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CONCORSI FUORI TEMPO MASSIMO

I concorsi per professore e ricercatore universitario banditi tra marzo e novembre 2008 sono stati ibernati in attesa della definizione di nuove modalità di formazione delle commissioni giudicatrici. Ora, il decreto che le contiene è sul punto di essere varato. Ed è auspicabile che preveda la riapertura dei termini sia per nuove domande sia per aggiornare quelle presentate a suo tempo. Intanto, le facoltà dovrebbero eleggere nuovi commissari interni. Sono due condizioni imprescindibili se si vogliono meccanismi di selezione improntati a una logica meritocratica.

Il 24 luglio scorso è stato annunciato il varo del cosiddetto “pacchetto università”. Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto sulla nuova Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Inoltre, il ministro Gelmini ha firmato – o meglio, si apprestava a firmare – decreti essenziali per la vita degli atenei. Tra questi, i criteri di valutazioneper concorsi di ricercatore e la direttiva per il varo dei concorsi per professori e ricercatori banditi nel 2008.

NON TUTTO IL RITARDO VIENE (FORSE) PER NUOCERE

Un mese e mezzo dopo, tuttavia, degli annunciati decreti non vi è traccia. Eppure, lo stallo può non essere del tutto dannoso. Soprattutto se conduce a una riflessione meditata sui modi di svolgimento dei concorsi per professore e ricercatore universitario, e a decisioni conseguenti. Si tratta di ben 1.800 concorsi, banditi tra marzo e novembre 2008. Sono stati ibernati dal decreto legge 180/2008, il quale ha imposto nuove modalità di formazione delle commissioni giudicatrici, che dovrebbero favorire esiti più coerenti col merito dei candidati. La definizione di queste modalità è appunto l’oggetto di uno decreti “sospesi”, che porterebbe finalmente a effettuare i concorsi. Ora, se anche tutto procedesse velocemente, avremmo il decreto ministeriale pubblicato entro il mese, le commissioni sarebbero elette forse entro l’anno e potrebbero cominciare a lavorare da febbraio-marzo 2010.

LA POSTA IN GIOCO

La conseguenza negativa, grave, è presto detta: si determina una distanza irragionevole, dell’ordine di un anno e mezzo o due (al meglio!), fra il momento della presentazione delle domande e il momento della valutazione. Quindi:

§  i candidati che hanno fatto domanda nel 2008 saranno giudicati sulla base di una produzione scientifica vecchia, ferma a circa due anni prima;
§  saranno esclusi nuovi potenziali candidati, segnatamente giovani, che nell’arco di due anni di impropria moratoria hanno accumulato una produzione scientifica adeguata.

Perché allora non tenere conto dei ritardi accumulati, tra l’altro proprio per il proposito di dare corpo a criteri più attenti al merito, e utilizzare il decreto ministeriale per risolvere la questione? Per consentire cioè la partecipazione ai concorsi di tutti i candidati oggi interessati e con la produzione scientifica aggiornata?
Continuare per inerzia con le procedure attivate da marzo 2008, infatti, è forse regolare dal punto di vista formale (dopotutto l’Italia è la patria del diritto, compresi i non commendevoli risvolti da azzeccagarbugli). Ma vi sono ben pochi dubbi sul fatto che la dilazione nei tempi di svolgimento di un concorso sia in palese contrasto con lo spirito della normativa – vecchia e nuova – e col disegno di riforma avviato dal ministero.
La logica della procedura di reclutamento è che ci sia un giudizio tempestivo basato sulla produzione scientifica aggiornata dei candidati. Il bando annuale e l’obbligo per le commissioni di concludere i lavori in tempi brevi, prefissati, ne sono testimonianza inconfutabile.

UNA VIA D’USCITA VIRTUOSA C’È

Se la si vuole imboccare, una via d’uscita virtuosa c’è. Il decreto ministeriale, che potrebbe uscire il 20 settembre o giù di lì, dovrebbe: 

– disporre la riapertura dei termini sia per chi aveva già fatto domanda – al fine di poter aggiornare il curriculum studiorum e le pubblicazioni scientifiche – sia per nuovi candidati, con chiusura il 20 ottobre;
– dichiarare decaduti tutti i commissari di concorso “interni”, eletti dalle facoltà, e richiedere alle facoltà di procedere alla nuova elezione dei commissari “interni” (1) entro un mese, quindi dal 21 ottobre – a domande aggiornate e nuove chiuse – al 20 novembre,
–  predisporre le elezioni degli altri commissari nel periodo fra il 21 novembre e il 20 dicembre. In tal modo, le commissioni potrebbero cominciare a lavorare sull’insieme dei candidati e la loro produzione scientifica aggiornati a tre mesi prima. A mio giudizio, è questa una condizione imprescindibile – certo non sufficiente, ma necessaria – per sperare di avere meccanismi di selezione dei nuovi docenti universitari improntati a una logica meritocratica.
E questa cadenza – fra termine per le domande, elezione dei commissari “interni”, formazione delle commissioni e svolgimento dei loro lavori – dovrebbe valere anche per tutti i successivi concorsi.

LE POSSIBILI OBIEZIONI HANNO LE GAMBE CORTE

Aggiungo una postilla, per sottrarmi all’accusa di “centralismo ministeriale” e di mortificazione dell’autonomia degli atenei. Le facoltà possono, certo, non procedere alla nuova elezione del commissario “interno”. Ma in tal caso il concorso semplicemente non si svolge. E un domani, per svolgersi, dovrà avere riaperti i termini immediatamente prima che la facoltà elegga il nuovo commissario. Sarebbe intollerabile, infatti, consentire agli atenei e alle facoltà di bandire un concorso, approfittare del fatto che sia stato ibernato per un paio d’anni e tenerlo poi ancora fermo  ritardando l’elezione del commissario “interno”, in attesa che parecchi candidati, fra i quali verosimilmente anche i migliori, siano nel frattempo risultati vincitori altrove, e attivare poi il concorso quando l’insieme dei candidati si sia “convenientemente” ristretto e impoverito. Ciò nulla ha a che vedere con l’autonomia responsabile degli atenei.
Del resto, anche a chi – come me – giurista non è, il dettato della legge 241/1990 sui procedimenti amministrativi appare chiaro. Prevede che per ciascun tipo di procedimento, nel nostro caso un concorso universitario, l’amministrazione pubblica competente, nel nostro caso il ministero dell’Università, determini il termine entro cui esso deve concludersi. In maniera del tutto ragionevole (perché non immaginava comportamenti degeneri o circostanze che comportassero vistosi ritardi), il ministero ha fissato termini rigorosi, ma soltanto per un segmento della procedura concorsuale: la durata in carica delle commissioni giudicatrici. Ora, a fronte dell’evidenza di comportamenti o comunque di situazioni che portano a dilazioni vistose, contraddittorie con lo spirito della normativa sui concorsi e con la legge appena richiamata, è doveroso che il ministero intervenga.
Nella presentazione degli indirizzi generali della politica su università e ricerca, alla Commissione istruzione del Senato del 17 giugno 2008, il ministro Gelmini pose l’enfasi sul trinomio “merito, autonomia responsabile e valutazione”. Sui concorsi, in particolare affermò di “reputare inaccettabile che l’università favorisca le progressioni di carriera locali piuttosto che l’ingresso di forze nuove, mantenendo in vita un sistema duplicemente impermeabile, rispetto ai giovani studiosi italiani e agli esperti stranieri”. L’avvio dei nuovi concorsi è un’occasione importante per cominciare a tradurre questi indirizzi in buone pratiche.

(1)La nuova elezione dei commissari “interni” si impone perché si potrebbe obiettare che i nuovi candidati risulterebbero favoriti dalla conoscenza previa di uno dei commissari del concorso. E ciò potrebbe dare la stura a paralizzanti contenziosi.

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15 commenti

  1. B. Artoni

    E’ indispensabile riaprire i termini, sia per l’evidente fatto che nuovi concorrenti potrebbero aver maturato esperienza e pubblicazioni per aspirare legittimamente a concorrere ma anche perchè sono mutate le regole. Non dimentichiamo che molti colleghi non hanno partecipato a queste selezioni pur avendone la caratura scientifico-didattica perchè con le vecchie regole non avevano speranze alcune essendo notoriamente un sistema bloccato. Bisogna riaprire i termini a tutti altrimenti pioveranno ricorsi al TAR. Garantito… B. Artoni

  2. Giuseppe Saccomandi

    Credo che l’analisi sia ingenua. I concorsi non possono farsi per motivi tecnici. Supponiamo che un raggruppamento abbia dieci concorsi quindi necessita di 120 eletti per fare i sorteggi. Il raggruppamento possiede un elettorato passivo di 121 docenti. Non voglio neanche parlare del significato delle elezioni in queste condizioni, ma del fatto che se qualcuno si scorda non di votare ma di votarsi si deve andare alle suppletive senza nessuna garanzia di arrivare ai 120 necessari anche alla tornata successiva. Quindi tutti i settori che hanno bisogno di aiuto dagli affini devono aspettare e questo significa che le elezioni per partire possono durare anche un anno. Questo esempio si applica a decine di settori a cui sono collegati decine di settori affini Senza parlare dei settori che non hanno nessuna affinità dichiarata dalla legge e che non hanno il numero di docenti necessari. Altro che meritocrazia e/o tempi biblici e sofisticate analisi qui il problema è di aritmetica. Cambiare la legge subito e azzerare i concorsi: questa è l’unica via di uscita.

  3. Francesco

    Ma non sarebbe ora di superare e abbandonare lo strumento dei concorsi per assumere i ricercatori che sostanzialmente è vecchio, lentissimo, facilmente soggetto a trucchi, costoso ed enormemente burocratico?

  4. angelo zago

    Sono d’accordo con quanto scrive Trivellato. Aggiungerei anche la proposta di eliminare il limite di 5/15 al numero di valutazioni comparative al quale ogni candidato professore/ricercatore può partecipare in un anno. A cosa serve questa norma? Personalmente non conosco l’intento originario del legislatore (forse per limitare l’eccessivo lavoro delle commissioni), ma l’effetto è di limitare inutilmente la concorrenza. Se si vuole evitare che ci siano decine di iscritti che poi magari non si presentano alla valutazione, si può lasciare libertà alle commissioni di sollecitare i candidati che non si presentano a mandare rinuncia. Ma limitare il numero di valutazioni alle quali un candidato puo’ partecipare mi sembra una aberrazione tipica solo del nostro sistema universitario (ok, ammetto di non coscere quello dei paesi in via di sviluppo o simili).

  5. insorgere

    Segnalo che il decreto sulla composizione delle commissioni è uscito a marzo. Inoltre, ciò che manca per la partenza dei concorsi non è un decreto ministeriale ma un decreto direttoriale. L’autore dell’articolo è caduto in errore perchè era sbagliato già il comunicato stampa del MIUR del 24 luglio scorso che parlava di decreto firmato dal ministro per sbloccare i concorsi. Ebbene, il ministro non deve firmare alcunché, spetta al direttore generale.

  6. Massimo Cartelli

    Segnalo che la possibilità di riaprire i bandi è già stata concessa con la Legge 1/2009. Alcuni Atenei li hanno riaperti, altri no. Non si capisce perchè dovrebbero essere nuovamente ri-ri-aperti, considerato che tutto è fermo da 9 mesi. Perché uno ha nuove pubblicazioni? E quindi? C’è chi non ha fatto concorsi amministrativi (espletati dopo 2 anni) perchè gli mancavano 3 giorni di anzianità alla scadenza! A chi garantisce che ci saranno ricorsi per il cambio della formazione delle commissioni, da umile giurista garantisco che saranno tempo perso. La modalità di formazione delle commissioni giudicatrici non configura un diritto soggettivo né un interesse legittimo del concorrente. Questo potrebbe invece essere costituito dalle modalità di svolgimento a livello di prove, che infatti, per i bandi ante DL 180/08, non sono stati modificati (permangono infatti scritti e orale).

  7. anonimo napoletano

    I risvolti negativi non si limiitano ai difetti del sistema. Nel mio caso – ma scommetto che ce ne sono tanti- il blocco dei concorsi ha costretto due miei colleghi (validissimi) ad abbandonare il sogno di una carriera universitaria in Italia. Per accasarsi in prestigiose Istituzioni d’oltremanica o in imprese avide di cervelli. Il welfare da noi funziona così: proteggiamo i peggiori, assumendoli e lasciamo i migliori alla competizione e al mercato. E quest’ultimo non sempre sbaglia…

  8. Giovanni Cafucchio

    E’ incredibile come nella "patria del diritto" tutto sia aleatorio! Ma non esisteva una legge che stabilisce che un concorso si fa con le regole vigenti al momento del bando? Se si dimentica questo principio fondamentale il primo che si alza può modificare come e quanto gli pare le cose, ammantandole con le belle parole dell’interesse collettivo e del merito… Dunque, io chiedo la riapertura dei termini perchè mio fratello si è dimenticato di far domanda, io voglio una nuova commissione perchè forse ci entra mia sorella, io voglio che non ci siano concorsi perchè odio la competizione…. Ma basta!

  9. Giuseppe Esposito

    Non per rivangare una pagina assai poco edificante, ma l’Università e il Ministero sono gli stessi che hanno saputo vanificare, resistendo ad oltranza e trascinandoli all’infinito, ricorsi sacrosanti di concorrenti danneggiati da malefatte concorsuali sanzionate penalmente. E ora vorrebbero farci credere che si preoccupano per i potenziali ricorsi? La I sessione 2008 è irredimibile. Va dichiarata non espletabile e annullata.

  10. ciro daniele

    Visto i concorsi sono sostanzialmente una procedura di cooptazione costosa e bizantina (in tutto il mondo … non solo in Italia), non sarebbe più efficiente ed equo sorteggiare i vincitori all’interno di una rosa (sufficientemente ampia) di candidati che possiedono dei requisiti minimi accertati da una commissione?

  11. Massimiliano

    Ma ancora stiamo parlando di meritocrazia, di concorsi, di formazione delle commissioni, di attrarre i "cervelli migliori"? Con livelli di entrata delle paghe da fame, con risorse per la ricerca e la didattica in contrazione, con la prospettiva futura di acquisire la tenure soltanto in qualità di professore associato (ovvero oltre i 40 anni, sempre che ci siano i soldi): "il precariato è bellissimo". Date un’occhiata a La strategia "voice" è chiaramente fallita, meglio passare all’"exit"….

  12. AM

    Le proposte di Ugo Trivellato mi sembrano sensate.

  13. anonimo palermitano

    Molti giovani ricercatori non hanno fatto domanda perché con il vecchio sistema non avrebbero avuto alcuna possibilità (troppo giovani). E’ sufficiente dare un’occhiata al numero delle domande: pochissime. In una singola sede accade spesso che il numero sia inferiore a quello delle idoneità messe a concorso complessivamente a livello nazionale. Questo dimostra che ciascuno ha presentato domanda soltanto dove si sentiva sicuro. Ben vengano le nuove regole, ma per tutti, non solo per i pochissimi che ritenevano, magari per ragioni di "turno" e non di merito, di avere chance con il vecchio sistema.

  14. Gianluca Cubadda

    La proposta di riaprire i termini dei bandi è di puro buon senso, spero che il Ministero e gli Atenei vogliano prenderla in seria considerazione.

  15. Francesco Spanò

    Sono pienamente d’accordo con Massimilano Data nel suo post del 10 Settembre. La meritocrazia e il buon modo di fare i concorsi dovrebbero essere lì per tutelare dei posti a cui valga la pena di accedere: l’improponibile salario iniziale, i tempi scandalosi per ottenerne uno decente sono (amio parere ancor prima dei fondi ridotti) il primo fortissimo disincentivo per fare domanda. Chi vuole dover combattere contro un sistema non meritocratico per accedere a posizioni del genere? Bisogna vare il coraggio di dirlo: l’unico modo per rendere le posizioni attrattive è di elevare i salari di entrata e migliorare la progressione di carriere in termini di retribuzione e di tempi. Se salari sono attrattivi per chi fa domanda, si avrà una maggiore partecipazione, anche nella lotta per migliorare il sistema. Abbiamo il coraggio di parlare di redistribuzione della ricchezza anche in questo caso proponendo salari di entrata elevati? Sono molto curioso di conoscere l’opinione dei lettori/esperti de lavoce info.

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