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FIAT BATTE CASSA. UN FILM GIÀ VISTO

La politica europea sugli aiuti di Stato è ricca di ipocrisie: ancora oggi sono quasi trenta i canali attraverso i quali i governi possono finanziare le imprese nazionali. Tra l’altro, le rottamazioni per l’auto sono considerate aiuti ai consumatori e quindi non conteggiate. Quanto alla Fiat, ha già ricevuto oltre 300 milioni di aiuti di Stato ufficiali proprio per gli stabilimenti del Sud che ora minaccia di chiudere. Dovrebbe perciò cercare sul mercato le risorse per superare le difficoltà dovute alla crisi. Ed elaborare un piano industriale di rilancio delle produzioni italiane.

 

Ci risiamo con gli interventi a favore dell’auto. E ci si chiede per quanto ancora dovremo usare fondi pubblici per questo settore, e perché.

LE SOLITE IPOCRISIE EUROPEE: DALLA PROCLAMATA CASTITÀ…

La politica europea sugli aiuti di Stato è piena di ipocrisie. Da anni l’Europa ha enunciato l’obiettivo di evitare aiuti “verticali”, mirati a specifici settori, per favorire eventualmente aiuti “orizzontali”, rivolti a obiettivi generali, come lo sviluppo regionale, l’ambiente, la ricerca e così via. L’idea è che gli aiuti specifici spostano risorse da settori “sani” a quelli malati, distorcendo quindi il modo in cui dovrebbero essere distribuite nell’economia: date le risorse del paese, se favorisco un settore, questo finisce per danneggiare gli altri. D’altra parte, gli aiuti “orizzontali” sarebbero invece meno distorsivi: magari può essere discutibile che lo Stato spenda denaro per quei fini, ma comunque c’è maggiore trasparenza. E soprattutto lo Stato non creerebbe “vincitori e vinti”.
Infatti, il commissario Kroes afferma il principio secondo il quale si possono aiutare solo le banche, sia per il carattere di sostegno all’intera economia, sia per la fondamentale differenza tra le banche e gli altri settori. In breve, l’idea è che, mentre una crisi bancaria rischia di avere effetti a catena, indebolendo gli altri istituti  di credito, la crisi di un mobilificio semplicemente lascia più spazio per gli altri produttori di mobili. E NeelieKroes aggiunge che invece agli altri settori non si dovranno fare concessioni speciali.

… A UNA VITA PRIVATA DISCUTIBILE

Purtroppo, la pratica è tutt’altra cosa. Dalla fine del 2008 il regime normale degli aiuti di Stato è stato sospeso. Esistono oggi quasi trenta canali attraverso i quali i governi possono finanziare le imprese senza che la Commissione venga neppure informata di chi riceve quanto e perché. E questo consente a diversi paesi di aiutare i propri campioni nazionali alla faccia della retorica ufficiale. Soprattutto nel settore auto.
Vale per aiuti “di modesta entità”, ma anche per alcuni interventi enormi. Vi erano dei programmi, ad esempio, francesi che inizialmente erano stati rivolti al settore auto e che per non incorrere nelle ire degli altri paesi sono stati trasformati formalmente in programmi generali, rivolti a tutti i settori. Ma tutti sanno che lo Stato francese gestisce ora quei fondi per aiutare esattamente quelle imprese che voleva aiutare inizialmente. E la partita degli aiuti di Stato tedeschi alla Opel è ancora aperta, anche qui con potenziali conflitti tra la Germania che difende i suoi impianti e altri paesi che ospitano stabilimenti Opel che invece rischiano di chiudere. Assisteremo a una escalation di aiuti?
Senza poi contare altri canali che non rientrano formalmente negli aiuti di Stato, quali i finanziamenti straordinari della Bei, la Banca europea per gli investimenti, al settore automobilistico, che sono stati programmati e anche attuati su mandato politico. E poi si noti che i famosi incentivi (alla rottamazione, alle auto “ecologiche”, eccetera), sono aiuti di Stato secondo il buon senso e secondo l’opinione pubblica, ma formalmente sono aiuti ai consumatori e quindi neppure conteggiati. Quanto meno, sotto il profilo della concorrenza questi aiuti non sono “troppo” selettivi, nel senso che prescindono abbastanza, anche se non perfettamente, dalla marca delle auto che si acquistano.

E LA FIAT?

In tutto questo panorama, la Fiat era finora emersa come una delle poche case automobilistiche occidentali capace di approfittare della crisi per fare addirittura operazioni di acquisizioni. Perché ora si chiedono nuovi aiuti ?
Rinviando all’articolo di Fabiano Schivardi per una fotografia dell’intero settore, si noti che, nonostante le acquisizioni, di problemi in casa Fiat ne esistevano prima e pare ne siano rimasti. Alcuni impianti, soprattutto nel Mezzogiorno, producono modelli che si fatica a vendere, ma la chiusura di questi stabilimenti avrebbe un impatto occupazionale su certe aree che probabilmente i nostri politici ritengono inaccettabile. La richiesta di incentivi al governo italiano è proprio legata al fatto che quei modelli si vendono soprattutto in Italia; la crescita di Fiat all’estero aiuta la società, ma non cambia il fatto che quegli impianti sono in difficoltà.
Questo giustifica nuovi incentivi? Ne dubito. È vero che gli incentivi sono più facilmente vendibili all’opinione pubblica di un semplice sussidio, ma i costi sono comunque elevati e i benefici solo in parte ricadono sulla Fiat: anche se sono progettati in modo “astuto”, altre marche ne beneficiano. Difficile sapere quanto costano queste operazioni, il cui peso dipende comunque da come vengono effettivamente disegnate. Èperò utile ricordare, giusto per dare un punto di riferimento, come recenti stime riferite al piano di incentivi del 2007 misurino i costi a carico dello Stato in un importo superiore a 300 milioni di euro. (1)
Fiat deve decidere se crede in quegli impianti, oppure no, ma ritengo che l’unica risposta sensata sia il “sì”. Si pensi che negli ultimi anni Fiat ha già ricevuto come ufficiali “aiuti di Stato” proprio per quegli stessi impianti oltre 300 milioni di euro. Oltre ai piani di incentivo alla rottamazione, che non erano solo per la Fiat, ma di cui Fiat ha ampiamente beneficiato. Ma allora sarebbe molto più corretto che la casa torinese, accanto a un piano industriale di rilancio di quelle produzioni, cercasse sul mercato le risorse per far passare questo momento.
Se si trovano i soldi per rilanciarsi sui mercati internazionali, è discutibile che, dopo avere ricevuto centinaia di milioni di aiuti pubblici, se ne chiedano altri per non chiudere gli impianti. Per favore, fateci vedere che Fiat è veramente cambiata e che il periodo del “profitto privato, perdite pubbliche” è finito.

(1) Si rinvia al lavoro di S. Ercolano e G. L. Gaeta “Gli incentivi alla rottamazione degli autoveicoli: una valutazione economica” pubblicato sulla rivista Economia dei servizi, 2009. Il calcolo comprende sia l’esborso diretto dello Stato, sia le variazioni (stimate) sui gettiti di Iva e tassa di circolazione.

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IL RIMPATRIO

21 commenti

  1. Luigi Vignaroli

    I tremonti-bond prevedono obblighi di erogazione del credito, mentre per la rottamazione di auto non è prevsito alcun vincolo a carico delle aziende automibilistiche. Interessante sarebbe, poi, sapere cosa pensa di fare Marchionne per adeguare l’offerta , 30 milioni di auto, alla domanda che si attesta a 20 milioni.

  2. Bruno Cattero

    Del tutto d’accordo con il contenuto dell’articolo, non con il cappello introduttivo della newsletter di oggi (2.10.2009): "Dopo Alitalia, un nuovo esempio di economia sociale di mercato: profitti privati, perdite pubbliche". L’economia sociale di mercato è altra cosa e non c’entra nulla: si veda la diversa storia della Lufthansa in un’economia sociale di mercato reale… Aggiungo: l’ultimo grandioso esempio di "profitti privati, perdite pubbliche" l’ha forse prodotto l’ecomonia sociale di mercato?

  3. Paolo Rebaudengo

    Condivido l’analisi di Scarpa. Credo, tuttavia, che occorra una analisi comparativa a livello internazionale sugli aiuti di Stato.Pur non avendo dati di dettaglio, mi sembra che in Paesi europei come Francia e Germania e negli USA gli aiuti all’industria automobilistica siano stati ben più generosi di quelli decisi in Italia. Ai fini della libera concorrenza occorrebbe una politica coordinata a livello internazionale per sostenere sul piano economico e sociale gli effetti di una razionalizzazione finalizzati a ridurre la sovra-capacità produttiva, ma neppure a livello di Unione Europea si è riusciti a produrre un piano. Infine, manca nel nostro Paese un qualunque disegno rivolto allo sviluppo della “low-carbon economy”, all’interno del quale il tema dei trasporti e della relativa industria e occupazione dovrebbe trovare una collocazione. In questo quadro a Marchionne non resta che chiedere la proroga degli incentivi alla rottamazione (di cui peraltro beneficiano anche le altre industrie automobilistiche che vendono in Italia), onde evitare una caduta repentina della vendite in Italia.

    • La redazione

      Caro lettore,
      per certi versi (purtroppo) ha ragione. E infatti la mia argomentazione principale non è che gli aiuti distorcono la concorrenza tra produttori di auto, ma che distorcono la allocazione dlele risorse tra settori (e quindi difendo, in un certo senso, i settori diversi da quelli dell’auto, che di incentivi e aiuti ne prendono in misura assai minore).
      A livello internazionale, purtroppo sta succedendo un po’ di tutto. La UE è impotente, ha rinunciato a controllare cosa succede. E siamo nel paradosso che alcuni stati aiutano le loro imprese per ridurre in modo soft la loro capacità produttiva, mentre altri aiutano le imprese a impiantare nuova capacità produttiva.
      Che dire…?

      carlo scarpa

  4. sereno

    Leggete quanto ha scritto Mucchetti Massimo sul Corriere della Sera del 24 settembre 2009 e poi ditemi se gli aiuti di stato richiesti per la Fiat non sono immorali. Non è tutto un controsenso?

  5. giorgio Mocci

    A proposito della Fiat, e della sua storia, vorrei segnalare il libro di un ex manager Fiat Riccardo Ruggeri partito come operaio e arrivato ad essere amministratore delegato di aziende industriali del Gruppo Fiat in Italia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Leggerlo aiuta a capire la vera storia da dentro della Fiat. E certo gli azionisti e molti manager non ne escono bene. Il titolo del libro è " Una storia operaia" di Riccardo Ruggeri – Brioschi Editore

  6. MASSIMO

    Non c’e’ niente da fare! E’ dal dopo guerra che la fiat ha imposto agli italiani quella specie di cambiale che e’ il possesso dell’auto. Siamo così diventati i campioni mondiali per possesso di auto in rapporto al numero di abitanti. Gli italiani spendono all’anno circa 80 miliardi di euro, dato ormai vecchio. Risorse per i mezzi di trasporto pubblico insignificanti. Le nostre città hanno le strade adibite a parcheggi. Inquinamento? Lo combattiamo? Sì a parole. Ma forse ci va bene così

  7. Antonio Aghilar

    Purtoppo, il periodo degli "aiuti di Stato" non solo non è alla fine, ma, anzi, proprio in questi tempi di crisi, vive una sorta di periodo "aureo" dovuto ad un serie di fattori geopolitici e macroeconomici. Geo-politici perchè, checchè se ne dica, non bisogna dimenticare che oltre agli incentivi espliciti ci sono i dazi, anche questi in forte aumento dappertutto a dispetto dei proclami, e macroeconomici perchè, come giustamente scrive l’Autore, la caduta di PIL e occupazione ha delle ricadute negative in termini di valutazione dell’attività politica che nessuno, neanche in Germania, è disposto ad accettare (il caso degli aiuti alla Opel da parte della Mekel è certo emblematico). Ma nel frattempo i Debiti Pubblici aumentano ed il distacco tra domanda reale e produzione cresce sempre di più. Una cosa ormai è evidente: che il capitalismo così come vacheggiato ancora oggi da molti pensatori non è che una costosissima chimera, una chimera che, se non si interviene dando priorità assoluta a politiche economiche in grado di favorire quella gigantesca ri-allocazione delle risorse di cui il mondo ha bisogno, rischia di travolgerci tutti, con conseguenze sociali inimagginabili…

  8. toniopepe

    Il grande manager che ha fatto sognare esponenti politici (anche di sinistra) e la classe operaia che un’altra Fiat è possibile, stà trasformando quel sogno in un incubo (minaccia) per il paese. La strategia dell’AD fiat è passata dalle alleanze strategiche sù piattaforme industriali a quella delle acqusizioni/partecipazioni di altri big player. Riconosco all’AD fiat una grande capacità di coniugare gli interessi della famiglia Agnelli ( prima di tutto) con quelli industriali che vanno a ridisegnare la mappatura dei siti produttivi del nostro paese sopratutto al sud ( pomigliano e termini imerese). L’AD fiat dovrebbe spiegare a tutti noi l’ipotesi di scorporo di fiat auto con il resto delle holding ( magneti marelli, teksid e comau) alcune delle quali rimarrebbero al 100% degli agnelli lasciando FIAT auto alla cannibalizzazione di quello che sarà il destino dell’auto in europa. La richiesta di aiuti non può prescindere dall’obbligo che Fiat ha nei confronti del paese e dei propri dipendenti di presentare un piano industriale( che esiste) in assenza del quale la semplice minaccia di chiusura di stabilimenti è di una immoralità grave.

  9. gianni

    Da quando sono stato cacciato dal mondo lavorativo pregiato… per ristrutturazioni aziendali e ricacciato nel mondo di lavoro.. umile, ho smesso di acquistare beni superflui e Vivo benissimo lo stesso. La macchina dovrebbe durare almeno 15 anni, quindi a che serve imporre restylingo ogni 6 mesi.? Solo per vendere cose inutili. riconvertiamo gli operai di catena di montaggio al sud in produttori di filiete del turismo, del solare della tutela ambientale… vivremo meglio, e saremo probabilmente tutti piu ricchi…. tutti tranne lo Stato che ovviamente grazie all’auto vive o meglio sopravvive, tra multe IVA, cambi di possesso, accise sulla benzina, tasse di possesso e gingilli vari incassa cifre incredibili.

  10. NIcola Verri

    Sarebbe possible conoscere quanto è costato finora e quanto costa alla Fiat il mantenimento della produzione negli stabilimenti in questione?
    Mi chiedo inoltre, anche se esula dall’argomento, se vi siano studi sull’impatto ambientale (vantaggi/svantaggi) medio della sotituzione di una vettura che viene rottamata, con una nuova.
    grazie

    • La redazione

      Caro lettore,
      purtroppo solo Fiat ha i dettagli per rispondere alla prima domanda, e quanto pubblica (i bilanci) non dà sufficiente dettaglio.
      Sul secondo interrogativo so se ne parla un po’ nello studio che ho citato nel mio pezzo, ma temo siano stime molto, molto difficoltose.
      Cordiali saluti
      Carlo Scarpa

  11. Franco Benoffi Gambarova

    Ritorna la stucchevole polemica circa gli incentivi alla rottamazione ed automaticamente si attacca la FIAT, anche se gli aiuti sono al mercato, ai consumatori, all’ecologia perchè favoriscono lo svecchiamento del parco. Mai si tiene conto di quante imposte ha pagato la FIAT, di quante ne ha pagate l’indotto, di quante he hanno pagate i lavoratori. Aiutare un settore (e non è stato il solo) non significa danneggiare gli altri, perchè gli aiuti di questo tipo servono a dare ossigeno al mercato in generale. D’altronde molti altri Paesi hanno ragionato in questo senso. Quanto poi all’invito a progettare auto che consumino ed inquinino meno, sono d’accordo, ma ricordo all’illustre professore di Brescia che la FIAT di Marchionne è leader in Europa in tale materia. E lo ha fatto con le sue forze. Devo rimanere nei limiti, ma sono disponibile ad incrociare la penna con l’illustre professore, in qualsiasi sede. Franco Benoffi Gambarova

    • La redazione

      Caro lettore,
      rispondo in ordine.
      Dubitare è normalmente verbo intransitivo, ma ormai è anche usato come transitivo (v., ad esempio, http://www.dizionario-italiano.it).
      "Mai si tiene conto di quante imposte ha pagato la FIAT, di quante ne ha pagate l’indotto, di quant he hanno pagate i lavoratori." Cosa c’entra? Se si dessero aiuti ad altri settori, le altre imprese non pagherebbero tasse?
      E’ poi evidente che tutti questi interventi hanno un effetto sulla domanda complessiva. Il punto è (eventualmente) se si debba aiutare la domanda "complessiva" (e quindi il reddito delle persone), lasciando che siano i consumatori a decidere come spendere i loro soldi, oppure se si debba aiutare selettivamente (ti aiuto se acquisti un’auto, non se acquisti un paio di scarpe, un tavolo oppure un disco).
      Il fatto che aiutare il consumo di un bene significhi spingere risorse verso quel settore, ma a scapito degli altri, è ovvio. Il mio reddito, come quello di tanti altri, non dipende in alcun modo dal settore auto; se mi inducono a cambiare auto, dato il mio reddito, ridurrò il mio consumo di altri oggetti. Si rassegni: è bieca aritmetica… Il fatto che Fiat abbia (da un paio di anni a questa parte) operato con le sue forze sul mercato internazionale mi fa piacere, e sono stato tra i primi a difendere Fiat dai dubbi di chi temeva che distraesse risorse da altre cose. E’ per questo che trovo a dir poco deludente che ci troviamo davanti la "solita" Fiat, che appena ha un problema viene a battere cassa dal governo invece che investire. E’ una delusione di chi
      si era illuso che le cose fossero cambiate.
      Ma – come vede – non mi rassegno. Tanto che rispondo anche a commenti quali il suo…
      Cordiali saluti
      Carlo Scarpa

  12. Roberto Camporesi

    Condivido. Cercando di andare in direzione propositiva: penso che sia molto importante tornare ad interrogarsi di più sul come può essere utilizzata la leva fiscale per stimolare interventi "più o meno orizzontali, sia lato domanda che lato offerta" che si considerino virtuosi. Faccio alcuni esempi che mi sembrano possano abbastanza concreti. 1) supporto agli interventi di risparmio energetico: consentendo il recupero parziale ma significativo degli investimenti fatti (e sostenendo investimenti dal ROI certo) 2) ripristino del provvedimento Bersani con la eliminazione del "click day" (che è diventato una lotteria) per il credito di imposta relativo ai progetti di innovazione che le imprese portano avanti con le università o gli enti di ricerca pubblici 3) de-fiscalizzazione per le aziende che re-investono gli utili per cercare di accrescere la capitalizzazione delle aziende (tema critico sia per il sostegno agli investimenti da fare che per il ricorso al credito) Penso che gli economisti dovrebbero fornire alla politica un dibattitto più forte sulle idee possibili da portare avanti.

  13. Antonio

    Ma sì, lasciamo fallire la Fiat! Tanto noi siamo furbi! Ne abbiamo di tecnologia e di industrie grandi che creano occupazione! Abbiamo perso l’industria nucleare, elettronica, delle telecom. La nostra industria farmaceutica fa ridere in confronto a quella tedesca o francese. Inneggiamo ancora al capitalismo e al liberismo e tiriamoci la zappa sui piedi. Evidentemente la crisi finanziaria non è servita a niente. Ma poi all’estero cosa fanno? In America, patria del capitalismo, il governo spende 170 mld $ all’anno per sovvenzionare le multinazionali, perfino nel campo petrolifero. Non basta guardare cosa ha fatto Obama con le banche o con la GM? Per non parlare degli aiuti indiretti all’industria aeronautica attraverso le colossali spese militari o le sovvenzioni all’agricoltura sia in UE che in USA.

    • La redazione

      caro lettore,
      ma chi le ha detto che Fiat sta fallendo? …ma li guardiamo i bilanci? Lo sappiamo che Fiat continua ad acquisire imprese e impianti in giro per il mondo? Li compra, e li ristruttura. E perché per compiere la stessa operazione in Italia su impianti che già possiede c’è invece bisogno dei soldi dei contribuenti italiani?
      Proprio perchè è una impresa sana, Fiat dovrebbe rivolgersi ai mercati finanziari e cercare lì le risorse per mettere a posto anche quegli impianti che non rendono.
      Poi… (anche se GM stava fallendo, e Fiat no, tanto che è Fiat che sta salvando Chrysler) noti che quando il governo US salva qualche impresa, lo fa prendendo di fatto il controllo delle sue operazioni. Ovvero: gli US intervengono raramente in salvataggio di loro imprese in difficoltà, ma in quel caso si comportano quasi da azionista privato (quanto meno nel senso che entrano nel capitale dell’impresa). E questo meriterebbe qualche riflessione (ma la faremo in un altro momento, con maggiore calma).
      Cordiali saluti
      Carlo Scarpa

  14. Carlo Bensi

    Ovviamente nessuno obbliga lo stato ad erogare questi aiuti e a deliberare questi incentivi, ma il problema è, a mio parere, il collegamento incentivi-benefici per l’occupazione, non viviamo nel paese delle favole e tutte le nazini cercano di conservare l’occupazione sul suolo nazionale. Quando, per motivi politici, si è deciso di non sostenere l’industria nazionale (vedi caso Olivetti) il risultato è stato l’uscita dell’Italia da quel settore industriale con conseguenti ricadute su occupazione, sviluppo e competitività nazionale. Vi sono settori industriali in cui è necessario essere player di dimensioni cospicue e di livello internazionale. E’ questo che si deve chiedere a Fiat oltre ad un legame nazionale più stretto che consideri gli aiuti che vengono concessi.

  15. renato foresto

    Il ragionamento del prof. Scarpa non fa una grinza ma é proprio sicuro che quando la Fiat decise di andare nel sud scelse la via più conveniente oppure ci fu un do ut des con il Potere che lei Fiat e noi paghiamo tutt’ ora? Che dire dell’ Alitalia, della Telecom, degli Enti pubblici tuttora partecipati dallo Stato i cui amministratori rispondono al governo cioé a nessuno?

  16. dvd

    Vero, l’europa aiuta i settori in crisi (con più manodopera). Vero, tutti i paesi allentano sulle spese sociali e ingrossano il debito pubblico per ammortizzare l’impatto della crisi. Manovre straordinarie appunto perchè c’è la crisi dell’intero sistema. Scusate, ma noi in Italia tali manovre le abbiamo fatto quando c’era prosperità e l’economia non rallentava, anzi, per quali motivi allora? Per noi era un’esigenza di "pace sociale" di "finta unità" di "falso benessere", che oggi come per ogni cosa ci presenta il conto più salato che ad altri. Ora perchè noi che siamo stati i pionieri dell’assistenzialismo diffuso non proviamo a fere in modo ordinato quello che altro hanno già fatto!? Diciamo che lo Stato da alla Fiat/Scarpe/Occhiali ecc…., 50, se la proprietà ne mette altri 50 e se le banche ne danno altri 50 senza battere ciglio e senza garanzie! Così siamo sicuri (noi che paghiamo le tasse) che chi riceve i soldi è più responsabilizzato e che le banche che li controllano (per il loro credito che è poi sempre il nostro, risparmio, azioni) sono più responsabili. Chi non accetta è perchè non è serio, perchè non ci crede poi tanto nella sua impresa, ma se non ci crede lui.

  17. LUIGI58

    E’ probabile che negli ultimi 30 anni la Fiat abbia ricevuto ben più di 300 milioni di euro per far diventare l’ Italia un enorme parcheggio e gli italiani un popolo culturalmente soggiogato dalla dittatura dell’ automobile; questo è un paese dove la gente si lamenta di quanto costano i figli e poi in realtà ben pochi sanno fare i conti su quanto costa l’ auto e tutto questo quando si stanno realmente aprendo inquietanti panorami occupazionali e previdenziali. Compriamo le auto che ci possiamo permettere.

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