Secondo le stime ufficiali, la Cina torna a crescere a livelli pre-crisi. Una buona notizia, anche se non significa automaticamente la fine dei problemi nel mondo occidentale. Perché il potere di traino dei paesi asiatici rispetto al resto dell’economia mondiale è comunque limitato. In più, i dati prodotti dal governo cinesi non sono sempre affidabili come quelli dei paesi Ocse. Arrivare alla predisposizione di statistiche il più possibile condivise a livello mondiale dovrà essere un obiettivo ineludibile dei futuri G20.

Secondo una stima preliminare fornita dagli uffici statistici cinesi, il Pil della Cina sarebbe cresciuto del 7,1 per cento nel primo semestre 2009 rispetto allo stesso semestre del 2008. A sua volta, il dato tendenziale di 7,1 sarebbe la media di una variazione di “solo” +6,1 per cento nel primo trimestre (sempre rispetto al trimestre corrispondente del 2008) e di un +7,9 per cento del secondo trimestre. La crescita sarebbe particolarmente marcata nel settore dei servizi (+8,3 per cento, dunque più rapido dell’economia nel suo complesso), il cui andamento dipende più direttamente dalla domanda del settore pubblico. Il dato sarebbe una conferma dell’efficacia del piano anticrisi messo in atto nel governo cinese negli ultimi mesi: un’iniezione di 586 miliardi di dollari a sostegno dell’economia. Ma anche la produzione industriale di giugno è in crescita del 10 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e le vendite al dettaglio, un indicatore (un po’ sporco, perché in valore) della capacità di spesa delle famiglie, crescono di circa il 15 per cento rispetto al giugno 2008.

CIÒ CHE È BUONO PER LA CINA È BUONO ANCHE PER IL MONDO?

Le buone notizie dalla Cina potrebbero essere buone o ottime notizie per l’economia mondiale nel suo complesso perché darebbero consistenza rinnovata all’ipotesi del decoupling (“disaccoppiamento”) della crisi tra un Occidente che vive ancora di incerti “green shoots” e un Oriente che sarebbe ormai avviato verso un ritorno ai tassi di crescita pre-crisi. Oltre alla Cina, infatti, nel primo trimestre 2009, tra i pochi paesi del mondo a mostrare un segno positivo nella crescita del Pil ci sono India e Indonesia. Sommati insieme, Cina, India e Indonesia fanno due miliardi e settecentocinquanta milioni di persone, il 46 per cento della popolazione mondiale. Sarebbe come dire che una bella fetta della popolazione mondiale (e per una volta non i più ricchi) sta già cominciando a vedere le possibilità – e anche una certa messa in pratica – della ripresa. Ma rispetto al Pil mondiale, Cina, India e Indonesia, sono molto più piccole della loro demografia: rappresentano solo il 9 per cento circa del Pil mondiale in dollari (il 25 per cento circa del Pil misurato in parità dei poteri di acquisto, una misura che tiene conto del reale potere di acquisto del dollaro nei paesi poveri). Il loro potere di traino rispetto al resto dell’economia mondiale è dunque comunque limitato. La crisi è cominciata in America ed è probabilmente lì che deve trovare una data di fine.

STATISTICHE IN CONTRASTO

C’è poi da considerare che le statistiche prodotte dal governo cinese, soprattutto dai governi locali fuori da Bejing, non sono valutabili con la stessa affidabilità delle stesse statistiche che usiamo per misurare la performance economica dei paesi Ocse. Un indicatore indiretto che si potrebbe prendere in considerazione, in presenza di errori di misurazione del Pil cinese, è uno reale, cioè non in valore, come i consumi di elettricità. Al riguardo, le informazioni esistenti indicano che i consumi energetici hanno continuato a diminuire fino alla fine di maggio. È difficile coniugare l’immagine di un’economia che sta tornando a crescere come in passato con dati stagnanti o in calo dei consumi energetici, soprattutto per un’economia pesantemente energivora come quella cinese. È vero che una certa riduzione della domanda di energia per unità di Pil potrebbe proprio derivare dal fatto che la crescita del Pil cinese del 2009 è trainata soprattutto dai servizi, che usano meno energia del settore industriale – il settore trainante dei decenni passati. Ma il settore industriale è pur sempre cresciuto del 6,6 per cento, dunque non molto meno dell’economia nel suo complesso.
Un altro indicatore di carattere reale che presenta dati non interamente consistenti con il quadro roseo offerto dalle statistiche ufficiali sul Pil sono quelli sul volume dei trasporti. Il trasporto su ferrovia, strada, fiumi e aerei mostra un +1,6 per cento tra gennaio e maggio in volume. Il traffico relativo al numero di passeggeri mostra un +3,3 per cento sullo stesso periodo di tempo, mentre quello relativo al numero di chilometri effettuati dai passeggeri indica un +4,6 per cento.

STATISTICHE PIÙ TRASPARENTI, UN ALTRO COMPITO PER IL G20?

A questo punto il mondo ha certamente bisogno di essere aiutato a uscire dalla crisi anche grazie al contributo di una domanda interna cinese piuttosto assente in passato. Ma occorre che questo avvenga davvero, e non sia il risultato di qualche artificio statistico. Arrivare alla predisposizione di statistiche il più possibile condivise a livello mondiale dovrà essere una parte ineludibile dei futuri G20.

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