Lavoce.info

V COME RIPRESA

Sarà una W o una V la lettera che descriverà l’andamento grafico del tasso di crescita dell’economia americana e di quella mondiale nel corso del prossimo anno? I dati del secondo semestre 2009 sostengono l’ipotesi che la combinazione di politica fiscale e monetaria ha avuto successo nel contrastare gli effetti dello shock di domanda. Il rientro delle misure fin qui adottate potrebbe però portare a un secondo minimo. Ma questa analisi non tiene conto del ruolo dell’incertezza nel determinare il ciclo economico. E il suo andamento fa pensare che vedremo una V.

Sarà una W o una V la lettera che descriverà l’andamento grafico del tasso di crescita dell’economia americana e di quella mondiale nel corso del prossimo anno?
 
L’ANALISI TRADIZIONALE
 
La Figura 1 riporta l’andamento del tasso di crescita annuale del prodotto interno lordo statunitense.
I dati disponibili più recenti dicono che, dopo essere passata da una crescita del 2 per cento in termini reali nel 2007 a una contrazione del 4 per cento nel secondo trimestre 2009, l’economia americana darà i primi segni di ripresa nel terzo trimestre 2009. La questione rilevante è se i dati di fine 2009 e inizio 2010 ci porteranno a vedere una W, come nella recessione “double dip” (con un doppio punto di minimo, appunto come nella lettera W) del 1981-82 o una V come è capitato nelle recessioni del 1974-75 e del 1990-91?
La possibilità di una W nasce da un’analisi macroeconomica tradizionale della risposta del settore pubblico e del settore privato alla crisi finanziaria.
Le autorità di politica monetaria e fiscale hanno risposto alla crisi con un’azione combinata di espansione monetaria, attuata con mezzi ordinari (abbassamento dei tassi di interesse fino a zero) e mezzi straordinari (iniezioni di liquidità), e di aumento della spesa pubblica. Nel momento in cui le politiche cominciano ad avere effetto sulla crescita è importante comunicare ai mercati le “exit strategy” fiscali. Infatti, in assenza di una politica di rientro credibile, che scongiuri il pericolo di una spirale di debito pubblico, i tassi di interesse a lungo termine potrebbero alzarsi per due motivi: l’anticipazione di una risposta restrittiva delle autorità di politica monetaria all’inazione delle autorità di politica fiscale e l’aumento del premio per il rischio richiesto per detenere titoli di Stato a lungo termine. 
Il settore privato ha subito un rilevante shock alla ricchezza sia sul fronte di quella investita in beni immobili, la crisi è iniziata proprio per la contrazione dei prezzi delle case negli Stati Uniti, sia sul fronte della ricchezza mobiliare e in particolare azionaria. Lo shock alla ricchezza ha generato una contrazione del consumo statunitense e quindi una contrazione nel consumo mondiale che potrebbe cominciare a far sentire i suoi effetti sulla crescita nel momento in cui le autorità di politica fiscale inizino ad avviare un’operazione di consolidamento che appare inevitabile e facciano di conseguenza venire meno lo stimolo fiscale all’economia.
L’analisi tradizionale interpreta il potenziale pericolo della W, cioè della recessione “double dip”, come la conseguenza della risposta di politica economica a uno shock di domanda. L’intervento pubblico, impedendo il collasso del sistema bancario e finanziario, ha disinnescato gli elementi di straordinarietà dell’origine della crisi del 2007-2010, e quindi ci troviamo ora di fronte a un ordinario shock negativo di domanda. I dati della crescita nel secondo semestre del 2009, sostengono l’ipotesi che la combinazione di politica fiscale e monetaria ha avuto successo nel contrastare gli effetti dello shock di domanda, rimane però aperta la possibilità di un secondo minimo del ciclo, originato dal rientro delle politiche fiscali e monetarie.
 
L’IMPORTANZA DELL’INCERTEZZA
 
L’analisi tradizionale della crisi rinnega però l’importanza dell’incertezza nella determinazione del ciclo economico. In una serie di recenti contributi, l’economista di Stanford Nicholas Bloom ne ha invece sottolineato la straordinaria importanza. (1)
Un aumento dell’incertezza genera una contrazione dell’economia attraverso il calo dei consumi, che si riducono per l’aumento del risparmio precauzionale, e degli investimenti, che si riducono perché l’incertezza fa aumentare il valore di mantenersi aperta l’opzione di investire nel futuro e quindi genera un atteggiamento di attesa da parte degli investitori.
Bloom propone di misurare l’incertezza attraverso la volatilità implicita nel mercato azionario. Riportiamo nella Figura 2 l’andamento della crescita americana insieme a quello di due indicatori di incertezza: la volatilità implicita nel mercato azionario e il differenziale di rendimento sui titoli a lungo termine emessi dalle aziende con rating BAA e i titoli della stessa durata emessi dalle aziende con rating più elevato di AAA. I due indicatori sono chiaramente altamente correlati perché un aumento dell’incertezza è accompagnato dal “flight to quality” che porta gli investitori (finanziari) a sostituire nei loro portafogli attività finanziarie meno rischiose ad attività finanziarie più rischiose. Entrambi gli indicatori mostrano un crollo dell’incertezza nella seconda parte del 2009 che rivela un comportamento molto diverso da quello evidenziato nelle recessioni “double dip” del 1974-75 e del 1990-91.
La lunga serie storica dello spread BAA-AAA resa disponibile nella banca data online Fred della Reserve of St. Louis ci permette di estendere l’analisi comparata dello spread e delle recessioni al campione 1920-2009.
Nella Figura 3 riportiamo lo spread assieme ai periodi identificati come di recessione dal National Bureau of Economic Research, evidenziati in grigio. L’analisi del grafico rivela che se da un lato lo spread ha raggiunto nella recessione attuale livelli visti solamente nella crisi del 1929, dall’altro la velocità con cui è rientrato verso valori medi nel corso della seconda parte del 2009 è senza precedenti storici.
L’analisi dell’andamento dell’incertezza fa pensare che vedremo una V, probabilmente una bella V maiuscola.
 
 
(1) Bloom N.(2009) “The Impact of Uncertainty Shocks” , Econometrica, May 2009. Bloom N., M. Floetotto and N. Jaimovich (2009) “Really Uncertain Business Cycles”, disponibile nella home page di N. Bloom.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Dalle banlieues alla Corte suprema: campanelli d'allarme sull'integrazione
Leggi anche:  Nasce il nuovo Patto di stabilità e crescita*

Precedente

LA QUINTA COLONNA

Successivo

PROMESSE IN CRESCITA, AIUTI IN CALO

  1. romano calvo

    Riscontro in questa analisi una sproporzione tra l’enormità dell’effetto (la crisi a V) e la povertà degli ipotetici indicatori (la volatilità implicita nel mercato azionario). Quello proposto, mi sembra il tipico modo di procedere degli economisti-responsabili-della-crisi: più innamorati dei propri micro modelli che della necessità di una comprensione globale e comprensiva dei fenomeni. Non le sorge il dubbio che la volatilità nel mercato azionario, sperimentata dopo questa crisi, rappresenti qualcosa di totalmente inedito rispetto al passato? E quindi insufficiente a basare qualsiasi previsione causa-effetto?

  2. Roberto Marchesi - Dallas, Texas

    L’analisi proposta, che cerca di prevedere il futuro andamento della crisi non fa una grinza, se visto col classico criterio di intrepretazione di questi dati, ovvero secondo il principio macroeconomico di valutare una situazione secondo i suoi dati generali. In questo modo però non si tiene conto di un principio banale, quello che e’ conosciuto prosaicamente come l’effetto dei polli di Trilussa: ci sono due polli e siamo in due a dividerceli, quindi la media e’ di un pollo a testa, ma se alla fine tu ti prendi i due polli e io nessuno, la media non cambia, ma tu hai tutto e io non ho niente. Nelle moderne economie dei paesi piu’ industrializzati gli analisti di economia devono aggiornarsi nelle proprie valutazioni e vedere il fenomeno economico sui due piani: quello generale, della parte che governa l’economia e subisce molto poco la crisi, e quello “popolare” di chi invece la subisce in pieno. Valutata in questo modo la crisi avrebbe due indicatori: uno a V, che indica l’andamento della crisi per i capitalisti e per coloro che governano la crisi, e uno a L (o peggio una V che non ha ancora toccato il fondo) per tutti gli altri, che sono la maggioranza della popolazione.

  3. Sergio Capaldi

    L’analsi è condivisibile ma alla fine lascia irrisolto il quesito fondamentale: la ripresa che vediamo è qui per restare? Su questo aspetto non ci sono silver bullets come quelli proposti. insomma alla fine l’analisi lascia il dibattito li dove è. La fine dell’articolo avrebbe potuto tranquillamente concludersi, parafrasando….. "L’analisi dell’andamento dell’incertezza fa pensare che vedremo una W, probabilmente una bella W maiuscola."

  4. giorgio rivero

    Non credo che questa crisi sia paragonabile a quelle del 74-5, 80-2 e 90-1. E se il calo della volatilità fosse solo l’effetto temporaneo del mare di liquidità prodotte dalle banche centrali in questi mesi? Liquidità che in cerca di investimenti si è gettata su azioni e risky assets. Col risultato di creare una nuova (per quanto necessaria) bolla speculativa che questa volta sì le banche centrali combatteranno in modo deciso attente a non ripetere i recenti errori. In tal caso alzerebbero i tassi per frenare la crescente inflazione col risultato di frenare nuovamente i consumi e creare un profilo di ripresa a W.

  5. giuseppe

    Complimenti per il pregevole articolo,che dimostra come una accurata analisi di eventi passati possa aiutare a comprendere le possibili evoluzioni future.In questo caso altamente auspicabili.Speriamo che le autorità politiche e monetarie sapranno gestire adeguatamente nei tempi e nei modi le "exit strategy" fiscali e monetarie.Di questo purtroppo non ho certezza,ma solo ragionevole speranza.

  6. Paul Weber

    Il bel testo non fa purtroppo riferimento alle cause del restringimento degli spreads. Da una parte il "risk free" è divenuto "yield free" – obbligando molti risparmiatori ad assumersi rischi nel settore corporate che normalmente non prenderebbero, oppure lo foarebbero in ponderazione minore. Dall’altra parte sappiamo (Jamie Dimon docet) che le banche d’affari (gli oligarchi citati da Simon Johnson in "The Quiet Coup") stanno ottenendo con il trading di risk assets finanziari la redditività che non riuscirebbero ad ottenere dall’intermediazione di credito con l’economia reale. Temo che ciò si traduca, come ha suggerito un altro lettore, in una ripresa limitata al solo comparto finanziario, o comunque a beneficio di una o altra Casta…

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén