsabilità e non sull’attività e ora (2009) qualcuno mi dice che il castello è di sabbia. Ne consegue che tutti gli sforzi fatti dalle aziende e dai fornitori di servizi alle aziende si sono rilevati inutili, anzi irresponsabili perchè hanno contribuito a minare la fiducia e l’attaccamento al lavoro, al proprio lavoro, meglio al proprio posto di lavoro. In sintesi Tremonti dice che chi ha sostenuto la flessibilità, l’adattamento, la versatilità ha operato contro il sistema, contro la naturale propensione a stare fermi a stare vicini a casa e a consumare poco. Che sia il nuovo modello di sviluppo, nel quale siamo tutti uguali o poco diversi, siamo tutti locali, magari parliamo anche una sola lingua (in un posto fisso non serve parlare più lingue) e soprattutto impariamo a fare bene la stessa cosa ripetutamente, come se i 100 anni di sviluppo industriali fosse passato invano. Davvero non riesco a capire.

  4. Walter Maggi

    Probabilmente basterebbe che, come succede all’estero, nella paga oraria di un precario fosse conteggiata anche un’indennità inversamente proporzionale alla durata del contratto stesso.

  5. Ermanno Tarozzi

    Sono decisamente favorevole alla terza ipotesi avanzata dal prof.Boeri. Aggiungo, da parte mia, che gli ammortizzatori sociali debbono essere accompagnati da una adeguata formazione per coloro che ne fruiscono. Ai beneficiari dovrebbe, altresì, essere offerto, se disponibile, un nuovo posto di lavoro cessando per l’interessato i benefici in caso di rifiuto. Un ulteriore elemento sul quale occorerebbe insistere sul piano politico è quello teso ad ottenere l’uguaglianza dei punti di partenza per tutti i cittadini cercando di rimuovere, come dice la costituzione, gli ostacoli che, di fatto, li rendono diseguali.

  6. Filippo Crescentini

    Il personaggio è di peso ed ha molto potere. Sfidiamolo a fare. Vediamo se riesce a vincere nel PDL. Il PD lo incoraggi. Anche perchè ha difeso la Costituzione. Cosa che lo porta a confliggere con Berlusconi.

  7. Sergio Ascari

    Il vostro commento è perfetto come sempre. Solo una piccola frecciata, al prof. Tremonti e ad altri Prof. più o meno in congedo per ruoli vari. Prima o poi si dovrebbe affrontare il problema degli universitari: la cui funzione sociale dovrebbe essere estendere o trasmettere la frontiera della produzione scientifica; mentre i loro posti sono di fatto garantiti a vita anche a chi fa tutt’altro, magari stando in Parlamento per vent’anni; o ai fannulloni.

  8. Azzurra

    Grazie per l’analisi sintetica e chiara. Direi che le dichiarazioni di Tremonti sono anacronistiche. In tutta Europa si parla da anni di flexisecurity piuttosto che di "posto fisso". Peraltro nelle piccole imprese, in maggioranza nel nostro paese, il contratto a tempo indeterminato non è garanzia di "posto fisso".

  9. Edoardo Giovanni Raimondi

    Attenzione, qui la demagogia può essere devastante per il paese. Si tratta dell’ennesimo alibi per non affrontare l’urgenza della riforma degli ammortizzatori sociali. Tanti, troppi disoccupati, abbandonati a se stessi: si chiama welfare mediterraneo, in cui un lavoratore disoccupato, o un giovane precario, possono sempre contare sulla famiglia e sulla propria rete di relazioni per campare sbarcando il lunario. Così si uccide l’imprenditoria: il Paese ha bisogno di mobilità territoriale, culturale e sociale. Servono però strumenti codificati per cui chi perde il proprio impiego venga sussidiato (per qualche mese, ne bastano 3-6) mentre viene affidato a un programma di formazione, aggiornamento o riconversione professionale. Questa è mobilità sana, il messaggio del Ministro è pura demagogia: siamo liberi di agire come crediamo, il popolo, tanto, è con noi. Aggiungo io: quo usque tandem? Non è la mobilità in sé a generare precarietà: lo è, invece e guarda caso, l’operato di certi ministri che generano illusioni e aspettative anacronistiche, affidandosi laconicamente a un lontano passato piuttosto che prendere coraggio ed affrontare il futuro, e ancor più coraggio serve per affrontare il presente.

  10. Hans Suter

    La prima.

  11. barbara appierto

    Oltre ai dubbi, legittimi, puramente di natura economico-finanziaria, quello che mi preme capire è la direzione che il governo vorrebbe intraprendere. Quello che non è chiaro è l’orizzonte, quale modello sociale ed economico il nostro governo vuole perseguire? In assenza di questa visione, si procede a tentoni, a spot e retromarcie. Nessun modello è migliore di un altro, ma sicuramente non avere un modello è estremente pericoloso dal punto di vista economico e sociale. Forse bisognerebbe riflettere in maniera approfondita e sitemica.

  12. giuseppe

    La prima ipotesi è di gran lunga la più probabile.

  13. raffaele principe

    E’ chiaro che i più non hanno capito la proposta di Tremonti. Quando parla di posto fisso intende dire garantire ai lavavetri il posto fisso agli incroci, evitando agli automobilisti di trovarsi sempre persone diverse. Solo che questo deve dirlo ai Sindaci sceriffi che siccome non hanno nient’altro da fare si lambiccano il cervello per togliere il posto fisso ai lavavetri. Buon ultimo Alemanno a Roma.

  14. Franco ELIA

    La prima. Però con una precisazione assoluta: non si cada di nuovo nel gioco delle tre carte per il quale prima si dice, poi si precisa e si aspetta che i gonzi cadano nella inutile discussione, da ultimo e approfittando del fatto che i gonzi incomincino a fare battaglia tra di loro, si fa quello che si vuole e voleva: istupidire le menti di quanti stavano per capire che votando il posto precario e la partita iva di Berlusconi si erano fatti almeno 5-10 anni di precariato sulle spalle dei pensionati garantit e nel ricatto dei padroncini evasori. Non diamo corda a questo annuncio sondaggio e, soprattutto, che il sindacato e il centrosinistra -spiazzati dalla "esternazione"- non contribuiscano a preparare la strada a questo governo di democrazia padronalaziendalista. dimenticando che è fondamentale abbattere la legge 30 e riportare il lavoro a termine nei suoi ristretti e specificamente garantiti ambiti di scelta del lavoratore.

  15. giovanni

    Propendo molto per la prima ipotesi: pure esternazioni demagogiche, in perfetto stile Berlusconide, nel paese dei proclami e dell’aria fritta. Ho 30 anni e da sette anni lavoro per una cooperativa di servizi che gestisce servizi per l’università di Bologna, svolgo – come tutti i miei colleghi- le stesse identiche mansioni dei lavoratori "strutturati" e veniamo pagati la metà (5 eruro/h), senza ovviamente considerare tutti i privilegi di cui gl strutturati possono "godere"(permessi retribuiti, flessibilità d’orario, indennità non meglio precisate) e quanto la precarietà del nostro lavoro sia sempre dietro l’angolo dato che dipendiamo dall’esito delle gare d’appalto.Vuole davvero prof. Boeri capire le intenzioni del ministro Tremonti? Non credo sia così difficle considerando i precedenti….parole al vento… o forse ancora peggio la sciagurata volontà di imprigionare migliaia di precari nelle becere condizioni di lavoro in cui purtoppo si trovano. Tremonti "ama" davvero il posto fisso? Beh, allora provasse a far assumere gli esternalizzati del pubblico impiego, magari con le modalità di tutela progressiva che lei -purtroppo inascoltato- ha esposto più volte. Cordialità.

  16. Paolo M.

    Ribadisco i miei dubbi sulla svolta marxista di Tremonti. Dopo i continui attacchi al liberismo, la creazione di una banca statale, posto fisso per tutti, manovra triennale finanziaria (con il seno di poi, mi suona più da “piano quiquennale”), sto aspettando con ansia un nuovo Gosplan. AAA cercasi economisti alla guida dell’economia.

  17. Paolo Rebaudengo

    Quando si parla di posti fissi si pensa ai contratti di lavoro a tempo indeterminato. Il Dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Bologna ha calcolato che i contratti a tempo indeterminato cessati nel corso del 2008 nel territorio bolognese hanno avuto una durata mediana di un anno e otto mesi. Al Sud il problema è ancora più complesso perché sono pochi in assoluto gli occupati (sommando ogni tipo di occupazione). E’ bassissimo il tasso di attività (sommando agli occupati anche i disoccupati). Il tasso di inattività raggiunge il 49% (e il 64% per le donne). Se fosse possibile “stabilizzare” tutti i posti di lavoro, si risolverebbe solo una parte dei problemi del nostro mercato del lavoro, troppo frammentato (non solo tra contratti a tempo indeterminato e a termine, ma tra decine di tipologie contrattuali), privo di ammortizzatori universali (basterebbe un articolo di legge per rimediare), di una vera politica attiva del lavoro e tartassato da imposizioni fiscali crescenti e mancata restituzione del fiscal drag. Intanto si potrebbe mettere fine (come aveva cominciato a fare Cesare Damiano) ai contratti di lavoro solo formalmente autonomi, esistenti solo in Italia.

  18. giampaolo

    Buongiorno, penso abbia parlato alla "pancia" del paese, bravo, anch’io penso che il posto fisso aiuti la stabilità sociale di un individuo e relativa famiglia, ma … in Italia operano leggi fisiche un po’ diverse rispetto ad altri paesi occidentali, un carico fiscale iniquo e falsato, flessibilità che si applica solo agli ultimi arrivati o alle fasce sociali più deboli, e insomma non è ministro solo da un anno e mezzo. I giudizi di solito ai governi si danno sulle cose fatte, sui risultati ottenuti, non sulle parole, specialmente dopo anni di governo, con una linea politica ben chiara.

  19. Francesco Arduini

    Marco Biagi non viene lasciato in pace. Ha subito un attacco mortale alla sua persona in quella sera di marzo da parte delle BR, venne insultato da Scajola con una frase schifosa di (un rompicoglioni che premeva per il rinnovo della scorta) e ora dei ministri dimostrano di non aver capito i principi ispiratori del libro bianco che voleva spingere verso un mercato del lavoro moderno e inneggiano al posto fisso dimenticando quello che più a questo mercato serve: ammortizzatori sociali certi ed automatici. Professor Biagi c’è chi ti ricorda con affetto e stima.

  20. giuseppe scassellati sforzolini

    Il modo per assicurare il posto fisso (inteso non, demagogicamente, come impiego a vita, ma come legittima aspettativa di impiego a tempo indeterminato in antitesi al precariato) potrebbe essere abolire finalmente l’articolo 18. Ma qui si rischia di perdere qualche voto, mentre con la demagogia di norma si guadagna…

  21. luigi zoppoli

    Temo che vi sia una ulteriore opzione. Il Posto fisso nei termini mistici e valriali enfatizzati dal ministro, sono assolutamente coerenti con uno stato paternalista dove più che la libertà valgano le precrizioni dello stato interprete autentico della volontà popolare. E se così fosse bisognerebbe temere questa roba peggio della peste.
    luigi zoppoli

  22. GUAGNANO VITO

    Il ministro Tremonti parlava in maniera seria, infatti per quanto riguarda il posto fisso si riferiva a quello dei parlamentari.

  23. Lucia Del Gaudio

    Mi sembra che Tremonti si stia strumentalmente appropiando di temi "facili", dalle bacchettate alle banche alla difesa del posto fisso. Banali le frasi che ha detto. La notizia sta solo nel nome e cognome di chi le ha pronunciate, chi in passato si è speso in altre direzioni. La mobilità è un valore solo se il mercato del lavoro è vivace, l’economia va bene e gli ammortizzatori sociali funzionano. Nessuna di queste tre condizioni attualmente sono vere in Italia (e non solo). Per questo purtroppo lo spettro di perdere il lavoro è visto come un dramma.

  24. Maria Clavarino

    Desidero riprendere e approfondire questa parte del testo della notizia: "[…] Quello che si può fare è garantire a tutti protezione contro il rischio di perdere il lavoro, riformando gli ammortizzatori sociali in modo tale da offrire copertura assicurativa a tutti." Prenderei ad esempio il modello svizzero: la cassa disoccupazione sostiene finanziariamente per un buon perido chi perde il lavoro; richiede pero’ ai disoccupati di riqualificarsi con corsi di formazione continua, pagati dalla cassa medesima. Questi corsi danno una risposta propositiva al problema dell’evoluzione veloce delle attività produttive: il lavoratore che si aggiorna può trovare concretamente e con soddisfazione una valida occupazione. La formazione continua consente all’intero Paese di mantenere alto il livello di qualità delle proprie risorse umane: è un vantaggio per tutti, e può addirittura prevenire il problema della disoccupazione. Maria Clavarino

  25. Lorenzo Lusignoli

    Il problema non è se il ministro del tesoro fa o no demagogia, ma come va risolta oggi la questione del precariato. In effetti è a rischio demagogia anche sostenere che il posto fisso non è garantito in un economia pianificata. Giacché quest’ultima è in grado di garantire un posto di lavoro e una casa a tutti. Poi magari si tratta di un posto improduttivo e di una stamberga. Ovviamente l’economia pianificata soffre di ben altri problemi e non è affatto auspicabile per tante ragioni. Però se si vuole affrontare la questione occorre uscire dai contrapposti slogan preconfezionati e calarsi nel merito. Interessanti dunque a riguardo sia la proposta di Boeri che quella di Ichino, magari opportunamente aggiustate con il consenso delle parti sociali. Il dibattito va aperto e chiuso con una soluzione nel giro di poco tempo. Il sistema attuale, infatti, non è più sostenibile. In assenza di effettivi cambiamenti nella legislazione sul mercato del lavoro, o si creano forti ammortizzatori sociali estesi nel tempo per tutte le tipologie contrattuali, oppure lo slogan del Ministro ha ottime ragioni di tramutarsi in realtà.

  26. Francesca

    Flessibilità? io ho 28 anni, laurea in lettere ai massimi voti e un’incredibile voglia di fare e lavorare. Il mio primo lavoro è stato con un contratto in nero, pagata 500 euro al mese, il principale mi ha promesso il posto se lo aiutavo a fare fuori una dipendente che non gli stava molto simpatica. Ho lasciato io dopo tre mesi. Sei mesi di disoccupazione, poi trovo "lavoro" in una casa editrice (6 mesi di stage non retribuiti) seguiti da 6 mesi in borsa di studio (800 euro al mese). Arriva poi l’assunzione a tempo determinato per ben 950 euro al mese, il contratto che scade ogni 6 mesi, tre settimane passate a casa tra un contratto e l’altro per aggirare le leggi. Arriva la crisi, lasciata a casa senza neanche l’accortezza di essere avvisata. Sono disoccupata da gennaio, e non ho neanche diritto al sussidio per non aver versato almeno tre anni di contributi (certo, i tre mesi in nero, i 6 di stage, i 6 di borsa di studio non prevedono il versamento di contributi da parte del’azienda)…se è questa la flessibilità del mondo del lavoro…viva l’ Italia!

  27. Giulio

    Il ministro, quasi parlando a braccio e con tono colloquiale, ha semplicemente detto un’ ovvietà. Il vero problema consiste nelle leggi inique: la riforma Biagi è immorale non perché abbia creato la precarietà, ma perché nega ai precari ogni compensazione della loro condizione. Bastava aggiugere un esiguo comma con poche parole che dicessero: l’azienda si avvantaggia della flessibilità del rapporto di lavoro; tale flessibilità viene compensata con il x,y,z % in più di stipendio rispetto allo stipendio di medesima mansione, ma di contratto a tempo indeterminato. I sostenitori della Destra economica affermano che tale regola è impossbile da realizzare ma è unicamente un pretesto per sfruttare i lavoratori: molti Ordini professionali hanno tariffe minime. Perché per loro esiste un minimo garantito da normativa e per i lavoratori precari la cosa invece sarebbe inattuabile? E molti dirigenti che hanno un livello minimo di retribuzione garantito (esorbitante, rispetto ai risultati ottenuti)? Per loro è possibile garantire una quota minima di retribuzione e per gli altri comuni mortali è invece impossibile?

  28. Gerardo Fulgione

    Penso che quello che abbia detto il Ministro per l’Economia sia una semplice ovvietà: tutti pensano ad avere delle garanzie perlomeno retributive durature soprattutto se siamo sempre di piu’ in presenza di costi fissi crescenti (affitti e mutui per non dire delle utenze). In realtà credo che la parola utilizzata sia stata infelice poiché sarebbe stato più corretto paralre di "stabilità" del lavoro in genere (considerando anche gli autonomi (quelli veri) e cio’ lo si puo’ ottenere solo con la stabilità economica delle imprese e con un periodo di crescita economica (infatti un posto puo’ anche essere fisso, ma se poi l’azienda fallisce, si va tutti a casa). Detto questo bisognerebbe avere più chiarezze nel mondo del lavoro, le condizioni di flessibilità necessarie per le imprese, bisognerebbe costruire una normativa del lavoro tale da non creare concorrenza con il lavoro subordinato a tempo indeterminato. … Con tutto il rispetto del prof. Biagi (pace all’anima sua) ho dei seri dubbi che l’introduzione (o regolamentazione che sia) dei contratti a progetto sia di utile … possibile che esistano tutti questi "progetti" per i quali si necessita di questo modello contrattuale ? il lavoro ripartito serve veramente ? Ed il lavoro intermittente non potrebbe configurarsi in alcuni casi un aggiramento dell’art. 18 St.Lavoratori (vedi Roccella, Manuale di diritto del Lavoro). Io sono dell’idea di potenziare il lavoro somministrato, unico deterrente all’imprenditore "losco" per via del maggiore costo sostenibile, ed una riforma del lavoro a tempo determinato, fondamentale per le P.A. Saluto cordialmente il prof.Boeri e concludo qui sapendo che l’argomentazione è molto profonda da affrontare.

  29. gianni

    Tutti si dimenticano com’è stato il mercato del lavoro per 70 anni. Il posto era sempre fisso, esisteva l’apprendistato, che finiva comunque dopo 4 anni, ma vi era un controllo costante e serio dell’Ispettorato del lavoro. L’azienda aveva facoltà di fare contratti semestrali a termine con lo stesso soggetto due volte, poi doveva assumerlo, non poteva prenderne un’altro. Poi sono tutti impazziti. Con un lavaggio del cervello a tutti i livelli si è voluto introdurre il modello americano, dicendo a tutti che non c’era nulla di meglio per lo sviluppo. Sindacalisti, Confindustria, Economisti per anni, non c’era trasmissione televisiva che non venerasse il mito. La Svizzera ha un modello efficiente da 50 anni basta copiarlo, non c’è bisogno di varcare l’oceano. Lì lo stato sociale non sanno nemmeno cosa sia.

  30. Marco

    (…) Si potrebbe quindi chiedere al ministro Tremonti di far seguire i fatti alle impegnative parole che ha ripetutamente proferito a favore del modello sociale italiano ed europeo. Si faccia dunque promotore di una legge che andando al di là della 196/1997 e della 30/2003 ristabilisca il principio per cui il contratto di lavoro dipendente è per definizione a tempo indeterminato, fissando poi un ristretto numero di tipologie contrattuali in deroga da applicare soltanto in casi ben determinati. Se ne gioverebbero non soltanto i lavoratori, ma anche le imprese. Lo si preghi poi di impegnarsi a favore di una discussione seria sul bilancio dell’Inps e dell’Inpdap, i due maggiori enti previdenziali italiani, e di una rigorosa comparazione internazionale della nostra spesa pensionistica pubblica. Ciò allo scopo di mettere in luce (come fanno da anni alcuni dei migliori specialisti italiani, che mi scuseranno se ne taccio il nome) vari aspetti in genere ignorati: che il bilancio dei suddetti enti sta piuttosto bene; che la nostra spesa pensionistica complessiva è allineata con quella dei maggiori paesi Ue.

  31. briz

    Il posto fisso è importante per la sostenibilità sociale, ma la flessibilità è un’esigenza organizzativa sempre più sentita dalle aziende. Il problema è che la flessibilità dovrebbe essere compensata con un adeguato corrispettivo. La flessibilità è a tutti gli effetti un servizio che il lavoratore offre all’azienda. Oggi però questa specificità non viene valorizzata. Anzi il lavoratore precario percepisce meno di uno a tempo determinato sia come salario che come trattamento previdenziale. La prestazione lavorativa di un precario dovrebbe essere pagata almeno il doppio della stessa offerta da un lavoratore a posto fisso. Questo per controbilanciare i periodi in cui il precario non ha lavoro. In questo modo il mercato stesso sarà il regolatore dei livelli di precariato in una società. Poiché le aziende saranno sempre alla ricerca di lavoratori flessibili nonostante i costi più alti, ma i lavoratori avranno un trattamento economico che gli permetterà di programmare più facilmente il loro futuro.

  32. ALBERTO LANZA

    Per anni si è detto che la flessibilità è necessaria anzi fisiologica al mercato del lavoro. Per anni, e ancora oggi, si è detto e si dice che grazie alla flessibilità sono stati creati milioni di posti di lavoro e il tasso di disoccupazione del nostro Paese è decisamente migliore a quello di altri Paesi dell’area europea. Nessuno sottolinea come il buon andamento statistico sia da addebitarsi in larga misura all’emersione dei lavoratori stranieri e alla circostanza che molti disoccupati, soprattutto dell’area del mezzogiorno, hanno rinunciato a praticare il lavoro della ricerca del lavoro. Nessun afferma con il giusto vigore che il gran numero di disoccupati oggi sprovvisti di qualsaisi ammortizzatore sociale è il frutto di un mercato del lavoro ispirato al principio di una spregiudicata (almeno in entrata) flessibilizzazione dei rapporti di lavoro. Detto tutto questo, penso che il discorso del ministro Tremonti meriterebbe non tanto di essere liquidato dalle forze di opposizione come il solito spot promozionale o propagandistico ma, invece, messo alla prova proprio attraverso quella proprosta di "contratto unico" sostenuta dall’autore e, con modalità un pò diverse, da Ichino.

  33. bissio

    Il vero problema non è il posto fisso, ma dare maggiore sicurezza di reddito ai lavoratori. Non si può metterlo a carico delle aziende mentre lo si può risolvere con una valida politica economica e realizzando una maggiore solidarietà sociale. Il resto è demagogia.

  34. Marco De Rossi

    Ci si deve concentrare sul fatto che per l’ennesima volta l’attività di interpretazione delle mosse del ministro Tremonti potrebbe essere solo inutile o fuorviante. Ha semplicemente riaperto un dibattito scomodo andando dritto alla questione che nel lavoro la risorsa umana va tutelata. In che modo lo si vedrà, ma va tutelata. Ne va dell’equilibrio socio-economico del Paese Italia.

  35. GiovanniVolpe.it

    Condivido, la necessità di garantire a tutti protezione contro il rischio di perdere il lavoro. La Riforma degli Ammortizzatori Sociali non rappresenta solo un riconoscimento di giustizia sociale, ma ha il grande vantaggio di permettere una maggiore serenità degli animi, con conseguenze positive, per la motivazione, la produttività, la competizione, la crescita della domanda interna, con tutti i benefici che comporta per l’intero sistema economico.

  36. Domenico Panarese

    Vedo possibile il posto fisso se fosse accompagnato dalla volontà dei lavoratori a partecipare al miglioramento dell’azienda con il loro interessato impegno lavorativo e, quindi, alla partecipazione degli utili attraverso ovviamente con il loro, sia pur limitato, contributo finanziario. Ciò consentirebbe di annulare eventuali "fannulloni" ed i lavorati darebbero il meglio di loro stessi per migliorare l’impresa. Avrei piacere di leggere un suo autorevole parere. Grazie e distinti saluti Domenico Panarese

  37. Davide Balzani

    La stabilità del posto di lavoro è stimolo alla crescita del paese perchè consente ai cittadini di programmare investimenti, programmare la nascita di figli e dare così stabilità alla società. Attualmente le tipologie contrattualistiche sono innumerevoli e moltissime sono agevolate (dal punto di vista contributivo) e l’onere cade sulla collettività. Prendiamo l’apprendistato. Ormai ha perso completamente la sua funzione formativa ed è utilizzato dalle aziende solamente perchè costa poco (aliquita contributiva 15,84%) e comunque è un contratto a termine. L’apprendistato ha una durata teorica massima ma con qualche semplice accorgimento ci sono aziende che tengono dipendenti con la qualifica di apprendisti anche per 12 anni. Come si fa?. Facile, prima si assume un giovane lavoratore per 4 anni come apprendista muratore, poi per 4 anni come apprendista ferraiolo, poi per altri 4 anni come apprendista carpentiere e il gioco è fatto. 12 anni di contributi a carco della collettività. E questo è solo un esempio. Per cui ben venga il contratto unico proposto da Tito Boeri che dovrebbe sostituire gran parte della contrattualistica attuale e garantire maggiori prestazioni ai lavoratori.

  38. Dino Battistuzzo

    Si parla tanto di posto fisso e giustamente si sottolinea la diversa condizione tra chi ha un posto di lavoro a tempo indeterminato e chi a diverso titolo è precario. Un altra condizione particolare lo ha il dipendente pubblico in ruolo, praticamente inamovibile. Mi domando se è normale che il pubblico dipendente abbia la garanzia del posto a vita. La riforma della pubblica amministrazione, tanto sbandierata dal ministro Brunetta, non ha prodotto e non produrrà mai risultati efficaci, per il semplice motivo che i dirigenti pubblici (di nomina politica) non hanno nessun interesse ha modificare un sistema e orientarlo in senso meritocratico. I primi ha rimetterci sarebbero loro che non sono stati nominati in base al merito ma alla tessera del partito. Di destra o di sinistra.

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